Morti per overdose, Marche sempre peggio
A Macerata spaccio itinerante e in periferia
Civitanova mercato della coca degli albanesi

L'INTERVENTO di Giuseppe Bommarito - Ancora una vittima, questa volta a Vallefoglia, mentre a Macerata un 34enne è stato salvato in extremis. Nel capoluogo i pusher si muovono nelle frazioni e forse hanno roba tagliata male. Sulla costa la cocaina scorre a fiumi favorita anche dal malefico abbinamento con il gioco d’azzardo

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Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito*

La situazione regionale continua ad aggravarsi e a preoccupare: il 10 marzo una nuova overdose mortale da eroina ha ucciso a Vallefoglia un uomo di 38 anni, consolidando ancora di più il triste primato delle Marche, a livello nazionale, quanto al tasso di mortalità per droga. Siamo sempre più i primi assoluti, e non possiamo certo vantarcene. Ma, in questo già fosco quadro regionale, bisogna riconoscere che Macerata e provincia se la passano particolarmente male.

Anzi, forse sarà il caso, dopo una morte e tre overdosi che solo per miracolo non hanno avuto un esito fatale, tutte avvenute a Macerata città da gennaio ad oggi, che qualcuno si ponga il problema della qualità dell’eroina che sta girando da queste parti negli ultimi tempi, forse tagliata poco (e quindi troppo forte) o forse tagliata con sostanze particolarmente nocive.

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I soccorsi in viale Trieste al 34enne che era andato in overdose

Nel caso dell’ultima overdose non mortale, avvenuta nei bagni pubblici di viale Trieste, a pochi metri dallo Sferisterio, in un sito che peraltro era stato precedentemente segnalato come luogo di spaccio e di immediata assunzione, solo il tempestivo intervento di un poliziotto, che ha effettuato, in attesa del 118, le manovre di emergenza per riattivare la respirazione, ha evitato la morte del giovane 34enne che si era iniettato l’eroina ed aveva già perso conoscenza.

Lo spaccio, d’altra parte, prosegue a Macerata, perché è ampia la platea, lo zoccolo duro dei consumatori, sempre più giovani, solo che, mentre prima avveniva a cielo aperto in zone centrali e in maniera anche provocatoria nei riguardi degli inquirenti (“Sarò in ufficio dalle 16 alle 18”, scriveva beffardo ai suoi clienti via whatsapp qualche anno fa uno spacciatore nigeriano, prima di recarsi al suo solito posto nei pressi dei giardini Diaz, baldanzoso e pronto a cedere il veleno ai tanti tossicodipendenti maceratesi), ora, dopo l’epoca di Pignataro, viene effettuato particolarmente nelle frazioni, comunque in periferia (anche lungo la vecchia strada provinciale per Civitanova), lontano da occhi indiscreti. Gli spacciatori sono itineranti e si spostano velocemente, sempre portando addosso (il resto della dotazione giornaliera da piazzare è ben nascosto nei pressi del luogo principale di spaccio) non più di una o due palline di eroina, per ricadere nel consumo personale qualora venissero fermati dalle forze dell’ordine e cavarsela con un semplice buffetto sulla guancia.

Se a Macerata città e dintorni il problema principale è rappresentato dall’eroina, il cui spaccio è saldamente in mano ai clan nigeriani, a Civitanova è la cocaina a scorrere notoriamente a fiumi, favorita anche dal malefico abbinamento con il gioco d’azzardo, sul quale da anni la città costiera ha dissennatamente puntato.

overdose-viale-trieste-2-650x606E qui, sulla costa, sono i clan albanesi che gestiscono il mercato della coca, tutta di buona qualità, ed anche dell’hashish e della marijuana (l’Albania, ormai da qualche anno, oltre ad essere un punto di transito per eroina e cocaina, è il più grande produttore europeo di cannabis, che da sola genera un reddito illegale che si stima pari ad un quarto del Pil albanese).

Tra le sponde dell’Adriatico c’è infatti un gran traffico di droghe di ogni tipo verso le coste del centro-sud Italia (tramite potenti gommoni o corrieri che si servono di auto private o delle navi di linea), realizzato in modo sistematico e protratto nel tempo; e, al contempo, ma in senso inverso, un gran traffico di ingenti quantità di euro che raggiungono quello che una volta era chiamato il Paese delle Aquile e che velocemente vengono investiti nel settore edile, nella ristorazione, nei pubblici esercizi, in auto potenti, nella corruzione, nel rafforzamento e nella migliore strutturazione dei clan.

Del resto, così come facevano le cosche siciliane sul finire degli anni Settanta e in tutti gli anni Ottanta utilizzando i legami parentali con la Cosa Nostra stanziata negli Stati Uniti e in Canada (cosche anche loro in quell’epoca partite dalla precedente esperienza del contrabbando di sigarette per approdare poi all’eroina), da tempo i clan albanesi, generalmente costituiti su base familiare, ormai interlocutori privilegiati  e riconosciuti delle nostre organizzazioni criminali, sono in grado di movimentare grandi quantitativi di sostanze e di assicurare prezzi di vendita molto competitivi, perché sfruttano abilmente le facilitazioni logistiche e operative offerte dalla rete di connazionali stanziati in Italia ormai da circa trenta anni (coinvolti nel trasferimento, nello stoccaggio, nella distribuzione ai grossisti, nei trasporti su auto con doppi fondi,nelle spedizioni punitive per gli incassi difficili). Pesano, in questo grande business criminale, i rapporti di parentela e quelli commerciali intessuti instancabilmente negli ultimi decenni, a partire dal primo sbarco di massa degli albanesi in Italia nella primavera del 1991.

La zona di Civitanova sembra essere gestita soprattutto da basi criminali albanesi (ma pure da entità delinquenziali legate alla camorra) site a Porto Sant’Elpidio e dintorni, che sfruttano, per meglio eludere le indagini, la posizione di confine, seppure con totale continuità costiera e residenziale, tra la provincia di Fermo e quella di Macerata.

Del resto, a conferma di quanto sopra, di recente la Guardia di Finanza di Fermo ha comunicato di aver sequestrato nelle ultime settimane ben 249,6 grammi di hashish e 28,9 grammi di marijuana, mentre, a loro volta, i carabinieri proprio di Porto Sant’Elpidio hanno comunicato di aver rinvenuto pochi giorni addietro complessivamente circa 220 grammi di cocaina e 610 grammi di hashish.

Allargando un po’ il quadro prima di chiudere (in cauda venenum, cioè nella coda sta il veleno), merita di essere segnalata la clamorosa approvazione da parte del Consiglio comunale di Milano di un ordine del giorno finalizzato a sollecitare il Parlamento affinchè approvi quanto prima la legalizzazione della produzione e del consumo di cannabis e derivati. Ora, qui il problema non sta nella velleità di questo consiglio comunale, seppure importante, e dell’incredibile e risibile ordine del giorno che è riuscito a partorire, che fa scompisciare dalle risate, quanto nel fatto che l’ordine del giorno in questione è stato proposto dal Pd e approvato anche – udite udite – con i voti di Forza Italia. E qui torniamo, stupiti dall’atteggiamento totalmente antiscientifico in materia del Pd e ancor più di Forza Italia (che mai aveva assunto una tale posizione), ai pareri assolutamente contrari alla legalizzazione della cannabis dell’Istituto superiore della sanità, della Società italiana di psichiatria, della Società italiana di neuropsichiatria infantile, della Società italiana dipendenze patologiche, della Società italiana di neurofarmacologia, espressi ripetutamente soprattutto per i gravi e irreparabili danni che questa sostanza arrecherebbe ai più giovani, in particolare agli adolescenti, che ne sono, e ne sarebbero anche dopo l’eventuale legalizzazione, i maggiori consumatori. E ancora una volta occorre sottolineare la contraddittorietà di tali velleitarie posizioni del Pd e di Forza Italia a fronte dell’atteggiamento tutto a favore dell’opinione scientifica mantenuto da questi partiti a proposito del covid e contro i no vax, bollati più volte e con supponenza come immaturi e irresponsabili detrattori della scienza. Forse che per la cannabis questo discorso a tutela della scienza non vale?

*Presidente Associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”



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