La protesta degli agricoltori in Regione
«Nel corso della pandemia il contenimento dei cinghiali non è stato colpevolmente effettuato e questo ha causato un aumento considerevole della popolazione di ungulati. Per questo serve ora un piano straordinario di abbattimenti per riportare l’equilibrio in natura».
Lo chiedono a gran voce gli agricoltori che questa mattina sono davanti alla sede della Regione Marche, ad Ancona, per il flash mob per dire #StopCinghiali. A livello nazionale Coldiretti ha calcolato un aumento della popolazione di ungulati del 15%. «Una vera e propria invasione incontrollata – continua Coldiretti – con i branchi che si spingono sempre più vicini ai centri abitati mettendo a rischio non solo la tenuta economica dei territori, con le aziende agricole costrette a fare la conta quotidiana dei danni, ma anche la stessa incolumità delle persone. La situazione delle Marche è particolare. A livello legislativo la regione è presa come esempio, insieme a Toscana e Lombardia, per la normativa più avanzata che prevede anche la possibilità dello stesso agricoltore – purché provvisto di licenza di caccia – di intervenire sul proprio fondo in ogni fase del ciclo produttivo».
«Ad ogni modo – spiega Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – dobbiamo rendere operativi questi strumenti, applicando la norma in maniera corretta. Per questo chiediamo alla Regione Marche maggiore tempestività, coordinamento e controllo sugli Atc: caccia, agricoltura e tutela dell’ambiente possono e devono interagire tra loro positivamente per la gestione del territorio». Coldiretti Marche chiede, dunque, l’adozione dello Statuto unico regionale per gli Ambiti territoriali di caccia «fondamentale, dopo il passaggio delle competenze dalle Province alla Regione, per uniformare procedure ad oggi difformi sul territorio, soprattutto per quel che riguarda procedure e modulistica dei risarcimenti dei danni». Gli agricoltori chiedono inoltre un monitoraggio puntuale e super partes della popolazione animale, la rotazione sui vari territori delle squadre di selezionatori per impedire il fenomeno delle “riserve di caccia”, il ricambio degli organi di gestione degli Atc e il controllo regionale sui bilanci degli stessi. «Serve inoltre – rilevano da Coldiretti Marche – dialogo con gli enti che gestiscono le aree protette affinché possano essere messe in atto azioni sinergiche di intervento, a partire dal coordinamento dei censimenti fino al controllo numerico delle popolazioni di specie in sovrannumero, attraverso piani di contenimento e di prelievo in qualsiasi forma. L’attuale politica di prelievo “a macchia di leopardo” non ha portato e non porterà mai alcun positivo risultato».
Secondo un’indagine Coldiretti/Ixè la fauna selvatica rappresenta un problema per la stragrande maggioranza dei cittadini (90%). Nel mirino finisce soprattutto la presenza eccessiva di cinghiali, che il 69% degli italiani ritiene essere troppo numerosi mentre c’è addirittura un 58% che li considera una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale come pensa il 75% degli intervistati che si sono formati un’opinione. Il risultato è che oltre sei italiani su 10 (62%) ne hanno una reale paura e quasi la metà (48%) non prenderebbe addirittura casa in una zona infestata dai cinghiali. Alla domanda su chi debba risolvere il problema, un italiano su 2 (53%) ritiene che spetti alle Regioni, mentre per un 25% è compito del Governo e un 22% tocca ai Comuni.
L’assessore Mirco Carloni a colloquio con gli agricoltori
«Sostegno e piena adesione della Regione Marche alla manifestazione – queste le parole di Mirco Calroni, vicepresidente e assessore all’Agricoltura e alla Caccia intervenuto questa mattina al flash mob – Per questo problema, negli anni passati non era stato fatto nulla. Dall’insediamento di questa giunta invece abbiamo immediatamente adottato un approccio non ideologico e non ipocrita, ma oggettivo e concreto per gestire la questione. Gli agricoltori non possono essere lasciati soli. Siamo stati quindi la prima Regione in Italia a sottoscrivere ed adottare un protocollo con Prefetture, Polizie provinciali, Ambiti territoriali di caccia, Anci (Comuni), associazioni agricole e venatorie, per riequilibrare e contenere la popolazione di questi animali. La presenza dei cinghiali, nelle Marche, ha creato infatti una vera e propria emergenza, specie nelle aree pubbliche destinate a verde attrezzato, dove solitamente giocano i bambini e sulle spiagge. A questi si sommano i danni alle attività agricole per circa un milione di euro l’anno e i numerosi incidenti stradali che, con una frequenza ormai consolidata, mettono a rischio l’incolumità degli automobilisti e dei motociclisti. Nel 2020 sono stati 665 gli incidenti causati dalla fauna selvatica. Infine, ma non meno importante soprattutto in periodo di pandemia, ci sono possibili risvolti di carattere sanitario legati all’eventuale ingresso sul territorio nazionale della peste suina. Vigileremo sull’operato di tutti a partire dagli ATC per una maggiore operatività e coordinamento. Siamo inoltre convinti che occorra a livello nazionale da parte dei Ministeri competenti una modifica della Legge 157 per adeguare l’elenco dei soggetti che possono concorrere agli interventi di contenimento e controllo sulla scia dei più recenti orientamenti della Corte Costituzionale: è fondamentale intervenire in maniera efficace sulla situazione dei Corpi/Servizi di vigilanza venatoria in ragione delle notevoli incertezze create dalla Riforma Del Rio in materia di riordino delle province. Quel che è certo – ha concluso il vicepresidente – è che non possiamo più consentire che persone muoiano sulla strada per la presenza di ungulati».
Agricoltori che parlano di ' equilibrio della natura'.... Quando la sottrazione di habitat naturali all'ambiente, nel mondo, ha come causa primaria proprio l'agricoltura, specie quella intensiva.
Se gli animalisti vogliono tanto bene agli animali, invece di far finta di niente debbono pagare i DANNI punto e basta.
vallo a dire agli aninalisti........questi prolificano a manetta.......poi mettici qualche mente eccelsa che ne ha favorito il ripopolamento
Speriamo che non hanno la brillante idea di portare dei lupi x cacciare i cinghiali.dove abito è successo vi assicuro che stiamo molto peggio con i lupi
Non si capisce perché li fanno proliferare...poi ci si deve mettere in fila per i danni....scusate ma i maialini una volta venivano castr...non dico di estinguere...
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45 anni fa’, ripopolamento fauna(pensavano fossimo in Africa), adesso si cerca di tappare i danni, creati con il rilascio degli animali. Ora che si faa ?? E intanto ne paghiamo i danni, me compreso. Obbligo caccia aperta al cinghiale tutto l’anno.
Da Danilo Baldini, delegato Lac per le Marche, riceviamo: «Ormai possiamo considerare la Coldiretti alla stessa stregua di un’associazione venatoria, visto che le sue richieste, come quelle sui cinghiali, di fatto, non tutelano né chi lavora in campagna e neppure i cittadini, ma fanno solo gli interessi di quella parte del mondo agricolo che si tiene ben stretta la licenza di caccia e non aspetta altro che poterla usare 365 giorni all’anno. Invece di ribellarsi al fatto che i contadini, ancora oggi, sono costretti a spargere pesticidi, antiparassitari e veleni di ogni genere sui loro campi, distruggendo in questo modo anche le api e la biodiversità, ed ingrassando le multinazionali della chimica, Coldiretti è andata ieri a protestare sotto i palazzi della Regione Marche, non per chiedere ai politici ed agli amministratori regionali maggiori contributi per la prevenzione e la difesa dei terreni dai cinghiali, ma per avere da essi la “licenza” di ucciderli liberamente tutto l’anno, anche dentro i parchi naturali, dove peraltro essi già da decenni vengono abbattuti con il beneplacito degli Enti Parco. Tutto questo alla faccia dei più accreditati studi scientifici che, a livello italiano ed europeo, hanno invece dimostrato in modo inconfutabile come la proliferazione dei cinghiali e quindi anche l’aumento dei danni causati all’agricoltura e degli incidenti stradali, derivino proprio dall’accanita caccia cui questa specie è da sempre sottoposta e soprattutto dalla pratica delle “braccate” e come quindi essi siano la diretta conseguenza della eccessiva pressione venatoria nei confronti di questi animali. I branchi dei cinghiali, infatti, sono dominati dalle femmine “matriarche”, le quali sono le uniche che si riproducono, grazie all’emissione dei feromoni, che inibiscono la fertilità delle altre femmine di rango inferiore. I cacciatori, durante le loro braccate al cinghiale, abbattono volutamente le femmine matriarche, creando quindi la disgregazione dei branchi, ed innescando una reazione “liberatoria” nelle altre femmine di rango inferiore, che vanno subito in estro, riproducendosi più volte nello stesso anno e formando a loro volta altri branchi. Coldiretti Marche, quindi, invece di chiedere la riapertura della caccia totale ai cinghiali, dovrebbe innanzitutto chiudere tutti gli allevamenti di cinghiali tuttora autorizzati “per ripopolamento” e gestiti dai suoi associati e battersi affinché agli agricoltori vengano dati maggiori fondi per l’acquisto di recinzioni elettriche, di repellenti sonori e olfattivi, come quello all’odore del lupo, che è il predatore naturale del cinghiale. Invece di alimentare nell’opinione pubblica odio e paura, totalmente ingiustificati, nei confronti di questi animali, Coldiretti dovrebbe proporre ai Comuni una migliore gestione del ciclo dei rifiuti (differenziata, porta a porta, ecc), ed impedire ai cinghiali, alla ricerca di cibo, di rovesciare i cassonetti, utilizzando modelli che non si ribaltano. Suggerire la creazione di zone cuscinetto intorno ai centri urbani, dove sia totalmente vietata la caccia (come le “free shot-fire zone” proposte dal Prof. Andrea Mazzatenta), evitando così che gli ungulati fuggano dagli spari dei cacciatori e trovino rifugio proprio nelle città. Dovrebbe chiedere la creazione di corridoi ecologici sulle strade ed autostrade per evitare pericolosi attraversamenti della fauna selvatica, fare installare dissuasori e segnalatori visivo/acustici sulle strade secondarie che, ove sono stati utilizzati, hanno dato risultati estremamente efficaci (vedi progetti Life Strade e Life Safe Crossing). È surreale, invece, che si continui ancora ad affidare la soluzione del problema cinghiali ai cacciatori, che del “problema” ne sono i diretti responsabili, visti i massicci ripopolamenti ed introduzioni della specie dall’est Europa da loro effettuati nel secolo scorso. Anche perché i cacciatori non hanno alcun interesse a risolverlo, dato il grande business legato al commercio ed alla vendita della carne dei cinghiali uccisi, da cui poi gli stessi cacciatori ricavano lauti guadagni…»