di Alberto Cicarè*
Siamo quasi alla fine, finalmente… Sono ormai dieci anni che per andare in Umbria ci mettiamo in fila, su strade colme di fango e polvere, dietro i camion dei lavori in corso. E ogni volta ci domandiamo quando la grande opera sarà completata, quando i buchi dentro i nostri monti, gli impressionanti viadotti, ospiteranno finalmente le nostre auto per arrivare a Foligno in un batter d’occhio, addirittura quindici minuti prima rispetto ad ora. La grande opera marchigiana ci affascina con la potenza dei suoi mezzi, col mito della velocità ad ogni costo, con l’aspirazione alla comodità; i nostri sensi ci conquistano e ci impediscono di pensare. Proviamoci allora a ragionare, a guardare oltre l’impressione dei manufatti, a valutare il contesto economico, ambientale e sociale, a conoscere gli obiettivi attesi e i risultati ottenuti, a considerare le alternative: tentiamo di andare a sbattere contro il pensiero unico dell’assoluta necessità e utilità di questo progetto. Ci faremo sicuramente male, ma se riusciremo a far balenare qualche dubbio avremo raggiunto il nostro obiettivo.
La fame di strade è una costante nella nostra regione e in particolare nella nostra provincia, da sempre considerata isolata rispetto ai territori vicini; eppure il modello economico marchigiano, fatto di piccole e medie aziende, si è sviluppato ed è diventato un successo mondiale anche in questo isolamento. Una regione a noi vicina come l’Abruzzo, nonostante l’imponente sistema di autostrade che l’attraversa, frutto di interessi politici piuttosto che di pianificazioni strategiche, è certamente più povera della nostra, e pare evidente che questa povertà si è moltiplicata nelle sue aree interne, accentuando il divario di sviluppo con le zone costiere. Le strade dunque servono, ma non possono essere l’unica soluzione per rilanciare un territorio; soprattutto ora che il mondo è completamente cambiato, adesso che il modello marchigiano soffre terribilmente di fronte a economie di scala con le quali non possiamo reggere il confronto, in questo momento in cui sempre di più la qualità, della vita e dei beni, sembra l’unica via di uscita per mantenere in vita il nostro tessuto sociale e produttivo.
Adesso ci dicono continuamente che dobbiamo cambiare modello di sviluppo, ma continuano a presentarsi sorridenti ai tagli di nastro per opere che celebrano una strada senza ritorno. Torneremo su questo aspetto a proposito delle aree leader, l’asso nella manica del progetto Quadrilatero, che per fortuna ha svelato un clamoroso bluff dei giocatori. I costi: 2.284 milioni di euro, dati riferiti a fine 2012 (con aumento costante a suon di milioni nel corso degli anni). Quasi due miliardi e mezzo per risparmiare un quarto d’ora. Le cifre fanno impressione, ma forse non abbastanza se non vediamo in modo figurato come questi soldi vengono sfilati quotidianamente dal nostro portafoglio. Perché il costo della Quadrilatero è a totale carico pubblico tra Stato, Regione, Province, Camere di Commercio (che versano alla causa l’aumento delle quote associative degli imprenditori locali). Forse allora sorrideremo con meno entusiasmo quando finalmente arriveremo veloci a Foligno, sapendo che tutto quello spettacolo di gallerie e ponti è costato a tutti noi un bel po’ di soldi. Poi, in realtà, moltissimi di noi a Foligno ci vanno magari poche volte all’anno, mentre tutti i giorni ci troviamo a combattere con le strade delle nostre città intasate, spesso piene di buche, pericolose per le auto e soprattutto per i pedoni. E quando ci lamentiamo ci dicono sempre che i soldi non ci sono. I soldi ci sono, ma i nostri governanti preferiscono spenderli in progetti faraonici, assolutamente non trasparenti, frutto di accordi privati spesso innominabili, piuttosto che in piccole opere utili alla nostra vita quotidiana.
Realizzare o ammodernare le nostre scuole, i nostri ospedali, le strade che ci consentono di accedere alle nostre città o di muoverci all’interno delle stesse: sembrano imprese impossibili eppure sarebbero le più utili per tutti noi. E poi le opere strategiche: l’elettrificazione della linea ferroviaria che da San Benedetto arriva ad Ascoli è costata poco più di dieci milioni di euro, e quindi ad Ascoli potranno arrivare i moderni nuovi treni che per noi rimangono un sogno, mentre il territorio maceratese rimane privo di un servizio così fondamentale. Con una linea ferroviaria efficiente tra Fabriano a Civitanova e il raddoppio della linea Ancona-Orte lo spostamento di persone e cose da e per la nostra provincia sarebbe enormemente facilitato. Quanto ne gioverebbero ad esempio le due università del territorio? Ma forse noi preferiamo assistere al folcloristico passaggio delle nostre littorine, quasi sempre vuote, a volte talmente spompate da non riuscire a risalire dalla pianura alla vetta dei trecento metri di Macerata.
La grande opera contro i piccoli interventi mirati. Cosa scegliereste tra acquistare un solo vestito super lusso da indossare una volta l’anno oppure alcuni abiti utili per tutti i giorni? Ci fanno vedere solo l’abito super lusso e ci nascondono l’etichetta col prezzo, anzi ci dicono che l’investimento si ripaga da sé. In effetti l’asso nella manica del progetto Quadrilatero era la compartecipazione pubblico-privata, gli investimenti privati che avrebbero ripagato una parte sostanziale dei costi, attraverso la realizzazione delle cosiddette aree leader. La grande idea dei celebrati Baldassarri, Spacca, Viventi, sono stati questi strumenti: zone contigue al tracciato stradale destinate alla realizzazione di insediamenti produttivi, commerciali e di servizi, che avrebbero dovuto “catturare” il valore aggiunto delle nuove infrastrutture. Per favorire questi insediamenti da parte dei privati, gli enti pubblici (regioni, province, comuni) si sono privati di ogni potere di regolazione del loro territorio, e lo hanno messo in mano a una società pubblica di diritto privato, la Quadrilatero SpA. In pratica gli enti pubblici hanno accettato di farsi espropriare la loro doverosa funzione di programmazione, che dovrebbero svolgere a tutela di noi cittadini, in nome dello sviluppo che avrebbero portato gli investimenti privati. Che non ci sono stati.
Perché le gare bandite per la realizzazione delle aree leader sono andate tutte deserte, e quindi dei soldi degli imprenditori non c’è traccia. Gli artefici del pasticcio stanno implorando in ginocchio gli industriali locali, ma in questi periodi di crisi nera neanche di fronte a questi tappeti d’oro stesi ai loro piedi c’è voglia di rischiare. Quei politici sorridenti alle inaugurazioni conoscono il fallimento totale del loro progetto, ma devono continuare a sorridere e a tenerci nascosto il prezzo, per paura che capiamo quanto è fallato il loro vestito di lusso. Veramente non si sa se ridere o piangere: ridere perché per fortuna non si è concretizzato il rischio di una cementificazione incontrollata delle nostre aree interne, un patrimonio inestimabile che rischiamo di perdere per sempre; piangere perché ancora una volta paghiamo di tasca nostra i fallimenti di questa classe politica.
Un altro esempio illuminante, sempre a proposito di strade? La terza corsia dell’A14. Anche in questo caso opera importante, molto costosa (un miliardo e mezzo di euro), con una gestazione particolarmente difficile. Chi in questi anni ha percorso l’autostrada adriatica conosce bene le deviazioni, i restringimenti, la pericolosità dei lavori in corso; il tratto da Ancona a Senigallia è a tutt’oggi un calvario a causa di ritardi enormi, fallimenti di imprese, cassa integrazione per i lavoratori. Ma anche in questo caso: chi paga le opere? Autostrade per l’Italia, cioè Benetton. E allora ci mettiamo il cuore in pace, a meno che non cominciamo a pensare che Benetton ogni giorno ritira dai caselli la moneta sonante dei nostri pedaggi, il cui costo dal 1999 (anno della privatizzazione) ad oggi è aumentato del 69,8%, più del doppio dell’inflazione. Nel 2014 l’aumento concesso dal Ministero delle infrastrutture è stato del 3.9%, un’enormità rispetto al tasso di inflazione reale. Ancora una volta quindi costi pubblici e profitti privati, in una tragicommedia italiana sempre uguale a sé stessa.
Le alternative a questo modello? Partecipazione, programmazione, controllo. La storia recente (L’Aquila, Mose, Expo,…) dimostra che le grandi opere calate dall’alto portano corruzione, enormi sprechi di risorse, risultati inferiori alle attese. Qui nelle Marche abbiamo tentato di indicare una strada diversa attraverso la proposta di legge regionale di iniziativa popolare “Norme per la tutela del paesaggio, lo sviluppo ecocompatibile ed il governo partecipato del territorio regionale”. Abbiamo raccolto più di ottomila firme a sostegno della proposta legge, che abbiamo consegnato alla Regione Marche perché potesse essere esaminata dal Consiglio. Dopo due anni di sterili discussioni l’hanno fatta naufragare, nonostante a parole ci fosse un generale consenso. Ora, con la fine della legislatura regionale, la proposta di legge decadrà e se vorremo ripresentarla dovremo raccogliere di nuovo le cinquemila firme necessarie. La Regione Toscana ha approvato di recente una legge sul governo del territorio che per molti aspetti ricalca la nostra proposta; forse da quelle parti l’ambiente, il suolo agricolo, il paesaggio sono considerati un patrimonio da valorizzare per il bene e lo sviluppo della comunità, piuttosto che una sorta di bancomat da cui prelevare risorse a vantaggio di pochi. Se il modello è quello della Quadrilatero, è evidente che la nostra proposta sia stata percepita come un fastidio.
Noi parliamo di governo del territorio partecipato, di pianificazione degli interventi, di coordinamento degli enti interessati, di tutela del patrimonio ambientale, in primis del terreno agricolo, di controllo costante sulle opere svolte. Non una difesa dura e pura dell’ambiente da fricchettoni quali spesso fanno passare gli ecologisti, ma una visione ragionata di un sistema complesso, imperdibile, irrecuperabile. Magari si sarebbe potuto discutere con le comunità locali, verificare la possibilità di mettere in sicurezza e rendere più scorrevole il tracciato della SS 77 mediante alcuni bypass, esaminare strategicamente a livello provinciale le esigenze più sentite, pensare verso quale modello di sviluppo conviene incamminarsi. Forse avremmo deciso di passare su strade diverse da quelle della Quadrilatero.
Sabato 14 marzo alle 16,30 ad Ancona (ristorante “La DegOsteria” in via Pizzecolli) il Forum Paesaggio Marche illustrerà alla stampa le ragioni per cui ritiene un atto di irresponsabilità politica non approvare o snaturare la legge di iniziativa popolare. Soprattutto nella attuale crisi economica ed ambientale del territorio marchigiano colpito da un grave dissestato idrogeologico ed invaso da insostenibili progetti di espansione edilizia e di costruzione di megaimpianti per lo sfruttamento, la produzione e lo stoccaggio di energia. Parteciperà all’incontro Elio delle Storie Tese che con Marco Geronimi Stoll darà vita all’ apposita performance “Spaccamarche. Disastri ambientali perpetrati, pensati, progettati, evitati”.
*Alberto Cicarè componente del Forum Paesaggio Marche
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Tutto bene , basta che raddrizzino la macerata filottrano jesi , strada percorsa da decine di pendolari in condizioni veramente disastrose.
PS: Non e’ che una ferrovia leggera(alias metropolitana di superficie) tra le tre localita farebbe schifo, ma immagino sia abbastanza impegnativo come progetto.
Complimenti! Finalmente una mente intellettualmente e moralmente onesta in grado di dire le cose come sono.
Siamo alle solite definire il tratto in apertura della superstrada un guadagno di 15 minuti è chiaramente guardare l’opera sotto la parte che fa comodo all’autore dell’articolo , nel 2015 un Maceratese grazie anche a questi signori impiega circa 4 ore per andare a Roma o a Firenze , non sono queste le opere che rovinano l’ambiente ma altre migliaia di costruzioni e cementificazioni distribuite su tutto il territorio …
Siamo l’unica regione italiana senza strade ……
Quoto il commento che mi precede: avete idea cosa significa dover fare la SP 361 per andare a Perugia, Roma o Firenze?
L’ho dovuta fare giusto qualche giorno fa, ahimé…!
Avete idea di come cambieranno in meglio le cose quando saranno completate TUTTE le opere della quadrilatero (inclusa l’intervalliva Tolentino – San Severino) nonché la Fano – Grosseto?
Poi per carità, non metto in dubbio che ci saranno stati (come al solito) sprechi e inefficienze, però queste opere servono eccome!
Finalmente qualcuno comincia a vedere il rovescio della medaglia, in particolare si comincia a smascherare l’inganno celato dietro alla “formuletta-miracolo” inventata da Baldassarri del “project financing”: ingenti soldi pubblici gestiti privatissimamente da pochissime ditte che si spartiscono a livello nazionale tutto il mega business delle cosiddette “grandi opere” (qualcuno sa che i Comuni della Quadrilatero si sono impegnati a versare la loro ICI per 30 anni a quella società PRIVATA e che hanno ottime probabilità di non vedere un solo ritorno dalle promesse roboanti che sono state fatte loro?). Il problema non è che non andasse realizzato un collegamento veloce con Roma, il punto è COME è stato pensato, progettato e infine realizzato e pagato. È tempo di uscire definitivamente dalla (il)logica delle “grandi opere” e di tornare a quella pianificazione concertata del territorio comprendente il costituzionale rispetto del panorama e dell’ambiente. Fatto di tante, necessarie “mini-opere” (che poi tanto “mini” non sono) che urgono davvero.
Il numero elevato e l’entusiasmo quasi fideistico dei commenti pro Quadrilatero (e probabilmente sarebbe la stessa cosa per qualsiasi “grande opera”) dimostrano come in Italia ancora sia prevalente la cultura dello sviluppo quantitativo e della mobilità privata, possibilmente velocissima e comoda anche a discapito di quella pubblica lenta e inaffidabile. Quanto poi a considerare i costi enormi di tali opere non solo in termini finanziari ma anche socio-economici e ambientali, il cittadino comune non sa neppure di che cosa si tratti. Si pensi solo al danno enorme che tali superstrade producono a quelle economie locali di piccola scala che provocherà un ulteriore isolamento di tanti piccoli centri abitati oggi attraversati dalla viabilità storica. E si pensi al danno irreversibile a paesaggi e luoghi quasi incontaminati che la nuova infrastruttura ha letteralmente violentato in nome di uno sviluppo che non ci sarà mai più nei termini conosciuti ai tempi del boom economico e dell’illusione industriale. Stiamo perdendo proprio quello che rappresenta la nostra ricchezza, alla faccia della proclamata “cattura di valore”, intascato da pochi a danno della perdita di valore di aree ed immobili oggi sfregiati per sempre e quindi senza alcun valore ! Se questo è il progresso io mi ritengo un vero “conservatore”.
La mentalità di chi si ostina a dire che strade e ferrovie deturpano il territorio è semplicemente da medioevo. Siamo indietro rispetto a qualsiasi altro paese europeo di almeno 20 anni e stiamo qui ancora a mettere i bastoni tra le ruote a chi vuole far sviluppare l’economia? e poi in cambio di cosa??? di un paesaggio??? ma se siamo pieni di centinaia di colline a perdita d’occhio!! vallate su vallate, un’intera regione piena di colline a perdita d’occhio ma non mi pare di vedere tutte ‘ste quantità industriali di turisti che vengono qua vedere ‘ste colline!! e fate presto a finire ‘sta superstrada fino a Foligno che sono 30 anni che andate avanti un chilometro alla volta!!!
Sulla Regione Toscana come modello di virtù e fonte d’ispirazione io m’aggiornerei un po’:
http://www.pressenza.com/it/2015/03/il-pd-toscano-affossa-il-piano-paesaggistico-e-ogni-idea-di-tutela-ambientale/
http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/piano-paesaggistico-legambiente-arcipelago-un-passo-indietro-rispetto-alla-legge-galasso/#prettyPhoto%5Bvideospot%5D/0/
Finita la guerra da Macerata, ogni settimana, partivano dei camion carichi di merce che andavano a fare la spesa/scambi/baratti a Roma e Napoli.
Camion lentissimi (ruote piene) dove (in salita) bisognava scendere (e spesso spingere) e dove (in pianura) la velocità massima era 40/50 Km/h.
Questi camion ci mettevano 5 o 6 giorni a fare il giro e tornare a Macerata, in quanto le strade erano quelle che erano e la velocità di movimento era molto limitata…
Poi, nel corso dei decenni, sono migiorati i camion, ma è anche miglorata di molto la viabilità, con la creazione si autostade e superstrade
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Movimentare merce su rotaia, almeno in Italia, è stato impossibile finita la guerra.
Ma comunque è rimasto impossibile/poco praticabile fino ad oggi (treni merci lenti e sempre secondari rispetto al flusso passeggeri)
Il problema semmai non è lo sviluppo viario (e/o ferroviario) ma come poi si imposta lo sviluppo successivo comerciale/industriale
@rpiccia: fosse per me, elettrificherei SUBITO la linea Civitanova – Fabriano e ci investirei per togliere i passaggi a livello, per poi fare una sinergia SERIA treno – autobus per il TPL.
I veri appassionati di auto sanno che migliore è il trasporto pubblico, migliore è la guida perché minore è il traffico (con tutto quello che ne consegue in termini infrastrutturali ed ambientali).
Per il resto del tuo discorso, Lino Maia ha già detto come la penso al riguardo.
“Poi, in realtà, moltissimi di noi a Foligno ci vanno poche volte all’anno, mentre tutti i giorni ci troviamo a combattere con le strade delle nostre città intasate, spesso piene di buche, pericolose per le auto e soprattutto per i pedoni.” cit.
Grazie di dimostrare (grazie ad una fallacia logica di reductio ad absurdum) come, DATO che pochi vanno a Foligno (?), ALLORA quello non è un tratto con priorità che invece va data solo alle strade delle nostre città. Affermazione a dir poco ridicola in quanto i collegamenti con le altre regioni ( e con la CAPITALE, e sottolineo ROMA!) sono tanto importanti quanto la viabilità regionale e cittadina.
E’ esattamente grazie ad una mentalità “illuminata” come questa che per 6 anni di facoltà di medicina a Roma ho dovuto sopportare un collegamento ridicolo e medievale causato da una miopia politica e strategica che ha afflitto le due generazioni precedenti la mia.
@Lino Maia: la mentalità da medioevo casomai è proprio quella che ci ha fatto credere che sia sufficiente investire in asfalto e cemento ai danni del ferro per creare sviluppo durevole e sostenibile. Evidentemente non basta leggere che il PIL italiano è crollato negli ultimi 15 anni nonostante si sia speso il 90 per cento in strade e solo il 10 per cento in ferrovie. Avanti così !
Quindi il PIL italiano sarebbe crollato per i nostri investimenti circa la mobilità? O per una crisi economica europeo-americana causata da movimenti impropri a livello della borsa che hanno fatto collassare un sistema che si teneva in piedi a stento?
Mi domando come si possa credere che i mali italiani derivino da queste spese e che invece l’evasione fiscale (e i suoi 120-150 miliardi di euro) assieme al nostro debito con la recente crisi economica non siano IL problema. E’ incredibile che nel 2015 le Marche non siano connesse in maniera ottimale con la Capitale e con le regioni circostanti, non c’è nemmeno di uscire di casa e guardare cosa accade nei paesi normali ed europei come Francia ed Inghilterra in cui questo processo è terminato decenni fa. La mobilità (dove non si intente cementificare in maniera selvaggia qualunque cosa si veda all’orizzonte) è uno dei passi fondamentali per creare un supporto non solo sociale ma anche e soprattutto economico.
Si dovrebbe piuttosto chiedere di quanto ancora sarebbe sceso il PIL senza un supporto autostradale-stradale-ferroviario a malapena sviluppato come il nostro.
Ma è quel signore della fallimentare modifica al traffico a Villapotenza?
Che meravigliosa epoca era, quando negli anni ’60 e ’70 l’idea di andare, che dico a Roma, anche solo a Perugia, significava programmare un viaggio lungo e disagevole, di ore, fra tornanti, code, camion e incidenti, provocati da chi non ce la faceva più a stare dietro un camion puzzolente di gas di scarico per chilometri e chilometri, e alla fine, esasperato, provava un sorpasso sui tornanti fra Belforte e la Sfercia o fra Muccia e Serravalle, o fra i mille altri ancora.
Certamente meravigliosa come, per esempio, l’epoca quando, mancando la Carretera Panamericana che collega in un unico nastro di asfalto tutto il continente americano da Nord a Sud, e che fu percorsa in moto persino da quel delinquentone di Che Guevara da giovane, le persone laggiù dovevano spostarsi in viaggi di settimane in carrozza o, meglio ancora, prendendo più ecologiche navi a vapore. E via così per tutto ciò che nel mondo è stato realizzato per permettere più comodi e veloci spostamenti fra un posto e l’altro.
Ma per me ancor più bella epoca è questa attuale, quando l’idea che ebbe il governo Berlusconi di avviare o far ripartire le c.d. “grandi opere” trovò realizzazione, qui da noi, con l’idea della Quadrilatero, dapprima avversata dai politici centrosinistrici locali perché proveniente appunto dal governo Berlusconi, e poi usata per passerelle elettorali dagli stessi politici quando, dopo più di dieci anni, arriva a realizzazione l’idea e tutti giù a correre a tagliare nastri.
E che vieppiù meravigliosa cosa essere in disaccordo con Cicarè, autore dell’articolo e nostalgico del pre-superstrada e propugnatore del solito derby asfalto-rotaia, percorrendo la galleria di Bavareto facendo pernacchioni a chi avrebbe voluto che, invece che lì, uno fosse stato ancora a ciucciarsi un’ecologica coda di 25 automezzi dietro un TIR, sui tornanti fra Serravalle e la Fonte delle Mattinate.
Chiudete l’aeroporto, inquina.
Chiudete il porto, inquina.
Andate a piedi a Roma o Perugia, vi fa bene alla salute e, se consumate più scarpe, farà bene alle fabbriche locali, le quali per esportare utilizzeranno i muli.
a proposito di quelli che parlano di cementificazione, forse voi abitate in capenne di paglia? Le vostre case sono in cemento, spero. Quando le avete costruite o comprate, vi siete preoccupati della cementificazione? Si guarda sempre e solo a quella degli altri? NIMBY
Sig. Cicare’ la prego ritorni nel boscoe ci lasci strade degne della modernita’ , civili e sicure. Stiamo rasentando l’assurdo con i suoi ragionamenti. Non vedo perche’ un collegamento stradale come la quadrilatero debba escludere il potenziamento ferroviario ed altre opere o viceversa. Casomai evitiamo di votare i soliti politici che hanno fatto strame in tuttta Italia delsoldo pubblico che sarebbe bastato e avanzato per fare del nostro un paese avanzato in termini di infrastrutture. Dia un’occhiata fuori dall’Italia e si rendera’ conto il divario con il restodel mondo