di Maurizio Verdenelli
Quella stazione di San Severino Marche puntellata, quegli squarci nei palazzi passando attraverso Tolentino, l’appartamento di famiglia a Matelica inagibile, poi a Macerata aprire le finestre di casa e scorgere l’Istituto ‘Mestica’ transennato, dopo un viaggio di 24 ore dal golfo dello Yemen, sono state un colpo al cuore per l’inviato internazionale di ritorno per il Natale da Aden bombardata, alle prese con un’epidemia di colera, l’emergenza sanitaria totale e permanente, dove manca ogni cosa necessaria, e reduce da tutte le macerie del mondo e dai teatri di guerra più insanguinati: da Kabul all’Africa.
E’ stato un ritorno a casa particolarmente amaro per Emanuele Tacconi, ‘maceratese nel mondo’ (nel 2015) inviato Oms, l’organizzazione mondiale della Sanità, tra Gibuti e lo Yemen: tra Aden, capitale del sud del Paese e Sana’à, quella del nord.
Dice Emanuele: “Eppure ero pronto: la scossa di magnitudo punto 5.9 della sera del 26 ottobre m’era arrivata in diretta da migliaia di km. Io da Gibuti ho potuto sentire tramite il cellulare i rumori, il trapestio e poi la voce di mio padre a Macerata che guadagnata insieme con mia madre l’uscita, le raccomandava di stare lontano dai cornicioni del palazzo condominiale nel timore di un eventuale crollo. Avevo telefonato un’ora prima, dopo che avevo saputo via internet della scossa di magnitudo 5.4. Mi aveva risposto, ancora un po’ agitata, mia madre ed allora c’eravamo dato appuntamento di lì a poco. Proprio al momento della seconda scossa, ancora più forte. Mio padre aveva fatto in tempo ad aprire meccanicamente la comunicazione e a mettermi in …linea così con il terremoto, senza però avere il tempo di rispondere alle mie domande a quel punto concitate. C’era da capirlo!”.
Continua Tacconi: “Ero dunque preparato, ma le nostre ‘rovine’, poco più di niente pur nella loro rilevanza nella storia dei terremoti, rispetto a quelle che l’uomo con la guerra procura, mi hanno fatto male. Una grande amarezza, dentro. Ero preparato, anche perché l’area dove opero è fortemente sismica come il nostro Appennino. Mi ha fatto male vedere la gente spaventata: una paura a stento ‘coperta’ dalla consueta ironia dei maceratesi. Ho capito però che stavolta era profondamente diverso ed anche chi provava a scherzarci quasi su, lo faceva a fatica. E che voleva dire in realtà: ‘Come stavolta mai, nella mia vita: stavolta il terremoto mi ha terrorizzato’. Mi ha fatto male, infine, intuire come il terremoto abbia rovinato il fluire normale della vita di ognuno: so che significa non dormire…”.
Altre sensazioni?
“La solidarietà e la concreta commozione dei miei colleghi del Kossovo. Che avevo avuto ospiti quest’estate a Macerata. Io sono innamorato della mia terra: qui tornerò a vivere, dopo aver visto il mondo (sono già a buon punto dopo 30 anni di ‘missioni’) e non perdo tempo a decantarla ai miei amici stranieri. Trovando sempre conferma al momento delle loro visite. I miei colleghi kosovari erano rimasti addirittura entusiasti. Avevano quasi le lacrime agli occhi, quando hanno saputo del sisma. ‘Quelle cittadine così belle…rovinate, distrutte…’. Ho sentito davvero la loro vicinanza. Come quando a Gibuti, quel 24 agosto, una collega romana a Gibuti mi ha dato la prima notizia: ‘Emanuele, mi dispiace tanto per il terremoto…’”.
Ben diversamente da quello che accadde 19 anni…al tempo del sisma umbro-marchigiano, vero?
“Già, in Somalia, allora avevamo soltanto una radio ricetrasmittente che ci collegava con Nairobi e basta. Seppi della calamità grazie ad un notiziario svizzero, infilatosi non si sa come nella ricetrasmittente, ma prima di avere informazioni dirette passarono giorni terribili. Invece stavolta, internet, satellitari mi hanno aggiornato… la domenica anche della Maceratese di cui sono tifoso. Vuol sapere cosa ho fatto appena arrivato in città…?”
Lo so, visto che l’amore dei biancorossi le ha salvato la vita in Costa d’Avorio (leggi l’articolo)….
“Salutati familiari ed amici, subito allo stadio per Maceratese-Albinoleffe. Un pari un po’ deludente ma ci salveremo”.
A Natale?
“Con la mia famiglia, lo abbiamo sempre passato nella casa di Matelica, da dove i Tacconi provengono. Stavolta, per la prima volta, non si potrà. Allora abbiamo deciso di comune accordo di andare tra la gente che più di altri soffre per il terremoto: i maceratesi delle zone interne. Tutt’insieme abbiamo prenotato il pranzo di Natale in un ristorante a Fiastra. Da lì si gode un panorama splendido, sui Sibillini. Brinderemo, sperando che la ‘nottata’ finalmente passi”.
Quando torna ad Aden?
“Dopo le Feste, ma stavolta sarà ancora più difficile lasciare la mia terra”.
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EMANUELE È UN GRANDE UOMO!!!
finalmente qualcuno che accende un piccolo riflettore sulla devastazione dello Yemen (foraggiata da Arabia Saudita e sodali) coperta dalla retorica occidentalista che ha illuminato esclusivamente il conflitto siriano.
io mi sto domandando ma stiamo facendo la cosa giusta? l’UNICEF dice che 26 mila bambini muoiono giornalmente per non avere le condizioni che per noi occidentali sono normali. Non fa un certo effetto pensare a questa notizia? Appunto quanti iemeniti sbarcano sulle nostre coste? quasi nessuno. per quale motivo? perchè non hanno un soldo una miseria impressionante. A me sembra che stiamo facendo la selezione della specie in quanto manteniamo quei pochi che riescono a superare difficolta fisiche ed economiche e ce ne freghiamo degli altri