di Monia Orazi
Pubblicata l’ordinanza per la perimetrazione dei centri storici, il secondo atto che risulta indispensabile prima di far partire la ricostruzione pesante, dopo quella recente emanata sulla microzonazione sismica di terzo livello. L’ordinanza numero 25 definisce i criteri per perimetri i centri storici ed i nuclei di particolare interesse, nei paesi più colpiti dal terremoto. Si tratta di disposizioni particolarmente importanti per centri come Camerino, Castelsantangelo sul Nera, Pieve Torina, ed altri tra quelli più colpiti e danneggiati dal terremoto che hanno al loro interno edifici di particolare pregio urbanistico e storico, o che si trovano in aree protette. Serviranno da un minimo di sei mesi ad un anno, per completare tutto l’iter della perimetrazione, a questi tempi vanno aggiunti i circa otto mesi per completare la microzonazione sismica di terzo livello, la cui ordinanza è uscita di recente. Senza microzonazione e perimetrazione, la ricostruzione pesante in certi comuni non potrà partire.
Stabilire le zone da perimetrare spetta alle Regioni tramite l’ufficio speciale per la ricostruzione, che dovranno individuare dopo aver ascoltato i comuni aggregati di palazzi “nei quali gli interventi di ricostruzione , riparazione con miglioramento sismico e riparazione con rafforzamento locale devono essere attuati attraverso strumenti urbanistici attuativi”, quali ad esempio i piani particolareggiati di intervento, oppure i piani di recupero, che sono adottati ed approvati dai Comuni. Le Regioni per fare questo hanno 30 giorni di tempo, tramite l’ufficio speciale per la ricostruzione che è diretto nelle Marche dall’ingegner Cesare Spuri. L’atto viene poi trasmesso ai Comuni ed alla Regione, approvato definitivamente dal vice-commissario alla ricostruzione, che è il presidente della Regione Luca Ceriscioli. Viene poi rinviato ad Errani per gli interventi ulteriori. Questi aggregati di palazzi sono “una evidenziazione di spazi, edifici, aggregati ed urbanizzazioni su cui si rende necessario intervenire”, si legge nell’ordinanza solo in seguito all’approvazione da parte del Comune del piano particolareggiato. L’aggregato “può comprendere ambiti urbanistici ed edilizi significativi, finalizzati ad un insieme di interventi integrati aventi ad oggetto più edifici pubblici o privati od aggregati edilizi, anche articolati in unità minime d’intervento”, si legge nel testo di Errani. “I margini del perimetro devono in ogni caso ricadere in strade o altri spazi pubblici e possono includere, oltre al patrimonio edilizio da ricostruire o recuperare, le necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria ed aree ad uso pubblico”. In pratica non comprendono soltanto l’intervento di riparazione o miglioramento sismico, ma anche il rifacimento di parti di strade, linee elettriche, telefoniche e del gas, verde attrezzato e parcheggi, ma anche opere secondarie quali scuole, asili, chiese, impianti sportivi.
L’attuazione della perimetrazione va fatta dai Comuni, che dopo l’approvazione dell’atto definitivo di perimetrazione da parte del presidente della Regione, hanno 150 giorni di tempo, “previo ampio coinvolgimento delle popolazioni interessate anche con il supporto degli Uffici speciali per la ricostruzione”, per fare i piani di recupero o i piani particolareggiati per le zone perimetrate. Nel piano comunale sono previsti interventi integrati “di ripristino con miglioramento sismico o ricostruzione degli edifici distrutti o gravemente danneggiati e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, compresa la rete di connessione dati, dedicando attenzione anche ai temi della prevenzione sismica alla scala urbana”, recita l’ordinanza. Sino a quando i Comuni non avranno approvato i piani particolareggiati “non è autorizzata la realizzazione di alcun intervento diretto su edifici, aggregati o infrastrutture ubicati all’interno del perimetro individuato in attuazione della presente ordinanza”, è scritto nel testo. Agli interventi sulle zone perimetrate è destinata una quota delle risorse stanziate per la ricostruzione, che sarà definita da Errani con atto successivo. In una serie di incontri pubblici l’ingegner Spuri aveva ipotizzato che si possono ottenere maggiorazioni sino al 17 per cento del contributo. Le zone da perimetrare sono individuate da una serie di criteri precisi, elencati da Errani nell’allegato, che si possono ricondurre: “alla presenza di patrimonio culturale ” di particolare interesse ” e di pregio storico, architettonico, archeologico, naturale e paesaggistico; all’essere “i centri e i nuclei o parti di essi” “ maggiormente colpiti ”; all’essere soggetti a condizioni di pericolosità anche di natura non sismica”. Questi criteri sono stati stabiliti dal comitato tecnico scientifico, nell’ordinanza sono elencati tutti i documenti che servono per le perimetrazioni, i parametri di riferimento e la scheda informativa da presentare. Ci sono rimandi al decreto 189 ed altre norme sul sisma.
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Ancora si parla prevalentemente di miglioramento sismico, quando invece si dovrebbe parlare esclusivamente di adeguamento sismico. Il solito modo di fare all’italiana un po’ approssimativo.
Anche per i non addetti ai lavori è facile intuire la differenza tra migliorare e adeguare una struttura alle azioni sismiche. Facile anche capire la differenza in termini di risultati che peraltro oggi sono sotto gli occhi di tutti. Dopo il terremoto del 1997 si intervenne con questa stessa filosofia che viene riproposta oggi, ovvero il miglioramento sismico.
Se qualcuno volesse scoprire il pentolone, scoprirebbe che la stragrande maggioranza degli interventi di riparazione dei danni fatti sulle strutture danneggiate dal sisma del 1997 con la tecnica del miglioramento sismico, hanno prodotto minimi benefici e quelle strutture laddove non già crollate sono irrimediabilmente compromesse al punto che risulterà difficile il loro recupero.
Ho avuto modo di lavorare alla ricostruzione post sisma 97 e di ritornarci di recente e il riscontro è stato desolante. Se solo si fossero spese meglio le risorse allora disponibili, oggi la situazione sarebbe sicuramente meno drammatica.
Speriamo che gli addetti ai lavori correggano questa impostazione che ripropone una ricostruzione, laddove ovviamente si possa intervenire con la riparazione dei danni, certamente non spinta a raggiungere una maggiore se non assoluta sicurezza delle strutture contro i terremoti.