Da una nostra lettrice, Lidia Appignanesi, riceviamo e pubblichiamo:
“Ho trascorso alcuni giorni facendo assistenza ad un familiare presso il reparto di geriatria dell’Ospedale di Macerata. Leggo su Cronache Maceratesi che, grazie ad alcuni dirigenti e medici illuminati, la nostra “fu tra le prime Geriatrie in Italia … Era costituita da sessanta posti letto destinati non solo ai pazienti acuti, ma anche ai lungodegenti … era annesso un Servizio di Recupero e Rieducazione Funzionale dotato di una grande palestra in cui operavano fisioterapisti, infermieri, ausiliari. Nel 2000 l’Unità Operativa fu trasferita presso il corpo centrale dell’Ospedale … i posti letto erano diciannove cui se ne aggiungeva uno destinato al day-hospital. Finalmente l’Unità Operativa … è stata trasferita dove un tempo si trovava il reparto di Medicina.”
Sapevo che il completamento del reparto risaliva a qualche mese fa, ad aprile 2011, e mi aspettavo, come da stampa, “un Reparto che, con i suoi 35 posti letto di cui 15 di lungodegenza post-acuzie, costituisce un’eccellenza non solo dell’Ospedale di Macerata ma dell’intero territorio provinciale”, dove fossero finalmente superati i disagi dovuti alla carenza di spazi e attrezzature del vecchio reparto.
Purtroppo la situazione del nuovo geriatrico è tutt’altro che eccellente, infatti una parte degli spazi destinati alla geriatria è stata amputata per ospitare un altro reparto (uro-nefrologia), con conseguente diminuzione dei posti letti ed eliminazione di tutte quelle aree che dovrebbero concedere un minimo di comfort e privacy ai degenti, a chi li assiste e ai familiari.
Non c’è una stanza per gli esercizi di recupero e rieducazione funzionale dei pazienti; non c’è un ripostiglio per depositare le attrezzature ingombranti come sedie a rotelle e deambulatori; non c’è una saletta in cui si possa mangiare un boccone, parlare o fare una telefonata. Non c’è (fatto scandaloso, secondo me, in un reparto in cui l’incontro con la morte, purtroppo, non è raro) una stanza, un bugigattolo, un bagno dove i familiari dei pazienti che passano a miglior vita possano dare sfogo al loro dolore. Per la verità non ci sono neppure le sedie e, se capita, come capita, che in quei momenti cedano le gambe, bisogna sedersi, a turno, sull’unica sedia disponibile per il posto letto. Non c’è una camera riservata a chi sta vivendo le sue ultime ore; l’ultimo respiro viene esalato tra gli altri malati, però, subito dopo, viene posizionato un paravento che impedisce la visuale al vicino di letto, ma non agli altri ospiti della stanza.
Fortunatamente il reparto è dotato di un ampio corridoio dove: i degenti sono costretti ad “esibirsi in pubblico” per eseguire la terapia riabilitativa, incitati e ripresi dai terapisti; le attrezzature e le vestigia della saletta del vecchio reparto di geriatria (maxi-televisore, un tavolo, una sedia da ufficio sgangherata e un tavolo da falegname restaurato) ingombrano il fondo del corridoio; i pazienti, gli assistenti e i visitatori chiacchierano, ridono, telefonano e parlano ad alta voce mentre il personale fa lo slalom per correre da una camera all’altra.
Altro punto dolente è la nuova gestione del vitto dell’Ospedale che, per lo meno per quanto riguarda il geriatrico, presenta qualche inconveniente. Gli anziani pazienti che possono mangiare di tutto lamentano che spesso il cibo è freddo o di sapore sgradevole; il primo, minestra compresa, è immangiabile perché troppo cotto o al dente tanto da non poter essere masticato; la porzione di pollo dalle ossa nere, che regolarmente viene servito arrosto la domenica, fa sorgere molti dubbi e, generalmente, viene lasciata nei piatti. I pazienti che non possono masticare hanno a disposizione una dieta semiliquida che consiste in: un mestolo di semolino, un vasetto di omogeneizzato di carne, una piccola vaschetta di mousse di mela. Questo menù è fisso, quindi viene ripresentato a pranzo e a cena per tutti i giorni della degenza.
Chiedendo l’autorizzazione dei medici, si può passare alla dieta 2 che prevede: un mestolo di semolino o minestra, due o tre cucchiai di carne macinata con altrettanti di purè e una mela cotta; di nuovo il menù si ripete a pranzo e a cena senza la minima variazione. Ho chiesto di parlare con chi ha stabilito questi menù per conoscerne i criteri su cui si basano, ma mi è stato risposto che il dietologo della ditta che ha in appalto il servizio mensa non è contattabile, non è qui. Mi permetto di ricordare, a lui e a tutti coloro che hanno responsabilità in merito, che ogni anno, in prossimità della stagione estiva, gli anziani, i familiari e coloro che se ne occupano sono premurosamente informati da istituzioni diverse – attraverso incontri, convegni, depliant – che l’alimentazione in età avanzata deve essere equilibrata e varia, ricca di frutta e verdura.
Mi permetto di suggerire che una facile (ed economica) soluzione, per i degenti del reparto geriatrico che non masticano, potrebbe essere quella di frullare il cibo preparato per il resto dei pazienti ed assicurare loro, così, una corretta ed adeguata alimentazione. Concludo con un ringraziamento alla Fondazione Carima che veramente “ha confermato ancora una volta la propria attenzione al tema della salute pubblica, con particolare riguardo al fragile mondo degli anziani, i quali hanno bisogno di un posto accogliente e di cure dignitose oltre che di medicinali e prestazioni mediche” ed ha rifornito tutto il reparto di “letti elettrici di ultima generazione, in particolare, offrono numerosi vantaggi di tipo ergonomico e sono estremamente funzionali”. Ringrazio, infine, il personale medico e paramedico che, pur tra difficoltà nervosismi e disagi, continua a svolgere coscienziosamente un lavoro tanto difficile. Sono certa che la scelta di accorpare i due reparti sia stata dettata da valide motivazioni (forse sempre le solite), ma non si è tenuto conto che si creavano notevoli disagi in entrambi, rinnegando e stravolgendo in un colpo solo tutti gli sforzi fatti da istituti e persone di buona volontà per realizzare un ambiente geriatrico confortevole e funzionale. Mi auguro che la situazione possa essere rivista presto con maggiore sensibilità e ampiezza di vedute –se non altro perché tutti noi, prima o poi, dobbiamo fare i conti con questa realtà- in modo da ricreare un ambiente sereno e accogliente indispensabile per prestare le necessarie cure alla parte più debole, e sempre più nutrita, della società”.
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Ho letto con molta attenzione la lettera della Sig.ra Appignanesi in quanto il tema degli anziani e le esperienze geriatriche toccano gran parte dei cittadini.
Ritengo pertanto doveroso ringraziarla con la speranza che la sua denuncia possa favorire un maggiore impegno di tutto il sistema sanitario in favore di un reparto che, considerata forse la limitata aspettativa di vita dei suoi degenti, viene molto spesso penalizzato rispetto al contesto generale.
bene applausi signora Appignanesi! bisogna denunciare! basta far silenzio! luce, verità e giustizia!