Beatrice Marinelli
di Laura Boccanera
Quarantadue anni, bocconiana laureata in Discipline economiche e sociali, madre di due figli e imprenditrice nell’azienda di famiglia. Questo il ritratto di Beatrice Marinelli, civitanovese, candidata presidente della Regione con la lista Evoluzione della Rivoluzione.
Un movimento civico che, sottolinea, «non nasce e muore con le elezioni, ma lavora da anni sul territorio» e che ha scelto un lupo nel simbolo: «perché è l’unico animale che non sta nel circo, non si addomestica, ma vive in gruppo, nel branco». Uno spirito che sente appartenere anche al movimento che rappresenta e che punta su «Sanità, partecipazione e autonomia: così vogliamo cambiare le Marche».
Tre parole che la definiscono per iniziare…
«Tenace, sono una mamma e sono indipendente».
La sfida con così tanti candidati è ardua, perché però era importante far parte della partita per voi?
«Il nostro movimento non è una lista estemporanea. Abbiamo trovato nelle regionali l’occasione per uscire allo scoperto, perché è un momento cruciale sia per il territorio sia per la situazione nazionale e internazionale. Le scelte calate dall’alto ci hanno resi spettatori passivi: le Marche devono tornare protagoniste».
Beatrice Marinelli, candidata governatrice di Evoluzione della Rivoluzione
Quali i punti che contraddistinguono il vostro programma da quello degli altri?
«Vogliamo attivare il Crel (Commissione regionale economia e lavoro), istituita nel 2008 ma mai attivata: È una scatola vuota adesso che invece potrebbe essere lo strumento per rendere vincolanti le decisioni partecipate dalle parti sociali ed economiche. E’ un organismo discendente dal Cnel ma non ha il solo potere consultivo, ma legislativo vincolante e permette il ripristino della partecipazione delle parti sociali ed economiche nelle scelte strategiche del territorio. È la vera rivoluzione: niente più opere ferme per decenni, ma percorsi condivisi che portino a una risoluzione definitiva. Evoluzione della Rivoluzione crede si debba fare un percorso partecipato che manca soprattutto a livello regionale dove c’è un maggioritario spinto senza confronto. E’ una rivoluzione perché da qui passeranno le scelte importanti, penso ai temi energetici, alle politiche del lavoro, alle crisi aziendali, alle infrastrutture, alla sanità. Noi ad esempio siamo contrari all’eolico sugli Appennini. Sono tutti progetti frutto di speculazioni multinazionali, improduttivi e dannosi per il paesaggio e la fauna, improduttivi perché non c’è vento a sufficienza, ma vengono finanziati per la speculazione di chi li costruisce e ne trae vantaggio. Oltre a problemi di smaltimento e meccanismi di esproprio inaccettabili. Al contrario proponiamo l’alternativa dell’idroelettrico, una fonte rinnovabile che abbiamo a disposizione, ma colpevolmente accantonata per interessi sovranazionali. Lo stesso dicasi per le infrastrutture, il Crel permetterebbe di avere una consultazione ampia con tutto il territorio e di fare una sintesi che poi è vincolante e che non sarebbe soggetta gli umori e alle volontà della politica».
Tutta questa partecipazione ampia con tavoli di discussione, di dibattito, convocazioni, non rischia di ingessare le decisioni e portare ad un immobilismo?
«L’esatto contrario, l’immobilismo ce l’abbiamo adesso con opere ferme da 30 anni e che stentano a decollare perché la macchina politica che si basa sul consenso tende a prendere tempo o accelerare quando ci sono interessi in ballo come nel Pnrr. Il Crel permetterebbe di mettere un punto e fare sintesi e al contrario una mitigazione di un potere incontrastato in capo a chi governa la regione e decide investimenti milionari fra assessore e governatore».
In cosa siete diversi dai partiti?
«Qui da oltre 20 anni si è spinto verso il bipolarismo tagliando fuori le minoranze con le soglie di sbarramento che è un oligopolio e le minoranze non vengono ascoltate, tradendo il principio democratico dei diritti delle minoranze. Viviamo una finta democrazia. Il fatto ad esempio che un candidato di un movimento piccolo e autonomo come il nostro che anche prendesse 5000 voti non entri in regione mentre candidati con 500 voti entrano perché fanno parte di una coalizione non è democrazia.
Sui temi civili e posizioni come aborto, fine vita, diritti lgbt siete di destra o di sinistra?
«Non siamo né di destra né di sinistra definizioni post ideologiche. In questa fase storica non ha senso parlare di destra e sinistra ma di sopra e sotto. Abbiamo a cuore i diritti di tutte le libertà, il diritto di autodeterminarsi in tutto a partire anche dalla libertà di impresa economica. Sui temi etici non abbiamo dato un’impronta forte e delineata, ci definiamo cantiere permanente perché disposti all’ascolto di tutte le parti anche all’interno del nostro movimento non c’è un perfetto e totale allineamento. C’è una piattaforma comune su temi cruciali poi siamo per la libertà di scelta sempre. Credo però che anche su queste questioni occorra analizzare i fenomeni e i numeri, ad esempio quali sono le donne che interrompono una gravidanza, quale fascia di età, quali condizioni economiche».
In che senso? Un trattato di sociologia rispetto al diritto all’aborto?
«No, non è sociologia. Perché credo serva un accompagnamento anche nelle scelte più radicali della propria vita, che possano essere aborto o accompagnamento alla fine. Manca un assetto di supporto alla persona e alla famiglia, molte sono costrette a fare scelte perché non hanno un giusto supporto. E noi siamo per la libertà di scelta non per la necessità di scelta. Quando avremo garantito questo allora potremo dire è una scelta individuale. Ad oggi non è una scelta personale. I diritti garantiti e sanciti dalla normativa devono essere garanti nei fatti ma serve supporto. Su questi temi c’è molta ideologia e polarizzazione e invece credo occorra andare più a fondo».
Per quanto riguarda la sanità la vostra posizione è riaprire i 13 ospedali chiusi, ma con quali fondi e con quali medici?
«Vogliamo riaprire i 13 ospedali di base aperti fino al 2015 e declassati a case della salute, ospedali di comunità e cronicari. Dice Acquaroli ma lo diceva anche Cerescioli che nei pronto soccorso arrivano codici di bassa gravità che potrebbero essere gestiti altrove nella medicina del territorio, ma voglio ricordare che questa è una medicina senza medico. Non a caso Saltamartini a Cingoli ha riattivato l’ospedale che era stato chiuso e a Pergola Baldelli ha speso 60 milioni di euro per potenziare quell’ospedale perché sono strutture che ricadono nel loro bacino elettorale. E non è vero che non ci sono i soldi. I soldi si trovano evitando gli sperperi con logiche clientelari, riattivando la mobilità passiva riportando quelle specializzazioni per le quali molti marchigiani vanno a curarsi fuori regione sul territorio, rivedendo le convenzioni con la sanità privata che depaupera quella pubblica. E poi l’edilizia sanitaria che questa giunta ha voluto e per la quale ha speso fin troppo in modo illogico dei fondi del Pnrr per realizzare strutture nuove, quindi debito pubblico sulle nuove generazioni, consumo di suolo, quando le strutture già c’erano e sono semivuote, gli ospedali chiusi, appunto. Il paradosso è tutto qui, ospedali chiusi, ma a porte aperte con pochi servizi che potevano essere potenziati col Pnrr perché rientrano nella medicina del territorio e nel Pnrr c’era la medicina del territorio. Si potevano usare i soldi anziché per nuove palazzine per riqualificare quelle che ci sono. E per attrarre medici che fuggono dalla sanità pubblica per il privato».
Se diventasse presidente quale sarebbe il primo atto?
«Istituire il Crel e i 13 ospedali. Economia e sanità».
Spesso siete identificati come NoVax, nel programma ribadite che siete contrari all’obbligo di somministrazione, che differenza c’è con un Novax?
«Novax è un termine studiato a tavolino per denigrare posizioni critiche su argomentazioni scientifiche, termine populista che punta alla polarizzazione. Noi ci riteniamo Free vax, non diciamo no al vaccino, ma siamo per la libertà di scelta che presuppone una corretta informazione. E se non c’è una informazione corretta e completa non può esserci libertà di scelta. Ad esempio se faccio un’operazione chirurgica e devo fare l’anestesia mi fanno firmare un consenso informato. Sui vaccini non è stato fatto, su quelli pediatrici c’è un atteggiamento dogmatico, spesso viene consegnato un foglio praticamente in bianco da firmare. Ogni persona è libera di scegliere cosa fare del proprio corpo, il vaccino protegge se stessi quindi se io non lo faccio ma l’altro l’ha fatto è protetto, differentemente da quanto ci dicevano per il Covid».
Quale considera comunque una vittoria per la lista? In caso non entrasse in consiglio regionale sarebbe interessata ad una candidatura per Palazzo Sforza?
«Sicuramente vogliamo essere presenti alle prossime elezioni comunali nei comuni che vanno al voto nelle Marche, escludo che riusciremo a essere presenti ovunque e al momento non so dire se saremo presenti alle prossime comunali di Civitanova. Se mi chiede se Beatrice Marinelli si candiderà sindaco dico che Beatrice Marinelli è nel progetto di Evoluzione nella Rivoluzione e non prendo decisioni autonome. È un passaggio che faremo a tempo debito. Per quanto riguarda la soddisfazione posso dire che già così siamo soddisfatti perché abbiamo raccolto più di 4mila firme ad agosto, operazione già considerata impossibile dimensione opera portata a termine è enorme e chi ha avuto esperienze di questo tipo può comprendere. Detto questo spero di eleggere almeno 1 o 2 rappresentanti all’interno della Regione. E’ la prima volta che ci presentiamo e una eventuale esclusione non è una sconfitta ma un punto di partenza».
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…Dunque: ‘Evoluzione Della Rivoluzione, quindi, rivoluzione in evoluzione…mah, io avrei qualche dubbio, e con tutto il rispetto per la persona, che stimo molto; poi, mi pare di ricordare che il lupo, tra le altre cose, sbrana le pecore e gli agnelli…eh!!! Comunque, forza, coraggio e tanti auguri. gv