A difendere l’omofobia
c’è rimasta solo l’Italia

La condanna dell’Europa, il perdurare di costumi degli anni Cinquanta, la funzione culturale, a Macerata, della “Bottega del Libro”
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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Con la parola “fobìa”s’intendono la paura e il disprezzo verso qualcuno o qualcosa. E’ questo il significato dell’espressione “omofobia” contro gli omosessuali, cioè coloro – maschi o femmine, non fa differenza – che per ragioni cromosomiche, ormonali o psicologiche nelle quali non intendo addentrarmi si sentono eroticamente attratti verso persone del loro stesso sesso. E da ciò derivano questioni etiche, ideologiche, politiche e sociali che riguardando temi come “matrimonio”, “unione civile” e “adozione”appartengono a quel vasto campo di rapporti fra gli esseri umani che comprende reciproci “diritti” e reciproci “doveri”. Una cosa, comunque, va tenuta presente ed è che gli omosessuali non si sentono in “guerra” con gli eterosessuali, la cui presenza nella società è largamente maggioritaria ed essi, pacificamente, ne prendono atto , mentre una considerevole parte di “eterosessuali militanti” si schiera con faziosa durezza contro di loro.
A differenza di tutti gli altri paesi europei, fra i quali la cattolicissima Spagna, da noi la “omofobia” continua a impedire che si faccia una legge in base alla quale il disprezzo – e conseguentemente il “maltrattamento” – degli omosessuali sia considerato reato. Eppure il nostro codice penale – articolo 544 ter – prevede il reato di maltrattamento degli animali, dalla qual cosa sorprendentemente si evince che la “animalofobia” è vietata e la “omofobia” ancora no. Gli omosessuali, quindi, meritano meno “dignità” degli animali. Ci sarebbe da non crederci, ma la realtà, da noi, è questa. Ed è proprio in base a questa realtà che la Corte Europea di Strasburgo per i diritti umani ha condannato l’Italia per la perdurante mancanza di un qualsiasi riconoscimento – o protezione giuridica – delle “unioni gay”, ossia delle “famiglie” fra omosessuali.

Riandando con la memoria alla mia giovinezza, cioè agli anni cinquanta, ricordo ciò che a Macerata capitava a un noto omosessuale che gestiva un negozio di oggetti musicali in corso della Repubblica quando alcuni ragazzotti gli scaraventavano sul bancone pantegane morte e lui, infuriatissimo, le ributtava fuori suscitando le risate di una piccola folla che lì davanti s’era formata per godersi lo spassoso spettacolo. E ricordo un uomo sulla quarantina che camminava con un’ancheggiante andatura da femmina, per cui si usava gridargli dietro, scusate il termine, “chiappe felici”. Non era “omofobia”? Certamente lo era e i costumi di allora la ritenevano più che normale. Oggi molto è cambiato, d’accordo, ma nel profondo delle coscienze eterosessuali l’omofobia non è affatto scomparsa.

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Gianfranco Amato e il vescovo Nazzareno Marconi durante l’incontro dello scorso febbraio all’Excelsior di Macerata

Si pensi a quell’affollatissima riunione dello scorso febbraio tenutasi nel teatro “Excelsior” di corso Cavour alla presenza del vescovo, una riunione la cui relazione introduttiva fu sostanzialmente in linea con l’idea che l’omosessualità sia una grave “malattia” o un brutto “vizio” col “rischio” che se ne lascino “sedurre” gli eterosessuali trasformandosi, non si capisce con quale godimento erotico, in omosessuali (leggi l’articolo). Sta di fatto che quel relatore non soltanto si schierò contro l’ipotesi che in Italia occorrano leggi a favore delle unioni fra omosessuali ma aggiunse che esiste una “lobby internazionale della fecondazione e degli uteri in affitto che per varie e ingenti finalità economiche sarebbe interessata a sviluppare una falsa ideologia sul tema del genere maschile e femminile e, conseguentemente, della sessualità”. In quella riunione non mancarono vivaci reazioni di segno contrario ma la linea prevalente fu questa. Da rispettare, ovviamente, perché ogni posizione, in democrazia, merita rispetto. Tuttavia ciò non toglie – e l’Europa l’ha rilevato – che certi viscerali estremismi provenienti dal passato siano ormai fuori dalla storia.
Ma veniamo all’attualità, ossia al cosiddetto “gender”, un fenomeno culturale che da tempo sta prendendo piede con studi sull’omosessualità maschile e femminile compresa l’educazione sessuale dei bambini fin dalle scuole di primo grado. Opinabile pure questo, certamente, ma in democrazia e purché non si violino principi costituzionali e leggi penali ogni posizione ideale è legittima. E vorrei aggiungere che per “cultura” non deve intendersi soltanto un bagaglio di nozioni scientifiche o parascientifiche ma, più vastamente, la riflessione senza pregiudizi sui fenomeni etici e sociali che si sviluppano nel mondo occidentale e riguardano il nostro presente e il nostro futuro. Per questa ragione il “gender” trova espressione anche in pubblicazioni diciamo “infantili” – tipo i “cartoni animati” di Walt Disney – che si rivolgono agli insegnanti e agli alunni in una sorta di iniziale “educazione sessuale”. Da qui l’avversione da parte delle militanze “etero”, un’avversione che ha avuto il suo più scatenato esponente nel sedicente “liberale” Luigi Brugnaro, sindaco destrorso di Venezia, il quale, mesi fa, stabilì che tali pubblicazioni fossero escluse dalle scuole e perfino dalle biblioteche pubbliche.

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Chiara Tomassetti della Bottega del Libro con alcuni testi “banditi”

E adesso Macerata, ossia la “Bottega del Libro”, una realtà che da molti anni non si dedica esclusivamente al commercio di libri ma ne promuove la diffusione mediante incontri con gli autori, dibattiti e approfondimenti contenutistici e stilistici. Un “centro culturale”, insomma, del quale la città fa bene a sentirsi orgogliosa. Ecco, allora, che, in polemica con le posizioni di Brugnaro, l’esponente della “Bottega del Libro” Chiara Tomassetti ha deciso di sostenerle e diffonderle, quelle pubblicazioni, mettendole in vetrina e invitando la gente a consultarle (leggi l’articolo). Dice lei: “Sono testi preziosi e stampati anche prima del discorso ‘gender’, tanto da essere inseriti nel programma nazionale ‘Nati per leggere’ che dalle soglie del Duemila coinvolge quasi milleduecento comuni italiani e promuove la lettura nelle famiglie a favore della tutela del bambino fin dalla nascita”. E cosa pensa, Chiara Tomassetti, di Luigi Brugnaro? Che lui abbia compiuto un gesto “irresponsabile e di enorme ignoranza”. Sia pure nella diversità delle opinioni – il sale, ripeto, della democrazia – non vedo come le si possa dar torto. E stavolta la ‘Macerata granne’ ha dimostrato di essere più grande di Venezia.



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