(In alto la galleria fotografica di Guido Picchio)
Leopardi in love. Non più disamore ma solo amore: quello di Recanati per il suo Poeta. All’apparir del vero “una commovente riconciliazione” grida dal palco del teatro ‘Persiani’ il conte Vanni Leopardi di San Leopardi avendo al fianco la figlia Olimpia. “Oggi a Giacomo viene restituito da parte della sua città quanto gli fu negato in vita” mi aveva detto poco prima, il pronipote. E sua madre, la contessa Anna che direbbe? Gli occhi di Vanni erano diventati improvvisamente lucidi al ricordo: “Ci ho pensato molto a lungo: mia madre lo amava con trasporto filiale. Per tutta la vita ha sperato che si facesse un film su Giacomo, che potesse essere ricordato anche e sopratutto attraverso questo mezzo di grande comunicazione. E adesso la Francia e pure l’Inghilterra, dopo il Canadà mostrano interesse al film, al Poeta”.
Il ritorno a casa da Napoli, dopo 176 anni, di Giacomo ‘superstar’ (morto nel 1837) è stato possibile per mano ed anima di un geniale regista napoletano, Mario Martone. Ed ora niente sarà più come prima. Recanati, che si è vestita a festa per due giorni con gli abiti della ‘donzelletta’ e quelli sfarzosi della nobiltà -“Quanto mi sono divertita” ha detto la contessa Olimpia- ‘ ha brindato alla salute’ (parole ancora di Vanni) di colui che veniva indicato con malanimo come il ‘gobbetto di Montemorello’. Il natio borgo selvaggio ‘che m’odia e fugge, per invidia non già perché non mi stima miglior di sé, ma perché tale stima che io mi tenga in cuor io….cui nomi strani e spesso argomento di riso e di trastullo son dottrina e sapere’ ha fatto, in questo lungo, densissimo (dice Martone) week end ottobrino, poderosa e completa ammenda. La città del Giovane Favoloso è ormai un logo, un brand di Recanati, mai più natio borgo selvaggio ma città in amore. Le due anteprime oggi –una al ‘Persiani’, l’altra alla dirimpettaia multisala Sabbatini- del film di Martone, salutato con successo al festival del cinema di Venezia e pure a Toronto, dove proprio Leopardi non lo conoscevano e già lo amano, hanno rappresentato il sigillo del ritorno ‘da Napoli’ dopo quasi due secoli. E domani è in programma la terza anteprima ancora in teatro.
“Siamo tornati qui dove tutto è cominciato, mi sento ormai leopardiano e dunque recanatese” dice Martone in conferenza stampa, ormai pronto ad una cittadinanza onoraria. Dice il sindaco Francesco Fiordomo: “Abbiamo seguito i lavori del film con discrezione e rispetto, mai sovrapponendoci”. Sei settimane indimenticabili per i tanti giovani recanatesi che compaiono nel film. Alcuni/e, i più importanti, si avvicinano al regista, lo abbracciano, lo baciano e lui li saluta ad uno ad uno ricordandone il ruolo.
Che direbbe Leopardi di questa accoglienza? “Scapperebbe via” scherza il Governatore delle Marche, Gian Mario Spacca.
Ridarebbe a Dustin Hoffman l’incarico di declamare l’Infinito, così ‘amerikano’? “Certo! Tutto è nato in quel momento. La Regione ha iniziato un percorso di valorizzazione di questi ‘giganti della cultura’, a cominciare da padre Matteo Ricci, valorizzando nel loro nome anche se stessa nel mondo. Il film di Martone, così storicamente fedele, è stato definito dal ministero opera di valore educativo e divulgativo: farà il giro delle scuole italiane”.
Già cosa direbbe di questa giornata, Giacomo? La domanda è al protagonista, Elio Germano. “E che ne so io?!” è la risposta arcigna dell’attore, noto per la sua scontrosità. Vuol dire che non ha studiato bene il suo personaggio? Germano si addolcisce: Giacomo in realtà lo sente in realtà dentro, gli ‘duole’, quattro mesi di ‘studio matto e disperatissimo’ intorno a lui. E butta via la corazza: “No, al contrario. E’ stata una grande esperienza, totalizzante. Mi ha conquistato, non vorrei uscire più dai suoi panni. Rischia quasi di soggiogarmi lui il Giovane Favoloso, libero di pensiero, spregiudicato, ‘avanti’ agli altri, in una parola: ribelle ed insieme ironico, affettuoso, ‘Muciaccio’ come lo chiamavano i suoi fratelli per il carattere scherzoso. E’ stata una scoperta folgorante. Confesso, a scuola te lo fanno studiare poco e male. Così era stato per me al liceo scientifico. Ed ora dopo averlo interpretato, dico a tutti i ragazzi italiani: ‘Studiate Leopardi, amatelo, non imprigionatelo negli schemi di sempre, il pessimista un po’ noioso…è stato tutt’altro”.
“Un film bellissimo, da vedere e rivedere. Sento Giacomo vicino a noi, felice, magari non in prima fila ma nella semioscurità di un palco di terza, pronto a scappar via prima della fila, prima degli applausi” dice l’assessore regionale alla Cultura, Pietro Marcolini mentre sul ‘parterre’ del Persiani si scatena la tempesta dei saluti. Un grande abbraccio, per amore solo per amore, nel nome del Grande Esule ritornato a casa. Cultura ed Industria a braccetto. Con i recanatesi Adolfo Guzzini e don Lamberto Pigini, il tolentinate Aldo Peretti Brachetti. Tutti nel nome di Leopardi. Come i cioccolatini nel foyer presentati dalla ditta Picchio di Loreto, dai nomi evocativi ed intriganti: Baciami, Giacomo. Tenero Giacomo. A Silvia. Già, Nerina, altro nickname dopo Silvia, di Teresa Fattorini, figlia del cocchiere, nell’umile casa dirimpetto a Palazzo Leopardi nella piazzetta consacrata alla memoria della Poesia. Tutto come nelle Ricordanze parla di quel tenero (virtualissimo) Idillio. Di fronte allo stand dei cioccolatini c’è Giulia, incaricata dell’accoglienza nel foyer stesso. Occhi brillanti neri, e capelli corvini, una forte rassomiglianza con Silvia. Lo sapeva? “Mi piacerebbe essere come lei, tutte noi ragazze di Recanati abbiamo sognato e sogniamo di essere amate da un ragazzo come Giacomo”.
Sul palco con Germano/Leopardi (“Sono venuto qui per un monologo qualche tempo fa e mi sono trovato benissimo”) c’è Ranieri (Michele Riondino) che porta i saluti da Napoli, la sceneggiatrice Ippolita Di Majo e a richiesta del produttor Carlo degli Esposti, in jeans tra tante grisaglie ed abiti blu, salgono anche “quel signore con il codino” (Vanni) e “quella bella signora” (Olimpia). Indica, il produttore, anche un altro signore in platea, anzi un ‘giovane dai cappelli scuri: don Lamberto Pigini’ che molto ha collaborato insieme con i Leopardi, prima ‘piazza’ delle riprese iniziate a fine estate scorsa e durate sei settimane prima che la troupe di trasferisse a Roma, Firenze e Napoli. Nelle Marche le location sono state pure Macerata, Loreto, Castelfidardo, Osimo e Filottrano e tre musei marchigiani; 200 tra maestranze, attori e generici impegnati, 30 le ditte fornitrici. La ricaduta diretta sul territorio è stata di 450mila euro pari al 150% dell’investimento della Regione Marche (300.000 euro) del film prodotto da Palomar e Rai Cinema con la collaborazione del ministero per i Beni culturali.
Venezia -una presentazione al Festival ‘liberatoria’ l’ha definita Martone- ha poi salutato Leopardi alla maniera di George Clooney & C, ma poi la giuria si è rivelata avara di riconoscimenti. Le è dispiaciuto? “Per carità, come Giacomo non mi aspettavo nulla” risponde Germano che al Festival ha salutato i cronisti con il pugno chiuso e la maglietta nera con la scritta 7607, la cooperativa degli artisti per l’autodeterminazione.
Tutto ciò poco importa, a tributare una virtuale ‘Coppa Volpi’ al grande Poeta restituito ‘ad integrum’ da Martone, ci ha pensato la Regione oggi al Persiani con il Governatore Spacca al centro del palco. “E’ il momento più atteso –ha detto- c’è tantissima passione, tantissimo entusiasmo. Credo che molte persone siano qui con un’ansia di partecipazione che raramente si riesce a vedere. Significa che questo film, questo racconto della vita di Giacomo Leopardi è entrato nella memoria, nella concezione dei marchigiani che hanno ritrovato attraverso questa operazione nuova consapevolezza di se stessi. Ed è quello che noi volevamo, che questa grande opera non fosse soltanto la narrazione della vita di Leopardi, ma anche una riflessione dei marchigiani sulla loro storia, sui grandi uomini che hanno dato lustro alla nostra comunità e che la rendono orgogliosa e danno l’energia e la forza anche per pensare al futuro”.
Un’investitura ufficiale per il Giovane Favoloso che da oggi diventa testimonial (ufficioso ma concretissimo) delle Marche dopo fiorettiste e calciatori. Il film che dura 2 ore e 20’, proiettato quasi contemporaneamente (alla ‘Sabbatini’ stessa cerimonia ufficiale a beneficio dei sindaci) sarà distribuito nelle sale italiane dal 16 prossimo.
Ma questa è solo un dettaglio perché come ha detto Martone (“oggi si chiude un percorso decennale dopo le mie regie al Rof di Pesaro e le ‘Operette morali” in teatro) “quello che conta è questa grande catena umana emersa a Recanati. Sarebbe piaciuta molto al Poeta: un insieme di risorse ed inclinazioni rivolte univocamente ad un unico progetto, ad un sogno poetico eppure così concretamente umano come lo sviluppo del pensiero e dell’azione (le magnifiche opere e progressive) che stavano nel cuore e nelle mente di Giacomo”. Cinque minuti ininterrotti di applausi hanno poinsancito il trinfo della proiezione al teatro persiani (grande successo anche alla multisala Sabbatini). Un evento che resterà nella storia recente di Recanti, tanto da indurre il sindaco Fiordomo ad annunciare analoghe celebrazioni ogni 29 giugno, anniversario del Giovane Favoloso.
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Giacomino nostro, sei riuscito a vedere le facce dei politici (tranne Fiordomo, tengo a precisare) che erano in teatro? Hai visto come ci siamo ridotti? Continua a fantasticare ed a lanciare il tuo pensiero curioso oltre la siepe, chè qui la realtà è sì brutale….
le magnifiche opere e progressive?… annamo bene…
se fosse stato presente il poeta li avrebbe schifati…
L’atmosfera trionfale di questa storica riconciliazione sembra un misto tra il ballo di corte (metti ad esempio la scena del valzer ne Il Gattopardo di Luchino Visconti) e la processione al santo patrono, e qui ci sarebbe voluto un Nino Manfredi ad intonare un “San Leopardi protettore tu sei il mio più grande amore” parafrasando l’inno di Per Grazia Ricevuta, https://www.youtube.com/watch?v=2KHRdHjwO7I.
Ma non si vergognano per nulla questi politici analfabeti sempre pronti a sfruttare la minima occasione per pavoneggiarsi davanti alle telecamere ?
Con cosa poi… con quelle belle facce da “contadini rifatti”.
Basta sentirli parlare per avere conati di vomito.
Ma per piacere…. fatevi un esame di coscienza, se ne avete una !!!!!
“Chi di gallina nasce convien che razzoli” avrebbe detto Giacomino……
Che tradotto pari pari suona “cent’anni sotto a un camì puzzi sempre de contadì”.
Ahi serva Italia……………..
Leopardi é uno dei più grandi geni della storia dell’umanità. Non solo, quindi, un poeta sommo! Il mondo del pensiero se n’é pian piano reso conto. Noi solo ora ci accorgiamo di avere avuto tra i nostri conterranei un genio assoluto? I balli di corte lasciano il tempo che trovano. Comunque l’importante é la … consapevolezza! E che non sia temporanea o passeggera!
‘Leopardi in love’ superstar al botteghino. In tutt’Italia. Nella ‘mia’ Perugia, nelle sale cinematografiche pienissime, ho visto rimandare indietro la gente ad ogni spettacolo de ‘Il Giovane Favoloso’ e ne ho ricavato piacere e soddisfazione per l’amore che c’è per il Poeta di Recanati. Ho visto dunque il film nella mia città considerato che non ne avevo avuto il tempo, per questioni di servizio giornalistico, la sera dell’anteprima al ‘Persiani’.
Il film mi è sembrato arbitrario e gradevole, Mario Martone ha scelto di fare del Nostro una sorta di Amadeus alla Milos Forman, un Mozart con Monaldo troppo virile e forte come Salieri, assai lontano da com’egli era, controllatissimo e in società gelido, con un salto di dieci anni essenziali a pié pari, e privilegio dell’eroe romantico e infelice, quasi mentecatto, con eccessi scolastici nella recitazione dei versi, Fanny improbabile vecchia maliarda, Ranieri incomprensibile nel suo affetto, esito zen nella ipervalutazione di Napoli (bella la fine col bel montaggio documentario fra i versi de “La Ginestra” e riprese in3D), irrisolta perché non compresa la vicenda famiglia/Recanati, improbabile il lupanare col femminiello Sagapò, ma comunque: bene così. Bene Germano gobbo ma col faccino ingenuo che scoppia di salute, troppo debole la descrizione del contesto storico e dei personaggi, che non capisce nessuno se non ha più che studiato, così che il film si appoggia arbitrariamente (senza nessi interni) ad un sapere esterno non condiviso che si dà per scontato (chi conosce la storia di Ranieri con la Pelzet?).
In ogni caso L’Infinito recitato sul Colle da Giacomo/Germano mi è parso molto più appropriato di quello in stile hollywoodiano di Dustin Hoffman, glorioso testimonial delle Marche. “Glielo rifarei recitare al grande divo perché è da lì che è partito tutto” mi ha confessato al ‘Persiani’ il Governatore Spacca. Ed allora viva il successo popolare di un personaggio che fu rivoluzionario ma ben poco pop…
mancano la puzza, i pidocchi, la bocca sdentata, il ferraiuolo, il dover dormire lui e Ranieri in camere separate, la firma falsa dello zio sulla cambiale… manca l’ultimo giorno, il morire, le ultime parole: “Totò, non ti vedo più”…. ma tutto sommato un film da vedere, temevo molto peggio…
1837 no 1838 VERDENELLIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII