I guai del commissariato di Civitanova:
poco personale e qualche storia spinosa

IL COMMENTO di Giuseppe Bommarito - La vicenda di Alessandro Giordano, il poliziotto che sotto effetto di droga e alcol ha sparato fuori servizio a un giovane, porta a galla episodi controversi del passato. Si sente la necessità di trasformare la struttura in ufficio dirigenziale anche per aumentarne l'organico

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito*

Sono in corso le perizie balistiche e medico legali sulla drammatica vicenda del poliziotto Alessandro Giordano, che la notte del 22 gennaio, utilizzando la pistola d’ordinanza mentre era fuori servizio e positivo all’alcol e alla cocaina, ha ferito ad Ancona un ragazzo 21enne.

Ci vorrà del tempo, quindi, per capire l’esatta dinamica della vicenda e per verificare se il giovane abbia rischiato di perdere la vita per il proiettile che lo ha raggiunto alla coscia e se il poliziotto era stato o meno sottoposto, ed eventualmente con quale frequenza e quali risultati, ai drug-test necessari per i suoi precedenti specifici di uso di stupefacenti.

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Alessandro Giordano

Nel frattempo pare opportuno riflettere più approfonditamente sulla situazione del commissariato di Civitanova, da tempo oggetto di polemiche e proposte a livello sindacale ed ormai non più rispondente alla realtà ed alle esigenze della città costiera.

Da molti anni, infatti, i sindacati di categoria chiedono inutilmente di classificare il commissariato come ufficio dirigenziale, il che consentirebbe di portare l’organico a circa 60 unità (attualmente il personale raggiunge a fatica le 40 unità), con un primo dirigente a capo e con una struttura più adeguata ad una città che ormai è l’effettivo capoluogo di provincia e che vede ogni giorno aumentare i suoi problemi legati alla criminalità comune e variamente organizzata.

Nonostante ciò, nulla si è fatto in tal senso e, anzi, l’organico nel tempo si è ulteriormente ridotto e invecchiato (tra quest’anno e il prossimo, peraltro, andranno in pensione circa trenta poliziotti tra Macerata e Civitanova, senza che si veda in atto a livello ministeriale – considerato che la sempre più pesante penuria di personale integra un gravissimo problema di livello nazionale – uno sforzo convincente per un tempestivo rimpiazzo) e anche l’amministrazione comunale non ha mantenuto la promessa, fatta anni addietro, di fornire alla Polizia di Stato di Civitanova una struttura più adeguata al commissariato e più funzionale dei locali attualmente occupati, oggetto di un costoso contratto di locazione.

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Il commissariato di Civitanova

Intanto, nonostante qualche mela marcia, la stragrande maggioranza del personale tira dritto e – questo va detto con nettezza – compie sino in fondo il suo dovere, sia pure con grande sforzo e notevoli sacrifici, in una città sempre più difficile per le forze di polizia, una città che ormai si pone nelle Marche come il principale punto di raccordo del traffico di droga, delle bische clandestine e del riciclaggio.

E ciò in una struttura che appare abbandonata a se stessa, con un organico abbastanza sottodimensionato e con soli quattro ispettori per ben sei settori operativi.

Certo, anche prima del poliziotto che di recente ha sparato ad Ancona, i problemi non sono mancati, incidendo inevitabilmente sul regolare svolgimento del servizio e soprattutto sull’autorevolezza dell’amministrazione. Ci fu, ad esempio, diversi anni addietro, addirittura il suicidio di un agente all’interno della struttura, un suicidio mai chiarito e rimasto sempre senza spiegazioni; colpì che nessuno sentì nulla e l’agente, che pare fosse mancino, si sparò con la mano destra (o viceversa).

IMG_4458-400x267Un altro agente indagato “per avere… con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, concorso nella cessione di modiche quantità di cocaina”, venne trasferito, nelle more del procedimento penale, per motivi disciplinari a Civitanova nei primi anni 2000 e promosso anni dopo. Negli ultimi anni di servizio aveva anche stretto un forte legame di frequentazione con il ristorante civitanovese di Salvatore Anacondia, detto il “Monchetto”, nonostante le critiche e le chiacchiere legate ad una siffatta assiduità, certamente poco opportuna.

Poi, tanto per chiudere questa galleria puramente esemplificativa di condotte anomale, e tralasciando tutti gli spifferi, i sospetti, le zone d’ombra, le invidie, è impossibile non citare quell’ispettore oggi in pensione che collaborava, con funzioni varie, e nemmeno in maniera tanto discreta (il secondo lavoro, per gli uomini e le donne della polizia, non è consentito), con un nota discoteca della città, che già allora, come accade spesso in questo genere di strutture, era frequentata da persone che consumavano di tutto e di fatto si alimentava già quel fiume di cocaina che oggi sta stringendo alla gola l’intera società civile cittadina.

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Luca Morelli aveva diretto il Commissariato fino al 2010

Ci fu, a dire il vero, a fine 2010, un colpo di coda che ridette grande prestigio e slancio alla polizia civitanovese, allora diretta dal commissario Luca Morelli. Quella volta l’anno si chiuse infatti con il botto, quattro arresti di un gruppo familiare denominato “clan Costanzo”, composto da elementi del luogo e da napoletani, che teneva un’ordinata contabilità delle proprie cessioni di cocaina e dei ricavi. I clienti/consumatori, oltre 400, vennero quasi tutti intercettati nel corso delle indagini e individuati.
Risultarono, sia uomini che donne, in buona parte appartenenti alla Civitanova bene (allora la cocaina era privilegio di pochi per i suoi alti costi, oggi – come si sa – è diventata una droga di massa perché abbondantemente tagliata con porcherie varie, e quindi calata di prezzo), ma anche appartenenti ad altre fasce sociali: imprenditori, professionisti, calciatori, commesse, ristoratori, e pure politici del luogo (che, con una discreta faccia di tolla, rilasciavano in quell’epoca sdegnate interviste contro il dilagare della droga). Ma il commissario Morelli, dopo circa un anno venne trasferito al Brennero – non si è mai saputo se su sua richiesta o per ordini superiori – e l’indagine, quanto meno sul versante degli assuntori, assoggettabili a sanzioni amministrative, si fermò e non se ne seppe più nulla, senza che i nuovi dirigenti poi arrivati si fossero mai preoccupati di dare impulso a quella grande e brillante operazione, la prima che avesse cercato veramente di mettere le mani nel letamaio della cocaina sempre più dilagante nella città costiera e nel suo amplissimo hinterland.

Certo, l’attuale forte avanzata della cocaina a Civitanova non è imputabile alle forze dell’ordine. Ma tuttavia oggi occorre che qualcuno metta finalmente mano alla situazione del locale commissariato, se non altro per rialzare il prestigio dell’istituzione e per salvaguardare l’onore e l’immagine dei tanti poliziotti onesti che a Civitanova lavorano a testa bassa dalla mattina alla sera e qualche volta anche di notte, facendo così dileguare quel grumo malefico di voci negative e devastanti (abbondantemente rinfocolate dalla vicenda Giordano) che oggi si rincorrono sulla struttura.  La speranza di tutti è che la credibilità dell’istituzione venga velocemente e decisamente ripristinata da parte di chi ha il dovere di farlo.

*Giuseppe Bommarito (presidente Ass.ne “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”)

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