di Alessandro Feliziani
Una distesa di colori ampia come quindici campi di calcio, con oltre duemila sfumature di verde e di giallo. Avrebbe fatto la felicità dei pittori impressionisti di fine ‘800, ma non è un dipinto. A modo suo, però, è un’opera d’arte in natura che ogni anno inizia a formarsi tra la fine dell’autunno e le prime settimane dell’inverno, per giungere al massimo del suo splendore di colori tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate. Parliamo dei tredici ettari di terreno, dislocati tra le località Rancia di Tolentino e Rambona di Pollenza, utilizzati dal Cermis per la sperimentazione e il confronto variatale di grano duro, grano tenero, orzo e farro. Il Centro ricerche e sperimentazione per il miglioramento vegetarle (Cermis) – intitolato a Nazareno Strampelli (1866 – 1942), il più importante esperto italiano di genetica e agronomia della prima metà del XX secolo, nato a Crispiero di Castelraimondo – è uno dei pochi istituti attivi in Italia nel campo delle ricerche sui cereali e tra i suoi clienti figurano alcune delle maggiori società sementiere internazionali, nonché diversi noti pastifici del nostro Paese. Alimento simbolo del mangiare italiano, la pasta è la regina incontrastata delle nostre tavole. Di spaghetti, penne, fusilli e altri tipi di pasta se ne producono in Italia tre milioni e mezzo di tonnellate l’anno, per un valore superiore ai quattro miliardi di euro. “C’è pasta e pasta, perché c’è grano e grano” ci dice Antonella Petrini, perito agrario del Cermis, che da pochi giorni ha finito di coordinare e sovraintendere alle operazioni di semina di oltre duemila varietà di frumento nei campi di sperimentazione.
Ogni varietà di grano è seminata in uno scacco di terra che misura due metri per cinque. Questi piccoli rettangoli sono affiancati l’uno all’altro, come a formare un grande “puzzle”, per poter osservare meglio le differenze dei tempi di maturazione, e successivamente di resa, tra una varietà e l’altra. Nella zona Rancia si sperimenta la coltura tradizionale, mentre a Rambona la coltivazione con il sistema di “agricoltura biologica”. Nella sua sede di Abbadia di Fiastra, il Cermis possiede celle frigorifere per la conservazione del germoplasma, strumenti per la selezione e la concia delle sementi, ma anche attrezzati laboratori per la realizzazione delle analisi della qualità dei cereali (caratteristiche reologiche, proteine, ceneri, colore), e attrezzature informatiche in grado di acquisire ed elaborare i risultati delle “sperimentazioni in campo”. Quest’anno il Cermis taglia il traguardo dei 30 anni di attività, essendo stato costituito nel 1983 dalla Camera di commercio di Macerata, dalla Provincia e dalla Fondazione Giustiniani Bandini. Attualmente ne fanno parte anche alcune società e consorzi del settore, ma il Centro statutariamente continua a non avere finalità di lucro. Da sempre è presieduto dall’agronomo Gino Pasquali, il quale per questa sua trentennale attività ha ricevuto recentemente anche un pubblico riconoscimento da parte della Facoltà di agraria dell’Università di Perugia. “Il Centro – spiega Pasquali – si pone come anello di congiunzione fra la ricerca di base e i centri di divulgazione.
E’ finanziato dagli associati, tuttavia la parte più rilevante dei finanziamenti deriva dai servizi di sperimentazione e ricerca che svolge”. Il Cermis ha intrapreso collaborazioni con la Regione Marche, con l’Assam delle Marche e analoghe agenzie di altre regioni, l’Enea di Roma, Facoltà di agraria di diverse università, l’Istituto nazionale di nutrizione di Roma, gli istituti di genetica e sperimentazione di Lonigo (Vicenza) e Caltagirone (Catania), l’Istituto Germoplasma di Bari e diversi centri di ricerca privati. Per tutti questi istituti, il Cermis svolge anche attività di ricerca sui legumi (ceci, lenticchia, cicerchia), nonché sulla fertilità dei suoli e sulle moderne tecniche agronomiche con studi sull’uso dei fertilizzanti organici e la verifica di percorsi a limitato impatto ambientale. Da alcuni mesi il Centro di Abbadia di Fiastra ha avviato, con il finanziamento del PSR regionale delle Marche, un progetto di filiera di agricoltura biologica che coinvolge le cinque maggiori cooperative marchigiane del settore della pasta.
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Purtroppo li vicino c’è il cosmari che con i suoi effluvi inonda i campi in questione…
bello vedere innanzitutto che un bel casale di campagna viene recuperato per fare ricerca e servizi per aziende che operano nel nostro territorio e non solo.
Altro aspetto che noto con piacere è che al cermis si lavora anche su semi “antichi” roveja, favetta, granturco da polenta etc. Queste nostre essenze varietali selezionate da secoli e secoli di coltivazioni dei nostri contadini, vengono preservate dagli effetti dei mercati globali ed in qualche caso anche reintrodotte in nuove coltivazioni ad hoc
finalmente si parla di agricoltura con la A maiuscola.Bravi e complimenti a tutti quelli del Cermis che sono conosciuti in tutta ITALIA e fuori.Ricerca e innovazione sono due parole che saranno basilari per il futuro dell’agricoltura italiana ma i semi Antichi possono fare reddito,e non vanno tralasciati.
Grazie
chissà se la centrale a biogas di loro piceno non possa dare una mano a migliorare il grano
nell’articolo non si parla del Dr. Natalini Sandro che per il Cermis è stato importante. O no?