di Marco Ribechi (foto Fabio Falcioni)
Lucia di Lammermoor è meravigliosa, lo Sferisterio applaude al capolavoro di Donizetti. È stato un evento di cui si parlerà a lungo quello realizzato ieri sera nel tempio della lirica maceratese. L’ultima delle tre rappresentazioni in cartellone per il 59esimo Macerata Opera Festival ha letteralmente incantato il pubblico presente, restituendo uno spettacolo in cui protagonista assoluta è stata la musica di altissimo livello, sia strumentale che nelle splendide voci di un cast davvero stellare e affiatato.
Una notte da dieci e lode in cui tutto è stato letteralmente perfetto, un allestimento capace di soddisfare ogni palato e, nella sua essenzialità, addirittura in grado di spingere più in là il forte panorama emotivo che emerge dalle partiture di un’opera da sempre e universalmente apprezzata. Difficile fare una classifica dei meriti in un meccanismo fantastico che ha saputo brillare in ogni sua sfaccettatura, capace di far percepire chiaramente la vera magia dell’arte in cui il tutto è maggiore della somma delle parti.
Ruth Iniesta sul palco (Foto Imbrescia)
Partiamo quindi dalla regia di Jean-Louis Grinda realizzata con ridotti strumenti ma fortemente evocativi e identitari. Sul palco, per tutta la durata dello spettacolo, si alterneranno pochissimi oggetti utilizzati soprattutto per frazionare e ripartire lo spazio davvero immenso dello Sferisterio. Un tavolo, simbolo del contratto di matrimonio stipulato tra Lucia e Arturo, dei sostegni per alabarde posti a mo’ di paraventi a rappresentare il tema del conflitto, delle pietre tombali che identificano il luogo dove sono sepolti gli avi di Edgardo. Sul fondo del muro, a riempire totalmente la scena, delle proiezioni di video mapping che però non sono utilizzate per dare movimento e vivacità alla recitazione, al contrario le ambientazioni incombono quasi immobili e pesantissime sullo svolgimento della vicenda, trasmettendo un senso di distanza abissale, di monumentalità tetra, di severità gotica ampliata dagli spazi enormi dell’arena.
Durante la recitazione si alternano immagini di castelli, saloni, e varie scene legate all’acqua come le onde di un mare in tempesta e una splendida cascata che sembra tratta da un paesaggio immaginario della pittura romantica. Ma le immagini proiettate riescono anche a conferire lo splendido effetto di travalicare se stesse grazie ad un uso davvero sapiente delle luci, grandi protagoniste, adoperate per caricare di emotività le singole ambientazioni alcune volte all’alba, altre in degli spazi crepuscolari, altre glaciali ed estremamente fredde. le varie tonalità luminose, sposate magistralmente con le ambientazioni proiettate, trasmettono l’idea di una lontana Scozia fatta di scogliere tempestose, fredda, ventosa e tetra. Tutte immagini che non sono realmente presenti in scena ma che si fanno vive nella percezione grazie al rimando verso un patrimonio immaginifico comune e assodato.
Su questo sfondo magistralmente costruito si alternano le vicende dell’opera in cui su tutti brillano tre veri campioni del bel canto: Davide Luciano, baritono nelle vesti di Lord Enrico Ashton, Dmitry Korchak interprete di Sir Edgardo di Ravenswood e Ruth Iniesta, soprano nei panni di Lucia. I tre grandi protagonisti del dramma di Donizetti “rivaleggiano” sul palco in bravura vocale e recitativa, creando un crescendo virtuoso che fa apparire ogni scena, ogni aria, davvero epica. Personaggi liberati in parte dagli stereotipi e restituiti sotto una lente più umana per quanto tragica e violenta. Enrico non è solo il fratello tiranno che costringe Lucia a delle nozze non desiderate, in realtà appare quasi amorevole nonostante la sua ira, paterno nel chiedere a Lucia un sacrificio necessario per la loro famiglia. Lucia allo stesso tempo è lungi dall’essere quella donna indifesa e sottomessa a cui spesso viene rimandata. Nella sua esuberanza, nel suo desiderio di reclamare la libertà di amare chi vuole, persino il rampollo della famiglia rivale, ricorda più una Carmen che però, sempre per propria volontà, deciderà di sottomettersi al proprio destino abbandonando ogni slancio individuale.
Katiuscia Cassetta, Francesco Acquaroli, Sandro Parcaroli e Paolo Pinamonti
Questa decisione è impressa anche negli abiti di Lucia: inizialmente appare in scena con calzoni maschili che ne esaltano fierezza e spirito combattivo, poi decide di svestirsene per indossare un abito da cortigiana che coinciderà anche con la sua prigione sociale e mentale. Il cambio d’abito avviene in scena e appare come la rassegnazione di chi è costretto, ma non obbligato, ad accettare delle condizioni estremamente dure da sopportare. Magistrale è anche Edgardo la cui fierezza è sostenuta da una grande potenza vocale che lo fanno risaltare in ogni sua uscita. Uomo coraggioso, ferito, costretto a perdere per ben due volte la propria amata, una volta in vita e una volta da morta, va incontro alla propria fine senza tentennamenti sotto una funerea luna nordica che illumina solo un cimitero e una fossa ancora non colma.
John McCourt e Paolo Pinamonti
Di notevole livello anche la prova della Form guidata magistralmente da un direttore d’orchestra sicuro, puntuale ed allo stesso tempo estremamente delicato. Il giovanissimo Jordi Bernàcer ha dimostrato un affiatamento unico con i musicisti dell’orchestra che hanno sposato la sua capacità di mettere in evidenza gli accenti, le minime sfumature, tutti i colori degli accompagnamenti che intervengono a sottolineare il panorama emotivo dei protagonisti. Da questo punto di vista emblematica è la scena di ingresso di Lucia, introdotta da un’arpa, l’uso dei corni non più a rappresentare scene di caccia ma utilizzati come strumenti veri e propri a riempire lo spazio sonoro, il fantastico effetto donato dalla glass armonica che accompagna la pazzia di Lucia, capace di coprire con un gelido velo di cristallo l’intera scena resa ancora più algida da una luce blu polare. Con un mix di ingredienti di così alta qualità, tutti sapientemente dosati e centellinati, la voce dei cantanti può esplodere in tutta la sua magnificenza riempiendo tutto lo spazio lasciato libero dall’allestimento.
In questa Lucia di Lammermoor non ci sono distrazioni, non ci sono artifici o effetti speciali, c’è solo la musica, quella grande e assoluta, in grado di comunicare senza dover ricorrere a nessuno stratagemma aggiuntivo. Ad emergere è la perfezione dell’essenzialità, un corpo sonoro spogliato da tutti gli inutili orpelli e mostrato in tutta la sua maestosa bellezza. Il pubblico di fronte a uno spettacolo di tale fattura non ha potuto far altro che mostrare, di continuo, tutto il suo apprezzamento con ripetuti applausi accompagnati da tanti incontenibili “bravi” e “brava”.
Una notte perfetta sotto un cielo stellato, coccolata anche da un clima mite che ha saputo a sua volta donare pienezza e placidità. Il consiglio, davvero raccomandato, è di non farsi sfuggire i biglietti per le prossime rappresentazioni (14, 17, 19 agosto) che consegneranno al futuro il ricordo di una grande Lucia, pronta anche a travalicare i confini locali: infatti per il prossimo anno lo stesso allestimento a firma maceratese sarà riproposto nel teatro di Chorégies d’Orange dove, senza dubbio, si tornerà a parlare con grande apprezzamento dello Sferisterio di Macerata e della sua splendida Lucia di Lammermoor.
Di seguito le foto di Marilena Imbrescia
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