L’ingresso nella Santa Casa
«Lei mi dica quando devo cominciare …». Alle 21,05 la voce di Papa Francesco, per l’ottava volta dal 2013, ha dato inizio al Pellegrinaggio Macerata – Loreto. Una edizione sui generis, dettata dalla pandemia, e che ha avuto come palcoscenico non le campagne maceratesi ma la limpida architettura del catino del Bramante e l’interno solenne della Santa Casa.
I due studenti con le intenzione di preghiera raccolte
Neanche una cinquantina di persone in tutto, a recitare il rosario, cantare e leggere alcune delle migliaia di intenzioni di preghiera giunte a Loreto da Bari come da Pechino, dal paesino del Veneto e da New York. «Vi sono vicino in questo pellegrinaggio virtuale – ha assicurato il Papa – Quelli che ci attendono non saranno tempi facili, ma con la fede, il coraggio e la speranza andremo avanti. Chiedete alla Madonna questo coraggio. Che il Signore vi benedica e Maria vi custodisca». Poi, l’invito a pregare per lui e una battuta per congedarsi da monsignor Vecerrica, che ad ogni telefonata del pontefice parla sempre dei “Pellegrini di Papa Francesco”: «Non del Papa, ma della Madonna». La telefonata del Papa è arrivata poco dopo che il piccolo corteo del Pellegrinaggio era giunto sul sagrato della chiesa, entrando dall’arco vicino alla statua di papa Giovanni XXIII: i due vescovi, Vecerrica e Dal Cin, il rettore della Basilica, il sindaco della città, un disabile in carrozzina (uno di quelli che durante la notte aprono il cammino), due studenti con i cesti delle intenzioni di preghiera e il tedoforo con la fiaccola, benedetta poche ore prima a Macerata da monsignor Nazzareno Marconi. Il vescovo, nel corso della breve cerimonia nella basilica della Misericordia, aveva parlato di «un Pellegrinaggio del cuore che possono fare tutti, in tutte le parti del mondo, un Pellegrinaggio del cuore che parte da qui, cuore a cuore con la Madonna, e arriva fino a Loreto».
Il presidente del Comitato del Pellegrinaggio Ermanno Calzolaio ha ricordato le parole del Papa in piazza San Pietro, la memorabile sera del 27 marzo: «La tempesta (della pandemia) smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità». «Il nostro io resiste in modo irriducibile – ha aggiunto Calzolaio – Il gesto di stasera è una occasione, offerta alla libertà di ciascuno, per non voltare la faccia di fronte al nostro bisogno e imparare dalla Madonna a dire “sì” al Mistero che ci raggiunge nelle circostanze del vivere». A don Luigi Traini il compito di introdurre la recita del Rosario che «ci porta dentro all’iniziativa di Gesù che salva il presente», perché Dio, ricorda il Papa, «volge al bene tutto, anche le cose brutte». Alla domanda che tutti ci facciamo: “come ripartire?”, don Luigi ha risposto ricordando che Dio «cambia la storia non grazie ad un atto di potere mondano ma partendo dal nostro “sì”, come è partito dalla scelta che duemila anni fa fece una giovane donna della Palestina».
In Basilica il pellegrinaggio entra attraverso la Porta santa del Giubileo, «ed è come salire sulla barca di Gesù –parole di don Giancarlo – e consegnargli le nostre paure». Le parole dell’Ecce lignum crucis accompagnano il corteo fino alla Santa Casa, dove prosegue la recita del Rosario. Fra una decina e l’altra, le parole di Francesco e le suppliche, i ringraziamenti, le invocazioni di una umanità sofferente e fiduciosa: persone che hanno perso i loro cari per la pandemia, famiglie che soffrono, disoccupati, medici in prima linea, gente che è miracolosamente scampata ad un pericolo. Dopo l’adorazione eucaristica, in otto, vescovi in testa, sono al cospetto della Madonna nera e i due studenti consegnano ai piedi di Maria le tantissime intenzioni di preghiera arrivate nella sede di piazza Strambi. Il congedo è essenziale, come nello stile di don Giancarlo: «Cominciate ogni giorno con la recita della preghiera dell’Angelus: è il nostro contributo alla ripartenza di tutto il mondo». Prima della benedizione finale, monsignor Fabio Dal Cin («bravo quel ragazzo», lo aveva salutato il Papa) ha ringraziato don Giancarlo per il suo entusiasmo contagioso e ricordato che «il Signore ci vuol bene e non ci abbandona mai».
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Ave Mamma Maria, piena di Grazia, il Signore è con Te, Tu sei benedetta tra tutte le donne e benedetto è il frutto del Tuo seno Gesù.
Santa Maria Madre di Dio, prega per noi peccatori, figli Tuoi, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.
Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio, non rifiutare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo o Vergine gloriosa e benedetta. Amen.
Maria speranza nostra prega per noi Gesù.
”Dopo una tale conoscenza, cos’è mai il perdono? Ora penso
Che la storia abbia molti passaggi nascosti, e corridoi tortuosi
E varchi, e che ci inganni con bisbiglianti ambizioni,
E che ci guidi con le vanità. Ora penso che dia
Quando la nostra attenzione è distratta,
E che quanto ci dà lo dia con turbamenti
Così lusinghieri che il dato affama ciò che si desidera. E ci dà
Troppo tardi ciò in cui più non si crede, o se ancora
Ci crediamo, soltanto nel ricordo, come passioni riconsiderate.
E troppo presto dà in deboli mani, ciò che è pensato può essere
Dispensato, finché il rifiuto propaga la paura. Penso
Che né paura né coraggio ci salvino. I vizi innaturali
Hanno per padre il nostro eroismo. Le virtù
Ci sono imposte dai nostri impudenti delitti.
Queste lacrime sono scosse dall’albero che arreca la collera.”
Mi permetta, signor Pavoni…il perdono, assai spesso, è quello che invocano tutti coloro che, per sentirsi in pace con la loro coscienza, ammesso che ne abbiano una, debbono farsi perdonare; ma non sempre, però, purtroppo per loro, vengono, per così dire, accontentati, perseverando nel condannare chi non riesce, per forza di cose, a perdonarli. Tuttavia il perdono, se le circostanze lo ammettono e lo richiedono, non basta invocarlo, bisogna anche meritarlo, iniziando, innanzitutto, dal non perdonare se stessi. gv