di Mario Monachesi
È uno degli aromi estivi (e non solo) piu usati in cucina. Nei piatti marchigiani e maceratesi è l’erba officinale piu usata. Il suo profumo fresco, penetrante, simile all’origano ma più delicato, leggermente canforato, lo si gusta “su lo pa’ ccunnito, su li pummidori a fette, su la trippa, dentro lo sugo per cunnì’ li cargiù de Treia, dentro l’impastu pe’ lo pecorino de li Sivillini (monti Sibillini), nell’ummido a la marchisciana, un tempu su la frittata de la colazió’ de la matina de Pasqua. Conosciuta anche come “maggiorana dolce” o “maggiorana dei giardini”, il suo nome scientifico è “Origanum majorana”, appartenente alla famiglia delle “Lamiaceae”.
Così la canta Francesco De Gregori in “Centocinquanta stelle”: “Centocinquanta stelle in fila indiana / in questa notte umida che sa di maggiorana…”. Un tempo in campagna “vinia rcorda tra luju e agustu, rlàati li ramitti e po’ fatti a mazzitti, se ‘ppiccava a seccà’ in posti ‘ssolati e vintilati. ‘Na orda sciucchi vè’, se strigava e se sistemava dentro varattuli de vetro o de porcellana”.
Per quilli tembi, l’usu principale era ccunicce catinate de pa’ pe’ lu voccó (merennetta) de le quattro (ore 16) joppe li campi. ‘Lla orda lo pa’ se facia a casa, quanno diventava duro, pe’ no’ spregallo se mmollava (bagnava) co’ l’acqua e po’ se ccunnia co’ ojo e magghjorana. Pe’ li piatti de la domenneca ce se ‘nsapuria ripjini (ripieni), porpette, sarze, se mittia tra lo lardo per stongà’ la carne arustu”. Originaria dell’Africa settentrionale e dell’Asia centrale, dove cresce in modo perenne nelle zone desertiche, è arrivata molto probabilmente in Occidente portata dai crociati. Da noi è considerata pianta annuale, in quanto non resistendo alle basse temperature, va ripiantata ad ogni stagione. Per crescere bene e sviluppare tutto il suo aroma dolce e odoroso, ha infatti bisogno di sole e caldo. La sua altezza può raggiungere anche i 60 cm. Le foglie sono piccole e ovali, coperte da una fitta peluria di colore verde. Non necessita di molta acqua.
Dalle nostre parti (Italia centrale) è nota anche con il nome di “persia” o “persichina”. Afrodite, dea dell’amore, la raccoglieva in mazzetti in cima al monte Ida per lenire le ferite di Enea. Ippocrate la consigliava per il suo effetto riscaldante, Dioscoride per rinforzare il sistema nervoso, Plinio la raccomandava a quanti avevano lo stomaco debole e delicato. Nota fin dall’antichità fu subito considerata un simbolo di felicità e longevità. Le giovani spose usavano porre sul capo una corona di maggiorana. “Tu che dal tuo monte Elicona / conduci all’uomo la rapita vergine, / cingi le tempie dei fiori / di soave maggiorana odorosa…”. (Gaio Valerio Catullo, da “Carmina”, LXI). Ampiamente in uso ai tempi degli Egizi e dei Romani, è tutt’ora utilizzata in Nord Africa contro la dissenteria. La maggiorana, lo si può ben dire, ha la primavera nel nome, per questo il suo aroma fresco ben si sposa con i piatti tradizionali della bella stagione.
Fabrizio De André la cita nella sua “‘A cimma”, canzone che descrive in dialetto ligure un buon piatto tradizionale genovese: “Oudù de mà misciòu de pèrsa lègia / cos’àtru fa cos’àtru dàghe a ou c’è…” (“Odore di mare mescolato a maggiorana leggera / cos’altro fare cos’altro dare al cielo…”). Viene anche usata per la preparazione di molti liquori a base di erbe e del vermouth.
“La maggiorana da sapore ma non sfama…” (Francesco Gabbani da “È un’altra cosa”). In altre epoche era conosciuta anche per le sue doti terapeutiche, veniva usata come calmante per gli stati d’ansia, contro l’insonnia e come antidolorifico. Oggi è conosciuta anche per le sue tisane, gli infusi, i decotti e le frizioni antireumatiche. Ricca di vitamine, contiene sostanze positive contro la tosse. Nell’Appennino centrale ancora la si utilizza per aromatizzare l’agnello al forno o alla brace.
Mia madre la metteva nel ripieno dei carciofi con un pò di aglio , un sapore squisito,bei tempi buona domenica.
C'è buona anche la panzanella
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Sì alla magghjorana no alla marijuana !!!