Lidia Mangani
di Leonardo Giorgi
Una candidatura collettiva, frutto della discussione interna al Partito Comunista Italiano e di un’eredità che affonda le radici nella tradizione politica di Enrico Berlinguer. Così si presenta l’anconetana Lidia Mangani, candidata governatrice per il Pci alle prossime elezioni regionali. Con un programma che punta a rompere la logica del bipolarismo, Mangani si distingue per una posizione netta contro le politiche di riarmo europeo, per una difesa intransigente della sanità pubblica e per un forte impegno sociale in favore di lavoratori, giovani e ambiente. In questa intervista a Cronache maceratesi, la candidata spiega le ragioni della sua scelta, la visione alternativa per le Marche e il significato politico del voto al Pci in un contesto segnato dalla sfiducia e dall’astensionismo.
Come è maturata la scelta provare la corsa come candidata governatrice?
«Non è stata una scelta individuale, ma è stata una proposta maturata nella discussione tra i compagni e le compagne del partito di cui faccio parte, il Partito comunista italiano. Ho accettato consapevole della responsabilità che mi veniva affidata, di rappresentare i comunisti delle Marche che hanno ripreso una via che si era interrotta in Italia, che era stata la via di Berlinguer, con ideali e valori di pace, uguaglianza sociale, liberazione dei popoli e fraternità che sono ancora attuali e che io condivido. Attuale è la lotta per ridare dignità al lavoro, consentire un futuro ad una gioventù che il capitalismo vuole relegata nella precarietà, sottrarre l’ambiente al saccheggio del profitto e operare attivamente per fermare le guerre in corso e tragedie come il genocidio che si sta consumando nell’indifferenza dei governi contro il popolo palestinese, la cui resistenza è oggi il nostro Vietnam».
No al centrosinistra di Matteo Ricci: perché? C’è spazio per il Pci?
«Per noi, come lo era per Berlinguer, la pace è al primo posto e la via alla pace è il disarmo, non il riarmo. A un candidato che nel Parlamento europeo di cui fa parte approva il colossale riarmo proposto dalla Commissione europea per 800 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, col Pd che vota come Forza Italia, noi abbiamo il dovere morale oltre che politico di dire “No”, non è questa la strada. La strada da percorrere è quella opposta, se si vuole davvero ottenere risorse per la sanità, la sicurezza del lavoro, il disinquinamento dell’ambiente, un sano sviluppo. Altrimenti si fanno promesse demagogiche sapendo già che non verranno mantenute. Si nasconde per altro che la spesa militare dei Paesi dell’Unione Europea, secondo i dati aggiornati al 2024, è del 58% superiore a quella russa: 730 miliardi di dollari contro 462. Lo spazio del Pci non è nelle multinazionali capitaliste a cui rispondono i governi, e neppure nella finanza che domina a Bruxelles, ma, prima di tutto, nel lavoro oppresso e sfruttato in cui vive la grande maggioranza. In questi anni si sono avvicendati governi dell’uno e dell’altro schieramento, e anche governi assieme come il governo Draghi. Il risultato è che in Italia la condizione dei lavoratori è grandemente peggiorata: oggi abbiamo mediamente i salari più bassi d’Europa e il tasso più alto di incidenti mortali (e invalidanti) sul lavoro. Noi diciamo che questo deve finire. Ma perché finisca occorre che i lavoratori stessi diano una scossa a questo sistema. Non votino per i nemici e i falsi amici, e non si rifugino nel non voto. L’alternativa c’è: è il voto al Partito comunista italiano»
L’ospedale Torrette di Ancona
La sanità è il grande tema delle regionali, d’altronde è il settore che assorbe il grosso delle risorse dell’ente: quali sono le sue linee guida per attenuare le problematiche più stringenti?
«In questi dieci anni i governi regionali di Ceriscioli del Pd e Acquaroli di FdI, operando in sostanziale continuità, hanno sacrificato la sanità pubblica, chiudendo ospedali e servizi essenziali nei territori aprendo spazi enormi all’impresa privata che vuole realizzare profitti sulla salute. Ora ammettono di avere sbagliato e promettono di cambiare, ma non dicono che cosa li abbia portati a sostenere le privatizzazioni, cioè sui loro rapporti con l’impresa privata che dovrebbero recidere, e con le politiche europee che hanno sposato. La mancanza di medici e infermieri di cui soffre la sanità pubblica è una conseguenza del sottofinanziamento alla sanità da parte dei governi nazionali e regionale. Negli altri paesi europei alla sanità va l’8% del Pil: è quello che noi chiediamo e su cui vanno ingaggiate delle lotte. Più personale e una migliore organizzazione risolverebbe a monte il problema delle liste d’attesa. Ma è chiaro che se le risorse si vogliono indirizzare ai mercanti e fabbricanti d’armi poche ne restano per le esigenze reali dei cittadini. Torniamo a bomba. Occorre una svolta politica radicale, e per questo bisogna uscire dalla trappola di questo finto bipolarismo».
Infrastrutture, un problema cronico per una regione come le Marche: quali sono le sue priorità?
«Le Marche, principalmente per responsabilità di una classe politica di governo dalla visione ristretta, è una regione marginalizzata sul piano nazionale, non si fa considerare e rispettare, sul piano economico come su quello culturale. Non è possibile che una regione come l’Abruzzo abbia da tempo due autostrade per Roma e le Marche arranchino ancora per il secondo binario e raggiungere la capitale è spesso un vero problema. Così resta ancora da risolvere l’annoso problema dell’uscita dal porto di Ancona, che noi vorremmo collegato ad una rete ferroviaria efficiente, privilegiando il trasporto su ferro. Porto, aeroporto e ferrovia dovrebbero operare in sinergia. Evitando di stressare l’area portuale già sovraccarica e problematica per la salute prima di tutto per chi ci lavora, con appesantimenti come la banchina grandi navi per turisti in transito. Nel caso della realizzazione della ferrovia interna per l’alta velocità, siamo per utilizzare la linea esistente per una metropolitana di superficie che mantenga il collegamento tra le città costiere, e siamo contrari allo smantellamento per ulteriore cementificazione».
Francesco Acquaroli e Matteo Ricci. La candidata governatrice Lidia Mangani si propone come alternativa
Industria e artigianato soffrono, la Zes può essere davvero una soluzione?
«Al momento la Zes come soluzione ai problemi del mezzogiorno e del sottosviluppo sembra più uno spot che un progetto concreto. Il precedente della Cassa del Mezzogiorno pur con i suoi limiti aveva ben altro spessore e impegnava risorse consistenti. Qui invece si dice che non si spenderà un euro. Sembra si vogliano celebrare le nozze con i fichi secchi».
Il turismo può essere un’alternativa alle difficoltà della manifattura?
«No. Il turismo è una realtà importante e ha grosse potenzialità di sviluppo, ma chi pensa che possa sostituire la manifattura sbaglia, o forse vuole offrire una consolazione per un processo di dismissioni che avanza parallelamente all’ingresso di multinazionali con base all’estero. Questo è il problema, che si è creato con le colpevoli dismissioni nei decenni scorsi dell’industria di Stato e l’abbandono alla grande finanza delle casse di risparmio e banche popolari legate al territorio. Fino al punto di non avere più in Italia, al contrario di altri Paesi, neanche una Banca di Stato».
Quanto è complicato fare campagna elettorale per chi cerca di affrontare due coalizioni con alle spalle grandi partiti e tante liste?
«Il problema alla radice è di leggi elettorali che hanno stravolto il principio del “voto uguale” fissato in Costituzione, per favorire la formazione di oligarchie la cui preoccupazione prima è di autoperpetuarsi. Ciò si è fatto con la combinazione sciagurata di leggi maggioritarie da un lato e sbarratorie dall’altro. La disaffezione dal voto, che noi cerchiamo di recuperare, è una conseguenza di queste leggi che stanno infliggendo un colpo molto pericoloso alla democrazia».
Quali sono i primi atti che firmerebbe in caso di elezione a presidente della Regione?
«Una cosa che si deve fare immediatamente, che è già troppo tardi, è la rottura di ogni rapporto con Israele responsabile di genocidio e applicare sanzioni che né l’Italia né l’Europa hanno voluto fare, e riconoscere lo stato di Palestina.
E in vista della manovra di bilancio dello Stato e del bilancio regionale 2026, aprire una vertenza con il governo nazionale perché le risorse previste per il riarmo siano utilizzate per aumentare la spesa sanitaria, che oggi è fra le più basse in Europa, e il fondo per il trasporto pubblico locale, che è il più basso rispetto alle altre regioni italiane».
Infine, qual è l’obiettivo in termini di percentuali?
«Le previsioni le lasciamo ai sondaggisti. Gli ostacoli che ci sono frapposti li conosciamo, la consultazione elettorale si cerca di ridurla ad una competizione sportiva, in cui quale che sia il risultato vince il capitale e perdono i lavoratori. Ma è un inganno che si sta logorando, la società è viva, la gioventù si sta svegliando e scende nelle piazze con coraggio e una visione internazionalista del mondo. La storia non si ingabbia e la protesta silenziosa e inefficace del non-voto può diventare molto rumorosa».
Cito " riprendiamo la via di Berlinguer "....perche non quella di Giuseppe Garibaldi ? O meglio perché non quella di Camillo Benso conte di Cavour ? Non siete su scherzi a parte !
Con quali persone attuali? Un c è nessuno che dia fiducia.
Bisogna prima abolire il PD e 5
" si alla sanità" e l'avete distrutta..'.si al lavoro dignitoso " e avete fatto contratti a 5 euro l'ora.." gli eredi di a Berlinguer chi? Bonelli!? Schlain? Fratoianni? Boldrini? Magi? Conte?.guarda, offri più pilu pe tutti che è già più credibile di tutto quello che dici!!
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…e ‘na parola, oggi, eh!!! gv