Il problema forse più grave che affligge la società italiana sta nella smodata crescita della disuguaglianza fra ricchi e poveri, i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E questo riguarda le persone. Ma un fenomeno analogo si registra anche per i treni, alcuni ricchissimi – le “Frecce” di Trenitalia, il privato “Italotreno” – e gli altri, i cosiddetti “regionali”, poverissimi, fra cui quello che arranca lungo la linea Civitanova-Fabriano. Insomma, la disuguaglianza aumenta a vista d’occhio pure nelle ferrovie. Ora Trenitalia promette che fra pochi giorni – nei primi di marzo – entrerà in funzione un convoglio nuovo, fiammante, di fabbrica, ed entro l’anno ne seguiranno altri sette. Benissimo, meglio tardi che mai.
In tema di investimenti pubblici, tuttavia, l’esperienza insegna che il comportamento più saggio è quello proverbiale di San Tommaso – prima vedere, poi credere – anche perché la stessa promessa venne fatta l’anno scorso e non fu mantenuta. Però, ripeto, benissimo. Resta comunque che i disagi non riguardano soltanto la decrepitezza del materiale rotabile ma pure gli orari e le coincidenze, a Civitanova con la linea adriatica e a Fabriano con la linea Ancona-Roma. Ed è una questione ben più difficile e forse impossibile da risolvere, una questione che fatalmente continuerà a classificare la nostra ferrovia nel novero delle “povere”, una categoria in cui rientrano quasi tutti i treni locali, dalla Lombardia alla Sicilia. I treni, cioè, che sono utilizzati ogni giorno dai pendolari, dagli studenti , dai cercatori di lavoro e dalle badanti.
Ma torniamo all’efficienza meccanica. I convogli che da troppi anni sono in funzione da noi non ce la fanno più e a volte basta una modesta salita per rallentarli e addirittura bloccarli, come atleti spompati di una corsa campestre. Un mese fa è perfino capitato che, sfibrati dall’età , non riescano nemmeno a partire (alla stazione di Macerata, una mattina, un disco preregistrato annunciava “è in arrivo il treno da Civitanova” e tutti ad aspettarlo con le valigie in mano, ma quello, esausto, non s’era mosso neppure di un metro dalla città rivierasca). In altre occasioni finanche la “salitina” maceratese da Sforzacosta a via Roma è stata troppo faticosa per quei catarrosi polmoni diesel, col risultato di lunghe file di auto ferme mezzora di fronte alle sbarre chiuse del passaggio a livello in un coro assordante di clacson inferociti. Gli acciacchi degli anni? Certo, ce li ho anch’io. E mi debbo rassegnare. Ma, signori, siamo nel Duemila! E ce lo ricorda Samantha Cristoforetti, l’astronauta italiana che vivrà per sei mesi nello spazio! Tutto è relativo, ovviamente. Ma le miserevoli condizioni in cui langue la nostra poverissima ferrovia gridano vendetta al cospetto di Dio.
Essa non è mai stata, intendiamoci, un fulmine di guerra. In linea, però, con i tempi. In certe fasi storiche, anzi, avveniristica, segno di progresso. Il primo progetto risale, pensate, al 1846: Pio IX, lo Stato Pontificio! Un progetto realizzato nel 1888 dallo Stato Unitario con un tracciato identico all’attuale e impostato sul raccordo tra le valli del Chienti e del Potenza. Quasi 87 chilometri, fino ad Albacina, 16 stazioni, 7 gallerie, 20 viadotti, 59 passaggi a livello, pendenza massi ma – 34 per mille – tra Piediripa e Macerata. Locomotive a carbone con pochi vagoni, all’inizio. Poi, durante il fascismo, le “littorine” a motore diesel. Che ci sono state ben oltre la fine della seconda guerra mondiale, finché non furono sostituite dai convogli di adesso, che, a guardarli bene, non sono molto diversi dalle “littorine”. Tutto qui, immedesimandosi nell’identità di una provincia un po’ isolata e caratterizzata da una tranquilla assonanza di valori umani fra la borghesia cittadina e la gente dei campi. Una ferrovia, diciamolo, fatta in casa, come le tagliatelle delle nonne. I miei ricordi personali – fra il serio e il faceto, ma autentici – risalgono agli Anni Cinquanta e Sessanta: rallentamenti, fino a fermarsi, per far salire o scendere qualcuno prima o dopo le stazioni, fagotti che approfittando di quell’andare a passo d’uomo uscivano ed entravano, al volo, dai finestrini. Mica sempre, sia chiaro. Ma succedeva.
Più dell’aereo e più della nave, il treno, nel mondo, ha assunto un’aureola leggendaria e s’è conquistato un posto di riguardo nella letteratura e nel cinema. Basti pensare ai film western, con gli assalti dei banditi, le sparatorie, l’impeto eroico di sceriffi alla Gary Cooper. Anche le nostre locomotive e le nostre “littorine” subivano assalti. Non da banditi, però, ma da greggi di pecore, rincorse di cani, fughe di maiali, aggressivi grufolii di cinghiali. E il conduttore, meno eroico di un Gary Cooper, azionava il fischio, azionava i freni e, nel caso delle pecore, l’amore per gli animali e il rispetto per il lavoro dei pastori l’inducevano ad aspettare che quegli assalti cessassero. Un’incredibile notizia, una volta, rimbalzò sulle cronache nazionali e fu quando fra San Severino e Matelica il nostro treno venne bloccato da migliaia di lumache che avevano reso sdrucciolevoli le rotaie! Vi rendete conto? Lumache come i banditi dei western! E il treno? Lento, una lumaca pure lui.
A partire dalla seconda metà del Novecento, però, la nostra provincia si è fatta sempre meno “provinciale” ed è entrata nella modernità, mantenendo quel suo civilissimo stile di vita che oggi suscita l’invidia delle disgregate periferie metropolitane ma aprendosi ai rapporti con l’esterno, ai riscatti sociali, alla mobilità motorizzata e veloce, alle sollecitazioni culturali della tv, alle imprese artigiane dei “metalmezzadri”, all’urbanesimo dalla campagna, alle istanze dei giovani, alla musica dei Beatles e dei Rolling Stones. Non più la vecchia “provincia”, quindi, ma, in qualche misura, l’ingresso in Italia, in Europa, nell’Occidente. E la ferrovia Civitanova-Fabriano? E’ rimasta al palo, legata a un’immagine di “provincia” che da mezzo secolo non c’è più. E adesso, in attesa di nuovi convogli che ben vengano ma giungeranno in ritardo (per un treno i ritardi sono forse il difetto peggiore) ci ritroviamo a piangere sul latte versato. Anzi, sul latte non versato ma che, colpevolmente, non è stato mai munto.
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Beh, è chiaro che ognuno deve fare la sua parte. A Civitanova ad esempio c’è un progettino niente male per metropolizzare qualche chilometro di ferrovia. Si parla di 20 o 30 o 40 milioni di euro, adesso non ricordo bene. Qui mi sa che San Tommaso avrebbe detto: ” Prima credere e poi aspettare per vedere “.
Er zole novo
Lo disceveno a ppranzo, è vvero Nina?,
che mmó, ppe alluminà strade e ppalazzi
s’abbruscia un fil de carcia fra ddu’ cazzi
e la sera diventa una matina.
Disce che sta scuperta chimichina
se pò ppuro addoprà da li regazzi;
e in Inghirterra trall’antri rimpiazzi
l’hanno appricata ar Farro de Missina.
Disce che cco sta carcia, pe le scòle,
quanno arimane nuvolo, arimane,
ce fanno inzino er negroscopio a ssole.
Dunque mó cco sta lusce nun fa un corno
si ppiove, e cce pòi fà le mediriane
pe rrimette l’orloggi a mmezzoggiorno.
22 agosto 1835
Un chiaro esempio di conflitto causa effetto. Chi scrive ha usato il treno durante il periodo universitario lungo la tratta Macerata Pescara, oltre ad essere da sempre appassionato di ferrovie. Non dico che allora fosse tutto oro, ma un coordinamento di orari esisteva, le cosidette coincidenze, casuali o no, canoniche o no, se volevi andare a Milano o Bari, Roma o Firenze, il vecchio “Pozzorario” ti incanalava e trovavi la retta via. Poi a poco a poco, ad una ad una tra corse non “coordinate” e soste a Civitanova soppresse sulla linea Adriatica è diventato impossibile “coincidere”. E così inevitabilmente è calata l’utenza. Causa od effetto? Per me un po’ l’una ed un po’ l’altra, il tutto con la prospettiva all’orizzonte di una chiusura, visto che anche i temi a sostegno di Protezione Civile e Difesa, hanno trovato soluzione in altre logiche! Ma un piano turistico dell’area vasta servita dalla ferrovia Civitanova Albacina potrebbe dare nuova linfa a tutto il territorio e allora ben vengano Minuetti o Jazz di ultima generazione, per ora diesel ma come non richiedere l’elettrificazione di una linea da Civitanova ad Albacina, quindi con tragitto compiuto e di senso logico dopo aver visto elettrificare la Giulianova Teramo e la Sambenedetto Ascoli Piceno, linee entrambe che terminano su un binario morto? Mistero ……
Tutta colpa di Macerata e della Provincia che non sono in grado di far alzare lo standard e l’attenzione, prima ancora degli investimenti.
Mi sento sicuro di affermare che molti amministratori maceratesi, come ho constatato in molti maceratesi semplici, sono stati felici di vedere la stazione di Civitanova degradata a stazioncina di III livello dove non ferma più nessun treno per Milano o Torino, dove la biglietteria funziona a singhiozzo per ordine, silenziosamente accettato, delle FS.
Se Civitanova Marche-Montegranaro va a morire per interessi dei ricchissimi treni muore tutto il comparto ferroviario della provincia e Macerata e Camerino sono le città che rischiano di più l’inevitabile isolamento. Macerata diverrebbe così in Italia la seconda città capoluogo dopo Urbino (guarda caso sempre nelle Marche) a non avere il treno. Ma anche a Urbino sembra che qualcosa si smuova. Da noi arranchiamo.
Giancarlo Liuti è un ottimista, e, secondo me, troppo speranzoso. Il problema della tratta ferroviaria Civitanova-Albacina, non è solamente dovuto all’obsoleto materiale rotabile usato da Trenitalia, ma, e soprattutto, a tutto ciò che riguarda il trasporto pubblico, un vero bubbone nel contesto della economia nazionale.
Non vorrei che un giorno Trenitalia, dopo l’introduzione dei nuovi mezzi di locomozione, costatato lo scarso uso pubblico, venisse a dirci che la tratta ferroviaria che attraversa buona parte del territorio maceratese, dovrà essere forzatamente smantellata.
Secondo il mio modestissimo avviso, nella nostra provincia, poco o niente si è fatto da parte di varie amministrazioni comunali per poter valorizzare tale tipo di movimentazione delle persone.
Un esempio eclatante lo offre il comune di Macerata, che non fa quasi mai trovare un mezzo urbano pronto a trasferire chi va e chi viene in città.
E non è tutto qui, in varie parti servite da Trenitalia, in concorrenza, opera una ditta di trasporto persone su gomma, e, sia Trenitalia Regionale che detta ditta, ricevono il contributo regionale previsto per le aziende che operano nel settore della movimentazione persone.
Poche righe non bastano, per discutere un problema di così vasta portata, purtuttavia, sono pessimista.
Mi auguro che l’amico Giancarlo Liuti con la sua intelligenza, faccia riflettere le menti di molti.
La tratta Civitanova – Albacina è un grande valore aggiunto per il territorio maceratese che va valorizzato e difeso.
L’Italia è un paese allo sbando e Macerata in netto declino da 20 anni. Dopo 30 anni ancora non è ultimata la superstrada Civitanova- Foligno, ci dobbiamo meravigliare che la linea ferroviaria Civitanova-Fabriano sia ancora a binario unico e non elettrificata??? Non so voi, ma io la vedo esattamente uguale a com’era negli anni ’70 e la definisco con un solo aggettivo: indecente.
No, la qualità del servizio della linea ferroviaria è peggiorata e di molto rispetto agli anni ’70. Ai tempi c’erano i merci, c’erano i treni diretti per Roma, c’erano tutte le stazioni presidiate, ogni stazione aveva la biglietteria, i bagni pubblici…