Matrimonio anti spreco,
al taglio della torta arrivano i Foodbusters
Alla Caritas 18 chili di cibo avanzato

TREIA - La scelta degli sposi Maria Giulia Medei e Matteo Guidetti, che si sono rivolti agli "acchiappacibo": «L'importante era che i pasti non andassero buttati e far trovare un piatto caldo a chi non può permetterselo». A fondare questa associazione Diego Ciarloni e Simona Paolella: «Il nostro principio è connettere i luoghi del potenziale spreco con quelli del bisogno nel più breve tempo possibile»
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di Francesca Marsili

Nel giorno del loro matrimonio, lo scorso 8 dicembre, Maria Giulia Medei e Matteo Guidetti, entrambi trentaduenni di Treia, avevano un desiderio: che il cibo avanzato dal loro banchetto nuziale non andasse sprecato. Cosi, al taglio della torta, sono arrivati i super ospiti: i Foodbusters, gli acchiappacibo, che hanno recuperato ben 18 chili di cibo e lo hanno consegnato alla mensa della Caritas di Macerata.

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Da sinistra: Diego Ciarloni, Maria Giulia Medei, Matteo Guidetti e Simona Paolella

Un gesto virtuoso a cui la coppia di neo sposi ha pensato sin da quando ha iniziato a organizzare il loro matrimonio. Si sono rivolti a loro, ai Foodbusters, un gruppo di volontari che hanno fondato alla fine del 2016 la prima associazione di recupero cibo nelle Marche, con sede a Ancona, tra le primissime in Italia. Missione compiuta; un centinaio di porzioni di un menù ricchissimo di prelibatezze è arrivato sulla tavola della Caritas di Macerata. Perché alzi la mano chi al termine di un ricevimento non si è alzato da tavola sazio pensando a quanto ben di Dio avanzato sarebbe finito nella pattumiera.

«Lo abbiamo fatto con il cuore – sottolinea Maria Giulia Medei – oltre ad evitare lo spreco alimentare, tema importante, volevamo un matrimonio sociale e sostenibile. Siamo entrambi insegnanti e ci sembrava giusto lanciare un messaggio con un piccolo gesto che potesse smuovere le coscienze. Era fondamentale per noi – aggiunge – che tutto ciò che era superfluo non andasse buttato sia per il valore sociale del cibo che per la fatica di chi lo ha preparato. Non ci interessava sapere a quale mensa sarebbe andato, abbiamo dato carta bianca, l’importante era che i pasti non andassero buttati e assieme far trovare un piatto caldo a chi non può permetterselo».

La sposa spiega inoltre come ha conosciuto gli acchiappacibo. «Attraverso Facebook – dice – A ottobre ho preso contatto con loro per capire se fossimo ancora in tempo dato che ci saremmo sposati da lì a poco. Ci hanno subito detto di sì. Anche il titolare del ristorante il Casolare dei Segreti di Treia dove abbiamo dato il ricevimento ha accettato – continua -. Poi ha gestito tutto Diego Ciarloni, il presidente dell’associazione. Ci hanno spiegato che sarebbero arrivati al termine della festa e preso quanto avanzato e non toccato sia dal buffet che dal pranzo e che sarebbero andati a consegnarlo nella mensa più vicina con i loro mezzi. I nostri amici erano entusiasti». Non solo, la coppia di sposi ha anche deciso di non fare le solite bomboniere. «Oggetti che finiscono nelle credenze – conclude la giovane treiese – . Abbiamo deciso assieme a mio marito di donare il corrispettivo alla cooperativa Bolina onlus di Treia, di dare una mano a chi si occupa di soggetti con disabilità».

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Simona Paolella

A spiegare cosa fanno gli acchiappacibo è Diego Ciarloni, presidente e fondatore di Foodbusters Odv assieme alla moglie Simona Paolella, vicepresidente. L’obbiettivo è quello di combattere lo spreco alimentare non solo in un’ottica solo solidale, «ma cercando di far comprendere che ridurre le eccedenze alimentari è un beneficio per tutta la collettività». Agente immobiliare lui, psicoterapeuta lei, i coniugi antispreco abitano ad Ancona. In qualche anno l’associazione hanno raggiunto quota 13 volontari che recuperano e ridistribuiscono le eccedenze in collaborazione con enti caritatevoli e case famiglia. Ogni blitz a fin di bene dove distribuiscono cibo extra, ma di qualità, viene documentato sulle loro pagine social. Attraverso la loro app è possibile controllare tutto il cibo raccolto e redistribuito. «Recuperiamo tutto ciò che non esce dalla cucina, oppure che torna indietro intonso da matrimoni, battesimi, convegni e cerimonie in genere – spiega Ciarloni – . Generalmente il recupero viene fatto da due persone; al matrimonio di Maria Giulia e Matteo eravamo io e mia moglie. Arriviamo al momento della torta: a pranzo verso le 18 a cena verso le 24 e allora si fanno le ore piccole – aggiunge sorridendo -. Recuperiamo ciò che non è stato toccato e quello che, se esposto, mantiene le proprie caratteristiche. La torta nuziale, generalmente, mai. La frutta sempre. L’eccedenza viene suddivisa per tipologia e credo religioso. Segnaliamo sui contenitori se c’è glutine o maiale per evitare che venga rifiutata da eventuali musulmani, altrimenti sprecheremmo due volte – precisa-. Il cibo viene messo in contenitori compostabili e poi inseriti in polibox termici antibatterici. Il tutto caricato sui nostri mezzi e partono per la mensa sociale disponibile e più vicina al luogo dell’evento. Arrivando di notte, verso le 2.30 del mattino – spiega – quasi mai accade che ci sono i volontari della mensa, andiamo in quelle dove c’è qualcuno che ci aspetta. Per questo ho fatto una mappatura di tutti gli enti con cui collaboriamo. Poi scarichiamo i pasti e torniamo a casa. Non ci guadagniamo, copriamo solo i costi vivi del carburante e dei contenitori».

Ciarloni racconta la filosofia dell’associazione. «Noi – sottolinea – non ci occupiamo di cibo prossimo alla scadenza raccolto nei grandi centri commerciali ma di cibo fresco. Il nostro principio è connettere i luoghi del potenziale spreco con i luoghi del bisogno nel più breve tempo possibile. E fare rete. Il fresco in eccedenza infatti finirebbe nella pattumiera con costi non soltanto etici e culturali ma anche economici. Perché il paradosso è che il cibo buttato aumenta il volume dei rifiuti e anche l’imposta così ci siamo chiesti cosa possiamo fare noi nella nostra città e il nostro piccolo e con pochi mezzi». Chiamare i Foodbusters «significa decidere di far parte di un mondo di supereroi che, compiendo un gesto di generosità equa e sociale a 360 gradi, pensano che sia giusto impegnarsi per provare a contribuire a una giusta causa. Sottrarre cibo allo spreco – conclude Ciarloni – vuol dire eco sostenibilità, ovvero attivare un circolo virtuoso. Il potenziale alimento rifiuto mantiene le sue qualità intatte diventando risorsa che sfama un’occasione di reintegro sociale e crea valore per l’imprese che decidono di donare».



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