di Sara Santacchi
“La nostra è un’indagine con uno scopo: non tanto trovare la tomba di Carlo Magno, che non sappiamo con concretezza se sia o meno sotto l’abbazia di San Claudio, ma riscrivere la storia delle Marche, convinti che questo territorio nasconda cose perse nel tempo e diverse dalla storiografia acclamata”. Fa così il punto della situazione il giornalista Marco Merola, responsabile per la stampa, del secondo giorno di carotaggio all’abbazia eseguita dell’International Research Institute for Ethnology, dopo il nullaosta concesso dalla Sovrintendenza (leggi l’articolo). “Siamo scesi sotto quota quattro metri e vogliamo vedere cosa viene fuori: se c’è e a quando risale lo strato sotterraneo di San Claudio del Chienti. Oltre che una squadra di professionisti – spiega Merola – siamo gente appassionata e competente convinta che ci siano storie meravigliose non ancora raccontate in questo territorio”. Che la presenza carolingia si possa dare per certa sembra assodato, il che porta a non escludere che anche la tomba dell’imperatore del Sacro Romano Impero possa essere proprio lì, come sostengono da anni Alberto Morresi, Domenico Antognozzi e il professor Giovanni Carnevale, autore di diversi libri in proposito. “Non è da escludere, ma non è ciò che stiamo cercando in questo momento – sottolinea Merola – quella attuale è un’indagine volta a capire le Marche di ieri. Per questo si avvierà una vera e propria indagine su più fronti al fine di leggere il territorio da più prospettive. La dottoressa Maria Vassileva resterà qui anche dopo che noi toglieremo le tende e, in qualità di etnoantropologa, ascolterà la popolazione del posto, la prima a rappresentare una fonte storica”. Dunque, non solo archeologia, ma anche linguistica, comunicazione e studio del territorio confluiranno in quella che è una missione ufficiale in quanto autorizzata dalla Sovrintendenza dei Beni culturali delle Marche “e per questo ringrazio la dottoressa Profumo – sottolinea Merola che poi approfondisce un altro aspetto – Il nostro lavoro è assolutamente a titolo gratuito. Il progetto, come tutti gli altri portati avanti da noi, non riceve neanche un euro di finanziamento pubblico. Ci tengo a precisare che nessuno di noi sta percependo un compenso e che solo il centro studi San Claudio si è fatto carico dell’aspetto logistico, ma la squadra sta lavorando a proprie spese. Anzi – aggiunge – i ragazzi della Macchina del Tempo, tutti altamente qualificati (l’ultimo lavoro è stato la mappatura sotterranea della città di Napoli) hanno portato gli strumenti da lavoro a proprie spese”. Presenti Alberto Morresi e Domenico Antognozzi accanto ai componenti dell’Iriae (dell’International Research Insitute for Ethnology) i primi a sostenere con convinzione la presenza di Carlo Magno sul territorio e, in particolare, che proprio lì, sotto all’abbazia di San Claudio si celi la tomba dell’imperatore.
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I Franchi carolingi sono stati una novità ed un elemento di stabilità in un mondo post-romano dilaniato da guerre ed invaso dai Saraceni. Carlo Magno è stato il perno strategico e politico della civiltà franca, arricchita da ciò che era rimasto di quella imperiale romana. E’ dai Franchi che poi si è sviluppato il Medioevo come noi lo conosciamo.
L’IRIAE, di cui faccio parte, ha aperto una finestra più ampia alla sola focalizzazione su Carlo Magno. E, oltre a Carlo, c’è ancora molto da scoprire su quell’epoca oscura e… oscurata.
Mi preme invece sottolineare l’aiuto solidale della Soprintendente regionale dott. Profumo, che ha compreso l’obiettivo dell’IRIAE, volto a sollevare veli sui Carolingi. Anzi, vere e proprie cortine fumogene poste da chi aveva interesse a cacciare i Carolingi per impossessarsi dei territori del Sacro Romano Impero..
Mi riferisco in particolare alla Curia Romana dell’epoca, con appendici che fino ai tempi recenti ha cercato di occultare prove sui Carolingi e sui fatti storici.
Mi piace pure riconoscere l’aiuto che la Protezione Civile ha fornito all’IRIAE e al Centro Studi San Claudio al Chienti per evitare intralci al lavoro dei tecnici scientifici, impegnati alla ricerca di una realtà che spesso era più sognata che reale.
Ma Costa Magna…… è parente? Anche come cuginetta di 134mo grado…..
Stiamo veramente raggiungendo il ridicolo !!! Questa favola di un’Aquisgrana a San Claudio è stata già ampiamente smontata da diversi interventi nel merito di fatti, tempi, logistica, interpretazioni dei testi ecc. anche se in maniera episodica (in quanto le persone serie hanno poco tempo da dedicare ai voli pindarici di don Carnevale). Nonostante questo, si continua imperterriti ad perseverandum in fabula, al punto di mettere una copia della lapide di Aquisgrana a San Claudio ed ora di spendere soldi per cercare l’isola che non c’è. Finché il tutto era una sorta di viaggio psichedelico condiviso da quattro pseudo-storici locali, ci si poteva anche ridere sopra con bonomia, e provare persino simpatia per il suo fantasioso autore. Ma il fatto che si sia arrivati a sponsorizzazioni di convegni da parte di enti pubblici, all’intervento della Sovrintendenza ai Beni Culturali è qualcosa che sta facendo diventare una teoria strampalata ma lecita finché rimane tra 4 amici al bar l’ennesima dimostrazione del provincialismo culturale (e non solo) che è uno dei mali cronici dell’Italietta su cui s’innestano piccoli interessi di bottega localistici e, nel caso specifico, personali.
Bè leggendo l’articolo, l’operazione non è fatta con fondi pubblici per cui non mi pare che si possa obiettare spreco di denaro pubblico. Sulla veridicità o meno della tesi non mi soffermo, conobbi Carnevale anni fà quando organizzammo una conferenza a Treia per esporre la teoria di “Aquisgrana in Val di Chienti” non perchè condividessimo la cosa ma perchè convinti che ascoltare dalla viva voce del protagonista principale potesse essere cosa utile sia che la teoria si fosse basata su chiacchiere da bar sia che la teoria si basasse su fondamenti storici. Come si dice “conoscere per giudicare successivamente”. All’epoca diciamo che l’esposizione seppur interessante non mi convinse appieno, ma ritengo che l’operazione che si và ad effettuare ora, sia utile per la conoscenza, ed infatti leggendo l’articolo di CM viene affermato, che non si cerca l’ipotetica Tomba di Carlo Magno, ma sono indagini tese a chiarire aspetti storici sui quali ad oggi non ci sono grandi certezze. Che l’indagine finisca in una bolla di sapone, oppure finisca per rivelare qualcosa di nuovo ed inedito dal quale poi magari potrebbe nascere un successivo approfondimento storico/archeologico, ritengo sempre sia un elemento utile purchè non danneggi fisicamente strutture, e soprattutto non mistifichi i dati. Non mi pare nulla di scandaloso, chiaramente il mio è un semplice parere personale.
Si ma cosa c’è di male a cercare in maniera piu’ approfondita cosa c’e’ veramente la sotto ? Che c’è di male?…………..Se una presenza ( o un passaggio ) carolingio sembra ormai certa……..saperne di piu’
…..e fare una ricerca piu’ approfondita non mi sembra sbagliato. A chi da fastidio ? Perché una ricerca
storica deve essere bollata come ” priovincialismo ” 🙁
Nessuna meraviglia se il professor Carnevale viene contestato se si è opposto a ciò che la Storia ufficiale ha ormai solidificato nella mente comune. E’ la mentalità maceratese da “natio borgo selvaggio”, dove la cultura è burocratica, che si priva del coraggio nel trovare altri punti di vista che portano alla verità. Ma, cosa possiamo aspettarci da una Città di Maria che ha votato sempre DC e che l’ha portata – pure col camuffamento di nuova DC targata PD – al disastro più completo. E’ la mentalità passatista che vince e che le fa perdere terreno a favore di Civitanova Marche, più mercantile, essendo stata un porto della Repubblica Veneta marinara.
Il professor Carnevale è un visionario? Ma è giunto il momento che gli scienziati vadano a vedere quale è la “verità”. L’IRIAE è formata da scienziati, interessati ai Franchi (quindi pure di Carlo Magno). L’Università di Camerino, interessata alla ricerca della “verità”, ha preso impegno in un recente convegno a effettuare prove scientifiche sul vasto discorso dei Franchi (quindi pure di Carlo Magno), nelle nostre vallate maceratesi. Invece, Macerata e la sua Università stanno a guadare, bloccati su “verità” del passato, quando non esistevano strumenti di indagine moderni. Staremo a vedere…
Là sotto non troveranno certo la tomba di Carlo Magno, questo è sicuro. Tant’è che mentre l’articolo del giorno precedente (https://www.cronachemaceratesi.it/2014/09/17/alla-ricerca-della-tomba-di-carlo-magno-sotto-labbazia-di-san-claudio/572388/) parlava di questo obbiettivo, quello sopra, dopo i primi carotaggi, mette le mani avanti e questo Sig. Merola (che se non erro è anche coinvolto nella “scoperta” della tomba di Vlad II – il cosiddetto Conte Dracula – a Napoli…) dice ora “Non è da escludere, ma quello che intendiamo ecc.” A casa mia si chiama “arrampicarsi sugli specchi”. Per Titolabieno: io non ho parlato di soldi pubblici, ma del fatto che si spendono comunque soldi (e tempo inutile) chiunque sia a pagare le spese.
Nel secondo giorno di carotaggio a circa quattro metri di profondità ci s’è imbattuti in uno strato di prudenza e la storia da riscrivere s’è ristretta all’improvviso. Però così non è mica divertente, speriamo che sia solo un momento passeggero.
A quattro metri di profondità ? Mai saputo che le tombe medievali – e non solo medieveali – fossero poste a tale profondità… Tanto più che quelle di re e imperatori erano piuttosto dei sarcofagi o delle urne o, comunque, poste appena sotto il pavimento di chiese e abbazie. Quattro metri ? Manco fossero dei rifiuti tossici…La favola sta diventando sempre più una farsa. Meglio così, questo boomerang sarà la pietra tombale (?) di questa strampalata teoria.
Non si sa mai, magari a una certa profondità esce petrolio.
Lo petrolio no ma l’acqua ci sono molte probabilità
Beh, se fosse acqua carolingia…
Non sono autorizzato a svelare aspetti della vicenda che solo il Centro Studi San Claudio al Chienti e l’IRIAE possono rivelare. Personalmente, ho brindato parecchie volte con il noto “VINO COTTO” descritto nel “Capitulare de Villis” di Carlo Magno, donatoci da uno dei Nostri di Loro Piceno. Contrariamente a chi giura che Carlo Magno sia stato sepolto a San Claudio e a chi irride questa tesi, senza però dire che ad Aachen non c’è un bel niente, il mio vero obiettivo è che questa zona diventi un polo turistico di attrazione sui percorsi carolingi e dei Franchi.
Senza i Carolingi, che hanno favorito al massimo l’installazione nei territorio della Chiesa cattolica con monasteri benedettini – unico faro di civiltà rimasto operante dopo la distruzione della civiltà romana – grazie ai quali si è potuta formare la splendida civiltà medievale e poi rinascimentale, noi saremmo rimasti ai barbari Goti. E senza i Carolingi che hanno impedito l’espandersi delle armate islamiche nel territorio italiano, oggi noi faremmo parte di una civiltà inferiore a quella cristiana, almeno di quella che ha l’Eucaristia, ossia la discesa della Divinità fisicamente in ogni fedele.
Non siamo più dei ridicoli “buontemponi”. Alla “congrega” dell’IRIAE si sono aggiunti due archeologi di queste zone e l’antropologa bulgara Maria Vassileva, cinque lingue parlate, diverse missioni in Africa, che ha già impegnato persone di San Claudio per registrare le tante testimonianze delle vicende di San Claudio, dalle scoperte agli insabbiamenti ed alle manipolazioni della Storia.
Però, una cosa segreta posso svelarla al concittadino AUGUSTO ANDREOLI. Ed è che il professor Giovanni Carnevale ha stilato un accordo segreto con il monaco teutonico Notkre Balbulus perché scrivesse in latino le “Gesta Karoli Magni Imperatoris”, volte a suffragare le ipotesi odierne di Carnevale, ossia quelle che dicono che il Nostro Imperatore avesse la zona di influenza della sua Aquisgrana proprio nella fascia dell’Italia centrale che va dall’Adriatico al Tirreno.
Consiglio il signor Andreoli di leggere il libro di Notker, edito a spese di privati, la cui lettura lo riporterà alla Val di Chienti dell’epoca carolingia.
Carissima Zia Simo, non so chi lei sia visto che, come altri, usa un nickname (io ci metto nome e cognome e pure la faccia) e non so di quale staff parli né di quali quota da pagare. Io ho espresso – e già dal 2011 anche su questa testata online – la mia opinione su tutta la inconsistenza di quello che si vuol far passare per ricerca e revisione storica. E ciò non certo per ragioni personali nei confronti di alcuno, tanto meno di don Carnevale, al quale va tutta la mia umana simpatia. Sono convinto che nessuno di voi (che sia il Centro Studi o l’Iriae) abbia veramente letto i testi latini dell’epoca (Eginardo et similiter) né verificato, punto per punto, le affermazioni categoriche di don Carnevale. Perché se così fosse, qualche dubbio sulla “marchigianizzazione” di luoghi e personaggi appartenenti all’area franco-belga-tedesca operata dallo stesso in quasi tutti i suoi testi (es. Saint Denis che diventa San Ginesio et aliter) forse qualche grosso dubbio su tutta questa revisione storica in salsa picena vi verrebbe. Se poi lei considera “sputtanare” la lecita opinione di chi, invece, i testi e le verifiche le ha fatte, beh sono problemi tra lei e la sua onestà intellettuale.
Caro Rapanelli,
Lecito avere questa cieca fiducia nelle Gesta Caroli Magni di Nokter Balbulus. Le faccio però notare che, a differenza di Eginardo o di Alcuino di York o di Paolo Diacono, il “Balbuziente” stava a San Gallo e non ad Aquisgrana e non ha mai incontrato Carlo Magno.Il suo testo è fondamentalmente un libro di aneddotica, non certo una biografia o un annale storico. Gli storici lo considerano, addirittura, un millantatore di fatti e situazioni, al meglio un affabulatore letterario (dicono “he took pleasure in amusing anecdotes and witty tales, but who was ill-informed about the true march of historical events”, e descrivono il suo lavoro come una “mass of legend, saga, invention and reckless blundering”). Quindi fondare una revisione storica su Nokter è quanto di più antistorico si possa fare. Come se per sapere qualcosa della Roma antica, mi rivolgessi a Plauto piuttosto che a Tacito.
Molto interessante questo competente dibattito. Vorrei chiedere al signor Andreoli se invece ritiene che le fonti storiche possano stabilire con certezza che la sede di Aquisgrana coincida con Aachen o se c’è qualcosa che non quadra. Inoltre se ritiene che le ossa attribuite a Carlo Magno siano effettivamente le sue dato che hanno ritrovato un foro sul cranio che non risulta da nessuna fonte storica. Risulta invece che lo avesse Carlo in Grosso. Le ossa appartenevano ad un uomo alto circa 1.90. Dalle fonti risulta che Carlo Magno fosse alto ma non così alto. Mentre il sopracitato Carlo il Grosso era considerato dagli uomini del suo tempo un gigante. Infine come si traducono in tedesco Magno e Grosso? Secondo lei ci potrebbe essere stata una confusione tra i due che si è sedimentata nel tempo? Mi stupisce questa sua categorica certezza. Questa chiusura al dubbio e alla ricerca.
Carlo il Grosso è Karl der Dicke (Carlo il Grasso, non Grosso o Alto). Carlo Magno è Karl der Große. Magnus ha un significato di eccellenza, nobiltà ecc. non certo di statura o di circonferenza (così come Alessandro Magno e Alberto Magno). Ma il fatto che fosse alto lo dice Eginardo: “Ebbe un corpo largo e robusto, statura alta, ma tuttavia non sproporzionata (risulta infatti che la sua altezza misurasse
sette volte il suo piede)” E recentemente – ma questa notizia non è comparsa nelle lande picene… – i ricercatori di Zurigo hanno confermato che le ossa ritrovate ad Aachen sono assolutamente compatibili con la statura dell’Imperatore. http://www.controradio.it/carlo-magno-sono-sue-le-ossa-ritrovate-ad-aquisgrana/. Disponibile ad altre informazioni, se le dovesse far piacere.
Caro Rapanelli, a quello che molto giustamente Augusto Andreoli dice del monaco Notker, la cui opera “Gesta Caroli Magni” è vangelo per voi “ValdiChientisti”,vorrei aggiungere che non solo Notker stava a San Gallo (oltre 600 km da Aquisgrana!) ma da lì non si mosse mai. Evitava perfino di incontrare altre persone perchè si vergognava della sua balbuzie. Quindi quello che scrisse è stato tratto da racconti fattigli non si sa da chi poi “revisionati” con l’aiuto della sua fantasia (era anche poeta). Nessuno storico (di quelli veri) lo ritiene affidabile.
Care Cronache Maceratesi grazie. Grazie per aver dato a me, che di storia so ben poco, la stessa possibilità di visibilità che hai dato a gente di vera cultura e che sanno tutto sui Carolingi. Grazie perché mi permetti di dare sentenze inappellabili sulle opinioni degli altri ritenendo le mie detentrici di verità. Ti prometto che per circondarmi di maggiore ammirazione dai tuoi lettori leggerò qua e là notizie storiche e le sciorinerò nei miei interventi per dare l’idea di essere persona di cultura. Grazie ancora care CM. …. PS – Scusatemi ancora CM, visto che ci sono! Mi sapreste dire come mai moltissimi luminari tedeschi mettono in dubbio che Aachen sia Aquisgrana? Mi sapreste dire come mai i professori-custodi della cappella di Aachen se interrogati sulle contraddizioni storiche altomedioevali dei Carolingi non sanno rispondere? – Grazie ancora.
Cavolo allora quella specie di vasca che un mio amico a portato alla luce con un aratro era una cassa da morto e a pensare che ci voleva fare una fioriera ,bo che fine avrà fatto
Vedo che il mio ultimo commento è ancora in attesa di moderazione. Altri due successivi sono stati pubblicati. C’è qualcosa che non va nel mio intervento ?
Sig. Andreoli non credo che al tempo di Carlo Magno si parlasse il tedesco moderno… Il traslate o Wikipedia li s’ho usare anche io. Il mio post riguardava il dubbio, che è padre della conoscenza. Mi stupivo delle sue certezze granitiche.
Un’altra cosa sig. Andreoli: se la sua ricostruzione storica ha come fonti i giornali online sicuramente non è a conoscenza del foro presente sul cranio delle presunte ossa di Carlo Magno, di cui le ho chiesto spiegazioni nel post precedente. Ecco perché non ha risposto. Allora la informo io. Carlo il Grosso soffriva di forti emicranie e venne “operato” al cervello con i mezzi del suo tempo. Però certo che se i presunti storici ignorano gli elementi che contraddicono le loro certezze è facile far credere che la realtà sia quello che non è. Io non so se San Claudio sia Aquisgrana ma inizio a dubitare che anche Aachen lo sia.
Cara Vedova Allegra, le mie fonti non sono certo i giornali online come asserisce lei ma le fonti originarie, in primis Eginardo e Notker,oltre ad Alcuino, Paolo Diacono e altri (documenti originali in latino che può trovare sia in Omnia Catholica Documenta che in Latin Library ed in altre biblioteche digitali). Carlo il Grosso (= Grasso) sembra soffrisse di epilessia fin da piccolo ma non ho dati che certificano un’operazione al cervello (se lei li ha, le sarei grato di fornirmi la fonte). Le faccio anche presente che fu sepolto nell’Abbazia di Reichenau, ceh si trova su una piccola isola del lago di Costanza, e non certo ad Aquisgrana. Le fonti storiche sono chiare in proposito. Approfitto – visto che il commento precedente a riguardo è da ieri ancora “in moderazione” (?) per ripostarlo in questa risposta: Eccolo:
Tanto per chiudere la questione una volta per tutte – e rispondendo anche alla Vedova Allegra – faccio presente che lo stesso Notker è chiarissimo su cosa e dove fosse la Francia (e Carlomagno). Nel capitolo 10 del suo Gesta Caroli Magni Imperatoris scrive:
[…] Qui bone illius voluntati et studiis divinitus inspiratis assensum praebens, secundum numerum XII apostolorum de sede apostolica XII clericos doctissimos cantilene ad eum direxit in Franciam. Franciam vero interdum cum nominavero omnes cisalpinas provincia significo […]
[…] Il Papa assentì al suo (di Carlo Magno, NdS) virtuoso desiderio e al suo disegno ispirato da Dio e dalla Sede Apostolica gli inviò in Francia chiericii specializzati nel canto divino, e in numero di dodici, secondo il numero dei Dodici Apostoli. Ora, quando di tanto in tanto parlerò di Francia, voglio dire tutte le province al di qua delle Alpi […]
E’ probabile che don Carnevale sia stato fuorviato dal senso che a “cisalpinas” diamo noi dall’Italia. Ma Notker scriveva da San Gallo, cioè al di là delle Alpi (se viste dall’Italia) ma per lui “cisalpinas” significava al di qua (prefisso latino cis=al di qua), quindi – per noi italiani – dalla Svizzera in su verso la Germania.
Per me la questione è chiarissima e Aquisgrana in Val di Chienti rimane una favola senza capo né coda.
Cara Vedova Allegra, la mia risposta di qualche minuto fa è anch’essa “in moderazione”…
Tanto per chiudere la questione una volta per tutte – e rispondendo anche alla Vedova Allegra – faccio presente che lo stesso Nokter è chiarissimo su cosa e dove fosse la Francia (e Carlomagno). Nel capitolo 10 del suo Gesta Caroli Magni Imperatoris scrive:
[…] Qui bone illius voluntati et studiis divinitus inspiratis assensum praebens, secundum numerum XII apostolorum de sede apostolica XII clericos doctissimos cantilene ad eum direxit in Franciam. Franciam vero interdum cum nominavero omnes cisalpinas provincia significo […]
[…] Il Papa assentì al suo (di Carlo Magno, NdS) virtuoso desiderio e al suo disegno ispirato da Dio e dalla Sede Apostolica gli inviò in Francia chiericii specializzati nel canto divino, e in numero di dodici, secondo il numero dei Dodici Apostoli. Ora, quando di tanto in tanto parlerò di Francia, voglio dire tutte le province al di qua delle Alpi […]
E’ probabile che don Carnevale sia stato fuorviato dal senso che a “cisalpinas” diamo noi dall’Italia. Ma Nokter scriveva da San Gallo, cioè al di là delle Alpi se viste dall’Italia ma per il quale “cisalpinas” significa al di qua, quindi – per noi – dalla Svizzera in su verso la Germania.
Per me la questione è chiarissima e Aquisgrana in Val di Chienti rimane una favola senza capo né coda.
E’ certo che la questione debba essere trattata con grande attenzione e perizia nella lettura delle fonti e delle testimonianze archeologiche ed artistiche. Non credo che il livore che il sig. Andreoli mostra nei riguardi degli studi fin qui proposti giovi alla ricerca. Se per lui la questione è chiusa sarebbe meglio, secondo me, che si astenesse dall’occuparsene ancora!
Silvia Pieroni, nessun livore, la mia è solo una lecita e doverosa critica – forse esacerbata dal ridicolo in cui sta cadendo l’intera provincia a cui appartengo – ad una teoria che fa acqua da tutte le parti e dove un’assioma iniziale ha consentito all’autore di piegare allo stesso tutti i dati presenti nei documenti originali, a cominciare da luoghi geografici. Don Carnevale – premesso che sia in buona fede perché alcune dichiarazioni recenti sulla necessità di preservare il territorio da cementificazione potrebbero indurre a pensare il contrario – pur di sostenere la sua idea iniziale, trasforma luoghi franco-tedeschi-belgi in località della provincia di Macerata. Un’operazione che di storico non ha nulla, né nel merito né, soprattutto, nel merito. Scusi la presunzione ma sono sicuro che oltre a don Carnevale, i testi originali in latino li abbiamo letti in pochi tra coloro che sostengono questa tesi. E per quanto riguarda il suo consiglio mafioso di astenersi dall’occuparmi della questione, cade nel vuoto. Avevo solo espresso le mie lecite opinioni, documentandole, ma vista l’alzata di scudi – che reputo del tutto interessata – da parte di alcune persone, tra cui lei, mi riprometto di andare fino in fondo alla questione. E se la testata CM non volesse più ospitarmi, troverò altri modi per far sapere, nel dettaglio, come stanno veramente le cose e cosa dicono effettivamente i testi latini.
Non mi intrometto nella disputa perché non ne ho le competenze per dirimerla. Ma il dubbio rimane perché entrambe le ipotesi sembrano avere vistose incongruenze. Nonostante questo a livello turustico Achen viene “venduta” per Aquisgrana.
I paesi europei sono molto più poveri di elementi turistici storici e artistici rispetto all’Italia. Uno straniero che viene in Italia sarà attirato da altre localita piuttosto che venire da noi.
Ma all’estero sono capaci di vendere anche il dubbio e lo fanno senza problemi e senza storcere il naso.Perché non dovremmo farlo noi? Non occore dare certezze, può bastare alimentare il dubbio. Il mistero ha sempre una grande attrattiva. A volte più della realtà stessa.
A Torino si va a vedere la sindone, che la chiesa non ha mai riconosciuto ( e le prove di falso sono schiaccianti), in Egitto si va a vedere la priramide di cheope con tanto di sarcofago, che però non è mai stata la sua tomba. Certo sono esempi estremi, ma perché non si dovrebbe andare a san claudio a vedere quella che potrebbe essere la cappella palatatina?
Un amministratore attento ne farebbe una importante attrattiva, anche solo come ipotesi. Certo non basta una targa per farne una attrazione, ocvore un progetto complessivo, segnaletica, tabelle esplicative, segnalazione di altri luoghi connessi, un elemento grafico che li contraddistingua tutti e la sua diffusione con depliant presso strutture ricettive e relative pagine web. Il tutto senza mai parlare di certezze, solo di ragionevoli dubbi.
Basta solo togliersi di dosso il nostro senso innato di inferiorità e di farsi del male da soli pur di essere assolutamente corretti.
Sig. Andreoli, il mio non è assolutamente un invito “mafioso”: interpretarlo così dimostra sempre più il suo livore nell’affrontare la faccenda! Non mi sembra, comunque, che nessuno sia caduto nel ridicolo, come dice lei: gli studiosi possono fare tutte le ipotesi che vogliono e devono sforzarsi di dimostrarne la validità. Se lei ha qualche pubblicazione in cui confuta analiticamente tutte le ipotesi enunciate da Carnevale, me lo faccia sapere e la leggerò con interesse. Gli interventi estemporanei qui postati non hanno valore!
Caro Paolomc, il suo ragionamento è disonesto (scusi, ma non riesco a trovare altro aggettivo). Se fosse questo l’obbiettivo – utilizzando a scopi di marketing le inconsistenti teorie di don Carnevale – pensa che gli eventuali turisti sarebbero così propensi a visitare un luogo spacciato per quello che non è ? Forse potrebbero farlo una volta, ma poi ? Il senso di inferiorità non giustifica la truffa turistica, San Claudio può tranquillamente essere sponsorizzato senza bisogno di farne ciò che non è. A meno di voler perserverare nella vecchia abitudine italiota di vendere ai turisti la fontana di Trevi. Ne abbiamo avuto un esempio qualche anno fa con il “Van Gogh” di Recanati, una crosta spacciata per l’ultima opera dell’artista olandese. Penso che la nostra regione abbia talamente tanto di reale da offrire che vendere una lepre per coniglio sia la peggiore maniera di farsi promozione. Oltre che essere, moralmente ed intellettualmente, riprovevole.
Cara Redazione, non capisco perché il mio commento di ieri sia ancora in moderazione.
Sì, in generale son proprio i venditori di fumo a scarseggiare nel nostro paese, è una nostra atavica carenza che ci svantaggia non poco rispetto alla concorrenza straniera anche in fatto di attrattività turistica.
Gentile Silvia Pieroni, in attesa di sistematizzare in un testo riepilogativo e coerente (non certo una pubblicazione, che dare alle stampe qualcosa non non dà certo, in sé, dignità alcuna al contenuto) la rimando ad un mio intervento di 4 anni fa su questa testata, dove già, analiticamente, rispondevo ad alcune affermazioni di don Carnevale che lo stesso affermava essere “centrali” della sua tesi.
https://www.cronachemaceratesi.it/2010/07/28/aquisgrana-a-san-claudio-troppe-cose-non-quadrano/37209/
Qualora volesse darmi un suo indirizzo email, avrò il piacere di inviarle altro materiale (che qui, per ragioni di spazio, non è possibile inserire).
Nel frattempo, pongo anche alla sua attenzione (e magari anche delle associazioni che si rifanno ai Carolingi in Val di Chienti e, de traslato, anche a don Carnevale) un brano di quello che per i sostenitori della Aquisgrana-San Claudio è la bibbia di riferimento, Notker Balbulus. Nel capitolo 8 del libro 2° di Gesta Caroli Magni Imperatoris lo stesso scrive:
“Per idem tempus etiam legati Persarum ad eum directi sunt. Qui situm Franciae nescientes pro magno duxerunt, si litus Italiae propter famositatem Romane, cui tunc illum imperare cognoverant, apprehendere valuissent. Cum episcopis Campaniae vel Tusciae, Emiliae vel Liguriae Burgundiaeque sive Galliae simul et abbatibus vel comitibus causam adventus sui indicassent dissimulanterque ab eisdem suscepti vel expulsi fuissent, tandem post anni revolutum circulum apud Aquasgrani famosissimum virtutibus Karolum defessi et nimio defecti reppererunt circuitu”
“Quasi nello stesso periodo inviati dei Persiani vennero a lui mandati. Non sapendo dove fosse la Francia decisero di arrivare sulle coste italiane vicino alla celebre Roma su cui sapevano che egli imperava. Spiegarono il motivo del loro viaggio ai Vescovi della Campania e della Toscana, di Emilia e Liguria, di Borgogna e di Gallia e agli abati e conti di tali regioni; ma da tutti furono trattati sospettosamente o espulsi, così che passò un anno prima di raggiungere in malo arnese Aquisgrana ed incontrare Carlo, famosissimo in ragione delle sue virtù”
Mi sembra chiaro: il percorso dei legati persiani non è certo dalle coste campane verso il Piceno ma lungo la costa tirrenica e oltre le Alpi e non ci avrebbero comunque messo un anno intero ad arrivare ad Aquisgrana se questa fosse stata nelle Marche. A tal proposito anche la logistica è evidente:dalla Campania ad Aachen ci sono 1270 km ca. Supponendo che viaggiassero ad un ritmo di 3/4 km al giorno di media, fa esattamente 1 anno di viaggio.
Caro sig. Andreoli. Disonesto è lei che pretende di dare significati diversi a quello che ho scritto. Non ho mai detto di vendere il falso ma di vendere il dubbio e il mistero. E l’ho ribadito non so quante volte. Questo suo travisare getta un’ombra sinistra sui suoi comnenti. Se riesce a travisare quanto ho detto, lo fa anche con tutto quello che legge?
Vendere il dubbio e il mistero ? Giacobbo e le sue pseudo scoperte ? No, grazie. Io sono per vendere le cose reali, e anche nelle Marche ne abbiamo a sufficit. In quanto al disonesto, se legge il mio post, non era riferito a lei come persona ma al suo ragionamento che, come ribadisco, non condivido.
Gentile Sig. Andreoli, la ringrazio per l’indicazione del suo intervento (che ho scaricato e letto), contenente molti spunti interessanti. Io vivo a Milano, ma sono di origine marchigiana, di San Ginesio, e sono venuta a conoscenza degli studi di don Carnevale qualche anno fa tramite uno zio. Sono laureata in lettere classiche, e non sono quindi un’esperta di medioevo: devo però ammettere di non essere mai riuscita a inquadrare con esattezza geografica le convulse vicende dei carolingi. Ho letto alcune pubblicazioni di don Carnevale, forse un po’ fragili dal punto di vista metodologico, ma in alcuni aspetti se non convincenti, almeno suggestivi. Andrò a rileggerli e le farò sapere i miei dubbi.
Per quanto riguarda il testo di Notker da lei citato nell’ultimo intervento, non mi sembra che faccia capire con evidenza dove si trovi Aquisgrana: il latino in cui è scritto è veramente brutto, comunque io tradurrei così l’ultimo periodo: “infine passato un anno, stanchi e spossati dal troppo viaggiare, trovarono ad Aquisgrana Carlo famosissimo per le virtù”. da qui sappiamo soltanto che gli ambasciatori persiani, non visti di buon occhio dai vescovi a cui si erano rivolti, vanno in giro senza meta alla ricerca di Carlo; sappiamo però anche che per trovare Aquisgrana vengono in Italia, perché sapevano che allora Carlo regnava su Roma… Mi sento di affermare che, trattandosi di Sacro Romano Impero, qualche relazione molto stretta con l’Italia dovesse esserci…
Gentile Sig.ra Pieroni, innanzitutto mi complimento con lei per il suo cursus studiorum. In un mondo dove gli studi umanistici vengono considerati out e improduttivi, una persona che si laurea in lettere classiche è una speranza nel buio dell’ubriacatura tecnico-scientifica che si vuole passare come l’unicum in grado di creare un futuro. Per quanto riguarda il brano di Notker mi sembra molto chiaro e incontrovertibile. Se la logica e la logistica hanno un senso, qualcuno che si muove dalla Campania alla Toscana, e su verso Emilia, Liguria, poi Borgogna e quindi Gallia (Notker è un po’ ballerino, a volte la chiama Francia ma comunque, in in un passaggio della sua opera scrive esplicitamente “Gallia seu Francia” dicendo quindi che le due denominazioni sono sinonimi dello stesso luogo) non fa marcia indietro, riattraversa le Alpi e scende nel Piceno. Onestamente, lo reputa credibile ? Il fatto che sbarcassero in Italia poi non mi sembra strano: non sapevano dove fosse Aquisgrana, sapevano soltanto che Carlo regnava anche in Italia (è probabile che sapessero anche che era stato incoronato a Roma), quindi arrivano in un luogo che reputano avesse comunque a che fare con l’Imperatore, sperando poi di raggiungere, raccogliendo informazioni in loco, Aquisgrana.
Resto in attesa di leggere con piacere i suoi eventuali dubbi dopo la rilettura dei libri di don Carnevale.
PS. Lei è originaria di San Ginesio. Le sembra credibile confondere Saint-Denis (luogo di sepoltura dei re merovingi prima e carolingi poi, fino a Pipino) con San Ginesio ? Dionigi ha poco a che vedere con Ginesio (o Genesio secondo altre fonti) ma don Carnevale sembra voler a tutti i costi fare un’equazione che anche linguisticamente non ha alcun senso, come quando fa diventare Tours Pieve Torina…
Buona serata.
Cari Amici e Amiche, comunico che ho scritto la Storia del Fascismo del Ventennio e rivelo da subito che sono state dette e scritte tante fandonie su Mussolini. Io sono nato nel 1939. Quindi, non ho vissuto nel Ventennio, salvo che dal 1939 al 1945. Ma ero piccolo e non sapevo cosa stesse accadendo. Mi sono allora informato da chi aveva vissuto nel Ventennio.
Intanto, il Duce non andava a donne perché era gay. Poi, non andò a prendere il potere a Roma in vagone letto, ma combattendo alla testa delle migliaia di Camice Nere. Sabaudia e Littoria le aveva costruite Garibaldi dopo avere bonificato le paludi pontine. Non aveva voluto la guerra con Hitler e non lo aveva mai incontrato. Infatti tutte le immagini che lo ritraggono con il Furer non sono le sue, ma di un sosia. Il quale è lo stesso appeso a testa in giù. Mussolini visse e mori in un monastero greco ortodosso nell’Astrakan.
Ho scritto il libro in latino antico, in modo che il professore Carnevale lo creda scritto da un balbuziente e pensi che descriva le gesta di Carlo Magno.
L’ironia del Sig. Rapanelli mi sembra del tutto fuori luogo, essendo l’VIII-IX secolo un periodo storico oscuro e mal testimoniato dalle fonti scritte e non, tanto che già Federico Barbarossa poté “inventare” un mito di Carlo Magno ad Aachen da nulla attestato. Se poi vuol deridere il metodo di don Carnevale, dia prima prova lui di saper documentare qualcosa scientificamente, non facendo del facile sarcasmo.
Ma alla fine questi rilievi come sono andati a finire?
Trascorsi alcuni giorni dai tanto attesi sondaggi sotto l’Abbazia,penso che i tanti che sono intervenuti ,seppure da posizioni diverse,sulla vexata quaestio della sepoltura di Carlo Magno,siano in attesa di una doverosa,puntuale e veritiera relazione sui risultati dell’indagine da parte di quel comitato che ,per anni e a volte con troppa sicurezza,ha sostenuto la tesi Aquisgrana=San Claudio.
A quando i carotaggi sotto la Collegiata di San Ginesio?
Giustissimo. Penso sia doveroso saperne rapidamente qualcosa di più rispetto a quanto leggo nel sito del Centro Studi che, onestamente, mi appare un po’ troppo vago e anche ambiguo sia sui “ritrovamenti” che sui prossimi passi che si vogliono intraprendere.
Nel caso della cosiddetta mummia di San Claudio, scrivono: ” […] è stata infatti ritrovata la tomba del guerriero mummificato. Si tratta purtroppo di un ossario che, volendo andare a fondo della indagine, necessita di un lungo e costoso lavoro scientifico di identificazione […] ” Come si può affermare di aver ritrovato la tomba della mummia se poi si dice che, purtroppo, si tratta di un ossario ? Tra l’altro sul ritrovamento di questa presunta mummia non ci sono documenti ma solo una lontana vox populi
Sul carotaggio: ” […] Non appena saranno disponibili le relazioni sul materiale estratto nel corso del carotaggio effettuato sarà nostra cura comunicarlo […] Ma il carotaggio con introduzione di telecamera non doveva servire proprio a “vedere” se si trovava la tomba di Carlo Magno (almeno fino al primo giorno era quanto dichiarato, già dal secondo si è parlato più genericamente di Carolingi e Sassoni…) ? Adesso sembra invece che si vogliano fare analisi sul materiale estratto – cilindri di terra di ca. 4 cm – per trovare non si sa cosa.
Sono fermamente convinto che, se si fosse saputo pubblicizzare e vendere per tempo l’irresistibile fascino del dubbio e del mistero carolingio conferito all’abbazia di San Claudio dalle coraggiose ed autorevoli ricerche che da tanti anni gli studiosi raccolti intorno al Carnevale conducono, a quest’ora – tanto per fare un esempio di grossa occasione perduta dal territorio – George Clooney sarebbe venuto a sposarsi qui da noi in Val di Chienti piuttosto che a Venezia. Però, se quel Carlo Magno si decide ad uscir fuori entro pochissimi giorni, può anche essere che Clooney ci ripensi in extremis.
Leggo alcuni gli interventi sopra e mi sembra tutto molto molto psichedelico o, meglio, un allegro passaggio di “canne” (per carità, nessun indizio di provincialismo, casomai di ben altro!). Carlo Magno sepolto a San Claudio al Chienti è, secondo me, la più divertente “sòla” maceratese a cavallo tra il XX° e XXI° Sec.
Che ad inventarla ed argomentarla con una decina di volumetti (gli ultimi in collaborazione con alcuni suoi fedelissimi teatranti) sia stato un dotto buontempone come don Giovanni Carnevale, mio insegnante al liceo dei salesiani nei tardi anni sessanta del Novecento, non mi stupisce. Anzi, mi mette allegria.
Aggiungo solo per completezza: che alcune serissime persone che hanno tutta la mia stima, si siano affannate e si affannino ancora a dimostrare che le teorie di don Giovanni Carnevale su Aquisgrana= San Claudio al Chienti-tomba di Carlo Magno sono strampalate, è cosa, pure, molto comica. Ma la cosa più esilarante è che l’arcivescovo di Fermo abbia permesso quella lapide in altisonante latino (l’avete vista e letta?) in una chiesa (San Claudio al Chienti) di sua giurisdizione. Meno comica la sponsorizzazione dell’assessore regionale alla cultura Pietro Marcolini. Lo capisco: la cultura se uno non ce l’ha, non se la può dare.