di Gianluca Ginella (Foto di Fabio Falcioni)
«Come faccio a prendere un caffè?». «Ti metti seduto e te lo porto io». Scene da fine lockdown a Macerata. Questa in corso Cavour, il cliente è Michele Mastri, titolare di Mastrogelato, il barista è Ulderico Orazi, titolare appunto di un bar alla fine del corso (guardando dai cancelli). Lunedì mattina per Macerata la ripresa del post lockdown è lenta.
Poche persone in giro, locali ancora deserti. Molti i negozi chiusi, niente studenti (qualcuno si è affacciato a Macerata, magari per tornare a prendere libri nelle case universitarie dove da mesi non potevano tornare, e uffici chiusi che lavorano a distanza. Plexiglass ai banconi, ma anche ai tavoli, nastri adesivi e segnali sui pavimenti per definire la distanza tra i clienti, mascherine, gel igienizzante: la ripresa è stata così. Ma comunque «oggi è un giorno di festa» dice Angela Montironi, ex docente di Unimc, che si è “regalata” un pranzo al ristorante insieme al marito Ugo Bozzelli. Sono seduti all’Osteria dei fiori: «Questa mattina siamo andati subito io dalla parrucchiera e mio marito dal barbiere. Abbiamo fatto cose che in questi due mesi e mezzo non si potevano fare. Oggi è stato come rompere un tabù. Poter finalmente tornare a fare ciò che si faceva prima ci sembra una giornata di festa».
All’interno del locale una delle titolari, Letizia Carducci, spiega che sono stati sistemati pannelli in plexiglass per proteggere i clienti ai tavoli. «Va bene, rispetto a niente anche un cliente è meglio – dice Carducci -. Abbiamo preparato un menù monouso. Siamo “work in progress”, facciamo del nostro meglio per far ritrovare la fiducia dei clienti, che nella ristorazione è assolutamente necessaria». Menù monouso, segnali adesivi a terra per definire i percorsi e plexiglass a dividere a metà i tavoli, alla trattoria Da Agnese: «Oggi a pranzo abbiamo fatto una decina di persone, certo, prima ne facevamo settanta. Però consideriamo anche il fatto che ancora tanti uffici sono chiusi» spiega Agnese Polverigiani, socia del ristorante. A sedere ad uno dei tavoli c’è Giovanni Carpini, che ha pranzato lì per la prima volta dopo i mesi del lockdown. «E’ un po’ come tornare alla normalità, certo, con qualche limitazione che è necessaria. Agnese è una donna di coraggio, ritengo un atto di coraggio il lavoro che stanno facendo i ristoratori di riaprire ai clienti».
Clienti che sono pochi nei ristoranti del centro, che hanno sì riaperto ma dove alle 13 si notavano pochissime persone sedute ai tavoli, se non nessuna. «I clienti al momento non ci sono, certo l’università è chiusa, e anche gli uffici – dice Roberto Scaficchia, titolare de Il Casolare -. Questi mesi abbiamo fatto servizio da asporto, la sera. Oggi abbiamo riaperto e speriamo che prima o poi i clienti ritornino. Io ho tolto i tavoli e ora posso accogliere circa la metà dei clienti. Poi con la bella stagione lavoreremo all’esterno, il comune ci ha messo a disposizione 25 metri quadrati». Dalla pizzeria Mc fast il titolare ha preparato il menù digitale grazie a Qr Code che si trovano all’ingresso e sui tavoli «così è tutto senza contatti. Basta inquadrarlo con il cellulare».
Poche le persone in giro per Macerata, semivuota piazza Libertà che sarebbe deserta se non fosse per alcuni operai che sono al lavoro al teatro Lauro Rossi e negli uffici del Comune (da tempo chiuso a causa del terremoto). Ci sono tre ragazzi seduti ai tavoli del Caffè centrale, sono studenti universitari che non si incontravano tra loro da mesi: «Stiamo tutti con le mascherine ma la situazione è vivibile. L’importante comunque è che le persone rispettino le misure di prevenzione» dice Daniela, 21 anni. Lo stesso pensa Enzo, 21 anni pure lui: «è fondamentale il buon senso delle persone». Il titolare del bar Centrale, Aldo Zeppilli: «E’ lunedì, e di solito ci sono sempre poche persone, poi manca l’università. Penso che si possa lavorare bene, però magari all’ora dell’aperitivo e nei fine settimana. Se i negozianti tenessero aperti dopo le 21 sarebbe una svolta».
Al bar Mercurio, sotto le logge di piazza della Libertà, i tavoli sono stati posizionati con perfette geometrie per rispettare il distanziamento: «Oggi c’è un po’ più di movimento, ma poco. Ancora la situazione è molto tranquilla – dice il titolare del bar, Roberto Andreoli -. Siamo ancora un po’ disorientati sulle varie procedure, cerchiamo di stare dietro a tutti i protocolli (all’ingresso ci sono appunto diversi cartelli sulle regole da seguire, ndr). Il problema è che non c’è l’università, abbiamo perso la festa degli Aperitivi europei, e probabilmente non ci saranno turisti». Domani riaprirà anche Magacacao, il titolare, Enrico Antonelli, questa mattina era al lavoro per terminare gli ultimi accorgimenti. Sulla piazza ha separato i tavoli «abbiamo 30-35 posti in meno, un terzo in pratica. Solo tra famigliari il distanziamento può essere inferiore al metro ai tavoli. Ora abbiamo saputo che la multa è a carico del cliente se non rispetta le disposizioni, almeno questo, perché non possiamo chiedere i documenti a chi viene».
Lungo corso Garibaldi, fuori dal bar Mamò, quattro persone chiacchierano stando tutte a distanza di circa due metri. Non si vedevano da mesi. «E’ una bella sensazione vedere che c’è gente in giro. Uscire ora è anche un modo per incontrarsi» dice Donatella Tombesi. «Ci si rincontra come fosse un risveglio. Si dice a chi non si vedeva da mesi “Ciao, come stai?” e ci si racconta quello che si è fatto» dice Massimo Poloni. «Il bello di questa giornata è che di incontrano di nuovo le facce che si vedevano sempre» dice Francesco Migliorelli. Nel bar, plexiglass, detergente per mani e anche guanti a disposizione dei clienti. Roberta Valenti, responsabile del bar Le Delizie: «questa mattina è venuta poca gente, però devo dire che le persone che entrano sono molto educate e ci chiedono come si devono comportare». Il Comune sta progettando di mettere a disposizione spazi all’aperto per i locali di corso Cavour, sul lato sinistro. Lungo il corso ha il suo bar Ulderico Orazi, consigliere comunale.
«D’accordo? Più che d’accordo con questa decisione. Ho sempre pensato che corso Cavour potesse diventare il centro commerciale della città» dice Orazi.
Anche nel suo locale ci sono pannelli in plexiglass e indicazioni sul pavimento per il distanziamento dei clienti. Ne entra uno, Michele Mastri: «da più di due mesi non vengo qui a prendere il caffè – dice -. Questo è il primo». Poi chiede come fare a prenderlo il caffè e Orazi gli dice di sedersi che glielo porta. Di questi tempi il primo caffè dopo due mesi è quasi un evento. Così come è un evento entrare in un negozio per comprare o vedere un vestito.
Lunedì mattina non è giornata di shopping e di solito i negozi sono chiusi. Anche oggi è così ma lungo corso Cavour Shopping club è aperto. «Usiamo mascherine e guanti e le cose provate le portiamo in una grande stanza che abbiamo al piano superiore e le lasciamo prendere aria per otto ore. Clienti? Questa mattina due o tre persone» dice Silvia Morresi, socia del negozio. Aperto anche Bulli & pupe in corso Cavour: «Il locale è stato sanificato e per i vestiti che vengono provati nei camerini abbiamo degli spray disinfettanti – dice uno dei titolari, Francesco Patrassi -. Questa mattina però chi è venuto non ha provato gli abiti. All’ingresso abbiamo a disposizione dei clienti guanti, disinfettanti, mascherine monouso. I dipendenti sono in cassa integrazione, ancora però non gli hanno versato nulla».
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