Basso bacino del Chienti,
perchè non fu bonificato?
«Nella zona eccesso di morti per tumori»

LA CONTAMINAZIONE delle falde avvenne nel 1991, ora i risultati di uno studio coordinato dall’Istituto superiore di sanità, parla del rischio per la salute degli abitanti di cinque comuni. Purtroppo sono anche molti altri i problemi che attanagliano la nostra provincia e le Marche: insolvenza delle imprese, spopolamento, carenza di medici

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Ugo Bellesi

 

di Ugo Bellesi

Nelle ultime settimane ci eravamo rallegrati per il successo delle esportazioni dei prodotti delle Marche verso i mercati asiatici e in particolare a Taiwan e Corea del Sud. Per non parlare del positivo esito delle esportazioni verso Cina, Marocco, Stati Uniti, Regno Unito e Belgio. Crescita che si è registrata negli anni 2021/2022 con un exploit di +82%. I settori trainanti sono stati gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici, il settore agroalimentare, la meccanica, i mobili, l’abbigliamento, pelli e accessori, oltre al tessile.

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Il Chienti a Civitanova durante alcuni lavori di pulizia

A spegnere il nostro entusiasmo sono arrivati i risultati di uno “Studio epidemiologico nazionale sui territori esposti al rischio inquinamento” coordinato dall’Istituto superiore di sanità. Tra questi territori c’è proprio il basso bacino del Chienti e comprende Civitanova, Montecosaro, Morrovalle, Porto Sant’Elpidio e Sant’Elpidio a Mare. La contaminazione delle falde del Chienti risale al 1991, quindi è “vecchia” di ben 32 anni. Era stata provocata da sversamenti industriali di sostanze chimiche (tricloroetano, tetracloroetilene e percloroetilene) usate nella lavorazione delle calzature.

Adesso lo studio epidemiologico ha accertato che nella popolazione di quel territorio c’è un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione rispetto ad altre zone della provincia. In particolare per i giovani risulta “un eccesso di ricoveri per tumori”. La situazione appare già grave da questi primi rilievi ma risulta anche che, nella popolazione di quattro dei cinque comuni interessati dall’inquinamento, ci sia un “alto livello di deprivazione”, il che significa che è presente “la perdita o la carenza di sostanze essenziali all’organismo”.

medico-medici-sanità-e1571047280116-325x301Di fronte a queste pesanti conseguenze ci si domanda: come mai nessuno ha provveduto a disinquinare quelle falde e quel territorio? Inizialmente si era stabilito che l’inquinamento era tale da impegnare direttamente il Ministero competente per risolvere il problema. Dopo alcuni anni si apprese che l’inquinamento era divenuto di minore intensità e quindi era di competenza della Provincia.

Si arrivò così al 2009 quando la Provincia di Macerata e l’Arpam vararono un progetto del costo di quattro milioni. Nelle more burocratiche venne presentato da una società privata un nuovo progetto che avrebbe comportato un investimento di 10 milioni. Il Ministero bocciò questo progetto e da allora ci si è…dimenticati dell’inquinamento. Che oggi però ci presenta un conto molto pesante per la salute pubblica.

Purtroppo molti altri problemi assillano la nostra provincia e le Marche. Uno dei più gravi è lo spopolamento. Sono stati resi noti i dati relativi al 2022 dai quali risulta che nella nostra regione le nascite hanno avuto un decremento pari a -5%. Essendo risultati nati 8.779 bambini e morte 19.620 persone si ha un saldo negativo pari a -10.841 abitanti. A riequilibrare la situazione l’arrivo di oltre diecimila immigrati da paesi esteri.

Un altro problema più angosciante è quello della carenza di medici di famiglia. Infatti nel 2022 sono andati in pensione 59 medici, nel 2023 se ne andranno in quiescenza 77 e nel 2024 saranno 107 a lasciare il servizio. Di conseguenza rischiano di restare senza assistenza 150.000 pazienti. C’è poi la constatazione che i medici di famiglia preferiscono come propria sede le città, e in particolare la costa, per cui essi sono carenti soprattutto nell’entroterra. In altre regioni, per rimediare a questo squilibrio, i medici che scelgono le zone più disagiate sono incentivati con una maggiore remunerazione.

Negozi_chiusi_centro-2-300x248Altro fenomeno è quello di pazienti che, alla ricerca di cure migliori e reparti ospedalieri più efficienti, si spostano verso le più attrezzate regioni del nord. Ed in pratica dal centro Italia, ma anche dal sud, c’è un vero e proprio esodo che però costa alle nostre Regioni un esborso molto elevato. Per non parlare della situazione di gente che, per non essere smistata da un ospedale all’altro, per non dover aspettare mesi prima di avere una visita specialistica, e per di più in una località lontana, preferisce rinunciare a curarsi.

Tutto questo per non parlare dell’inflazione che fa crollare il valore delle pensioni e degli stipendi inducendo le famiglie ad affollare i supermercati meno costosi e ad acquistare i prodotti più a buon mercato, spesso scaduti. Nel centro storico di Macerata, tra il 2012 e il 2022, hanno chiuso 53 esercizi commerciali al dettaglio. Invece in periferia hanno cessato l’attività 31 negozi. Ma si è sviluppato il commercio di prodotti elettronici. Nel 2012 si contavano nel centro storico 209 alberghi, ristoranti e bar mentre nel 2022 il loro numero è sceso a 190.

corso-Operaio-Calzaturiero-5-325x244C’è da aggiungere che l’indagine di SevenData martech, attiva nella business information, in merito al rischio di insolvenza delle imprese, sulla base dei loro bilanci, di eventi negativi, sia settoriali, territoriali e anagrafici, ha fatto l’analisi di venti regioni e le Marche si piazzano in nona posizione.

Tenuto conto del rischio sconfitta Ucraina, di shock energetico e di rischio per l’export, il pericolo di default per le imprese della nostra regione è pari a 7,16% di tutte le aziende delle Marche. E si tratta di un dato non lontano da quello nazionale che è pari a 7,8%. Comunque i dati relativi al 2022 non sono positivi per le imprese marchigiane. Infatti sono scese da 145.609 a 140.066. Purtroppo hanno cessato l’attività 5.543 aziende. E questo in parte per le conseguenze del Covid, ma anche per la guerra in Ucraina, che ha rallentato i rapporti commerciali, e soprattutto per l’inflazione.

L’Osservatorio Trend Marche ha però sottolineato che le imprese artigiane e quelle piccole e medie hanno resistito meglio, cosicché alcune si sono addirittura irrobustite. Tanto è vero che proprio queste ultime, nel terzo trimestre del 2022, hanno registrato un +20% di ricavi. Il dato negativo è però che le imprese iscritte all’Albo sono 157.892 mentre quelle veramente attive risultano soltanto 140.060.

Tra il 2012 e il 2022 hanno interrotto la loro attività 17.549, cioè l’11,1%. Un dato questo che pone le Marche all’ultimo posto tra le regioni italiane. E il fenomeno ha riguardato soprattutto le aree interne, carenti di servizi e di infrastrutture. Ma sono proprio questi i motivi che nelle Marche nel 2022 hanno indotto a chiudere 2.189 esercizi commerciali, 1.152 aziende agricole, 902 imprese di costruzioni e 764 attività manifatturiere. In controtendenza invece, sono stati i ricavi in quanto nello stesso anno, appunto il 2022, le imprese edili (grazie al Superbonus) hanno incrementato gli introiti del 25,8%, le aziende manifatturiere del 10,5% e i servizi dell’8,5%.

 



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