Il direttore del Cosmari Giuseppe Giampaoli tra le macerie del sisma pronte ad essere trattate
di Monia Orazi
Sisma, macerie pubbliche ormai agli sgoccioli, con circa novecentomila tonnellate rimosse secondo i dati regionali su un totale di un milione e 130mila tonnellate. Di contro la rimozione delle macerie private è ai nastri di partenza, quattro milioni e 250mila tonnellate da rimuovere con i siti di stoccaggio temporaneo che sono in difficoltà.
La Regione Marche sta correndo ai ripari, agendo su due fronti come spiega l’assessore alla ricostruzione Guido Castelli: «Noi stiamo agendo sul sintomo e stiamo programmando la cura completa. Agire sul sintomo vuol dire verificare con attenzione qual è la situazione degli impianti che soprattutto nel maceratese sono già un po’ in difficoltà – spiega – Lo stiamo facendo in due modi: abbiamo chiesto al Parlamento insieme al commissario straordinario Legnini di derogare ai limiti sui quantitativi di deposito autorizzati. Siamo in attesa di capire se il decreto sostegno bis disporrà questa deroga, in più stiamo collegandoci giornalmente con tutti i siti di deposito, attraverso Confindustria per capire quali sono le capacità di abbancamento, quasi giorno per giorno perché è necessario per un monitoraggio. Questo per risolvere il problema». Con un emendamento al decreto sostegni è stata richiesta sino a tutto il 2022 la proroga delle misure per incentivare il recupero di rifiuti non pericolosi prodotti da attività di ricostruzione e demolizione e l’aumento dal 50 al 70 per cento dei limiti dei siti autorizzati per il deposito delle macerie private.
L’altro fronte di azione è quello di utilizzare i materiali pietrosi della lavorazione delle macerie nei lavori pubblici, spiega Castelli: «Abbiamo preso contatti con i più grandi driver della costruzione pubblica, società Anas, Ferrovie dello Stato, Quadrilatero per chiedere di utilizzare gli aggregati riciclati in maniera tale che quando ricostruzione privata e pubblica staranno letteralmente macinando macerie, ci siano grandi quantitativi che possiamo dirottare subito sulla ristrutturazione della Orte Falconara, sull’ultimo miglio di Ancona. Ci sono belle novità perché ad esempio recentemente il Comune di Ancona, che deve intervenire in un’area della vecchia frana di Ancona, e ha detto che nel 2023 avrebbe bisogno di utilizzare 500 mila tonnellate di materiale, ci stiamo facendo già un protocollo quindi agiamo sul sintomo e programmiamo il futuro». Per le macerie pubbliche i siti di deposito temporaneo sono gestiti dal Cosmari, si tratta dell’area ex Unimer di Arquata del Tronto, di un ex capannone industriale a Monteprandone e dell’impianto costruito appositamente accanto al Cosmari, a Piane di Chienti di Tolentino.
L’area di smistamento delle macerie nel Cosmari
Si tratta di impianti costati oltre cinque milioni di euro, mentre Arquata e Monteprandone torneranno a privati, l’impianto di smaltimento al Cosmari costato 3 milioni e 800mila euro al momento non si sa se e come sarà utilizzato. Essendo Cosmari un soggetto pubblico che ha avuto l’affidamento diretto in house del servizio di rimozione e smaltimento macerie delle province di Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno, l’impianto non potrà essere utilizzato per le macerie private, a meno che non si faccia una gara con affidamento della struttura ai privati, strada seguita dalla Regione Lazio ad esempio. I siti di deposito temporaneo delle macerie private sono 21 in provincia di Macerata, 13 a Fermo, 11 nell’ascolano. La differenza tra macerie pubbliche e private sta nella qualifica del materiale, che rende le macerie private assimilabili ai rifiuti speciali, ma soprattutto nei costi di smaltimento. La Regione da contratto di servizio ha pagato a Cosmari 50 euro a tonnellata per rimuovere e lavorare le macerie pubbliche, per i privati i costi di mercato si aggirano a 16 euro a metro cubo di materiale, comprensivo del costo di demolizione. Una notevole differenza di prezzo che rende meno appetibile il costo di smaltimento per i privati. Resta da chiarire l’aspetto della contabilità separata, tra gestione macerie e gestione ordinaria dei rifiuti, prevista anch’essa nel contratto di servizio, mai attuata da Cosmari. L’ente inoltre non ha redistribuito i proventi della selezione dei materiali delle macerie, da rivendere agli appositi consorzi, come avviene ad esempio per il ferro, ai Comuni da cui provengono. Sul sito di monitoraggio delle macerie pubbliche, i dati sono fermi al 30 aprile scorso. Risultano smaltite 877mila tonnellate, con 36mila 110 trasporti effettuati, da 1428 siti di recupero. Il Comune con più macerie rimosse è Castelsantangelo sul Nera con il 19 per cento del totale, seguono Visso con l’11,64 per cento, Ussita con l’11,61, Pieve Torina con il 10,43 per cento: questi comuni da soli raggiungono il 52,68 per cento del totale, una cifra che rende conto del gravissimo livello di devastazione raggiunto in queste zone. Altri comuni con cifre di rilievo sono San Severino con l’8,13 per cento, Sarnano con il 6,96 per cento, San Ginesio con il 5,59, Camerino con il 5,18 per cento.
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Con queste incapacità ed inefficienze sia sul piano legislativo che operativo non andiamo da nessuna parte . Ma che classificazione di rifiuti vogliamo fare con le macerie . Serve una deroga ? Ogni Sindaco ha il potere di fare e disfare in caso di calamità . Una legge regionale che autorizza ogni sindaco ad abbancare e selezionare le macerie nO ? Ma di questo passo dove c. vi pare di andare !!