di Giancarlo Liuti
E’ possibile far dell’umorismo o apprezzare l’umorismo degli altri in tempi che come gli attuali inducono invece alla tristezza e a cupi presagi sul futuro? Non solo è possibile, è necessario. Anche nella sua versione più caustica, la satira, la dimensione paradossale dell’umorismo aiuta a salire di un gradino al di sopra della realtà e a praticare la virtù del sorriso – diciamo pure del riso, magari amaro – che sta da sempre nella natura umana come risorsa vitale, pausa dal destino e al tempo stesso occasione per guardare le cose con un distacco che le faccia meglio capire. Non è certo un caso che proprio in quest’epoca di duri sacrifici la ribalta della politica sia stata in gran parte occupata da Beppe Grillo, il cui linguaggio è tipico dell’attore comico (del giullare, si sarebbe detto una volta), o che la ribalta dell’informazione televisiva veda in prima fila dei comici quali Maurizio Crozza, Luciana Littizzetto e, straordinario, Corrado Guzzanti, o che nessun organo di stampa rinunci alla vignetta quotidiana – vale più di un articolo di fondo, s’usa dire – e alla dissacratoria caricatura dei personaggi da cui dipendono scelte economiche e di governo.
Non deve sorprendere, dunque, che la ventisettesima Biennale dell’Umorismo di Tolentino si presenti, stavolta, con uno spirito direi più pensoso e attuale delle precedenti: aperta al domani, lanciata anche sulle vie del digitale e del web, rivolta ai giovani, specchio della contemporaneità, stimolatrice di riflessioni sul mondo e sulla vita. Il tema – “O combatti, o scappi, o sorridi” – non è affatto evasivo rispetto alle difficoltà del momento – difficoltà su scala mondiale – ma ne prende atto e propone che fra i modi di affrontarle c’è anche l’arte dell’ironia.
Come sta accadendo per un’altra manifestazione culturale del nostro territorio – la Stagione lirica dello Sferisterio, a Macerata, grazie alle idee innovative del direttore artistico Francesco Micheli – il merito va attribuito ad Evio Hermas Ercoli, già ideatore di “Popsophia” (un festival di antiaccademismo filosofico ora emigrato da Civitanova a Pesaro), presidente dell’Accademia maceratese di Belle arti e da quest’anno direttore artistico della Biennale tolentinate, le cui porte gli sono state aperte dal sindaco Giuseppe Pezzanesi con la collaborazione di Maura Gallenzi, responsabile dei servizi culturali del Comune.
LA RIVOLUZIONE WEB – Evio Hermas Ercoli, direttore artistico della Biennale dell’Umorismo (Clicca sull’immagine per guardare il video)
Cinquantadue anni non sono pochi. La prima edizione, voluta dall’indimenticato Luigi Mari, si tenne nel 1961, e vi parteciparono, da giurati o da concorrenti, i più autorevoli esponenti italiani dell’umorismo e della satira fra i quali Amerigo Bartoli, Mino Maccari e Cesare Zavattini. Da subito internazionale, con un’eco più forte di quella suscitata dal premio per la satira di Forte dei Marmi. E, quasi da subito, sfociata nella creazione di un museo storico dell’umorismo – luminosissime sale nel cinquecentesco Palazzo Sangallo – contenente tremila opere che partono dal Quattrocento (oltre ai preziosissimi affreschi della basilica di San Nicola, questa è una carta che Tolentino può validamente giocare in tema di affluenza turistica). Negli ultimi decenni, tuttavia, era prevalso un rituale e pur appassionato omaggio alla tradizione, forse anche per la diffusa sensazione che – ricordate il ministro Tremonti? – “la cultura non si mangia”, non dà progresso economico. E adesso questa Biennale numero ventisette sembra tornare all’entusiasmo della numero uno, perché la cultura, se gestita con un occhio al domani, può offrire occasioni di lavoro, direttamente e nell’indotto, stimolando la professionalità dei giovani talenti.
Sono pervenute novecento opere, alcune anche per la sezione digitale e altre per la filmica. Quelle di autori stranieri arrivano da ben cinquantacinque paesi europei ed extraeuropei, fra cui Cina, Giappone, Argentina, Brasile, Stati Uniti, Russia, Uruguay, India, Uzbekistan, perfino il tormentatissimo Iran. La giuria presieduta dalla critica e storica dell’arte Paola Ballesi ne ha inizialmente selezionate un’ottantina, dopodiché una più ampia giuria composta da ventisei esponenti dell’ambiente letterario, pittorico, scolastico e giornalistico ne ha indicate sei, tutte ugualmente meritevoli del primo premio. Ora queste sei sono entrate in rete, nei social network e nei quotidiani on line, fra i quali Cronache Maceratesi. E fino al 14 di giugno potranno essere votate – quasi come per le “parlamentarie” dei Cinquestelle – dalla cosiddetta gente comune. Chiunque può vederle, chiunque ne può scegliere una. Il vincitore di questa Biennale sarà dunque figlio dei nuovi linguaggi, del nuovo modo di intercomunicare.
Guardatele, lettori e commentatori di Cm. Una, intitolata “Escape”, mostra un bambino che per “scappare”dalle bombe sganciate da veri aerei disegna un immaginario aereo su un muro e vi sale. Un’altra, dal titolo “Una risata vi seppellirà”, mostra un uomo che affronta – “combattere” – la nera morte munita di falce e spavaldamente le applica sul naso la pallina rossa del clown. Un’altra – “The Conquest” – riproduce la famosissima scena della bandiera issata dai marines dopo la battaglia di Iwo Jima, ma in cima al pennone non garrisce il vessillo americano, c’è invece l’allegra e festosa figura di un folletto carnevalesco che – “sorridere” – svetta sulle atrocità d’ogni guerra. Guardatele. E votatele. Il miglior artista di questa Biennale (“O combatti, o scappi, o sorridi”) sarete anche voi a designarlo.
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