Abbadia di Fiastra, denuncia dei sacerdoti:
«Il campo che avevamo coltivato a cocomeri
arato dalla fondazione Giustiani-Bandini»

IL CASO - Don Rino Ramaccioni e don Alberto Forconi hanno chiamato i carabinieri forestali perché il terreno in cui avevano piantato diversi ortaggi è andato distrutto

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Il campo dei cocomeri arato

 

di Luca Patrassi

Un’oasi verde di pace e di lavoro alle spalle della monumentale Abbadia, un piccolo terreno di proprietà della fondazione Giustiniani Bandini in cui i monaci cistercensi hanno per anni coltivato i prodotti della terra, quelli per il consumo interno. Usciti di scena i cistercensi, in questa torrida estate 2021 all’Abbadia di Fiastra è scoppiata la guerra dei cocomeri. Don Rino Ramaccioni e don Alberto Forconi, i sacerdoti che seguono l’attività dell’Abbadia, qualche giorno fa hanno anche chiamato i Carabinieri forestali per verificare il caso: nessun problema di coltivazioni o di prodotti, i sacerdoti hanno semplicemente denunciato il fatto che il campo con gli oltre cento cocomeri e qualche ortaggio era stato arato con i mezzi degli uomini (e delle donne) della Fondazione Giustiniani Bandini che hanno fatto tabula rasa delle coltivazioni. Narrano le cronache che il custode della chiesa, e curatore dell’orto, abbia pianto nel vedere lo scempio, che don Dino Ramaccioni si sia irritato e che don Alberto Forconi abbia parimenti esternato la propria indignazione.

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Il campo com’era prima

Silenzio assoluto, peraltro è anche una regola della vita monastica, da parte della società proprietaria del terreno che è la Fondazione Giustiniani Bandini, guidata dall’inossidabile ex sindaco di Macerata Giuseppe Sposetti. Don Rino Ramaccioni, abbandonata la pur considerata ipotesi di far suonare a morto le campane dell’abbazia, ha annunciato una protesta a suon di cartelli in occasione della festa del creato: «Signore, perdona loro perché non sanno quello che fanno» sarà una delle scritte». Don Alberto, pure turbato, è un po’ più indulgente: «Posso solo dire che venerdì scorso faceva tanto caldo, quest’anno avevamo anche fatto le cose per benino, dopo aver disboscato l’area, avevamo sistemato una recinzione elettrificata per evitare le incursioni dei cinghiali e sistemato l’impianto di irrigazione». Insomma i due sacerdoti hanno sostenuto delle spese, il custode poi ci ha aggiunto il suo lavoro quotidiano di pulizia del terreno e di irrigazione, fino all’aratura dell’altro giorno che ha spazzato via un centinaio di cocomeri che, secondo don Rino Ramaccioni, erano destinati al sostegno delle missioni indiane che il sacerdote segue da anni. Può anche essere che la Fondazione, sempre in silenzio, avesse finora tollerato la coltivazione del suo terreno fatta dai monaci per il consumo interno, ma ha detto basta quando ha saputo che i cocomeri erano destinati all’export, pur benefico. Ad ogni buon conto è bene specificare che il terreno è di proprietà della Fondazione Bandini e che non ci sono mai stati atti formali di autorizzazione di terzi per la coltivazione. I sacerdoti hanno comunque chiesto l’intervento dei carabinieri per i cocomeri dell’Abbadia.



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