La battaglia per il Castello di Loro Piceno

LA RICOSTRUZIONE (SECONDA PARTE) - Una brutta storia di tentati affari milionari e di poca riconoscenza anche da parte di uomini e donne di Chiesa. Al centro della vicenda un complesso monumentale dall’inestimabile valore storico, artistico, architettonico, ed anche economico

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(Leggi la prima parte)

bommaritodi Giuseppe Bommarito

…Il Monastero-Castello, anche se presso gli archivi ministeriali si sta tuttora cercando il provvedimento che da diversi  decenni lo qualifica formalmente come “monumento nazionale”, è pur sempre un bene vincolato, in quanto di rilevante interesse storico-artistico. Per la sua alienazione a terzi occorre quindi seguire una particolare procedura, che coinvolge i competenti uffici ministeriali e gli enti territoriali. L’istanza della Priora Micocci, indirizzata alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, viene pertanto da questa girata per i necessari pareri alla locale Soprintendenza, nonché alla Regione Marche, e, tramite quest’ultima, alla Provincia di Macerata e al Comune di Loro Piceno (il quale così, a distanza di ben quattro mesi dall’inaspettata missiva della Priora, un vero e proprio fulmine a ciel sereno, viene a conoscenza dell’intenzione delle suore di vendere a terzi l’immobile che da sempre costituisce l’essenza e il nucleo della storia cittadina).

 

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Il castello Brunforte

La Soprintendenza risponde nel giro di qualche giorno, senza nemmeno degnarsi di chiedere ulteriori dettagli. Nell’istanza della Priora c’è infatti scritto, letteralmente in due parole, che il Castello, oltre che a sede di rappresentanza delle società facenti capo alla famiglia Mosiewicz, sarà destinata anche a “spazi espositivi e museali”. Ma ciò significa tutto e niente: quanta parte del Castello avrà una tale destinazione? Quali saranno le effettive possibilità di fruizione pubblica e dell’ente comunale? Quale sarà il contenuto del museo? La Soprintendenza non si cura di chiedere spiegazioni al riguardo e nel giro di qualche giorno esprime un parere favorevole, anch’esso di poche righe, nel quale, data per scontata – chissà per quale motivo – una prevalente, se non esclusiva, destinazione museale del Castello, si limita a puntualizzare che gli interventi edilizi da effettuare siano preventivamente autorizzati e siano comunque rispettosi “del profilo architettonico e dei caratteri tipologici originari” del bene. Veramente poco sforzo per un bene “unico” dal valore inestimabile, conservatosi ad oggi perfettamente integro, trattato alla stregua di uno vecchio scantinato cadente e mal tenuto, a suo tempo vincolato per qualche strana motivazione!

Stessa storia per la Provincia di Macerata, in quel periodo in regime di commissariamento. Poche righe del dirigente di settore, in gran parte consistenti nella trascrizione del testo della norma di legge che regola la materia, per esprimere il nulla osta dell’ente provinciale alla vendita del Castello (in seguito comunque la Provincia, benchè sollecitata a fornire un diverso e più motivato parere, si è ben guardata dal rimettere mano al parere in questione, e tanta noncuranza, dopo innumerevoli sproloqui sulla tutela del patrimonio storico ed artistico provinciale, francamente appare ingiustificabile).

 

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Daniele Piatti, sindaco di Loro Piceno

Più corposo, invece, il parere negativo datato 22 aprile 2011 del Sindaco di Loro Piceno, peraltro accusato in un successivo Consiglio Comunale, aperto alla cittadinanza, di aver fornito ai loresi un’adeguata informazione sulla vicenda solo qualche mese dopo essere stato a sua volta allertato dalla Regione Marche. Il Sindaco Piatti in ogni caso ricostruisce la storia antica e recente del Monastero-Castello, ne evidenzia la natura di vero e proprio simbolo cittadino, ne dà per certa la notifica di “monumento nazionale” avvenuta nel 1938, ne illustra la complessa e poderosa struttura e infine ricorda gli ingentissimi finanziamenti pubblici erogati nell’ultimo secolo e sino ai nostri giorni (nonostante la formale proprietà in capo alle suore e al loro ente ecclesiastico) da Stato e Regione per le periodiche opere di manutenzione e consolidamento. La conclusione è che il Comune è contrario alla privatizzazione del complesso monumentale ed auspica, qualora il bene non rimanga in proprietà dell’ente ecclesiastico che ne è proprietario, che da questo venga conferito gratuitamente ad una Fondazione di cui faccia parte anche il Comune stesso, al fine di legarlo in maniera indissolubile alla comunità cittadina di Loro Piceno.

Certo efficace e ben motivato, questa volta, è il parere decisamente negativo della Regione Marche del giugno 2011. La dirigente firmataria ricorda che l’ente Regione ha da poco sborsato quasi settecentomila euro per i lavori seguiti al terremoto del 1997/98, che in virtù di tale contributo è stata stipulata una convenzione che regola la fruizione pubblica di alcuni locali (pochi, in verità: solamente la chiesa, l’antica cucina e il parlatorio), ed infine che il perdurante utilizzo del castello come dimora delle suore domenicane è stata una delle condizioni valutate per l’inserimento del Monastero-Castello nei finanziamenti regionali riguardanti il ripristino, il recupero e il restauro dei beni culturali danneggiati dal sisma marchigiano.

castello_loro_piceno4A questo punto, siamo al giorno 7 settembre 2011, il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, acquisiti i vari pareri, si accorge che quelle striminzite ed insignificanti poche righe contenute nell’istanza della Priora Micocci a proposito del potenziale acquirente e delle future destinazioni del Monastero-Castello appaiono veramente fuori luogo, quasi una presa in giro, in relazione all’enorme valenza storico-artistico-monumentale del bene in questione, che rischia di finire in mani private senza colpo ferire, senza cioè un’adeguata valutazione della situazione e una precisa ricostruzione dei nodi anche giuridici (sul doppio versante del diritto civilistico e di quello canonico) della vicenda. Il Direttore Regionale chiede allora alla Soprintendenza di svolgere un’ulteriore attività istruttoria, “se del caso richiedendo alla parte istante di integrare la relativa documentazione”.

castello_loro_piceno2Più veloce della luce il Soprintendente sollecita allora l’ineffabile Priora Micocci e questa, ancora più veloce nonostante l’invidiabile età (quasi 86 anni), riesce ad inviare dopo appena venti giorni una lettera di intenti del potenziale acquirente. Non che questi in seconda battuta si sia sforzato molto di più, ma almeno adesso qualche dettaglio ulteriore viene finalmente fornito agli uffici pubblici competenti. Dopo l’orgogliosa rivendicazione delle proprie origini loresi, la famiglia Mosiewicz (già famiglia Sorbatti) precisa infatti che il Castello sarà utilizzato per sede di rappresentanza e/o operativa delle attuali e future aziende del gruppo, nonché per eventi, convegni, meeting, presentazione di prodotti. Tuttavia saranno rispettate le attuali convenzioni (quelle che, come detto sopra, su circa sessantacinque vani, consentono di visitare solo l’antica cucina e il parlatorio, oltre alla chiesa), magari incrementando le giornate usufruibili dal pubblico. Ed inoltre, d’intesa con il Comune, il cui Sindaco pro tempore potrà essere cooptato nel consiglio di amministrazione della società che gestirà il complesso monumentale, il Castello potrà ospitare eventi culturali quali mostre, giornate musicali, ricorrenze storiche, visite di autorità varie. Insomma, una filosofia da “Castello Aperto”, almeno secondo la famiglia Mosiewicz. A mio modesto avviso (ma questa è solo una mia personale cattiveria), questa definizione è condivisibile, ma solo qualora si escluda ogni pur vaga idea di mecenatismo e si ponga l’accento prevalente sulla “apertura” alle esigenze aziendali.

castello_loro_picenoBattute cattive a parte, e tornando alle vicende burocratiche qui narrate, tanto tempismo non trova adeguato riscontro, tanto che il 20 gennaio 2012 la Priora, alla quale evidentemente la vicenda sta molto a cuore, torna a prendere carta e penna per sollecitare ulteriormente la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche e per proporre un incontro a tre con il potenziale acquirente e con il tecnico di fiducia del Monastero (il nipote della stessa Priora) al fine di eliminare ogni e qualsiasi ostacolo per la vendita. In calce alla lettera, nel salutare, la Priora Micocci, a dimostrazione di quante volte l’Altissimo sia invocato veramente a sproposito e di quanti difetti di comunicazione vi siano in ogni caso con il mondo trascendente, conclude pregando “affinche il Signore ci illumini e guidi in questa delicata vicenda” (un auspicio che comunque sento di fare pure mio, ma di sicuro non nel senso evidentemente ipotizzato da suor Maria Pia Micocci).

La Direzione Regionale, però, dopo aver comunicato che occorrono ancora ulteriori approfondimenti istruttori, a fine maggio 2012 scrive una lunga e dettagliata lettera alla Priora del Monastero e al Vescovo di Fermo (sotto la cui giurisdizione ricade il territorio di Loro Piceno) in cui per la prima volta mette a fuoco e precisa diverse importanti questioni: a) nel caso di beni culturali di proprietà ecclesiastica, i provvedimenti autorizzativi per eventuali vendite a terzi sono di competenza ministeriale, previo accordo però con il vescovo diocesano competente per territorio; b) nel caso specifico, per motivi che qui sarebbe troppo lungo riepilogare, prima di alienare il bene è indispensabile far venir meno l’ente ecclesiastico proprietario; c) in ogni caso, a seguito anche di osservazioni scritte sia del combattivo comitato civico lorese che si oppone alla privatizzazione del Castello che della sezione regionale di Italia Nostra, appare indispensabile verificare se la qualifica di “monumento nazionale” sia stata in passato effettivamente e formalmente concessa, giacchè in tal caso il bene sarebbe del tutto inalienabile.

E qui entra in scena il Vescovo di Fermo Monsignor Luigi Conti, che già all’epoca della sua precedente permanenza a Macerata aveva acconsentito senza battere ciglio, e tra mille proteste, alla privatizzazione dell’antico e storico monastero domenicano sito nel centro storico, detto delle Monachette, gemello e coevo di quello lorese. Con una burocratica lettera del luglio 2012 il Vescovo Conti, inutilmente contattato per ben due volte dal Comitato di Loro che si sta battendo da mesi contro la privatizzazione del Castello, precisa che le due suore rimaste nel convento lorese (la stessa Priora ed un’anziana consorella) dovranno essere trasferite, che l’ente ecclesiastico “Monastero delle Suore Domenicane di Loro Piceno” potrà essere soppresso quanto prima dalla Santa Sede e che pertanto egli esprime parere favorevole al rilascio da parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche dell’autorizzazione a vendere a terzi.

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Ecco, sul piano formale la storia per il momento finisce qui. La Direzione Regionale ha infatti comunicato un paio di mesi fa che occorrerà pertanto attendere la soppressione dell’ente ecclesiastico proprietario del Castello, l’attribuzione ad un’altra persona giuridica ecclesiastica del suo patrimonio ed infine una nuova richiesta di alienazione da parte di quest’ultimo ente.

In conclusione, visto l’iter della vicenda, tutto lascia prevedere che non resti molto tempo per cercare di bloccare la privatizzazione del Monastero-Castello. Con tutto il rispetto per la famiglia Sorbatti-Mosiewicz, per le sue idee circa il futuro utilizzo del Castello di Brunforte, per le sue nobili mostre e le sue raffinate collezioni da esporre, per l’affarone che essa sta indubbiamente per concludere (la cifra emersa di 3-4 milioni di euro appare anche ad un profano del tutto sottostimata rispetto all’effettivo enorme valore del bene), la privatizzazione dello stesso non appare infatti in alcun modo accettabile.

castello_brunforte1In primo luogo, per un debito di riconoscenza che le suore dovrebbero avere verso il Comune che nel 1600 le ha volute a Loro Piceno sopportando a tal fine già allora ingenti spese, le ha poi ospitate per secoli, le ha protette quando ve ne è stato bisogno, ha continuato ad investire risorse ingentissime per la manutenzione del Monastero, ha interagito in tutti i modi con la piccola comunità religiosa ospitata all’interno del Castello. Riconoscenza che dovrebbe valere anche verso i tanti cittadini loresi che hanno continuato nei secoli a concedere alle suore lasciti testamentari anche ingenti, nonchè offerte in natura e servizi di vario genere, ma soprattutto verso l’ingegnere Enrico Mori, che nel 1906, come si è visto, acquistò il Monastero ad un’asta pubblica per donarlo di fatto alle suore del Monastero, nel presupposto che potessero rimanere a Loro Piceno e proseguisse così senza soluzione di continuità la feconda storia dell’intreccio tra comunità civile e comunità religiosa lorese. Certo, non c’è e non può esserci un obbligo giuridico delle suore (e della Curia fermana) a far ritornare il Castello ai cittadini tutti e quindi al Comune di Loro Piceno. Ma la donazione del Castello-Monastero, oppure la vendita al Comune ad un prezzo puramente simbolico, rispondono con tutta evidenza ad un preciso obbligo morale, rafforzato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, dalla consapevolezza di aver ricevuto, soprattutto nel corso del secolo scorso, rilevantissimi contributi pubblici, statali e regionali, per la costante manutenzione dello stesso.

Ma in questa direzione militano anche altre importantissime considerazioni. Innanzi tutto la notevole rilevanza storico-artistica del bene, l’unico Castello-Monastero delle Marche, costituente, a detta della stessa Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, una “testimonianza rilevante della storia delle istituzioni pubbliche e religiose” regionali. Poi la già ricordata valenza civica di questo complesso monumentale, da sempre identificato con la stessa cittadina di Loro Piceno, tanto che il Castello è raffigurato nello stemma comunale (fatte le debite proporzioni, il Castello identifica Loro Piceno come il Colosseo identifica Roma). Non meno significativi sono però anche la dimensione religiosa del complesso monastico, frutto del passaggio e della vita di figure mistiche di grande spessore, alcune delle quali scomparse in odore di santità, e i reperti, assolutamente da salvaguardare, legati ai lavori artistico-artigianali a cui erano dedite le monache nel corso dei secoli (tessitura, ricamo, erboristeria, vinicoltura, lavorazione delle ostie, ecc.). Per non parlare della grande Storia che è pulsata dentro e nei dintorni del Castello, a partire dalle vicende feudali e dei primi liberi Comuni, passando per il periodo monastico, per i momenti significativi della storia della Marca segnati dai rapporti tra il Castello di Loro e Fermo, sino ad arrivare all’epoca risorgimentale ed alla battaglia di Tolentino del maggio 1815, che vide alcuni reparti impegnati nel combattimento ospiti proprio della fortezza di Loro Piceno.

Insomma, tanti eccellenti motivi per fare fronte comune tra cittadini, istituzioni territoriali locali e regionali, uffici statali, affinchè, tramite la dovuta “moral suasion” sulla Curia fermana, il nostro Castello, così ricco di storia, ritorni – come è giusto – in mani pubbliche e non diventi il fiore all’occhiello di pur rispettabili iniziative imprenditoriali private. E proprio in vista di questo obiettivo la Regione Marche dovrebbe fare una forte pressione sulla Conferenza Episcopale Marchigiana, peraltro presieduta proprio dallo stesso Vescovo Conti, ricordando e facendo pesare non solo i contributi pubblici concessi per il Monastero-Castello di Loro Piceno, ma anche gli ulteriori ingentissimi contributi concessi a tanti altri beni monumentali di proprietà ecclesiastica siti nelle Marche, ristrutturati con soldi pubblici dopo il terremoto di qualche anno fa.

Di sicuro questa battaglia non può essere lasciata al solo Comune di Loro Piceno, che di fatto sta già ripiegando sul male minore, cioè su un accordo pubblico-privato per la futura gestione del bene, ma dovrà  coinvolgere anche la Provincia di Macerata (a quando la modifica del disgraziato parere favorevole rilasciato nel 2011?) e la Regione Marche, insieme al Comitato Cittadino per la tutela del Castello di Brunforte, al mondo della cultura e a tutte le associazioni che si battono per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale presente nella nostra realtà provinciale e regionale (non dimentichiamoci poi il Comitato per la Bellezza, costituito a Roma dalle principali associazioni ambientaliste italiane e presieduto da Vittorio Emiliani, che è già pubblicamente intervenuto sulla vicenda, criticando aspramente l’ipotizzata privatizzazione).

C’è tanto da fare prima di alzare bandiera bianca. Perché, tanto per cominciare, Regione, Provincia e Comune, gli stessi cittadini loresi, non si impegnano a chiedere coralmente al Vescovo di Fermo la donazione del Castello allo stesso Comune, o quanto meno il suo conferimento gratuito ad una Fondazione gestita dall’ente comunale ed anche dalla stessa Curia fermana (nonché dalla famiglia Mosiewicz, qualora si mostrasse realmente impegnata in un progetto improntato al mecenatismo)? Perché in ogni caso Regione, Provincia e Comune non cercano nel frattempo di ottenere dal competente Ministero una nuova attribuzione al Castello della qualifica di “monumento nazionale”, che taglierebbe la testa al toro, portando alla definitiva inalienabilità del bene?

(Leggi la prima parte)



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