«Regole per ristoranti discriminatorie,
a settembre si poteva mangiare al chiuso
Obbligati di nuovo a investire»

ZONA GIALLA - La protesta di Fabio Domizi, titolare di “Da Pippo e Gabriella” a Sant’Angelo in Pontano: «Ci tocca sostenere ulteriori spese per non rimanere fermi fino al primo giugno. In posti come questo l'asporto non funziona»

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Fabio Domizi

 

di Francesca Marsili

«Nell’albero genealogico del nostro locale c’è la tipica accoglienza dell’entroterra: davanti al camino in un clima familiare. Non ci è mai piaciuto servire all’aperto ma faremo un tentativo acquistando dei gazebo per riaprire il primo maggio. Le variabili meteorologiche sono un’incognita, ma non possiamo permetterci di star fermi ulteriormente». E’ una decisione difficile quella di Fabio Domizi, titolare del ristorante “Da Pippo e Gabriella” di Sant’Angelo in Pontano, dettata dalla scelta del Governo di consentire dal 26 aprile nelle regioni gialle di aprire i ristoranti a pranzo e cena solo all’aperto.

Il decreto approvato mercoledì prevede appunto che in zona gialla, sino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno i tavoli all’aperto e dal primo giugno si mangia nei ristoranti al chiuso solo a pranzo. Per chi come Domizi non ha mai impostato la propria attività di ristorazione all’aperto, decidere di riaprire significa investire ancora nonostante le restrizioni abbiamo già messo in ginocchio la categoria, ma sceglie di farlo, il 1 maggio, giusto il tempo di potersi organizzare.

«Ci abbiamo riflettuto molto perché affrontare ulteriori spese ora non era proprio il caso – commenta il ristoratore – ma l’alternativa era stare fermi sino al 1 giugno, quando a pranzo il decreto prevede di servire anche all’interno». Il suo ristorante dall’inizio della pandemia, con delle piccole parentesi nei brevi periodi in cui ha potuto accogliere i clienti è rimasto quasi sempre chiuso perché in un comune come quello di Sant’Angelo in Pontano che conta poco più di 1.300 abitanti «l’asporto non funziona», spiega il ristoratore. Domizi non parla solo per sé «di spazio all’esterno io ne ho e sono fortunato» dice, ma sente il dovere di sottolineare come il decreto rischia di fatto di generare una discriminazione verso chi lo spazio all’esterno non ne ha, e che vede prolungarsi ulteriormente un periodo di chiusura che dura ormai da molto tempo. Pur comprendendo che prendere decisioni in un simili circostanze non è cosa facile, Domizi evidenzia come resti però difficile per la categoria accettare il cambio delle linee guida «lo scorso settembre si poteva mangiare al chiuso, non capisco perché ora no con tutte le precauzioni che oramai tutti conosciamo a memoria. Ci hanno fatto organizzare in una determinata maniera e ora si riparte da capo. E per giunta con ulteriori investimenti».

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La sala del ristorante

Una decisione – quella di servire solo ai tavoli all’aperto – che ha sollevato le proteste dei ristoratori anche perché limita il numero dei clienti soprattutto nei piccoli centri. E se diversi comuni del maceratese si stanno indirizzando a sostegno delle attività esentandoli dal pagamento della tassa di occupazione del suolo pubblico, i costi per l’acquisto delle strutture pesano, si va da un minimo di circa milleduecento euro per quelle standard sino ai diecimila per i dehor su misura. A tutto ciò si aggiunge l’ulteriore limitazione imposta dal coprifuoco alle 22 «in questo modo potremmo fare solo un unico turno fermandoci alle prenotazioni non oltre le 20 – aggiunge – a mio avviso sarebbe necessario posticiparlo almeno alle 23 per poter chiudere in orario».

Ma c’è un aspetto che il titolare del ristorante “Da Pippo e Gabriella”, aperto dal 1978, ci tiene a sottolineare «ogni ristorante ha la sua storia e la sua location ideale, c’è chi fa sedere osservando il mare, c’è chi lo fa all’aperto e c’è chi come noi è abituato ad accogliere le famiglie nei locali tipici dell’entroterra – conclude –, servire accanto alla strada si può fare, ma vorremmo poter tornare a farlo come abbiamo sempre fatto, davanti al braciere».



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