di Filippo Ciccarelli
Erano quasi arrivati alla loro meta, Diego e Stefano, dopo un pomeriggio passato sui pedali per cercare di arrivare al rifugio del Fargno. Una meta agognata per i due ragazzi umbri, entrambi residenti a Perugia. Che non avevano certo pensato a quel luogo spettacolare, molto conosciuto dagli amanti del trekking e della mountain bike, come il teatro della disgrazia che ha strappato alla vita Diego Grelli, 29 anni da compiere a luglio, e dove ha rischiato di morire anche il suo amico Stefano Rossi (leggi l’articolo). Una tragedia, certo: ma a farsi strada è l’idea straziante che l’accaduto fosse evitabile se solo i due ciclisti fossero stati più cauti. Le condizioni della strada sterrata che da Pintura di Bolognola porta al Fargno non consentivano certamente il transito, specialmente a due ragazzi in mountain bike poco esperti del luogo e privi di attrezzatura idonea. A seguito dell’inverno più freddo degli ultimi 30 anni, ghiaccio e neve continuano a ricoprire la zona, e proprio su un lastrone di gelo ricoperto dalla coltre bianca sarebbe scivolato Diego, che è rovinato per quasi 300 in metri verso il fondovalle. I soccorritori, giunti in breve tempo ed allertati da Stefano – ricoverato in ospedale con un principio d’ipotermia – hanno recuperato l’altro ciclista dopo ore di sforzi, ma le sue condizioni sono apparse subito critiche. Una “lingua di neve” è stata fatale al giovane, dunque, ma non è raro trovare una condizione del genere nella zona appenninica. Come si evince dalle foto inviate dal nostro lettore
Paolo Cruciani e la lingua di neve sullo sfondo: nonostante la vicinanza dell'estate (la foto è del giugno 2005) la neve è ancora abbondante
Paolo Cruciani, scattate nel giugno del 2005 proprio nella zona del Fargno, ghiaccio e neve possono rimanere per lungo tempo sul terreno, anche mesi dopo l’ultima nevicata. “Io e mio cognato, partendo in mountain bike da San Lorenzo al lago di Fiastra, arrivammo a Pintura di Bolognola e decidemmo di provare ad inoltrarci verso il Rifugio del Fargno, conoscendo molto bene la strada” scrive Paolo Cruciani. “Arrivati ad un tornante ci fermammo e fortunatamente non provammo a continuare la salita, a causa di una lingua di neve che copriva tutto il canalone sul quale passava la strada”. Una scelta che i due ragazzi di Perugia, ieri, non hanno preso, sottostimando il rischio che correvano. Un errore tragico, ma non un’eccezione. Più volte nel corso degli anni nella zona del Fargno si sono registrate vittime delle escursioni, visto che è una delle realtà più frequentate e pericolose dell’entroterra maceratese.
LA MONTAGNA NON PERDONA
La memoria torna dunque alla tragica primavera del 2008, quando, nel mese di aprile, un altro ciclista rimase vittima di un incidente dalla dinamica quasi identica a quella che ha ucciso Diego Grelli. Lorenz Costatedoi, che all’epoca aveva 40 anni, si trovava a Bolognola per trascorrere in sella alla sua mountain bike il ponte festivo del 25 aprile. Identico il sentiero, quello che da Pintura porta al Fargno e conduce fino a Fiastra. Identiche le circostanze e l’allarme lanciato dai suoi amici che praticavano insieme a lui l’escursione. Ed identico il tragico esito.
IL RIFUGIO ERA CHIUSO
L’incidente è avvenuto intorno alle ore 16: un’ora piuttosto tarda, specialmente in montagna, dove la luce del sole svanisce rapidamente, e quando il freddo comincia a farsi pungente. I due ragazzi erano a meno di un km di distanza dal rifugio del Fargno, che però era chiuso. Il responsabile della struttura, Luigi Marcolini, ha saputo del dramma soltanto oggi:
“Sono venuto a conoscenza dell’incidente grazie ad un mio amico che mi ha avvertito: ma non conosco nei dettagli la cosa, perché al momento sono fuori regione. E’ una tragedia, mi pare di capire, molto simile a quella di qualche anno fa…”
Ma perché, secondo lei, i due si sono avventurati fino a quel punto?
“Molta gente non ha cognizione di quelle che purtroppo sono le difficoltà in montagna. Ci sono state diverse situazioni, purtroppo, di persone che non sono riuscite a proseguire… oppure, come in questo caso, episodi ben più gravi. La gente non è quasi mai previdente nell’andare in montagna, e questo è un problema grosso”.
Forse i ragazzi speravano di raggiungere il rifugio…
“Ma il rifugio è chiuso. E’ dal primo novembre che è sbarrato: un paio di settimane fa sono andato a controllare la situazione, c’era talmente tanta neve che non si vedeva nemmeno l’edificio. E viste le condizioni, credo proprio che non riapriremo prima di maggio, forse addirittura per metà maggio”.
Secondo lei c’è un problema della pericolosità del sentiero?
“Non credo sia un problema di strade. Bisognerebbe che la gente non si inoltrasse in percorsi che sono così pericolosi. Se non si è previdenti drammi come questi possono accadere. Sarebbe pericoloso andare con l’attrezzatura da alpinismo, con scarponi e tutto il resto in questo periodo, figuriamoci in mountain bike. Chi ha una buona preparazione ed esperienza non crea certe situazioni”.
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Ero un ragazzino quando iniziò la costruzione di quella strada disgraziata, mai completata. Con essa quelle belle montagne hanno subito uno sfregio che non rimarginerà più.
Qualche giorno fa’ in occasione del drammatico incidente in moto avvenuto a San Ginesio un ragazzo ha scritto: se dovessi pensare che come esco di casa potrei farmi male allora me ne starei chiuso in una cassaforte. E’ vero, si pensa sempre ” a me non capitera’ mai”. Purtroppo anche questa volta e’ bastato un niente a trasformare una giornata bellissima in una giornata di strazio per i genitori di questo sfortunato ragazzo.
Ieri, appena appresa la notizia da C.M., ho scritto il commento che riporto integralmente:”La strada Pintura di Bolognola – Forcella del Fargno, in questo periodo è intransitabile. Dopo le forti nevicate di febbraio è ancora invasa dalla neve e, con le alte temperature, è soggetta alle slavine dalle sovrastanti pendici delle creste che dal M. Castelmanardo arrivano a Monte Acuto e Pizzo tre Vescovi. La zona più ripida dopo lo scoglio del Montone e la Fonte delle Bassete, non a caso, si chiama “Abbandonata”. Ancora una volta, la montagna si è presa la vita di un giovane ragazzo, sicuramente un appassionato che voleva trascorrere una giornata sui Monti Sibillini. La montagna è bella, va amata, va rispettata e va presa con mille precauzioni in tutti i periodi dell’anno. Talvolta questo, purtroppo, non basta. Peccato! Queste cose non dovrebbero mai accadere”. Conoscendo il posto per essere nato e vissuto a Bolognola e per aver praticato quelle montagne fin da piccolo, ricordo tante persone perite in quella zona. Andiamo in montagna perchè si passano giornate bellissime e si ammirano veramente le meraviglie della natura, ma dobbiamo essere più prudenti e se non conosciamo i posti chiediamo informazioni, dobbiamo evitare altre disgrazie in montagna.
Fino a primavera inoltrata quel percorso è una trappola,specie dopo un inverno così particolare. Diamoci tutti una regolata evitando gesti irresponsabili e ammonendo i pochi sconsiderati che sfidano le montagne credendo sia solo un gioco
Per ZTL; a cosa ti riferisci quando dici “iniziò la costruzione di quella strada disgraziata, mai completata”…… cosa dobbiamo aspettarci la terza corsia? Spero di no! 🙂 Mi sembra già bella larga anche se occorre percorrerla con prudenza. E comunque una volta arrivati al Rifugio del Fargno, è una delle mete più belle per una escurzione sui Sibillini. Qualsiasi strada fatta in montagna è uno sfregio irrimediabile, ma forse lo sfregio di cui parli te non è questo, ma quello sul Monte Sibilla ( sbaglio?) della famosa strada iniziata negli anni 70 a forma di Z incompiuta. Uno dei piu osceni scempi ambientali fatti alla montagna che rimarrà per sempre. Riguardo alla vicenda dei ciclisti, da quello che ho letto è forse stata un po troppa impurudenza. Quella strada è pericolosa anche d’estate..figuriamoci d’inverno o fine inverno con lingue insidiose di neve e ghiaccio. Prudenza.
Durante il periodo invernale non si potrebbe chiudere quel tratto?
@ Valentini: La strada è chiusa e c’è la segnaletica che invita a non percorrerla neppure a piedi e solo d’estate viene aperta. Comunque, se non mi hanno informato male, i due escursionisti non hanno seguito la strada ma sono risaliti lungo il fiume (cosa pericolosissima d’inverno). Poi ad un certo punto sono saliti lungo la pendice ripidissima per raggiungere la strada. Probabilmente il ragazzo deceduto non l’ha neppure raggiunta perchè dovrebbe essere scivolato prima.