di Luigi Labombarda
Davvero un personaggio straordinario, Federico Verdini da Mogliano. Siamo andati ad incontrarlo al consueto allenamento con la Nuova Mogliano, squadra del girone H di Terza categoria di cui ne è il portiere. Entra nello spogliatoio ancora con gli abiti sporchi da lavoro, si cambia per iniziare il riscaldamento e ne esce con uno sguardo diverso, più vivo: la passione per il calcio c’è sempre, anche se la sua carriera è lunghissima. Verdini infatti ha quasi 42 anni (è nato il 27 maggio 1969) ed ha giocato circa 100 gare tra i professionisti, sfiorando soltanto però il calcio che conta. Ci ha raccontato un po’ della sua storia. «Ho iniziato a giocare da bambino qui a Mogliano, poi a 16 anni sono andato alla Civitanovese a completare la mia trafila giovanile, per giungere così alla prima squadra che all’epoca era in C2». Nel 1990 la grande opportunità: «Dovevo andare all’Ascoli, che allora era in serie B, dove sarei stato il secondo di Fabrizio Lorieri. Mi voleva l’allenatore Massimo Cacciatori che era un mio grande estimatore. Avevo praticamente firmato in bianco il mio contratto ma le due società non trovarono l’accordo. L’Ascoli offriva 200 milioni di lire, lasciando comunque la metà del cartellino alla Civitanovese, ed in più due giocatori della Primavera. La Civitanovese non voleva altre contropartite tecniche: il presidente Ruggeri chiedeva 400 milioni cash. L’accordo purtroppo saltò». Quell’Ascoli alla fine fu promosso in serie A, con Casagrande che vinse la classifica cannonieri con 22 gol. A seguito di questa grande occasione mancata, per Verdini tre esperienze fuori dalle Marche: Carpi, Baracca Lugo e Francavilla a Mare, sempre tra C1 e C2. «Lugo (serie C1, stagione 1991-92, ndr) è stata una stagione importante, credevano molto in me, soprattutto il preparatore dei portieri Cimpiel che mi ha insegnato davvero tanto. Mi giocavo il posto con Zancopè (Adriano, in serie A nei primi anni 2000 con Modena e Treviso) che iniziò la stagione da titolare, ma dopo alcune gare deludenti fui schierato al suo posto. La squadra iniziò a vincere ed io divenni così il titolare». A novembre però Verdini si frattura la mano in allenamento, la società aspetta il suo recupero schierando tra i pali un giovane proveniente dalla Primavera del Bologna (Zancopè intanto era andato via) e, una volta guarito, si riprende la maglia numero 1 fino al termine della stagione. «In quella squadra con me c’erano anche Dall’Igna e Stefano Bettarini, due matti…». Torna all’ovile, a Civitanova Marche, proprio nell’ultimo campionato dei rossoblù in C2; di quelle stagioni tra i professionisti resta anche il ricordo positivo dei successi con la Rappresentativa di C2: «A fine stagione venivano selezionati i migliori giocatori di ogni girone per disputare un mini-torneo con le quattro rappresentative di ogni girone. Beh, ho vinto quel quadrangolare per due anni consecutivi». La carriera di Verdini si sposta così nelle categorie dilettantistiche delle Marche ma si arricchisce della prestigiosa chiamata della Sambenedettese, campionato 1994/95: «La squadra era fallita ed era piombata in Eccellenza, ma aveva conservato molti giocatori della serie C, se pensi c’erano Colantuono, Consorti, Voltattorni. Quel campionato lo stravincemmo con diverse giornate di anticipo. Io ero il vice di Paniccià, giocai poche partite ma ricordo quella stagione come la più bella della mia carriera». Dopo, tante altre maglie: Vis Civitanova, Elpidiense Cascinare, Montecosaro, Casette Verdini, Potenza Picena e il ritorno a Mogliano due anni fa con la Nuova Mogliano (con la parentesi della scorsa stagione al Telusiano in Seconda). «Non me ne vado più, chiuderò qui la mia carriera calcistica. Ogni anno, a fine stagione penso: “Adesso smetto”, poi a settembre sono di nuovo in campo». E la famiglia cosa dice? «I miei due figli (16 e 13 anni, entrambi nel settore giovanile dello United Civitanova) mi prendono in giro: “Papà, ma giochi ancora?”. Mia moglie dice semplicemente: “Finchè te la senti…”». Guardandolo, non ci sono dubbi che possa giocare ancora a questi livelli anche fino a 50 anni: il fisico è ancora asciutto e integro, distribuito su una statura di 186 cm. Le gare di questo campionato lo vedono spesso tra i migliori in campo: «In partita cerco sempre di mantenere alta la concentrazione e di guidare la linea difensiva davanti a me. Io non guardo chi è il mio avversario, penso solo alla mia squadra che deve giocare al meglio. Non sono mai stato un portiere da parate spettacolari e palle levate dall’incrocio, devo sempre parare in sicurezza e per questo confido molto nel lavoro della difesa». Si nota infatti come ci sia grande rispetto nei suoi confronti da parte dei compagni di squadra, seppure in un clima sereno e in un gruppo compatto dove sono tutti amici, ma non chiedetegli di allenare: «No, non farò l’allenatore. Io, il calcio, lo vivo serenamente. Quando smetterò di giocare, le partite me le guarderò solo alla TV». Carismatico e non scontato, ecco allora un parere interessante sulle avversarie del girone H: «La squadra che più mi ha impressionato è il CSKA Corridonia, ha diversi ottimi giocatori. Anche il Pian di Pieca gioca molto bene, ha un gioco molto veloce». Lo lasciamo andare all’allenamento, non prima di regalarci un’ultima battuta: «Avrei voluto smettere di giocare non appena avesse smesso Telloni (portiere del Mogliano in Prima categoria, 44 anni), ma se lui continua mi tocca continuare anche a me». Dietro quella scorza dura di chi ha vissuto mille battaglie, è sempre viva la scintilla del guascone, come nella classica iconografia dei portieri: che personaggio, quel Federico Verdini da Mogliano.
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