Cento pazienti operati da svegli
«Ho assistito ognuno di loro,
vivo emozioni uniche»

L'INTERVISTA alla neuropsicologa Silvia Bonifazi, da sempre nel team che si occupa di intervento neurochirurgico endocranico in modalità di “awake surgery”

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di Claudia Brattini

«Questi 100 casi me li sento sulla pelle ed è davvero emozionante per i risultati positivi ed importanti che ho visto con i miei occhi». Silvia Bonifazi è una giovane neuropsicologa della Sos Psicologia ospedaliera dell’azienda ospedaliero-universitaria “Ospedali Riuniti Umberto I – Lancisi – Salesi” di Ancona. Fa parte dello staff che si occupa di intervento neurochirurgico endocranico in modalità di “awake surgery”.

I pazienti sottoposti a questa modalità vengono operati mentre fanno altro, ad esempio in passato una donna ha confezionato olive all’ascolana in sala operatoria. Questa procedura, attuata in pochi centri d’eccellenza, consente di operare il paziente con patologie oncologiche in aree critiche per le funzioni cognitive, motorie e linguistiche monitorando le funzioni cerebrali in real-time, per evitare deficit post-operatori.

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La neuropsicologa Silvia Bonifazi

Ad Ancona si è concluso il congresso “Alive and Awake” in cui è stato celebrato il 100esimo caso di intervento neurochirurgico endocranico in modalità di “awake surgery”. All’azienda Ospedaliera Universitaria di Ancona il traguardo raggiunto è stato condiviso dall’equipe di Neurochirurghi, anestesisti, neuropsicologi, neurologi, neuroradiologi e infermieri che sinergicamente hanno eseguito un intervento in diretta con la sala convegni. La paziente, una ragazza di ventiquattro anni, è stata operata con successo per l’asportazione di un tumore al lobo temporale sinistro che controlla la funzione del linguaggio.

Il centesimo caso di intervento “Awake” è stato visibile in diretta per 15 minuti attraverso un collegamento con la sala operatoria guidata da Roberto Trignani, direttore della divisione di neurochirurgia dell’ospedale di Torrette, insieme al neuroanestesista responsabile Sod, Pietro Paolo Martorano, e a Stefano Vecchioni chirurgo dell’equipe neurochirurgia. Questa tecnica si avvale, infatti, di diverse figure che lavorano insieme fra cui anche quella del neuropsicologo. La dottoressa Bonifazi naturalmente era lì come sempre, dal primo intervento di questo genere a oggi.

Dottoressa, come è arrivata a questa specializzazione?

«Sono arrivata ad occuparmi di awake surgery tramite la mia formazione ed attività lavorativa in neuropsicologia, collaborando con la Neurochirurgia di Ancona fin dal caso n. 1. Ricordo ancora il primo giorno in sala operatoria e da li in poi l’entusiasmo, la curiosità scientifica e la voglia di costruire qualcosa di innovativo».

Come ci si prepara ad un intervento di questo tipo?

«In questo approccio la figura del neuropsicologo ha un coinvolgimento a diversi livelli: prima, durante e dopo l’intervento. È necessario in prima istanza valutare il paziente prima dell’intervento, per quanto concerne gli aspetti emotivi e il profilo cognitivo, poi si interviene mediante alcuni incontri in cui si aiuta il paziente ad affrontare l’operazione da sveglio. La preparazione psicologica è molto importante proprio in virtù del ruolo attivo e collaborativo che svolgerà il paziente durante l’intervento. È importante in questa fase valutare il profilo cognitivo ed emotivo per la pianificazione personalizzata dell’intervento».

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L’equipe al congresso

Durante l’intervento che funzione svolge il neuropsicologo?

«Nella sala operatoria il nostro ruolo è duplice, lavoriamo a tutti gli effetti come psicologi sempre vicini al paziente, affinché il paziente si senta sostenuto, sia sereno e collaborativo ma abbiamo anche un ruolo attivo e operativo».

Ci spiega nello specifico il ruolo “operativo”?

«Il neuropsicologo in sala operatoria somministra dei test neuropsicologici al paziente sveglio e le risposte sono da restituire al neurochirurgo, possiamo dire che la nostra figura fa da ponte tra il paziente e il chirurgo. I test sono molto importanti perché aiutano ad identificare le aree cerebrali funzionali critiche e quindi ai fini della resezione del tumore in sicurezza: bisogna asportarlo senza generare deficit post operatori. Ad esempio questi test servono a rilevare cambiamenti del linguaggio del paziente durante l’asportazione del tumore che vanno segnalati come anche per altre funzioni cognitive o ad esempio le funzioni visuo-percettive o motorie».

silvia_bonifazi-2-1-325x244Quale emozione accompagna lei invece durante questo percorso così intenso?
«Preparare psicologicamente i pazienti per arrivare in sala pronti è per me una grande soddisfazione e motivo di orgoglio. Quando sono in sala le mie emozioni sono molte, provo una grande scarica di adrenalina, energia, empatia, sono molto concentrata ogni istante per cogliere tutti i segnali e bisogni, guidare e sostenere il paziente. Mi muovo in sinergia con tutto il team. L’alleanza terapeutica che si è creata con me prima dell’intervento fa sentire sicuri i pazienti in sala, insieme all’apporto di tutto il team. Questa esperienza di intervento da svegli nella sua unicità non lo è solo per il paziente ma anche per me».

Come è andato l’intervento svolto in parte “in diretta” durante il congresso sulla giovane paziente?
«L’intervento è riuscito, siamo soddisfatti, la paziente è stata molto collaborativa e sta bene».

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