Puntiamo sulla qualità
per rilanciare il centro storico

Il commento - di Mario Battistini -
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di Mario Battistini

Siamo proprio sicuri che un parcheggio sotto Rampa Zara riuscirebbe a ridare slancio al centro storico? Forse sì, ma qualche dubbio esiste se riflettiamo su quanto sta accadendo in Italia, dove – informano le cronache – è letteralmente esploso il problema dei luoghi antichi e dei centri storici. A Siracusa, a Vicenza, nel Trentino, dappertutto da nord a sud va in onda un piagnisteo corrosivo e contagioso. Chi l’avrebbe mai detto? Addirittura il centro storico di Perugia, per anni preso a modello per dinamismo e capacità aggregativa, è oggi un malato serio, preso in cura da impotenti amministratori, da sociologi e associazioni ambientaliste.

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L’Umbria in ginocchio. Per prevenire contraccolpi nel tessuto urbano della città, mentre le periferie si espandevano e conquistavano residenti, a Perugia furono messi in campo servizi di eccellenza, parcheggi e rapidi collegamenti (ascensori, scale mobili) dai quartieri. Questa terapia ha funzionato per un po’, ma progressivamente ha mostrato tutti i suoi limiti. La città oggi è in crisi e la diagnosi di Italia Nostra è spietata: il <cuore> di Perugia presenta un encefalogramma piatto, la luce si è spenta e solo la presenza degli studenti universitari (peraltro in calo) e dei turisti assicura ancora qualche bagliore, mentre dei residenti si son perse le tracce. Decine di negozi hanno abbassato le saracinesche e sui muri di tanti edifici campeggiano cartelli mortuari: <Si vende>, <Si affitta>. Che fare? Nessuno ha la soluzione in tasca e, dice ancora Italia Nostra, non saranno nuovi parcheggi o il commercio tradizionale a risvegliare le città antiche dal torpore in cui sono precipitate. <Solo la Cultura può rimettere in moto meccanismi incrostati dalla ruggine, dall’apatia e dalle mode>. Sì, la Cultura in tutte le sue multiformi espressioni, che anche nei periodi post-bellici si è rivelata una molla decisiva per il riscatto di popolazioni umiliate e depresse.

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La situazione a  Macerata presenta indubbiamente ritardi, contraddizioni e lati oscuri, ma non è paragonabile allo sconquasso che ha investito Perugia e altre realtà territoriali anche più rinomate della nostra. Qui, per fortuna, non siamo al deserto dei tartari di buzzatiana memoria. Si avvertono anzi, in centro storico, forse timide ma interessanti novità, che lasciano almeno sperare in una possibile inversione di tendenza: più negozi che aprono rispetto a quelli che chiudono e nuovo look di locali e vetrine, da via Garibaldi e fino a piazza grande. Forse non c’è da illudersi, ma è un bel segnale che fa dire a diversi operatori economici del centro, da noi contattati, che il coraggio e non certo il pessimismo può aiutare a uscire dall’incertezza. <I problemi ci sono, ma i partiti dovrebbero smetterla di gridare che il centro storico è moribondo. Siano più seri, è pericoloso diffondere l’dea che tutto va male, perché non è vero e perché così si finisce per danneggiare chi in centro lavora e gli stessi residenti>. Quelli almeno che ancora vi abitano.

I centri storici hanno perduto identità – questo è il punto – perché sono mutate radicalmente le abitudini e le esigenze dei cittadini. Un tempo, anche a Macerata, la vita pulsava quasi esclusivamente all’interno della cinta muraria, dove si accentravano banche, scuole, uffici pubblici, palestre, studi di professionisti, ristoranti e chi più ne ha più ne metta. Per gradi, però, la situazione è cambiata. Molti maceratesi, al pari di tantissimi italiani, hanno scelto di vivere nelle periferie, trovando troppi ostacoli e vincoli in centro: case scomode, ancorchè di prestigio, fitti esorbitanti, strade anguste, dedali di vicoli e vicoletti, mancanza di garage, divieti, isole pedonali, lontananza dalle grandi vie di comunicazione. Il decentramento è stato un fenomeno inarrestabile e ha fatto la fortuna di quartieri e frazioni, spesso anonimi però autosufficienti e dove tutto è più facile e a portata di mano. E’ prevalsa la logica della comodità, che ha disintegrato storie e tradizioni che sembravano immutabili. Il piccolo commercio, parte integrante della vita sociale, si è visto soppiantare dal consumismo sfrenato e dalla incontenibile avanzata della grande distribuzione, al punto che oggi i centri commerciali e gli ipermercati sono diventati le nuove <piazze> dei cittadini. Ma che piazze, vivaddio: deprimenti capannoni, privi di qualità e decoro e accerchiati dalla bolgia di smisurati parcheggi.

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Andiamo al dunque: è possibile ridare pieno slancio al nostro centro storico? Bisogna fare di tutto per riuscirci, puntando, a nostro avviso, sulla modernità dei servizi, su un commercio di alta qualità, su settimanali mercatini agricoli, dell’usato e artistici, su sgravi fiscali per chi investe in centro, favorendo poi la riapertura di botteghe artigiane (operazione già tentata dal sindaco Maulo e da riproporre con contributi ad hoc), inventando nuovi appuntamenti (feste, mostre e manifestazioni all’aperto) e spronando anche gli  artisti di <casa nostra> a dare un contributo di idee. Dante Ferretti e Valeriano Trubbiani in primis. E mai dimenticare il sostegno di proposte che può arrivare dalla fiorente Accademia di belle arti. Dall’Università. E dallo Sferisterio, eccezionale veicolo promozionale di Macerata e delle Marche con la sua affermata Stagione lirica.

Fondamentale sarà anche la definizione dell’importante progetto del Museo diffuso, avviato dall’amministrazione in carica e dispiegato in edifici nobiliari che racchiudono un variegato patrimonio culturale. Il Museo del Risorgimento, la ricca documentazione storica dei rapporti con Macerata di Garibaldi, Pio IX e Napoleone, il Museo di Storia naturale, la Biblioteca <Mozzi Borgetti> (oltre 350 mila volumi), la Biblioteca statale di via Garibaldi, il Museo di Palazzo Ricci (opere del ‘900), il Museo tipologico del presepe, il Fondo librario (più di diecimila volumi) dell’economista Maffeo Pantaleoni, restituito a Macerata dal presidente Ciampi, il Museo della carrozza, adesso ordinato in quella autentica perla che è il recuperato Palazzo Buonaccorsi.

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Pubblicizzati a dovere, questi possono diventare argomenti di grande richiamo per turisti, studiosi e amanti del bello. E, a proposito di bello, il primo impegno della futura Amministrazione dovrà essere la realizzazione di un raffinato e invitante arredo urbano, trasformando davvero in un accogliente salotto – come auspicato dall’architetto Paolo Castelli – il cuore antico di questo capoluogo. Un salotto da vivere e da ammirare. <In centro è tutta un’altra cosa>, potrebbe essere questo lo slogan-guida per invertire la rotta. O anche altri, chi ha proposte da fare si faccia avanti. E, allora, sì o no al parcheggio sotto Rampa Zara di cui si è fatto cenno all’inizio? Disco verde, crediamo, se sarà provata la sua utilità per un più agevole accesso in piazza.

Insomma, c’è materia in abbondanza per avviare una propositiva politica del fare. Fuor di retorica, questa città, che fa scuola di sapere e tolleranza, va sostenuta e non denigrata (per interessi di parte).

(Foto di Guido Picchio)



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