Ugo Bellesi
di Ugo Bellesi
Nelle ultime settimane ci eravamo rallegrati per il successo delle esportazioni dei prodotti delle Marche verso i mercati asiatici e in particolare a Taiwan e Corea del Sud. Per non parlare del positivo esito delle esportazioni verso Cina, Marocco, Stati Uniti, Regno Unito e Belgio. Crescita che si è registrata negli anni 2021/2022 con un exploit di +82%. I settori trainanti sono stati gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, il settore agroalimentare, la meccanica, i mobili, l’abbigliamento, pelli e accessori, oltre al tessile.
Il Chienti a Civitanova durante alcuni lavori di pulizia
A spegnere il nostro entusiasmo sono arrivati i risultati di uno “Studio epidemiologico nazionale sui territori esposti al rischio inquinamento” coordinato dall’Istituto superiore di sanità. Tra questi territori c’è proprio il basso bacino del Chienti e comprende Civitanova, Montecosaro, Morrovalle, Porto Sant’Elpidio e Sant’Elpidio a Mare. La contaminazione delle falde del Chienti risale al 1991, quindi è “vecchia” di ben 32 anni. Era stata provocata da sversamenti industriali di sostanze chimiche (tricloroetano, tetracloroetilene e percloroetilene) usate nella lavorazione delle calzature.
Adesso lo studio epidemiologico ha accertato che nella popolazione di quel territorio c’è un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione rispetto ad altre zone della provincia. In particolare per i giovani risulta “un eccesso di ricoveri per tumori”. La situazione appare già grave da questi primi rilievi ma risulta anche che, nella popolazione di quattro dei cinque comuni interessati dall’inquinamento, ci sia un “alto livello di deprivazione”, il che significa che è presente “la perdita o la carenza di sostanze essenziali all’organismo”.
Di fronte a queste pesanti conseguenze ci si domanda: come mai nessuno ha provveduto a disinquinare quelle falde e quel territorio? Inizialmente si era stabilito che l’inquinamento era tale da impegnare direttamente il Ministero competente per risolvere il problema. Dopo alcuni anni si apprese che l’inquinamento era divenuto di minore intensità e quindi era di competenza della Provincia.
Si arrivò così al 2009 quando la Provincia di Macerata e l’Arpam vararono un progetto del costo di quattro milioni. Nelle more burocratiche venne presentato da una società privata un nuovo progetto che avrebbe comportato un investimento di 10 milioni. Il Ministero bocciò questo progetto e da allora ci si è…dimenticati dell’inquinamento. Che oggi però ci presenta un conto molto pesante per la salute pubblica.
Purtroppo molti altri problemi assillano la nostra provincia e le Marche. Uno dei più gravi è lo spopolamento. Sono stati resi noti i dati relativi al 2022 dai quali risulta che nella nostra regione le nascite hanno avuto un decremento pari a -5%. Essendo risultati nati 8.779 bambini e morte 19.620 persone si ha un saldo negativo pari a -10.841 abitanti. A riequilibrare la situazione l’arrivo di oltre diecimila immigrati da paesi esteri.
Un altro problema più angosciante è quello della carenza di medici di famiglia. Infatti nel 2022 sono andati in pensione 59 medici, nel 2023 se ne andranno in quiescenza 77 e nel 2024 saranno 107 a lasciare il servizio. Di conseguenza rischiano di restare senza assistenza 150.000 pazienti. C’è poi la constatazione che i medici di famiglia preferiscono come propria sede le città, e in particolare la costa, per cui essi sono carenti soprattutto nell’entroterra. In altre regioni, per rimediare a questo squilibrio, i medici che scelgono le zone più disagiate sono incentivati con una maggiore remunerazione.
Altro fenomeno è quello di pazienti che, alla ricerca di cure migliori e reparti ospedalieri più efficienti, si spostano verso le più attrezzate regioni del nord. Ed in pratica dal centro Italia, ma anche dal sud, c’è un vero e proprio esodo che però costa alle nostre Regioni un esborso molto elevato. Per non parlare della situazione di gente che, per non essere smistata da un ospedale all’altro, per non dover aspettare mesi prima di avere una visita specialistica, e per di più in una località lontana, preferisce rinunciare a curarsi.
Tutto questo per non parlare dell’inflazione che fa crollare il valore delle pensioni e degli stipendi inducendo le famiglie ad affollare i supermercati meno costosi e ad acquistare i prodotti più a buon mercato, spesso scaduti. Nel centro storico di Macerata, tra il 2012 e il 2022, hanno chiuso 53 esercizi commerciali al dettaglio. Invece in periferia hanno cessato l’attività 31 negozi. Ma si è sviluppato il commercio di prodotti elettronici. Nel 2012 si contavano nel centro storico 209 alberghi, ristoranti e bar mentre nel 2022 il loro numero è sceso a 190.
C’è da aggiungere che l’indagine di SevenData martech, attiva nella business information, in merito al rischio di insolvenza delle imprese, sulla base dei loro bilanci, di eventi negativi, sia settoriali, territoriali e anagrafici, ha fatto l’analisi di venti regioni e le Marche si piazzano in nona posizione.
Tenuto conto del rischio sconfitta Ucraina, di shock energetico e di rischio per l’export, il pericolo di default per le imprese della nostra regione è pari a 7,16% di tutte le aziende delle Marche. E si tratta di un dato non lontano da quello nazionale che è pari a 7,8%. Comunque i dati relativi al 2022 non sono positivi per le imprese marchigiane. Infatti sono scese da 145.609 a 140.066. Purtroppo hanno cessato l’attività 5.543 aziende. E questo in parte per le conseguenze del Covid, ma anche per la guerra in Ucraina, che ha rallentato i rapporti commerciali, e soprattutto per l’inflazione.
L’Osservatorio Trend Marche ha però sottolineato che le imprese artigiane e quelle piccole e medie hanno resistito meglio, cosicché alcune si sono addirittura irrobustite. Tanto è vero che proprio queste ultime, nel terzo trimestre del 2022, hanno registrato un +20% di ricavi. Il dato negativo è però che le imprese iscritte all’Albo sono 157.892 mentre quelle veramente attive risultano soltanto 140.060.
Tra il 2012 e il 2022 hanno interrotto la loro attività 17.549, cioè l’11,1%. Un dato questo che pone le Marche all’ultimo posto tra le regioni italiane. E il fenomeno ha riguardato soprattutto le aree interne, carenti di servizi e di infrastrutture. Ma sono proprio questi i motivi che nelle Marche nel 2022 hanno indotto a chiudere 2.189 esercizi commerciali, 1.152 aziende agricole, 902 imprese di costruzioni e 764 attività manifatturiere. In controtendenza invece, sono stati i ricavi in quanto nello stesso anno, appunto il 2022, le imprese edili (grazie al Superbonus) hanno incrementato gli introiti del 25,8%, le aziende manifatturiere del 10,5% e i servizi dell’8,5%.
Chi versò materiale tossico e non fu punito andava arrestato ma siccome L 80% delle aziende lo fecero..tutti impuniti..sono anni che in questi comuni ne paghiamo le conseguenze in fatto di salute..ma tutto è passato sotto silenzio e nessun colpevole
Sandro Conestà io ci metterei pure chi ha fatto finta di niente...
Alessandro Peretti io ci metterei pure i vari comuni che hanno l'obbligo di bonifica,anche aiutati economicamente dalla regione....ma se ne fregano anche loro,a quanto pare interessa altro.
io lo farei bonificare a spese di tutte le imprese calzaturiere della zona!
e pensare che il nostro caro sindaco,vuole costrurici sopra il ponte ciclo pedonale,ma non hanno mai parlato di mettere in sicurezza la zona
Fabio Ji On Astolfi il problema non è il ponte o qualsiasi tipo di costruzione, ma lacqua che beviamo, quella con cui ci laviamo e con la quale irrighiamo gli orti ed i campi. Gran parte dei pozzi dellATAC sono situati nel basso bacino del Chienti, laltra parte la compriamo dal consorzio Tennacola per diluire la nostra che altrimenti non rientrerebbe nei parametri.
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Nella variante Ceccotti in Consiglio Comunale lunedì prossimo sono previsti parcheggi interrati in zona interessata dall’inquinamento del basso bacino del Chienti!
Riassunto del Progetto SENTIERI
Dal 2006, in Italia è in corso una sorveglianza epidemiologica delle popolazioni residenti nei siti contaminati
(Progetto SENTIERI). Viene qui presentato l’aggiornamento delle stime globali della mortalità (2013-2017) e
dell’ospedalizzazione (2014-2018).
Sono stati calcolati i decessi in eccesso (osservati-attesi) nell’insieme dei 46 siti per i grandi gruppi di patologie. Attraverso una metanalisi a effetti random dei
rapporti standardizzati di mortalità (SMR) e di ospedalizzazione (SHR) sono stati stimati gli SMR/SHR pooled
per l’insieme dei siti e loro raggruppamenti.
Nei 46 siti, sono stati stimati 8.342 decessi in eccesso
(1.668/anno), 4.353 maschi e 3.989 femmine, con un
eccesso di rischio del 2% in entrambi i generi. L’ospedalizzazione per tutte le cause è in eccesso del 3%. Questi
eccessi sono ascrivibili maggiormente ai tumori maligni. In sottogruppi di siti, si sono osservati in entrambi i
generi SMR pooled in eccesso per i mesoteliomi totali e
pleurici e i tumori polmonari e del colon retto.
Gli SHR pooled per tutte le cause sono in eccesso nel
primo anno di vita (+8%) e nelle classi 0-19 e 20-29 anni
(+3-5%); non si rilevano eccessi di mortalità nelle sottoclassi 0-29 anni.
Mentre i responsabili girano in Porsche e i loro reati tutti prescritti.
Vergognatevi..!!!! Ce ne vuole a lavarsi la coscienza con qualche donazione con tutti questi morti.
Il BASSO BACINO DEL FIUME CHIENTI è uno dei due siti più inquinati delle MARCHE, insieme all’area di FALCONARA occupata dalla raffineria petrolchimica e fra i 59 siti più inquinati d’ITALIA e, non a caso, la più alta incidenza di tumori, specialmente dell’apparato urinario, evidenziato da statistiche mediche in queste due aree delle MARCHE.
In oltre 30 anni il sito è stato oggetto di relazioni parlamentari, commissioni di inchiesta, procedimenti penali, civili ed amministrativi tutte concluse nel nulla o quasi anche se, è evidente, che la responsabilità di tale gravissimo e diffuso inquinamento nei 5 Comuni sia strettamente correlato ad aziende del settore calzaturiero che hanno sversato nel sottosuolo diversi rifiuti chimici, classificati come pericolosi.
A margine di tale vicenda kafkiana rilevo anche una disparità di trattamento fra pubblico e privato, mi spiego meglio:
a causa di tale inquinamento circa 10 anni fa, in un’area di proprietà nella zona industriale “A” di Civitanova Marche, confine nord in zona rialzata, ho dovuto incaricare un geologo ed una ditta specializzata in carotaggi del terreno per verificare se inquinato oppure no, per fortuna esito negativo altrimenti avrei dovuto disinquinare prima di poter costruire e/o vendere ad altri interessati.
Adesso vengo al pubblico: in via Carducci S.S. 16 nei pressi nel passaggio a livello, si a nord che a sud, sono stati fatti dei carotaggi e prelievi di acqua (ho foto e date precise) ed anche se i risultati non sono stati resi pubblici come riferitomi da uno degli addetti, dato che ho un’analisi dell’acqua del mio pozzo, richiesta personalmente ad un laboratorio di Macerata, dalla quale viene confermato il super inquinamento di molte volte oltre la norma, e dato che non è stato mai fatto alcun disinquinamento da parte dei responsabili mai condannati come vera giustizia avrebbe dovuto, né in loro sostituzione da parte di alcun ente pubblico allora chiedo perchè un privato è costretto a quanto sopra descritto mentre il settore pubblico può essere esentato e costruire la VORAGINE DEL SOTTOPASSO OLTRE A TUTTE LE ALTRE MOTIVAZIONI CONTRARIE CHE IL COMITATO NO SOTTOPASSO HA SPIEGATO DAL 29/05/2015 E QUANDO NELL’ULTIMO KM. VERSO LA STAZIONE E’ POSSIBILE UN USO COME METROPOLITANA DI SUPERFICIE CON SEMAFORI PER FERMARE IL TRAFFICO AUTO PER POCHI SECONDI PER POI RIPRENDERE UNA VOLTA CHE IL TRENO ABBIA SUPERATO LA SEDE STRADALE…???
Questo scriveva CM l’8 giugno 2019:
https://www.cronachemaceratesi.it/2019/06/08/inquinamento-basso-bacino-chienti-vanno-accesi-i-riflettori/1260233/
Una grossa percentuale degli 8700 nati è costituita da immigrati mentre la quasi totalità dei 20000 deceduti è rappresentata da aborigeni. E’ inevitabile che tra un paio di generazioni al massimo i marchigiani indigeni saranno una specie estinta come gli avvoltoi monaci e le monachelle nere.
Mentre la sopravvivenza dei lupi appassiona e commuove innumerevoli anime belle, quella dei marchigiani non può fre.gar di meno ai tutti… come se fosse naturale dimenticarsi di noi…
Per Pavoni. E’ vero, ci sono casi di “immortalità”. In questi casi pare che non ci siano funerali e che i documenti di identità passino di mano in mano. D’altronde a volte gli stranieri appaiono simili tra loro, anzi indistinguibili.
Ricostruzione lacunosa soprattutto sulla ricostruzione delle responsabilità’ di chi non ha utilizzato i 4 milioni stanziati dal ministero per la bonifica.Ci fu una precisa volontà politica amministrativa che porto’ a cestinare quel progetto(riconosciuto dal ministero) per affidare un nuovo incarico per un progetto da 10 milioni di euro bocciato dal Ministero.Questi sono i fatti senza la conoscenza dei quali non si può realmente capire i perché è le responsabilità di una bonifica mai avviate con tutte le conseguenze per la salute di chi vive in questo territorio.
Anche i depuratori dovrebbero funzionare a dovere.la tossicità dell’ acqua si riferisce a quella usata per l’ irrigazione dei campi?
RELAZIONE SUL SITO DI INTERESSE REGIONALE “BASSO BACINO DEL FIUME CHIENTI” / RELATORE PARLAMENTARE ON. ALESSANDRO BRATTI.
CONCLUSIONI:
Le indagini effettuate dalla COMMISSIONE D’INCHIESTA consentono di individuare le seguenti criticità che stanno determinando il ritardo della bonifica del sito contaminato denominato BASSO BACINO DEL FIUME CHIENTI.
6.1. LA MANCATA ATTUAZIONE DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA SOTTOSCRITTO IN DATA 7 APRILE 2009 fra il MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, LA REGIONE MARCHE, LA PROVINCIA DI MACERATA, I COMUNI DI MORROVALLE, DI MONTECOSARO, DI CIVITANOVA MARCHE, LA PROVINCIA DI ASCOLI PICENO ED I COMUNI DI PORTO SANT’ELPIDIO E DI SANT’ELPIDIO A MARE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA DELLA FALDA DEL SITO IN QUESTIONE HA IMPEDITO DI UTILIZZARE RISORSE FINANZIARIE PARI AD EURO 3.700.000, LA CUI COPERTURA ERA ASSICURATA DALLA REGIONE MARCHE, DALLA PROVINCIA DI MACERATA, DA QUELLA DI ASCOLI PICENO E DAI COMUNI DI CIVITANOVA MARCHE, DI MONTECOSARO, MORROVALLE, DI PORTO SANT’ELPIDIO E DI SANT’ELPIDIO A MARE, CON POSSIBILITA’ DI AVVALERSI DELLE RISORSE PREVISTE DAL POR FESR MARCHE 2007/2013.
LA RESPONSABILITA’ DELLA MANCATA ATTUAZIONE DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA E’ DA ATTRIBUIRE ESCLUSIVAMENTE ALLA PROVINCIA DI MACERATA (ENTE ATTUATORE DELLE ATTIVITA’ DI PROGETTAZIONE DEFINITIVA ED ESECUTIVA E REALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA E DI BONIFICA DELLA FALDA ACQUIFERA),……………………………….
…………………………………………
6.2.NON RISULTANO INDAGINI SPECIFICHE SVOLTE DALLE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE COMPETENTI (IN PARTICOLARE DALLA PROVINCIA DI MACERATA E DALLA PROVINCIA DI FERMO) FINALIZZATE ALLA IDENTIFICAZIONE DEI RESPONSABILI DELLA CONTAMINAZIONE DEL SITO IN QUESTIONE. OCCORRE RILEVARE CHE ERA ONERE DELLE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE INDIVIDUARE I RESPONSABILI DELL’INQUINAMENTO AL FINE DI ORDINARE LORO DI EFFETTUARE LA BONIFICA DEL SITO INQUINATO (CFR. CONSIGLIO DI STATO, SEZ.V, 16 GIUGNO 2009, N.3885; TAR FRIULI VENEZIA GIULIA TRIESTE, SEZ.I 05.05.2014, N,.183).
AL RIGUARDO, L’ARTICOLO 244, COMMA 2, DEL DECRETO LEGISLATIVO N.152 DEL 2006 STABILISCE, PER UANTO QUI’ INTERESSA, CHE “LA PROVINCIA, DOPO AVER SVOLTO LE OPPORTUNE INDAGINI VOLTE AD IDENTIFICARE IL RESPONSABILE DELL’EVENTO DI SUPERAMENTO E SENTITO IL COMUNE, DIFFIDA CON ORDINANZA MOTIVATA IL RESPONSABILE DELLA POTENZIALE CONTAMINAZIONE A PROVVEDERE….”
LO STESSO TAR DELLE MARCHE, CON LE SENTENZE SOPRA INDICATE, HA EVIDENZIATO CHE “NEL CASO DI SPECIE NON EMERGE CHE LE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE PREPOSTE ABBIANO SVOLTO UNA COMPIUTA ISTRUTTORIA ATTA A RICERCARE L’ORIGINE DELL’INQUINAMENTO AL FINE DI COLLEGARLO CAUSALMENTE ALL’ATTIVITA’ INDUSTRIALE POSTA IN ESSERE DALLA RICORRENTE”.
CERTO E’ CHE L’EVENTUALE INDIVIDUAZIONE DEI RESPONSABILI DELL’INQUINAMENTO AVREBBE FACILITATO ED ACCELERATO L’ITER AMMINISTRATIVO RELATIVO ALLA BONIFICA DEL SITO.
…………………………………………………
Dato quanto esposto dal relatore parlamentare, commissione d’indagine, sentenze TAR, decreti legge, accuse ad enti amministrativi, sia per la mancata attuazione dell’accordo di programma che per l’inerzia ad individuare i responsabili, nonostante fosse un loro obbligo, di tale gravissimo, esteso inquinamento del SIR BASSO CHIENTI, chiedo: tutto finisce in prescrizione….???
COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA
sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati
Mercoledì 25 maggio 2016. — Presidenza del presidente Alessandro BRATTI.
[…]
5. I soggetti responsabili dell’inquinamento.
Responsabili del diffuso inquinamento dell’area della bassa valle del fiume Chienti sono le numerose aziende del settore calzaturiero che hanno utilizzato composti organo alogenati per il lavaggio di fondi di calzature in poliuretano.
In particolare i rifiuti di tali processi, classificati come pericolosi, sono stati sversati sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque di falda attraverso i pozzi.
Gli inquinanti, costituiti prevalentemente da tricloroetano, tricloroetilene e tetracloroetilene, hanno interessato una vasta area ricadente nel territorio dei comuni di Civitanova Marche, Morrovalle, Montecosaro, Sant’Elpidio a Mare e Porto Sant’Elpidio.
Le indagini effettuate dalla Commissione di inchiesta (sopralluoghi, audizioni ed acquisizione di documenti) hanno consentito di accertare che nel corso degli anni sono stati avviati numerosi procedimenti amministrativi e giudiziari finalizzati ad individuare e sanzionare i vari responsabili dell’inquinamento.
5.1. Procedimenti penali.
5.1.1. Procedimenti penali relativi alla prima contaminazione da tricloroetano (1993-1995).
La procura della Repubblica presso il tribunale di Macerata nel 1993 ha effettuato indagini finalizzate all’individuazione dei responsabili dell’inquinamento mediante l’acquisizione di documenti contabili delle ditte operanti nel settore calzaturiero che attestavano l’acquisto del tricloroetano oltre che il suo utilizzo nel processo produttivo.
Le indagini, supportate anche dai riscontri tecnici eseguiti dalle USL di Macerata e Civitanova Marche, hanno consentito la citazione a giudizio davanti al pretore di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, di nove legali rappresentanti delle ditte perché ritenuti responsabili di vari reati ambientali.
Tutti i procedimenti penali sono stati definiti nel 1995 mediante l’applicazione della pena richiesta dalle parti ai sensi dell’articolo 444 codice di procedura penale (cosiddetto patteggiamento).
Il pretore di Macerata – sezione distaccata di Civitanova Marche ha applicato a tutti gli imputati la pena di quattro mesi e venti giorni di reclusione, concedendo loro il beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163 codice penale e condannandoli al pagamento delle spese di costituzione e difesa in favore delle costituite parti civili (provincia di Macerata, comuni di Morrovalle, Montecosaro e Civitanova Marche).
Per quanto concerne i territori ricadenti nella competenza della procura della Repubblica presso il tribunale di Fermo, non risultano né essere state avviate indagini né risultano procedimenti penali pendenti relativi all’inquinamento in questione.
5.1.2. Procedimenti penali relativi alla seconda contaminazione da percloroetilene e trielina (1996-2009).
In ordine alla contaminazione da percloroetilene e trielina la procura della Repubblica presso il tribunale di Macerata ha citato a giudizio davanti al tribunale penale di Macerata – sezione distaccata di Civitanova Marche, cinque dei nove legali rappresentanti delle ditte responsabili della prima contaminazione da tricloroetano.
Detti procedimenti penali si sono conclusi, due con sentenza di assoluzione degli imputati, due con sentenza di non doversi procedere per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione ed uno con sentenza di condanna alla pena di quattro mesi di arresto ed euro 2.000.000 di ammenda, oltre al risarcimento del danno subito dalle costituite parti civili. Detta sentenza di condanna è stata poi riformata dalla Corte di appello penale di Ancona, la quale ha assolto gli imputati per non aver commesso il fatto, con conseguente revoca delle statuizioni civili risarcitorie contenute nella sentenza di condanna di primo grado.
Per quanto concerne i territori ricadenti nella competenza della procura della Repubblica presso il tribunale di Fermo non risultano né essere state avviate indagini né risultano procedimenti penali pendenti relativi all’inquinamento in questione.
5.2. Procedimenti civili.
5.2.1. Procedimenti civili relativi alla prima contaminazione da tricloroetano (1993-1995).
A seguito delle sentenze di patteggiamento emesse dal tribunale di Macerata – sezione distaccata di Civitanova Marche, la provincia di Macerata ed i comuni di Morrovalle, Montecosaro e Civitanova Marche hanno citato davanti al tribunale Civile di Macerata sia gli imputati che le rispettive ditte, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale.
Con la sentenza n. 699/09 del 15 giugno 2009, depositata il 17 giugno 2009, il tribunale di Macerata, preso atto delle situazioni di accordo e transazione venutesi a creare, ha, tra l’altro, condannato i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore della provincia di Macerata e dei comuni di Civitanova Marche e Montecosaro della somma complessiva di euro 2 milioni, oltre al pagamento delle spese legali.
Detta sentenza è stata appellata da sei delle nove ditte citate in giudizio in primo grado e, a seguito di istanza presentata da alcune parti, la Corte di appello civile di Ancona, con l’ordinanza del 17 dicembre 2009, ha sospeso l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, imponendo agli appellanti una cauzione dell’importo di euro un milione.
Il giudizio pendente davanti alla Corte di appello civile di Ancona non risulta ancora essere stato deciso.
5.2.2. Procedimenti civili relativi alla seconda contaminazione da percloroetilene e trielina (1996 – 2009).
Per tale contaminazione non risultano essere stati promossi da parte delle province e dei comuni giudizi civili finalizzati ad ottenere il risarcimento del danno ambientale.
5.3. Procedimenti amministrativi.
Il Ministero dell’ambiente, con nota del 27 novembre 2011, prot. n. 29237/TRI/DI/ II-VII, ha invitato la provincia di Macerata, per quanto di competenza, ad attivare le procedure previste dall’articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (avvio e conclusione del procedimento volto ad identificare l’eventuale responsabile dell’inquinamento; diffida dell’eventuale responsabile a provvedere).
Le amministrazioni provinciali territorialmente competenti non hanno svolto indagini finalizzate a identificare i responsabili dell’inquinamento del sito in questione e, pertanto, non hanno attivato la procedura di cui all’articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Non risultano infatti essere state emesse ordinanze di diffida nei confronti dei responsabili dell’inquinamento (di cui al citato articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006), né risulta che gli interventi di bonifica siano stati adottati dalle amministrazioni competenti in conformità a quanto disposto dall’articolo 250 (sempre secondo lo stesso articolo 244, comma 4).
L’articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce: «Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l’ordine di priorità fissato dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio».
Alcuni comuni hanno emesso ordinanze concernenti l’imposizione ad alcune aziende incluse nella perimetrazione del SIN a caratterizzare i propri siti a seguito delle determinazioni dal Ministero dell’ambiente (all’epoca in cui il sito era ancora SIN), che tendevano a considerare tutti i proprietari dei siti produttivi sotto i quali scorreva l’acqua contaminata come responsabili dell’inquinamento, anche se la concentrazione di contaminanti a monte e a valle idraulica del sito produttiva era identica.
Con deliberazioni della conferenza di servizi decisoria per il SIN del Basso bacino del fiume Chienti tenutesi presso il Ministero dell’ambiente il 28 dicembre 2005 e il 22 febbraio 2006 sono state imposte ai predetti proprietari dei siti produttivi di formalizzare la propria disponibilità a concorrere alla attuazione e gestione delle attività di messa in sicurezza e bonifica della falda in forma unitaria e consortile, ovvero di presentare un proprio progetto per l’intera area di competenza.
Le società i cui stabilimenti aziendali sono ubicati nel territorio del sito del Basso bacino del fiume Chienti e l’associazione degli industriali della provincia di Macerata hanno proposto vari ricorsi davanti al TAR Marche avverso le predette deliberazioni, chiedendone l’annullamento.
Il TAR Marche, con sentenze nn. 124, 125, 126, 127, 128 e 129 del 20 novembre 2014, depositate il 20 febbraio 2015, ha accolto detti ricorsi, annullando i provvedimenti delle conferenze di servizi decisorie per il sito di interesse nazionale del Basso bacino del fiume Chienti, tenutesi il 28 dicembre 2005 e 22 febbraio 2006, nella parte in cui imponevano « la prescrizione di richiedere ai soggetti privati la formalizzazione della propria disponibilità a concorrere alla attuazione e gestione delle attività di messa in sicurezza e bonifica della falda in forma unitaria e consortile, ovvero di presentare un proprio progetto per l’intera area di competenza ».
Le sentenze, per quanto qui interessa, così motivano:
«Ove, …, non venga accertata la responsabilità sull’origine del fenomeno contestato, non è possibile imporre al soggetto incolpevole, individuato solo in quanto proprietario del bene, alcun obbligo di bonifica o di messa in sicurezza»;
«… sebbene possa non essere richiesto all’autorità amministrativa di dimostrare il comportamento doloso o colposo dell’operatore, è comunque necessario che essa ricerchi preventivamente l’origine dell’inquinamento e dimostri l’esistenza di un nesso causale tra questo e l’attività inquinante, utilizzando i propri poteri istruttori»;
«Nel caso di specie non emerge che le autorità amministrative preposte abbiano svolto una compiuta istruttoria atta a ricercare l’origine dell’inquinamento al fine di collegarlo causalmente all’attività industriale posta in essere dalla ricorrente, né si è proceduto ad un accertamento di corrispondenza tra le sostanze inquinanti e i componenti impiegati dall’operatore nell’esercizio della propria attività di impresa».
6. Conclusioni.
Le indagini effettuate dalla Commissione di inchiesta consentono di individuare le seguenti criticità che stanno determinando il ritardo della bonifica del sito contaminato denominato Basso bacino del fiume Chienti.
6.1. La mancata attuazione dell’accordo di programma sottoscritto in data 7 aprile 2009 fra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Marche, la provincia di Macerata, i comuni di Morrovalle, di Montecosaro, di Civitanova Marche, la provincia di Ascoli Piceno e i comuni di Porto Sant’Elpidio e di Sant’Elpidio a Mare per la realizzazione degli interventi di bonifica della falda del sito in questione ha impedito di utilizzare risorse finanziarie pari ad euro 3.700.000, la cui copertura era assicurata dalla regione Marche, dalla provincia di Macerata, da quella di Ascoli Piceno e dai comuni di Civitanova Marche, di Montecosaro, Morrovalle, di Porto Sant’Elpidio e di Sant’Elpidio a Mare, con possibilità di avvalersi delle risorse previste dal POR FESR Marche 2007-2013.
La responsabilità della mancata attuazione dell’accordo di programma è da attribuire esclusivamente alla provincia di Macerata (ente attuatore delle attività di progettazione definitiva ed esecutiva e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica della falda acquifera), la quale, a seguito di avviso pubblico, in data 5 luglio 2010 ha affidato l’incarico per la progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione dei lavori, il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e per l’esecuzione degli interventi di bonifica del sito ad un raggruppamento temporaneo di professionisti che in data 26 luglio 2010, dopo appena venti giorni, ha presentato un progetto definitivo che prevedeva un quadro economico complessivo degli interventi pari ad euro 10.197.716,54.
Detto progetto definitivo non è stato approvato dalla conferenza di servizi ministeriale in quanto risultava sostanzialmente difforme dal progetto preliminare di bonifica approvato ed oltretutto prevedeva dei costi di gran lunga superiori rispetto a quelli previsti nell’accordo di programma.
La provincia di Macerata è altresì responsabile per non aver trasmesso, in qualità di soggetto attuatore, un progetto definitivo aggiornato sulla base delle prescrizioni indicate nei pareri dell’ARPAM, dell’ISPRA e della regione Marche, così come richiesto con decreto direttoriale relativo alla conferenza di servizi ministeriale del 12 ottobre 2011.
Non è dato comprendere perché la provincia di Macerata abbia dapprima consentito di far redigere un progetto definitivo difforme dal progetto preliminare approvato e successivamente sia rimasta inerte rispetto alla richiesta del Ministero di redigere un progetto definitivo aggiornato sulla base delle prescrizioni dei pareri espressi da ARPAM, ISPRA e regione Marche.
6.2. Non risultano indagini specifiche svolte dalle autorità amministrative competenti (in particolare dalla provincia di Macerata e dalla provincia di Fermo) finalizzate alla identificazione dei responsabili della contaminazione del sito in questione.
Occorre rilevare che era onere delle autorità amministrative individuare i responsabili dell’inquinamento al fine di ordinare loro di effettuare la bonifica del sito contaminato (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885; TAR Friuli Venezia Giulia Trieste, sez. I, 05.05.2014, n. 183).
Al riguardo, l’articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce, per quanto qui interessa, che «la provincia,… dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere… ».
Lo stesso TAR Marche, con le sentenze sopra indicate, ha evidenziato che «nel caso di specie non emerge che le autorità amministrative preposte abbiano svolto una compiuta istruttoria atta a ricercare l’origine dell’inquinamento al fine di collegarlo causalmente all’attività industriale posta in essere dalla ricorrente».
Certo è che l’eventuale individuazione dei responsabili dell’inquinamento avrebbe facilitato ed accelerato l’iter amministrativo relativo alla bonifica del sito.
6.3. Il sito, a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 36-bis, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato il comma 2 dell’articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non è più ricompreso tra i siti di bonifica di interesse nazionale e, conseguentemente, i relativi costi di bonifica non possono essere sostenuti dallo Stato, che, peraltro, pur essendo un SIN, non aveva stanziato alcuna risorsa finanziaria.
Certo è che, non essendo stati individuati i responsabili dell’inquinamento, ai sensi dell’articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli interventi di bonifica del sito contaminato debbono essere realizzati d’ufficio dai comuni territorialmente competenti e, ove questi non provvedano, dalla regione.
La regione Marche, mediante l’articolo 24 della Legge regionale 29 novembre 2013, n. 44 (Assestamento di bilancio), ha stabilito: «1. Ai sensi dell’articolo 14 della legge regionale 2 agosto 2006, n. 13 (Assestamento del bilancio 2006), la bonifica delle aree individuate all’interno dell’ex sito di interesse nazionale denominato “Basso Bacino del fiume Chienti” spetta ai Comuni nel cui territorio ricadono le rispettive aree.
2. La bonifica unitaria della falda acquifera ricompresa nel sito di cui al comma 1 spetta agli enti territoriali interessati, già firmatari dell’accordo di programma stipulato con il Ministero competente in data 2 luglio 2008 e non più operante, sulla base di quanto dagli stessi stabilito mediante la conclusione di un nuovo accordo di programma che deve tenere conto delle relative disponibilità finanziarie e dell’eventuale riperimetrazione dell’area, da indagare sulla base dei risultati delle analisi delle acque di falda ottenuti nel tempo dai monitoraggi eseguiti dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche (ARPAM)».
Con detta disposizione la regione Marche ha voluto rafforzare la necessità della bonifica dell’intera area da parte degli enti territoriali, già firmatari di un accordo di programma non più operativo, mediante la conclusione di un nuovo accordo di programma.
In conclusione, in mancanza di detto nuovo accordo, poiché non sono stati individuati i responsabili dell’inquinamento, gli interventi di bonifica del sito di interesse regionale (SIR) «Basso Bacino del Fiume Chienti» debbono essere realizzati d’ufficio dai comuni e, ove questi non provvedano, dalla regione Marche, ai sensi dell’articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.