Il triplice suicidio di Civitanova (leggi l’articolo) ha sconvolto l’intera comunità locale soprattutto per le motivazioni legate alla crisi. Un tema su cui le istituzioni si trovano in difficoltà dovendo affrontare anche problemi psicologici, torna utile la proposta qui sotto esposta dallo psicologo Adelio Bravi che anche in situazioni meno estreme può dare un contributo fattivo.
di Adelio Bravi (Psicologo Psicoterapeuta)
Nel mese di maggio del 2012 ho inviato alla Provincia di Macerata la seguente proposta di istituzione di un numero verde gratuito nominato “Sos Crisi”: “L’attuale congiuntura economica ha determinato in tutto il Paese una generalizzata condizione di apprensione e preoccupazione che, in alcune situazioni, si trasformano rapidamente in stress fino all’angoscia, panico, depressione. L’ondata di suicidi che leggiamo sui giornali è solo la punta dell’iceberg di un disagio diffuso che interferisce pesantemente nella vita quotidiana delle persone e, soprattutto, delle famiglie nelle quali regna un clima pesante e poco rilassato, con inevitabili conseguenze. Inoltre, il carico di stress che dobbiamo affrontare può renderci incapaci di gestire un eventuale peggioramento reale della situazione a causa di eventi come un licenziamento, un fallimento, ecc. Difficilmente che si trova in queste condizioni, così come i suoi familiari, ha la possibilità di trovare rapidamente un punto di riferimento in grado di fornire un supporto efficace ed immediato. La Provincia, che ha precise competenze nella prevenzione, potrebbe intercettare ed alleviare tali situazioni istituendo un numero verde (gratuito) al quale possa fare riferimento, anche anonimamente, chi si trovasse in difficoltà. Il servizio che noi proponiamo sarebbe attivo 24 ore su 24, per 7 giorni la settimana e sarebbe fornito esclusivamente da psicologi-psicoterapeuti in grado di gestire tali situazioni emergenziali. Prevediamo anche, nel caso fosse necessario, la possibilità di avere un colloquio de visu.” La sconcertante risposta che mi hanno dato è stata che, in questo modo, si sarebbe dato un segnale di pessimismo. Nel frattempo la situazione della popolazione e delle famiglie, dal punto di vista psicologico, è notevolmente peggiorata e, come si dice nella proposta, aldilà dei suicidi, il clima è certamente molto pesante e preoccupante ed è evidente che chi più avrebbe bisogno, meno può permettersi di avere un aiuto capace di intercettare e alleviare lo stress.
LE REAZIONI – Domani giornata di lutto cittadino. I sindacati rilanciano l’allarme e chiedono interventi urgenti. Spacca: “Una tragedia che sconvolge l’intera regione”. Commenti anche da parte di Bersani, Ottavi, Vezzali e Merloni
di Matteo Zallocco Una coppia di coniugi si è suicidata a Civitanova per difficoltà economiche. L’uomo, Romeo Dionisi di 63 anni, e la moglie Anna Maria Sopranzi di 68, si sono impiccati: i corpi sono stati trovati nello scantinato dell’abitazione al civico 40 di via Calatafimi da una condomina, che ha subito avvisato i […]
numero verde ? Cominciamo a detrarre anche la singola caramella e portarla nella voce “SPESE” … e a pagare il 25% di tasse su ciò che effettivamente rimane. Altro che numero verde … !!!
l’iniziativa è nobile ma la crisi si combatte creando ricchezza. gran parte della nostra classe politica e dell’opinione pubblica (votante) ha la responsabilità di aver fatto scappare via una parte consistente della nostra classe imprenditoriale, accusandola delle più varie nefandezze e costringendola a pratiche illiberali e vessatorie. un numero verde forse può salvare qualche disperato ma se non rimettiamo il lavoro al centro delle nostre priorità non servirà nemmeno quello.
Sono assolutamente d’accordo con Adelio Bravi. Ma come, tutti si riempiono la bocca con la parola “prevenzione” poi, quando viene fatta una proposta concreta che potrebbe rendere la prevenzione fattibile, reale e non più un concetto astratto. le cosidette “istituzioni” che dovrebbero avere a cuore i problemi dei cittadini, si defilano? Di fronte a un problema sentito e diffuso come quello della crisi che ad ogni livello sta interessando il nostro paese, poi? Fare politica, cari signori, e farla in modo serio, è anche saper guardare oltre e cercare di dare aiuto e risposte prima che si manifestino drammi come quello che la nostra provincia ha vissuto oggi!
Gentilissimo dott. Bravi,
la provincia non ha compiti specifici in materia di prevenzione ma, nell’ambito dei servizi sociali, la legge 328/2000 assegna precise competenze in materia di “coordinamento” degli stessi. Molto semplicemente, tale ente deve mettere in rete tutto ciò che esiste nel territorio e farlo funzionare nel migliore dei modi possibili, superando localismi e culti dell’orticello di varia natura. Nel concreto, se la provincia nota l’assenza o la carenza di un servizio deve (dovrebbe) porre in essere tutte le condizioni possibili per crearlo cercando di mettere d’accordo tutti gli attori presenti nel territorio (Comuni, Comunità Montane, Ambiti Territoriali Sociali, Privato sociale). Nel quinquennio 2004-2009 realizzammo un progetto innovativo chiamato “Anziani non più soli” (il famoso 118 sociale) che, in caso di vittoria alle elezioni del 2009, contavamo di mettere a regime superando la fase sperimentale, fino a farlo diventare una vera e propria istituzione provinciale. C’era un numero verde, c’erano operatori formati in grado di fornire sia una parola di conforto, sia una risposta ben precisa sul piano istituzionale. Purtroppo vinse Capponi che cancellò tale progetto insieme a tutti gli altri varati dalla giunta Silenzi. Questo perchè per l’ex presidente della provincia i servizi sociali non contavano assolutamente nulla. Oggi come oggi, in tempi ben più difficili rispetto a quelli di qualche anno fa, quel numero verde sarebbe risultato ancora più utile e, per certi versi, più “ecumenico”. LO avremmo potuto utilizzare proprio come lei suggerisce. Sarebbe bastata un minimo di lungimiranza in più per mantenerlo attivo:oggi avremmo uno strumento in più per dare un sostegno alle tante famiglie che vivono situazioni di assoluta difficoltà. Mi permetta una dichiarazione “forte”: il suicidio di oggi è, in realtà, un omicidio. Un omicidio la cui responsabilità grava, in gran parte, sul governo Monti e sul ministro Fornero colpevoli di aver creato l’ennesima categoria di disperati: quelli che sono senza lavoro e senza pensione.
Cordialmente.
Alessandro Savi
lo stato ha le sue rsponsabiltà ma pensare che la riduzione di qulche punto del carico fiscale sia risolutivo é ingenuo. sono decenni che gli imprenditori trasferiscono le aziende all’estero. stiamo pagando per quando si spendeva senza averne la possibiltà e per chi le tasse non le ha mai volute pagare e non le vuole pagare.
Sarebbe stato più che opportuno che l’Istituzione a cui si è rivolto il Dott.Bravi avesse accolto la sua proposta, il suo personale S.O.S. lanciato per tempo rispetto il morso della crisi, ma non mi sento di commentare oltre la risposta che gli hanno dato. Certo non avrebbe risolto la fame o l’esigenza di avere un tetto sulla testa per chi in preda allo sconforto, ma disporre a chi poter rivolgersi in anonimato per avere una parola di sollievo, di conforto, di incoraggiamento, quando si perde la lucidità necessaria a risolvere i propri problemi materiali, ha la sua valenza.
Piuttosto, nel seguire la sua scia propositiva vorrei fare appello ai Comuni perchè comincino a fare qualcosa di utile e concreto , chè la loro spendita di belle parole ci irrita e non altro ,specie di fronte a certe tragedie, e lo faccio traendo proprio spunto proprio da quel foglietto che abbiamo visto esibito nei TG, dove Romeo Dionisi aveva scritto nella sua disperata ricerca di un lavoro ” manovalanza”.
Ecco, nessuno credo pretenda che siano i Comuni a farsi datori di lavoro, ma che svolgano la loro parte e bene anche, sì! Tanto ci sarebbe da fare per meglio amministrare le loro risorse con scelte politiche orientate alla collettività, tanto ancora da tagliare in costi della politica ed eliminare in sprechi locali, con tutti i carrozzoni – partecipate, consorzi , servizi esterni, comprese regalìe agli amici per quel clientelismo su cui si reggono le giunte – che servono più a loro che a noi, al loro bacino di voti, a sistemare i trombati, e per noi solo all’aumento di tasse per mantenerli, ma intanto che ce lo diciamo, inutilmente, invito tutti i Comuni a fare questa cosa molto semplice:
poiché essi attraverso i servizi sociali sono a conoscenza di situazioni di più o meno grave disagio personale, familiare, porsi come mediatori per incrociare questa domanda e offerta che nasce da opposti bisogni, ovvero fornire un servizio per mettere in contatto da un lato la domanda tra chi ha necessità di una qualsiasi prestazione d’opera , dall’altro chi licenziato, disoccupato, esodato potrebbe fornirla portando così a casa la sua ora o due di lavoro ,o l’intera giornata.
Allora sì avrebbe un senso – anzi un senso doppio, perché in questo modo si raddoppia il risultato voluto in termini di sostegno alle persone in difficoltà- l’emissione di buoni lavoro attraverso un fondo erogato dai servizi sociali, in quanto così solo s’innesca un circuito virtuoso tra privati e che può avere anche una sua continuità, oltre a non fare entrare in un pericoloso isolamento psicologico , sentirsi finito,un peso individualmente e socialmente inutile, ma mantenere una pur qualche relazione sociale e di fiducia nel prossimo, nello Stato, chi senza alcuna colpa finisce in uno stato di indigenza. Lasciamo quindi i lavori di pubblica utilità farli svolgere dai dipendenti pubblici per cui sono stati assunti o attraverso le gare di appalto a ditte specializzate; basta solo gestire meglio le risorse pubbliche per avere il verde curato, le strade a posto e i musei aperti. Non andiamo a colpire due volte, la prima con la tassazione , la seconda con lo sfruttamento del disagio sociale per avere la stessa manodopera a basso costo da parte dei Comuni col fondo sociale, perché è da vergogna!
Quindi in concreto, stavo dicendo.
In ogni casa , in ogni abitazione nascono continui bisogni di manutenzione, piccole riparazioni o modifiche , necessità diverse, e tutto questo comporta ovviamente spese straordinarie; spese ,che se fino a qualche tempo fa era possibile seppur con sacrificio sostenere, oggi, per un anziano pensionato con la minima, una famiglia numerosa, una a basso reddito, anche un galleggiante o una serpentina che si rompe in bagno , una cerniera che non tiene più lo sportello dei pensili in cucina, la sostituzione di un vetro, e dal guasto a un elettrodomestico fino all’imbiancatura ,alla realizzazione di un mobiletto su misura, diventa un vero problema per chi stenta persino a portare in tavola il pasto giornaliero , pagare affitto, bollette, scadenze , mantenere i figli. La fotografia di questa impossibilità, è nel degrado che spesso si vede in tante abitazioni, che ognuno vorrebbe invece decorose e non affette da incuria, con tanto di muffe alle pareti nocive alla salute. Basta poco per migliorare la propria e l’altrui esistenza. Ma serve l’impegno di chi può fare qualcosa in questo senso.
Ecco quindi la necessità di mettere in comunicazione un mercato esistente con chi è alla ricerca di un lavoro per cui è più o meno introdotto ,se non specializzato – quanti falegnami licenziati dai mobilifici, quanti piastrellisti, muratori etc. -, per creare un circuito fuori dalle vere e proprie imprese artigiane, agenzie di servizi diverse che hanno i loro costi di lavoro, di esercizio, per le quali il corrispettivo del loro intervento in questi casi diventa esorbitante per le tasche di chi è in stato di sofferenza economica. Senza contare i tempi d’intervento, dal momento che molto spesso chi ha in mano certi mestieri è impegnato in lavori con imprese con le loro scadenze di consegna., oppure sono artigiani a conduzione familiare e che perciò non possono assorbire ogni tipo di richiesta urgente dei privati.
Fuori dai servizi sociali, questo tipo di servizio che non deve costare in termini economici per la P.A., ma solo ottimizzando i servizi degli uffici già esistenti, può dare naturalmente anche sbocco e collocazione ad una più ampia fascia di lavoratori- penso per esempio a pizzaioli, pasticceri, fornai- che potrebbero svolgere per qualsiasi privato, famiglia richiedente ma più benestante, la loro opera in occasione di cene, pranzi, compleanni, ricorrenze, e così ritrovando anche una dimensione familiare di eventi, che è bello oltretutto tornare a consumare tra le mura domestiche.
Una sola parola infine, per i nostri concittadini che non hanno retto alla drammatica situazione che stavano vivendo. Una cosa è certa. Se l’esistenza di questi due coniugi di Civitanova Marche nell’ultimo periodo non è stata per loro così dignitosa dal togliersi insieme la vita, lo è stata la loro morte, e fin troppo.
Risolvere i problemi no? Sarebbe più facile credo. Cosi e con la droga, alcol, emigrazione e altro ancora, dopo si finisce in solo chiacchiere, e tutti i sapientoni che dicono un sacco di belle parole, ma poi se il problema lo hai te lo tieni e te lo devi risolvere da solo. E qualcuno come al solito il suo volontariato lo si deve pagare a noi con le tasse.
Queste sono le ricette dei nostri sapientoni, Li paghiamo pure questi! Ma andate a lavorare in miniera per un paio di anni vedrete che dopo penserete ai numeri verdi per risolvere i problemi. E’ ora di prendere i bastoni e andare a stanare tutti gli imboscati nullafacenti nelle provincie e nella regioni che vivono alle nostre spalle con stipendi da nababbi e noi dopo una vita di lavoro dobbiamo vivere con 450 euro al mese. E’ ora di finirla!!!
L’iniziativa è tanto lodevole, quanto inutile. Inutile perchè i problemi sono noti, sono ampi e che colpiscono fette sempre più ampie di popolazione. Eppure il problema è facilmente isolabile e forse anche semplicemente risolvibile. È quello che manca: l’azione, più che l’ascolto.
La crisi, dopo aver negato il futuro ad intere classi di giovani e non più tanto giovani, è arrivata a colpire i cinquantenni. Chiude l’azienda e si scopre che non c’è neanche un posto, nessuno ti vuole.
Per i giovani c’è l’exit strategy (che poi va realmente verificata) dell’emigrare, ma per chi ha figli che vanno a scuola, legami, proprietà (magari con sopra un mutuo) è una soluzione neanche valutabile.
Eppure molti di questi 50enni espulsi in anticipo dal mondo del lavoro, hanno spesso lavorato per decenni: hanno accumulato versamenti pensionistici. 4/500 euro al mese (tra dipendente e azienda), 5/6000 euro annui, che per voler far facili i conti significa un montante previdenziale di un 100/120 mila euro per uno che ha lavorato 20 anni, o magari anche 150/180 mila euro per uno che ha versamenti per 30 anni.
Ho semplificato tanto i calcoli per evitare parolacce (capitalizzazioni, sconti, rivalutazioni), ma il volume più o meno è di quell’entità (chiunque ha versamenti all’inps può vedere il montante sul loro sito).
Non sono soldi che lo stato ci regala, ma soldi che il dipendente e le aziende tartassate di tasse hanno accantonato anno per anno. Ci sono cinquantenni che muoiono di stenti, ma hanno un conto corrente con centinaia di migliaia di euro. Ma non possono usufruirne.
Si, l’obiezione è facile: sono i soldi che serviranno per pagargli la pensione per gli anni residui di vita. Però c’è un inghippo: alla pensione bisogna arrivarci, altrimenti va a finire che se li pappa pantalone.
Abuso della vostra pazienza per ripetere come un disco stonato questo concetto, ma trovo che questo è l’elemento unico che può dare una via d’uscita ad una intera classe di lavoratori dal suicidio: trovare il modo per erogare ORA una parte, una quota, un anticipo di quel capitale che in realtà già hanno.
Il sistema pensionistico è in deficit per altri problemi (pensioni retributive, vitalizi, babypensioni, etc.) che non si ha il coraggio neanche di discutere; mentre per questi cinquantenni stiamo preparando uno sterminio.
Molte nazioni europee hanno un sistema pensionistico aperto: uno può uscire dal lavoro quando vuole. Ovviamente la cosa è regolata dalla matematica e ci sono due parametri fondamentali: i soldi messi da parte (montante previdenziale) e la speranza di vita residua. Prima vuoi andare in pensione, meno versamenti hai, meno prendi.
Certo, negli altri stati stranieri non esistono le nostre follie: i vitalizi ai politici (alla cicciolina diamo già una cospicua pensione per quei pochi giorni di show in parlamento), non hanno un unico soggetto che fa da ente previdenziale e assistenziale, non hanno applicato schizofrenicamente metodi di calcolo fallimentari a priori (retributivo) e limitano la pensione di reversibilità in modo drastico (qui abbiamo avuto badanti ventenni che sposando un vecchio morente hanno fatto bingo).
Purtroppo sarà difficile vedere un cambiamento in questo senso per una serie di motivi insuperabili. Dal “i diritti acquisiti non si toccano”, al fatto che i già pensionati (che includono non pochi privilegiati) hanno un peso politico non trascurabile. Però, a questo punto, diciamolo (citando una nota canzonetta locale) “intando so’ sarvu me freca un …” ed evitiamo di versare lacrime di coccodrillo.
Non mi sono mai, neanche lontanamente, sognato che l’iniziativa potesse costituire una soluzione alla crisi: attribuirmi una simile idea non fa onore alla mia intelligenza e neanche a quella di chi lo fa. Ogni volta che mi imbatto nel benaltrismo mi viene in mente mia nonna che diceva che il meglio è nemico del bene. Si tratta evidentemente di una modesta iniziativa che si pone sul piano della riduzione del danno e non della sua soluzione nè ritengo che le due cose siano incompatibili, anzi!
In quanto alla mia sapienza, non mi sento nè sapientone nè, a 60 anni, men che meno, sapientino 🙂 mi limito a fare il mio lavoro dato che non tutti lavorano in miniera, nemmeno, credo, quelli che ci mandano gli altri e, tanto per rassicurare chi ha questi problemi, in quanto libero professionista, non sono pagato dal Sig. Camilletti il quale non mi troverà quando andrà a stanare, bastone in mano, gli imboscati nullafacenti 🙂
Ma veniamo alle cose serie. Alcuni interventi mi sollecitano ad un discorso sui servizi sociali che da anni cerco di portare avanti, nell’intento di modificare alla radice un modello assistenziale, dispendioso e molto poco efficace. Per (mia) comodità, riporto di seguito una riflessione già pubblicata in questo giornale, sperando di stimolare una ulteriore discussione.
“Uno dei padri di quella che negli anni sessanta era chiamata l’antipsichiatria, è stato il sociologo canadese Erving Goffman che, tra l’altro, pubblicò in quegli anni “Stigma. L’identità negata” che è stato uno dei testi su cui si è formata la mia generazione. Sono passati più di 40 anni ma il problema che Goffman denunciava resta di drammatica attualità.
Quando una qualunque persona presenta un problema tale da aver bisogno di aiuto, viene immediatamente inserita in una categoria che da quel momento, diventa un marchio indelebile, capace di annullare la sua identità. La struttura stessa dei servizi organizzati in uffici che si occupano in maniera esclusiva e spesso del tutto scoordinata di questo o quel problema (minori, immigrati, disabili, anziani, ecc.) è funzionale alla presa in carico, non della persona ma del suo problema, direi cioè del suo “stigma”. Si danno dei casi in cui un soggetto che intercetta più di una di queste competenze diverse, riceve assistenza da più uffici senza alcun rapporto tra loro ma soltanto per giustapposizione.
Ribaltare questo modello significa prendere in considerazione, non quello che manca, ma quello che rimane, in senso più o meno residuale, alle persone che hanno bisogno di aiuto. Se si parte dall’assunto che chiunque, per quanto disastrato, è in ogni caso portatore di una sua identità, di potenzialità o da sviluppare o, comunque, da consolidare, il tipo di aiuto sarà mirato alla valorizzazione e crescita di tali capacità, piuttosto che, come avviene adesso, alla mera “assistenza” che, di fatto, finisce per inibire l’espressione di tutto ciò che esula dal deficit, dal marchio.
Per questo un passo importante è quello di organizzare gli uffici secondo il modello per cui vengono attribuiti agli operatori, non un tipo di problema, ma un certo numero di utenti. Ciò consentirebbe di lavorare per progetti individualizzati e mettendo in rete i vari servizi, al fine di ottenere che siano gli uffici ad adattarsi alle esigenze delle persone e non il contrario.
Un interessante sviluppo potrebbe essere, laddove possibile, quello di promuovere le potenzialità all’interno dei servizi stessi. A puro titolo di esempio, ritengo un ragazzo down perfettamente in grado, ovviamente sotto supervisione, di offrire assistenza agli anziani, così come alcuni immigrati potrebbero essere di valido aiuto nell’affiancare i facilitatori linguistici, ecc.
Molto altro ci sarebbe da dire in merito, per esempio, all’ambito territoriale, alle associazioni, ai progetti di prevenzione ed alla loro efficacia, al problema dei minori stranieri non accompagnati ed altro ancora. Credo di aver già abusato dello spazio concessomi che non può consentire una vera e propria relazione, ma soltanto gli spunti di riflessione che ho cercato di dare.”
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Va bene, ma, per mettere in contatto la domanda e l’offerta di tutti quei lavoretti dei quali Lei ci parla così diffusamente nel commento n. 6, Lei cosa propone in pratica? Forse un’apposita task force della Provincia? Ha già in mente qualche nome dei dirigenti da inserirvi? O si propone direttamente, Lei in prima persona, come Assessore alle Collaborazioni Domestiche ed al Business della Povertà in generale?
E’ per saperlo prima, sa, già ce n’abbiamo tanti di carrozzoni da portare sul groppone.
Anche perché – ma non mi si offenda – siamo già grandicelli e, a farci le pippe (come dice l’amico Cerasi), siamo già capaci anche da soli, senza bisogno di assistenti sociali.
@ giorgio rapanelli:
Spero che questo mio ultimo ragionamento non Le sia parso anch’esso troppo intellettuale.
L’Assessorato per il Reddito di Cittadinanza
Per quanto riguarda le modalità con le quali si dovranno articolare esperimenti come quello di Guardiagrele, lo stesso Auriti ha posto in evidenza come il progetto debba essere realizzato in due fasi:
• la prima, che si può denominare “dell’avviamento”, è servito perché il SIMEC a far conseguire “quel VALORE INDOTTO che lo oggettivizza come un bene reale, oggetto di PROPRIETÀ DEL PORTATORE”, e che lo distinguerà dalla moneta corrente non più soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente;
• la seconda fase dovrebbe consentire ai Comuni di “beneficiare” del servizio econometrico, mediante un Assessorato per il REDDITO DI CITTADINANZA, che prima della stampa dei SIMboli EConometrici e della loro assegnazione tramite un CODICE DEI REDDITI SOCIALI, avrebbe il compito di promuovere in modo adeguato, anche culturalmente, in modo da attuare l’iniziativa, e distribuire i SIMEC tra i cittadini”. http://www.scribd.com/doc/103273320/13-Moneta-e-Reddito-e-Linee-Di-Intervento
@Massimo Giorgi
Ho scritto : Fuori dai servizi sociali, questo tipo di servizio che non deve costare in termini economici per la P.A., ma solo ottimizzando i servizi degli uffici già esistenti…etc.
Pertanto, è lei che ha frainteso e non poco.
Ripeto, questo ho detto:
mi sono rivolta ai Comuni, intanto, e non ho nominato la Provincia, poichè il solo ufficio del Comune che ha il polso della situazione dello stato economico dei cittadini è quello dei servizi sociali a cui questi si rivolgono se in stato di bisogno ,oppure attraverso segnalazioni agli assistenti sociali ( ce l’ha anche ogni parrocchia la fotografia del disagio economico, specie oggi, ma stavamo parlando di enti) , invitandoli a fornire coi mezzi di cui dispongono, ma organizzandosi in questa direzione, un puro servizio di interconnessione , di incrocio fra domanda ed offerta, tra quanti da un lato non hanno sufficenti risorse ,ma che hanno lo stesso bisogno di manutenzione , riparazione o lavoretti di qualsiasi tipo nella propria abitazione ( quante persiane cascano a pezzi, le vede lei? io sì, guardi lo stato di abbandono delle case popolari per es.) dall’altro, chi si trova da un giorno all’altro licenziato ed ha quindi in mano un mestiere, e che si accontenta in attesa di nuova occupazione ( sic) di tirar fuori anche una pur minima paga giornaliera.
Questo, per quanto riguarda i buoni lavori che alcuni Comuni rilasciano attraverso lo stanziamento di un contributo sociale, così ottenendo nello stessa circostanza però in questa modalità un doppio beneficio , in quanto, il cittadino in condizioni di avere questo servizio non paga la prestazione ricevuta dal lavoratore, che a sua volta gode del vaucher del Comune.
Alla fine in sostanza, viene così mantenuta la dignità di lavoratore a chi pur ricorrendo ai servizi sociali ( e abbiamo visto bene , purtroppo, l’importanza che ha questo aspetto psicologico per la nostra gente non avvezza a farsi mantenere ) va a prestare la sua opera di lavoro per un privato cittadino ,che dal canto suo invece avrebbe difficoltà ad ottenere quella prestazione a pagamento.
Domanda ed offerta ci sono, è diffusissima in questo senso, ma come stabilire un contatto tra privati?
Stasera, a conferma che non è il caso di sputare su niente, nemmeno su un’ora di lavoro anche se fuori da una impresa , non so se ha sentito quel nostro conterraneo, il tappezziere di Loreto ospite da Formigli, che prima lavoratore autonomo con un reddito mensile di 2000 euro fino al 2010, oggi a 42 anni vive coi suoi genitori , i quali hanno una pensione di 700 euro e a cui, con tutta la vergogna possibile, chiede 10 euro ogni due giorni: 5 euro al giorno per un uomo , un bravo artigiano di 42 anni. E oggi, sempre, si è detto disposto a fare quasiasi lavoro, ma non trova.
O anche come nel caso di quella giovane donna, sposata, di non ricordo dove, che percepisce 280 euro al mese per il suo impiego. Allora, io penso che questa sia una via da tentare, un diverso canale da aprire. Servirà a poco? Non servirà a niente? Ci abbiamo provato.
Poi ho detto anche altro a riguardo, fuori dalle prestazioni familiari coi voucher e i servizi sociali. Sta lì.
In ogni caso, il mio era solo un suggerimento, un consiglio spassionato : nessuna pretesa di niente, Signor Giorgi, da parte mia.
Quanto a carrozzoni , dirigenti, malapolitica, lì mi spiace ma non giustifico affatto la sua veemenza e la sua carica ironica, proprio a me, che non mi sono mai risparmiata abbastanza nei miei commenti in genere, non solo in questo mio intervento sopra, che pare abbia letto solo in parte e anche distorto.
Ho capito tutto, ma non vedo comunque la necessità di istituzionalizzare e burocratizzare l’arte di arrangiarsi, né a livello comunale né a qualsiasi altro livello, trattandosi di un’arte nella quale noi italiani abbiamo sempre saputo ben auto-organizzarci, tant’è che si dice che l’abbiamo inventata noi.
No, le pare di aver capito Giorgi ,e invece è rimasto a livello superficie. Non ha ancora afferrato i due presupposti alla base della mia proposta che,
a) nasce dal voler dirottare l’utilizzo dei voucher da parte dei Comuni in lavori di pubblica utilità per i seguenti motivi:
– Il fondo di solidarietà sociale stanziato dai Comuni non viene dalla cassetta delle elemosine, ma è frutto della tassazione – oggi a livelli tali , sia per imprese che famiglie, da essere la causa principale della crescente disperazione economica- da quella statale a quella locale, per cui erogarlo e poi richiedere in cambio ai cittadini maggiormente colpiti dei servizi con una manodopera a bassissimo costo per coprire gli sprechi e supplire alle carenze, inefficienze dei servizi pubblici a cui la P.A. è tenuta, è oltre che ingiusto, immorale, in quanto così la stessa mano colpisce due volte il cittadino già vessato dallo Stato. I lavori pubblici – cura delle strade, degli edifici pubblici, del verde, degli impianti sportivi etc.,spettano alla P.A. come contropartita in servizi per quella tassazione , oggi abnorme, a cui tutti siamo tenuti e quindi essa deve trovare nei suoi bilanci le risorse per farlo, senza ricorrere a un paternalismo di pura facciata.
– La legislazione in materia di LSU e LPU, a mio avviso ripeto, impedisce oltretutto simili stratagemmi per coprire la mancanza di organico, così evitando di appaltare esternamente quei servizi alle imprese che operano sul mercato. Sono più fessi forse, tutti quei Comuni che fanno gare di appalto triennali per la manutenzione del verde, tanto per citare solo uno dei settori di spettanza delle pubbliche amministrazioni ?
b) Il buon senso, nell’attuale situazione critica per molte famiglie e lavoratori ,suggerisce per me invece di investire i buoni lavoro in aiuti diretti ai cittadini, atti a soddisfare nel modo che ho detto, due diversi bisogni contemporaneamente.
Quindi la mia è visione politica piena da un lato, dall’altro una possibilità di azione mirata e concreta.
Altro che arte di arrangiarsi istituzionalizzata, burocratizzata, come ha concluso lei.
Se vuole apportare la sua critica al mio modo di vedere, ben venga,ci mancherebbe, ma la prego prima di entrare nel mio meccanismo di ragionamento, evidenziandone secondo lei la fallacia in linea di principio e di riscontro pratico. Capisco che oggi è più facile urlare, inveire, imprecare,attaccare chiunque proponga con lo spettro dietro sempre presente dell’antisistema e usare un linguaggio degradato al pari di quella politica che si vorrebbe cambiare,ma un attimo, prima le buone maniere nel parlare in pubblico e con il proprio interlocutore.
Non è bello sa, né per chi riceve né per chi legge ( suo commento n.13) rivolgersi a una donna argomentando che tutti sanno farsi le pippe. E comunque per rimanere nella sua lunghezza d’onda, ci sono pippe, e pippe.
I suoi due interventi in risposta a me, che erano , scusi?
Evidentemente io non riesco ad entrare nel Suo meccanismo di ragionamento, Lei deve essere statista di rango troppo elevato per me, di quel tipo rarissimo che è capace di calarsi miratamente nei più concreti dettagli amministrativo-contabili senza minimamente perdere la visione politica piena.
La lascio quindi ai Suoi dirottamenti di voucher (ne vedremo certamente di belle nei cieli comunali) e mi ritiro in compagnia delle mie pippe.
Non voglio fare polemica con Alessandro Savi ma vorrei solo allegare un articolo di pochi mesi fà e che racconta delle iniziative che la mia amministrazione, durata appena 11 mesi, aveva fatto. Noi abbiamo razionalizzato un’iniziativa insensata fatta dalla provincia “Anziani non piu’ soli” che in due anni di operatività centarlizzata a Macerata era costata 500 mila euro e con risultati assolutamente inesistenti. Abbiamo riorganizzato il taxi sociale sulle are interne delegando il servizio alle Comunità montane ed agli ambiti sociali ed il servizio funzionava e funziona ora con le poche risorse disponibili, proprio perche la provincia ha tagliato i fonfi. SAVI si informi, la sua demagogia di basso profilo e’ quanto peggio serva in questo momento!!!
La competenza degli interventi sociali e’ in Capo al comune e a Civitanova governano i suoi amici…Puo’ criticare loro semmai!!
Articolo apparso nell’Aprile 2012 e a cui nessuno ha ribattuto con argomenti concreti.
Agostini: “Addio al taxi sociale per colpa della Giunta Pettinari”
Agostini: “Addio al taxi sociale
per colpa della Giunta Pettinari”
“Il servizio attivato dalla Giunta Capponi è stato un successo, ma è destinato a scadere per i ritardi dell’attuale amministrazione”
Il capogruppo del Pdl Nazareno Agostini
Da Nazareno Agostini (capogruppo Pdl in provincia a Macerata) riceviamo: Certo che il Servizio Taxi Sociale non è solo un servizio utile ma oramai indispensabile alle popolazioni anziane soprattutto del nostro entroterra. Nell’articolo di propaganda della Giunta Pettinari tutto questo non si dice. Le motivazioni che nel 2009, le regole contenute nell’accordo di programma del febbraio 2010 che la Provincia aveva fortemente voluto, venendo incontro alle esigenze dei Presidenti delle Comunità Montane e dei relativi Ambiti Sociali, non vengono neanche menzionati.
Nelle aree interne infatti la popolazione è più anziana, esistono carenze nel servizio di Trasporto Pubblico Locale nella copertura di tutti i territori; le attività agricole ancora fiorenti, fanno sì che molta popolazione risieda in zona rurale o in piccoli borghi distanti dai servizi essenziali come i Presidi Sanitari o degli Ambiti Sociali, ma anche da altri servizi come le Poste, l’Ambulatorio del medico di Base, la Banca, lo stesso Comune, il cimetero (per la visita ai propri cari) ed altro.
Non viene sottolineato che il progetto è stato frutto di una concertazione a tre: Provincia, Comunità Montane (Ambiti Sociali) e Fondazione Carima; è questo modello che ci ha consentito di generare risparmi e trovare sinergie e risparmi; ora questa spinta sembra morire e per i soliti motivi: la decisione della Provincia, cosi come avviene sempre e per le poche cose fatte, è fortemente in ritardo in quanto l’indecisione sul da farsi ha causato ritardi e rallentato l’attività delle Comunità Montane nell’erogazione del Servizio.
Le risorse messe a disposizione precedentemente (50.000 euro per ognuna delle tre Comunità Montane) riuscivano a dare certezza a tutti dell’attivazione del servizio mentre ora con soli 15.000 Euro si può programmare solo la precarietà e si sostiene la sostanziale riduzione dell’operatività con l’effetto di non poterne garantire a tutti l’accesso, proprio in un momento di ulteriore difficoltà socio-economica di queste aree, a servizi indispensabili; le risorse destinate al Servizio tra l’altro non sono nuove risorse, messe a disposizione dalla Provincia nel 2012, ma vengono solo riutilizzate le economie degli anni precedenti e che quindi derivano dai bilanci 2010 e 2011 e finanziate dalla precedente Amministrazione; Il progetto non era biennale, come sostiene Pettinari, ma pluriennale, dato che in accordo con la Fondazione Carima erano stati messi a disposizione delle Comunità Montane anche sei autovetture attrezzate all’uso. Biennale era la prima fase, per verificarne la potenzialità e procedere poi alla sua implementazione e messa a punto.
Per questi motivi, consideriamo molto superficiale l’agire di questa amministrazione che non valuta, non riscontra, non innova e che dopo numerose affermazioni di voler fare cose nuove, diverse dalle precedenti e importanti, a quasi un anno dall’inizio del mandato non ha fatto altro che prorogare e validare la grande operatività portata avanti nella precedente e brevissima legislatura.
Ci sembra poi inverosimile la marcia indietro del PD, che allora aveva fortemente criticato l’attivazione di questa razionale interpretazione del Servizio Taxi Sociale, che nelle intenzioni e nelle mire del Presidente Silenzi doveva essere ben altro ed avere tutt’altra cassa di risonanza. Infatti il ben piu’ comunicativo progetto “ Anziani non piu’ soli” utilizzato come piattaforma di comunicazione elettorale, in realtà si era dimostrato un vero e proprio Bluff in quanto, a fronte di una spesa pazzesca (oltre 250.000 Euro) non si era attivato quasi un bel niente a Servizio degli anziani e non si era neanche scelto di concentrare gli interventi nelle aree meno servite e critiche, sia per l’indice di invecchiamento della sua popolazione che per il basso livello dei servizi infrastrutturali e socio-sanitari. Ogni Comunità Montana ha razionalizzato il Servizio, utilizzato da allora quattro autisti, (individuati dalle liste di mobilità e selezionati in collaborazione con i Centri per l’impiego o reperiti attraverso Cooperative sociali) con un’ottima integrazione e sussidiarietà con le Associazioni di Volontariato e di pensionati impegnati in occupazioni di Pubblica Utilità. Ogni Comunità Montana ha attivato altri protocolli d’intesa con altre realtà sociali e territoriali che attraverso gli operatori telefonici gia’ esistenti ricevono le richieste e pianificano l’agenda dei trasporti delle persone disabili e degli anziani.
Questo per manifestare tutta la nostra felicità per il riconoscimento della grande qualità del lavoro svolto e dell’attivazione di nuovi servizi razionali e non carrozzoni alle popolazioni svantaggiate, nato dall’esigenza di far fronte al bisogno di mobilità e di servizi proprio dei territori montani che noi riteniamo strategici per il futuro ( sviluppo di sistemi agricoli di Qualità, di corretta difesa Ambientale, di nuovo Turismo rurale ed ambientale, di difesa Idrogeologica e di offerta di beni pubblici primari) .
Vogliamo infine sottolineare il grande lavoro svolto dall’Amministrazione Capponi, come in questo caso, con l’ausilio dell’assessorato ai servizi Sociali (allora ricoperto dall’Assessore Mirko Luciani della Lega Nord) e che intendiamo sostenere con forza queste nostre posizioni in Consiglio Provinciale. La grande delusione invece ci viene vedendo che tutte le decisioni di questa Giunta sono fatte al ribasso, con penalizzazione delle Autonomie locali e mancato rispetto dei principi di Sussidiarietà , collegialità, efficienza e innovatività.
numero verde ? Cominciamo a detrarre anche la singola caramella e portarla nella voce “SPESE” … e a pagare il 25% di tasse su ciò che effettivamente rimane. Altro che numero verde … !!!
l’iniziativa è nobile ma la crisi si combatte creando ricchezza. gran parte della nostra classe politica e dell’opinione pubblica (votante) ha la responsabilità di aver fatto scappare via una parte consistente della nostra classe imprenditoriale, accusandola delle più varie nefandezze e costringendola a pratiche illiberali e vessatorie. un numero verde forse può salvare qualche disperato ma se non rimettiamo il lavoro al centro delle nostre priorità non servirà nemmeno quello.
non occorrono i numeri verdi… occorre che le persone che ci governano si assumano le proprie responsabilità!!!!
Sono assolutamente d’accordo con Adelio Bravi. Ma come, tutti si riempiono la bocca con la parola “prevenzione” poi, quando viene fatta una proposta concreta che potrebbe rendere la prevenzione fattibile, reale e non più un concetto astratto. le cosidette “istituzioni” che dovrebbero avere a cuore i problemi dei cittadini, si defilano? Di fronte a un problema sentito e diffuso come quello della crisi che ad ogni livello sta interessando il nostro paese, poi? Fare politica, cari signori, e farla in modo serio, è anche saper guardare oltre e cercare di dare aiuto e risposte prima che si manifestino drammi come quello che la nostra provincia ha vissuto oggi!
Gentilissimo dott. Bravi,
la provincia non ha compiti specifici in materia di prevenzione ma, nell’ambito dei servizi sociali, la legge 328/2000 assegna precise competenze in materia di “coordinamento” degli stessi. Molto semplicemente, tale ente deve mettere in rete tutto ciò che esiste nel territorio e farlo funzionare nel migliore dei modi possibili, superando localismi e culti dell’orticello di varia natura. Nel concreto, se la provincia nota l’assenza o la carenza di un servizio deve (dovrebbe) porre in essere tutte le condizioni possibili per crearlo cercando di mettere d’accordo tutti gli attori presenti nel territorio (Comuni, Comunità Montane, Ambiti Territoriali Sociali, Privato sociale). Nel quinquennio 2004-2009 realizzammo un progetto innovativo chiamato “Anziani non più soli” (il famoso 118 sociale) che, in caso di vittoria alle elezioni del 2009, contavamo di mettere a regime superando la fase sperimentale, fino a farlo diventare una vera e propria istituzione provinciale. C’era un numero verde, c’erano operatori formati in grado di fornire sia una parola di conforto, sia una risposta ben precisa sul piano istituzionale. Purtroppo vinse Capponi che cancellò tale progetto insieme a tutti gli altri varati dalla giunta Silenzi. Questo perchè per l’ex presidente della provincia i servizi sociali non contavano assolutamente nulla. Oggi come oggi, in tempi ben più difficili rispetto a quelli di qualche anno fa, quel numero verde sarebbe risultato ancora più utile e, per certi versi, più “ecumenico”. LO avremmo potuto utilizzare proprio come lei suggerisce. Sarebbe bastata un minimo di lungimiranza in più per mantenerlo attivo:oggi avremmo uno strumento in più per dare un sostegno alle tante famiglie che vivono situazioni di assoluta difficoltà. Mi permetta una dichiarazione “forte”: il suicidio di oggi è, in realtà, un omicidio. Un omicidio la cui responsabilità grava, in gran parte, sul governo Monti e sul ministro Fornero colpevoli di aver creato l’ennesima categoria di disperati: quelli che sono senza lavoro e senza pensione.
Cordialmente.
Alessandro Savi
Ben venga anche il numero verde SOS crisi, specie se per gestirlo ci scappasse fuori minimo un posto da dirigente in Provincia!
lo stato ha le sue rsponsabiltà ma pensare che la riduzione di qulche punto del carico fiscale sia risolutivo é ingenuo. sono decenni che gli imprenditori trasferiscono le aziende all’estero. stiamo pagando per quando si spendeva senza averne la possibiltà e per chi le tasse non le ha mai volute pagare e non le vuole pagare.
No ma pensate un pò…ci voleva uno “psicologo psicoterapeuta in grado di gestire situazione emergenziali” per proporre un numero verde contro la crisi…Forza Nuova l’ha attivato da agosto GRATUITAMENTE…grandi esperti
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=467736106581266&set=pb.288721281149417.-2207520000.1365248751&type=3&theater
Sarebbe stato più che opportuno che l’Istituzione a cui si è rivolto il Dott.Bravi avesse accolto la sua proposta, il suo personale S.O.S. lanciato per tempo rispetto il morso della crisi, ma non mi sento di commentare oltre la risposta che gli hanno dato. Certo non avrebbe risolto la fame o l’esigenza di avere un tetto sulla testa per chi in preda allo sconforto, ma disporre a chi poter rivolgersi in anonimato per avere una parola di sollievo, di conforto, di incoraggiamento, quando si perde la lucidità necessaria a risolvere i propri problemi materiali, ha la sua valenza.
Piuttosto, nel seguire la sua scia propositiva vorrei fare appello ai Comuni perchè comincino a fare qualcosa di utile e concreto , chè la loro spendita di belle parole ci irrita e non altro ,specie di fronte a certe tragedie, e lo faccio traendo proprio spunto proprio da quel foglietto che abbiamo visto esibito nei TG, dove Romeo Dionisi aveva scritto nella sua disperata ricerca di un lavoro ” manovalanza”.
Ecco, nessuno credo pretenda che siano i Comuni a farsi datori di lavoro, ma che svolgano la loro parte e bene anche, sì! Tanto ci sarebbe da fare per meglio amministrare le loro risorse con scelte politiche orientate alla collettività, tanto ancora da tagliare in costi della politica ed eliminare in sprechi locali, con tutti i carrozzoni – partecipate, consorzi , servizi esterni, comprese regalìe agli amici per quel clientelismo su cui si reggono le giunte – che servono più a loro che a noi, al loro bacino di voti, a sistemare i trombati, e per noi solo all’aumento di tasse per mantenerli, ma intanto che ce lo diciamo, inutilmente, invito tutti i Comuni a fare questa cosa molto semplice:
poiché essi attraverso i servizi sociali sono a conoscenza di situazioni di più o meno grave disagio personale, familiare, porsi come mediatori per incrociare questa domanda e offerta che nasce da opposti bisogni, ovvero fornire un servizio per mettere in contatto da un lato la domanda tra chi ha necessità di una qualsiasi prestazione d’opera , dall’altro chi licenziato, disoccupato, esodato potrebbe fornirla portando così a casa la sua ora o due di lavoro ,o l’intera giornata.
Allora sì avrebbe un senso – anzi un senso doppio, perché in questo modo si raddoppia il risultato voluto in termini di sostegno alle persone in difficoltà- l’emissione di buoni lavoro attraverso un fondo erogato dai servizi sociali, in quanto così solo s’innesca un circuito virtuoso tra privati e che può avere anche una sua continuità, oltre a non fare entrare in un pericoloso isolamento psicologico , sentirsi finito,un peso individualmente e socialmente inutile, ma mantenere una pur qualche relazione sociale e di fiducia nel prossimo, nello Stato, chi senza alcuna colpa finisce in uno stato di indigenza. Lasciamo quindi i lavori di pubblica utilità farli svolgere dai dipendenti pubblici per cui sono stati assunti o attraverso le gare di appalto a ditte specializzate; basta solo gestire meglio le risorse pubbliche per avere il verde curato, le strade a posto e i musei aperti. Non andiamo a colpire due volte, la prima con la tassazione , la seconda con lo sfruttamento del disagio sociale per avere la stessa manodopera a basso costo da parte dei Comuni col fondo sociale, perché è da vergogna!
Quindi in concreto, stavo dicendo.
In ogni casa , in ogni abitazione nascono continui bisogni di manutenzione, piccole riparazioni o modifiche , necessità diverse, e tutto questo comporta ovviamente spese straordinarie; spese ,che se fino a qualche tempo fa era possibile seppur con sacrificio sostenere, oggi, per un anziano pensionato con la minima, una famiglia numerosa, una a basso reddito, anche un galleggiante o una serpentina che si rompe in bagno , una cerniera che non tiene più lo sportello dei pensili in cucina, la sostituzione di un vetro, e dal guasto a un elettrodomestico fino all’imbiancatura ,alla realizzazione di un mobiletto su misura, diventa un vero problema per chi stenta persino a portare in tavola il pasto giornaliero , pagare affitto, bollette, scadenze , mantenere i figli. La fotografia di questa impossibilità, è nel degrado che spesso si vede in tante abitazioni, che ognuno vorrebbe invece decorose e non affette da incuria, con tanto di muffe alle pareti nocive alla salute. Basta poco per migliorare la propria e l’altrui esistenza. Ma serve l’impegno di chi può fare qualcosa in questo senso.
Ecco quindi la necessità di mettere in comunicazione un mercato esistente con chi è alla ricerca di un lavoro per cui è più o meno introdotto ,se non specializzato – quanti falegnami licenziati dai mobilifici, quanti piastrellisti, muratori etc. -, per creare un circuito fuori dalle vere e proprie imprese artigiane, agenzie di servizi diverse che hanno i loro costi di lavoro, di esercizio, per le quali il corrispettivo del loro intervento in questi casi diventa esorbitante per le tasche di chi è in stato di sofferenza economica. Senza contare i tempi d’intervento, dal momento che molto spesso chi ha in mano certi mestieri è impegnato in lavori con imprese con le loro scadenze di consegna., oppure sono artigiani a conduzione familiare e che perciò non possono assorbire ogni tipo di richiesta urgente dei privati.
Fuori dai servizi sociali, questo tipo di servizio che non deve costare in termini economici per la P.A., ma solo ottimizzando i servizi degli uffici già esistenti, può dare naturalmente anche sbocco e collocazione ad una più ampia fascia di lavoratori- penso per esempio a pizzaioli, pasticceri, fornai- che potrebbero svolgere per qualsiasi privato, famiglia richiedente ma più benestante, la loro opera in occasione di cene, pranzi, compleanni, ricorrenze, e così ritrovando anche una dimensione familiare di eventi, che è bello oltretutto tornare a consumare tra le mura domestiche.
Una sola parola infine, per i nostri concittadini che non hanno retto alla drammatica situazione che stavano vivendo. Una cosa è certa. Se l’esistenza di questi due coniugi di Civitanova Marche nell’ultimo periodo non è stata per loro così dignitosa dal togliersi insieme la vita, lo è stata la loro morte, e fin troppo.
http://www.youtube.com/watch?v=AaBbj_JWNK0
http://www.youtube.com/watch?v=1ILsJRmt2vE
Risolvere i problemi no? Sarebbe più facile credo. Cosi e con la droga, alcol, emigrazione e altro ancora, dopo si finisce in solo chiacchiere, e tutti i sapientoni che dicono un sacco di belle parole, ma poi se il problema lo hai te lo tieni e te lo devi risolvere da solo. E qualcuno come al solito il suo volontariato lo si deve pagare a noi con le tasse.
Queste sono le ricette dei nostri sapientoni, Li paghiamo pure questi! Ma andate a lavorare in miniera per un paio di anni vedrete che dopo penserete ai numeri verdi per risolvere i problemi. E’ ora di prendere i bastoni e andare a stanare tutti gli imboscati nullafacenti nelle provincie e nella regioni che vivono alle nostre spalle con stipendi da nababbi e noi dopo una vita di lavoro dobbiamo vivere con 450 euro al mese. E’ ora di finirla!!!
sono d’accordo anke se si combatte la crisi dando lavoro non dando 200-300 al mese , xke’ poi quando lo stanziamento finira’ sara’ tutto come prima .
L’iniziativa è tanto lodevole, quanto inutile. Inutile perchè i problemi sono noti, sono ampi e che colpiscono fette sempre più ampie di popolazione. Eppure il problema è facilmente isolabile e forse anche semplicemente risolvibile. È quello che manca: l’azione, più che l’ascolto.
La crisi, dopo aver negato il futuro ad intere classi di giovani e non più tanto giovani, è arrivata a colpire i cinquantenni. Chiude l’azienda e si scopre che non c’è neanche un posto, nessuno ti vuole.
Per i giovani c’è l’exit strategy (che poi va realmente verificata) dell’emigrare, ma per chi ha figli che vanno a scuola, legami, proprietà (magari con sopra un mutuo) è una soluzione neanche valutabile.
Eppure molti di questi 50enni espulsi in anticipo dal mondo del lavoro, hanno spesso lavorato per decenni: hanno accumulato versamenti pensionistici. 4/500 euro al mese (tra dipendente e azienda), 5/6000 euro annui, che per voler far facili i conti significa un montante previdenziale di un 100/120 mila euro per uno che ha lavorato 20 anni, o magari anche 150/180 mila euro per uno che ha versamenti per 30 anni.
Ho semplificato tanto i calcoli per evitare parolacce (capitalizzazioni, sconti, rivalutazioni), ma il volume più o meno è di quell’entità (chiunque ha versamenti all’inps può vedere il montante sul loro sito).
Non sono soldi che lo stato ci regala, ma soldi che il dipendente e le aziende tartassate di tasse hanno accantonato anno per anno. Ci sono cinquantenni che muoiono di stenti, ma hanno un conto corrente con centinaia di migliaia di euro. Ma non possono usufruirne.
Si, l’obiezione è facile: sono i soldi che serviranno per pagargli la pensione per gli anni residui di vita. Però c’è un inghippo: alla pensione bisogna arrivarci, altrimenti va a finire che se li pappa pantalone.
Abuso della vostra pazienza per ripetere come un disco stonato questo concetto, ma trovo che questo è l’elemento unico che può dare una via d’uscita ad una intera classe di lavoratori dal suicidio: trovare il modo per erogare ORA una parte, una quota, un anticipo di quel capitale che in realtà già hanno.
Il sistema pensionistico è in deficit per altri problemi (pensioni retributive, vitalizi, babypensioni, etc.) che non si ha il coraggio neanche di discutere; mentre per questi cinquantenni stiamo preparando uno sterminio.
Molte nazioni europee hanno un sistema pensionistico aperto: uno può uscire dal lavoro quando vuole. Ovviamente la cosa è regolata dalla matematica e ci sono due parametri fondamentali: i soldi messi da parte (montante previdenziale) e la speranza di vita residua. Prima vuoi andare in pensione, meno versamenti hai, meno prendi.
Certo, negli altri stati stranieri non esistono le nostre follie: i vitalizi ai politici (alla cicciolina diamo già una cospicua pensione per quei pochi giorni di show in parlamento), non hanno un unico soggetto che fa da ente previdenziale e assistenziale, non hanno applicato schizofrenicamente metodi di calcolo fallimentari a priori (retributivo) e limitano la pensione di reversibilità in modo drastico (qui abbiamo avuto badanti ventenni che sposando un vecchio morente hanno fatto bingo).
Purtroppo sarà difficile vedere un cambiamento in questo senso per una serie di motivi insuperabili. Dal “i diritti acquisiti non si toccano”, al fatto che i già pensionati (che includono non pochi privilegiati) hanno un peso politico non trascurabile. Però, a questo punto, diciamolo (citando una nota canzonetta locale) “intando so’ sarvu me freca un …” ed evitiamo di versare lacrime di coccodrillo.
Non mi sono mai, neanche lontanamente, sognato che l’iniziativa potesse costituire una soluzione alla crisi: attribuirmi una simile idea non fa onore alla mia intelligenza e neanche a quella di chi lo fa. Ogni volta che mi imbatto nel benaltrismo mi viene in mente mia nonna che diceva che il meglio è nemico del bene. Si tratta evidentemente di una modesta iniziativa che si pone sul piano della riduzione del danno e non della sua soluzione nè ritengo che le due cose siano incompatibili, anzi!
In quanto alla mia sapienza, non mi sento nè sapientone nè, a 60 anni, men che meno, sapientino 🙂 mi limito a fare il mio lavoro dato che non tutti lavorano in miniera, nemmeno, credo, quelli che ci mandano gli altri e, tanto per rassicurare chi ha questi problemi, in quanto libero professionista, non sono pagato dal Sig. Camilletti il quale non mi troverà quando andrà a stanare, bastone in mano, gli imboscati nullafacenti 🙂
Ma veniamo alle cose serie. Alcuni interventi mi sollecitano ad un discorso sui servizi sociali che da anni cerco di portare avanti, nell’intento di modificare alla radice un modello assistenziale, dispendioso e molto poco efficace. Per (mia) comodità, riporto di seguito una riflessione già pubblicata in questo giornale, sperando di stimolare una ulteriore discussione.
“Uno dei padri di quella che negli anni sessanta era chiamata l’antipsichiatria, è stato il sociologo canadese Erving Goffman che, tra l’altro, pubblicò in quegli anni “Stigma. L’identità negata” che è stato uno dei testi su cui si è formata la mia generazione. Sono passati più di 40 anni ma il problema che Goffman denunciava resta di drammatica attualità.
Quando una qualunque persona presenta un problema tale da aver bisogno di aiuto, viene immediatamente inserita in una categoria che da quel momento, diventa un marchio indelebile, capace di annullare la sua identità. La struttura stessa dei servizi organizzati in uffici che si occupano in maniera esclusiva e spesso del tutto scoordinata di questo o quel problema (minori, immigrati, disabili, anziani, ecc.) è funzionale alla presa in carico, non della persona ma del suo problema, direi cioè del suo “stigma”. Si danno dei casi in cui un soggetto che intercetta più di una di queste competenze diverse, riceve assistenza da più uffici senza alcun rapporto tra loro ma soltanto per giustapposizione.
Ribaltare questo modello significa prendere in considerazione, non quello che manca, ma quello che rimane, in senso più o meno residuale, alle persone che hanno bisogno di aiuto. Se si parte dall’assunto che chiunque, per quanto disastrato, è in ogni caso portatore di una sua identità, di potenzialità o da sviluppare o, comunque, da consolidare, il tipo di aiuto sarà mirato alla valorizzazione e crescita di tali capacità, piuttosto che, come avviene adesso, alla mera “assistenza” che, di fatto, finisce per inibire l’espressione di tutto ciò che esula dal deficit, dal marchio.
Per questo un passo importante è quello di organizzare gli uffici secondo il modello per cui vengono attribuiti agli operatori, non un tipo di problema, ma un certo numero di utenti. Ciò consentirebbe di lavorare per progetti individualizzati e mettendo in rete i vari servizi, al fine di ottenere che siano gli uffici ad adattarsi alle esigenze delle persone e non il contrario.
Un interessante sviluppo potrebbe essere, laddove possibile, quello di promuovere le potenzialità all’interno dei servizi stessi. A puro titolo di esempio, ritengo un ragazzo down perfettamente in grado, ovviamente sotto supervisione, di offrire assistenza agli anziani, così come alcuni immigrati potrebbero essere di valido aiuto nell’affiancare i facilitatori linguistici, ecc.
Molto altro ci sarebbe da dire in merito, per esempio, all’ambito territoriale, alle associazioni, ai progetti di prevenzione ed alla loro efficacia, al problema dei minori stranieri non accompagnati ed altro ancora. Credo di aver già abusato dello spazio concessomi che non può consentire una vera e propria relazione, ma soltanto gli spunti di riflessione che ho cercato di dare.”
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@ Tamara Moroni:
Va bene, ma, per mettere in contatto la domanda e l’offerta di tutti quei lavoretti dei quali Lei ci parla così diffusamente nel commento n. 6, Lei cosa propone in pratica? Forse un’apposita task force della Provincia? Ha già in mente qualche nome dei dirigenti da inserirvi? O si propone direttamente, Lei in prima persona, come Assessore alle Collaborazioni Domestiche ed al Business della Povertà in generale?
E’ per saperlo prima, sa, già ce n’abbiamo tanti di carrozzoni da portare sul groppone.
Anche perché – ma non mi si offenda – siamo già grandicelli e, a farci le pippe (come dice l’amico Cerasi), siamo già capaci anche da soli, senza bisogno di assistenti sociali.
@ giorgio rapanelli:
Spero che questo mio ultimo ragionamento non Le sia parso anch’esso troppo intellettuale.
Il numero verde proposto da Bravi non ti fa mangiare,però potrebbe sostenerti in questi momenti cosi difficili!!!!
L’Assessorato per il Reddito di Cittadinanza
Per quanto riguarda le modalità con le quali si dovranno articolare esperimenti come quello di Guardiagrele, lo stesso Auriti ha posto in evidenza come il progetto debba essere realizzato in due fasi:
• la prima, che si può denominare “dell’avviamento”, è servito perché il SIMEC a far conseguire “quel VALORE INDOTTO che lo oggettivizza come un bene reale, oggetto di PROPRIETÀ DEL PORTATORE”, e che lo distinguerà dalla moneta corrente non più soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente;
• la seconda fase dovrebbe consentire ai Comuni di “beneficiare” del servizio econometrico, mediante un Assessorato per il REDDITO DI CITTADINANZA, che prima della stampa dei SIMboli EConometrici e della loro assegnazione tramite un CODICE DEI REDDITI SOCIALI, avrebbe il compito di promuovere in modo adeguato, anche culturalmente, in modo da attuare l’iniziativa, e distribuire i SIMEC tra i cittadini”.
http://www.scribd.com/doc/103273320/13-Moneta-e-Reddito-e-Linee-Di-Intervento
@Massimo Giorgi
Ho scritto : Fuori dai servizi sociali, questo tipo di servizio che non deve costare in termini economici per la P.A., ma solo ottimizzando i servizi degli uffici già esistenti…etc.
Pertanto, è lei che ha frainteso e non poco.
Ripeto, questo ho detto:
mi sono rivolta ai Comuni, intanto, e non ho nominato la Provincia, poichè il solo ufficio del Comune che ha il polso della situazione dello stato economico dei cittadini è quello dei servizi sociali a cui questi si rivolgono se in stato di bisogno ,oppure attraverso segnalazioni agli assistenti sociali ( ce l’ha anche ogni parrocchia la fotografia del disagio economico, specie oggi, ma stavamo parlando di enti) , invitandoli a fornire coi mezzi di cui dispongono, ma organizzandosi in questa direzione, un puro servizio di interconnessione , di incrocio fra domanda ed offerta, tra quanti da un lato non hanno sufficenti risorse ,ma che hanno lo stesso bisogno di manutenzione , riparazione o lavoretti di qualsiasi tipo nella propria abitazione ( quante persiane cascano a pezzi, le vede lei? io sì, guardi lo stato di abbandono delle case popolari per es.) dall’altro, chi si trova da un giorno all’altro licenziato ed ha quindi in mano un mestiere, e che si accontenta in attesa di nuova occupazione ( sic) di tirar fuori anche una pur minima paga giornaliera.
Questo, per quanto riguarda i buoni lavori che alcuni Comuni rilasciano attraverso lo stanziamento di un contributo sociale, così ottenendo nello stessa circostanza però in questa modalità un doppio beneficio , in quanto, il cittadino in condizioni di avere questo servizio non paga la prestazione ricevuta dal lavoratore, che a sua volta gode del vaucher del Comune.
Alla fine in sostanza, viene così mantenuta la dignità di lavoratore a chi pur ricorrendo ai servizi sociali ( e abbiamo visto bene , purtroppo, l’importanza che ha questo aspetto psicologico per la nostra gente non avvezza a farsi mantenere ) va a prestare la sua opera di lavoro per un privato cittadino ,che dal canto suo invece avrebbe difficoltà ad ottenere quella prestazione a pagamento.
Domanda ed offerta ci sono, è diffusissima in questo senso, ma come stabilire un contatto tra privati?
Stasera, a conferma che non è il caso di sputare su niente, nemmeno su un’ora di lavoro anche se fuori da una impresa , non so se ha sentito quel nostro conterraneo, il tappezziere di Loreto ospite da Formigli, che prima lavoratore autonomo con un reddito mensile di 2000 euro fino al 2010, oggi a 42 anni vive coi suoi genitori , i quali hanno una pensione di 700 euro e a cui, con tutta la vergogna possibile, chiede 10 euro ogni due giorni: 5 euro al giorno per un uomo , un bravo artigiano di 42 anni. E oggi, sempre, si è detto disposto a fare quasiasi lavoro, ma non trova.
O anche come nel caso di quella giovane donna, sposata, di non ricordo dove, che percepisce 280 euro al mese per il suo impiego. Allora, io penso che questa sia una via da tentare, un diverso canale da aprire. Servirà a poco? Non servirà a niente? Ci abbiamo provato.
Poi ho detto anche altro a riguardo, fuori dalle prestazioni familiari coi voucher e i servizi sociali. Sta lì.
In ogni caso, il mio era solo un suggerimento, un consiglio spassionato : nessuna pretesa di niente, Signor Giorgi, da parte mia.
Quanto a carrozzoni , dirigenti, malapolitica, lì mi spiace ma non giustifico affatto la sua veemenza e la sua carica ironica, proprio a me, che non mi sono mai risparmiata abbastanza nei miei commenti in genere, non solo in questo mio intervento sopra, che pare abbia letto solo in parte e anche distorto.
@ Tamara Moroni (commento n. 16):
Ho capito tutto, ma non vedo comunque la necessità di istituzionalizzare e burocratizzare l’arte di arrangiarsi, né a livello comunale né a qualsiasi altro livello, trattandosi di un’arte nella quale noi italiani abbiamo sempre saputo ben auto-organizzarci, tant’è che si dice che l’abbiamo inventata noi.
No, le pare di aver capito Giorgi ,e invece è rimasto a livello superficie. Non ha ancora afferrato i due presupposti alla base della mia proposta che,
a) nasce dal voler dirottare l’utilizzo dei voucher da parte dei Comuni in lavori di pubblica utilità per i seguenti motivi:
– Il fondo di solidarietà sociale stanziato dai Comuni non viene dalla cassetta delle elemosine, ma è frutto della tassazione – oggi a livelli tali , sia per imprese che famiglie, da essere la causa principale della crescente disperazione economica- da quella statale a quella locale, per cui erogarlo e poi richiedere in cambio ai cittadini maggiormente colpiti dei servizi con una manodopera a bassissimo costo per coprire gli sprechi e supplire alle carenze, inefficienze dei servizi pubblici a cui la P.A. è tenuta, è oltre che ingiusto, immorale, in quanto così la stessa mano colpisce due volte il cittadino già vessato dallo Stato. I lavori pubblici – cura delle strade, degli edifici pubblici, del verde, degli impianti sportivi etc.,spettano alla P.A. come contropartita in servizi per quella tassazione , oggi abnorme, a cui tutti siamo tenuti e quindi essa deve trovare nei suoi bilanci le risorse per farlo, senza ricorrere a un paternalismo di pura facciata.
– La legislazione in materia di LSU e LPU, a mio avviso ripeto, impedisce oltretutto simili stratagemmi per coprire la mancanza di organico, così evitando di appaltare esternamente quei servizi alle imprese che operano sul mercato. Sono più fessi forse, tutti quei Comuni che fanno gare di appalto triennali per la manutenzione del verde, tanto per citare solo uno dei settori di spettanza delle pubbliche amministrazioni ?
b) Il buon senso, nell’attuale situazione critica per molte famiglie e lavoratori ,suggerisce per me invece di investire i buoni lavoro in aiuti diretti ai cittadini, atti a soddisfare nel modo che ho detto, due diversi bisogni contemporaneamente.
Quindi la mia è visione politica piena da un lato, dall’altro una possibilità di azione mirata e concreta.
Altro che arte di arrangiarsi istituzionalizzata, burocratizzata, come ha concluso lei.
Se vuole apportare la sua critica al mio modo di vedere, ben venga,ci mancherebbe, ma la prego prima di entrare nel mio meccanismo di ragionamento, evidenziandone secondo lei la fallacia in linea di principio e di riscontro pratico. Capisco che oggi è più facile urlare, inveire, imprecare,attaccare chiunque proponga con lo spettro dietro sempre presente dell’antisistema e usare un linguaggio degradato al pari di quella politica che si vorrebbe cambiare,ma un attimo, prima le buone maniere nel parlare in pubblico e con il proprio interlocutore.
Non è bello sa, né per chi riceve né per chi legge ( suo commento n.13) rivolgersi a una donna argomentando che tutti sanno farsi le pippe. E comunque per rimanere nella sua lunghezza d’onda, ci sono pippe, e pippe.
I suoi due interventi in risposta a me, che erano , scusi?
@ Tamara Moroni (commento n. 18):
Evidentemente io non riesco ad entrare nel Suo meccanismo di ragionamento, Lei deve essere statista di rango troppo elevato per me, di quel tipo rarissimo che è capace di calarsi miratamente nei più concreti dettagli amministrativo-contabili senza minimamente perdere la visione politica piena.
La lascio quindi ai Suoi dirottamenti di voucher (ne vedremo certamente di belle nei cieli comunali) e mi ritiro in compagnia delle mie pippe.
Non voglio fare polemica con Alessandro Savi ma vorrei solo allegare un articolo di pochi mesi fà e che racconta delle iniziative che la mia amministrazione, durata appena 11 mesi, aveva fatto. Noi abbiamo razionalizzato un’iniziativa insensata fatta dalla provincia “Anziani non piu’ soli” che in due anni di operatività centarlizzata a Macerata era costata 500 mila euro e con risultati assolutamente inesistenti. Abbiamo riorganizzato il taxi sociale sulle are interne delegando il servizio alle Comunità montane ed agli ambiti sociali ed il servizio funzionava e funziona ora con le poche risorse disponibili, proprio perche la provincia ha tagliato i fonfi. SAVI si informi, la sua demagogia di basso profilo e’ quanto peggio serva in questo momento!!!
La competenza degli interventi sociali e’ in Capo al comune e a Civitanova governano i suoi amici…Puo’ criticare loro semmai!!
Articolo apparso nell’Aprile 2012 e a cui nessuno ha ribattuto con argomenti concreti.
Agostini: “Addio al taxi sociale per colpa della Giunta Pettinari”
Agostini: “Addio al taxi sociale
per colpa della Giunta Pettinari”
“Il servizio attivato dalla Giunta Capponi è stato un successo, ma è destinato a scadere per i ritardi dell’attuale amministrazione”
Il capogruppo del Pdl Nazareno Agostini
Da Nazareno Agostini (capogruppo Pdl in provincia a Macerata) riceviamo:
Certo che il Servizio Taxi Sociale non è solo un servizio utile ma oramai indispensabile alle popolazioni anziane soprattutto del nostro entroterra. Nell’articolo di propaganda della Giunta Pettinari tutto questo non si dice. Le motivazioni che nel 2009, le regole contenute nell’accordo di programma del febbraio 2010 che la Provincia aveva fortemente voluto, venendo incontro alle esigenze dei Presidenti delle Comunità Montane e dei relativi Ambiti Sociali, non vengono neanche menzionati.
Nelle aree interne infatti la popolazione è più anziana, esistono carenze nel servizio di Trasporto Pubblico Locale nella copertura di tutti i territori; le attività agricole ancora fiorenti, fanno sì che molta popolazione risieda in zona rurale o in piccoli borghi distanti dai servizi essenziali come i Presidi Sanitari o degli Ambiti Sociali, ma anche da altri servizi come le Poste, l’Ambulatorio del medico di Base, la Banca, lo stesso Comune, il cimetero (per la visita ai propri cari) ed altro.
Non viene sottolineato che il progetto è stato frutto di una concertazione a tre: Provincia, Comunità Montane (Ambiti Sociali) e Fondazione Carima; è questo modello che ci ha consentito di generare risparmi e trovare sinergie e risparmi; ora questa spinta sembra morire e per i soliti motivi: la decisione della Provincia, cosi come avviene sempre e per le poche cose fatte, è fortemente in ritardo in quanto l’indecisione sul da farsi ha causato ritardi e rallentato l’attività delle Comunità Montane nell’erogazione del Servizio.
Le risorse messe a disposizione precedentemente (50.000 euro per ognuna delle tre Comunità Montane) riuscivano a dare certezza a tutti dell’attivazione del servizio mentre ora con soli 15.000 Euro si può programmare solo la precarietà e si sostiene la sostanziale riduzione dell’operatività con l’effetto di non poterne garantire a tutti l’accesso, proprio in un momento di ulteriore difficoltà socio-economica di queste aree, a servizi indispensabili; le risorse destinate al Servizio tra l’altro non sono nuove risorse, messe a disposizione dalla Provincia nel 2012, ma vengono solo riutilizzate le economie degli anni precedenti e che quindi derivano dai bilanci 2010 e 2011 e finanziate dalla precedente Amministrazione;
Il progetto non era biennale, come sostiene Pettinari, ma pluriennale, dato che in accordo con la Fondazione Carima erano stati messi a disposizione delle Comunità Montane anche sei autovetture attrezzate all’uso. Biennale era la prima fase, per verificarne la potenzialità e procedere poi alla sua implementazione e messa a punto.
Per questi motivi, consideriamo molto superficiale l’agire di questa amministrazione che non valuta, non riscontra, non innova e che dopo numerose affermazioni di voler fare cose nuove, diverse dalle precedenti e importanti, a quasi un anno dall’inizio del mandato non ha fatto altro che prorogare e validare la grande operatività portata avanti nella precedente e brevissima legislatura.
Ci sembra poi inverosimile la marcia indietro del PD, che allora aveva fortemente criticato l’attivazione di questa razionale interpretazione del Servizio Taxi Sociale, che nelle intenzioni e nelle mire del Presidente Silenzi doveva essere ben altro ed avere tutt’altra cassa di risonanza. Infatti il ben piu’ comunicativo progetto “ Anziani non piu’ soli” utilizzato come piattaforma di comunicazione elettorale, in realtà si era dimostrato un vero e proprio Bluff in quanto, a fronte di una spesa pazzesca (oltre 250.000 Euro) non si era attivato quasi un bel niente a Servizio degli anziani e non si era neanche scelto di concentrare gli interventi nelle aree meno servite e critiche, sia per l’indice di invecchiamento della sua popolazione che per il basso livello dei servizi infrastrutturali e socio-sanitari.
Ogni Comunità Montana ha razionalizzato il Servizio, utilizzato da allora quattro autisti, (individuati dalle liste di mobilità e selezionati in collaborazione con i Centri per l’impiego o reperiti attraverso Cooperative sociali) con un’ottima integrazione e sussidiarietà con le Associazioni di Volontariato e di pensionati impegnati in occupazioni di Pubblica Utilità. Ogni Comunità Montana ha attivato altri protocolli d’intesa con altre realtà sociali e territoriali che attraverso gli operatori telefonici gia’ esistenti ricevono le richieste e pianificano l’agenda dei trasporti delle persone disabili e degli anziani.
Questo per manifestare tutta la nostra felicità per il riconoscimento della grande qualità del lavoro svolto e dell’attivazione di nuovi servizi razionali e non carrozzoni alle popolazioni svantaggiate, nato dall’esigenza di far fronte al bisogno di mobilità e di servizi proprio dei territori montani che noi riteniamo strategici per il futuro ( sviluppo di sistemi agricoli di Qualità, di corretta difesa Ambientale, di nuovo Turismo rurale ed ambientale, di difesa Idrogeologica e di offerta di beni pubblici primari) .
Vogliamo infine sottolineare il grande lavoro svolto dall’Amministrazione Capponi, come in questo caso, con l’ausilio dell’assessorato ai servizi Sociali (allora ricoperto dall’Assessore Mirko Luciani della Lega Nord) e che intendiamo sostenere con forza queste nostre posizioni in Consiglio Provinciale.
La grande delusione invece ci viene vedendo che tutte le decisioni di questa Giunta sono fatte al ribasso, con penalizzazione delle Autonomie locali e mancato rispetto dei principi di Sussidiarietà , collegialità, efficienza e innovatività.