di Gabriele Censi
Almeno inconsueta. Come definirla altrimenti una conferenza stampa su una vertenza sindacale che riguarda dei giornalisti. E accade che l’azienda che ha appena licenziato tutto il personale, composto di 21 dipendenti (tra questi 5 iscritti all’Ordine dei Giornalisti) partecipa all’incontro nella sede della Cgil proprio con il suo amministratore delegato, nonché giornalista e direttore responsabile della testata. Insomma una situazione paradossale, per capirla meglio diciamo i nomi. Parliamo naturalmente di Tvrs, la vicenda è nota (vedi il lungo elenco di articoli correlati) e il citato protagonista inaspettato è Gabriele Betti.
Prima di svelare questo particolare finale, il fatto. Le lettere di licenziamento sono state consegnate il 28 agosto con decorrenza 31. Nessuna sorpresa dopo la rottura delle trattative che ha visto coinvolto anche l’assessore regionale Marco Luchetti. Ma i sindacati non intendono mollare e agiranno in tutti modi contro una decisione che ritengono illegale. “E una delle poche volte che mi capita di non chiudere una trattativa – dice Aldo Benfatto, segretario provinciale Cgil – l’azienda dichiara di avere motivi economici e questo è inaccettabile visto che i dati dei bilanci sono sani e ha percepito negli ultimi 5 anni 2, 48 milioni di euro di contributi pubblici. Apriamo ora una nuova fase di scontro e abbiamo interessato già i nostri avvocati. Alcuni lavoratori stanno valutando di fare causa, insieme al sindacato”.
Sullo stesso tono Piergiorgio Severini, segretario aggiunto del Sigim: “La vicenda è incomprensibile e ha interessato anche i vertici nazionali del sindacato giornalisti. In un settore disastrato che ha visto tante chiusure in altre realtà italiane il caso Tvrs, una delle due emittenti che copre tutto il territorio regionale, non può spiegarsi con motivazioni economiche. Si intravede il tentativo di aggirare la realtà per liberarsi del peso dei dipendenti e massimizzare i profitti. Abbiamo fatto passi importanti nella trattativa- continua Severini-, la mediazione è arrivata al limite del contratto giornalistico e quando eravamo al traguardo una telefonata della proprietà ha bloccato tutto”.
Con i rappresentanti sindacali l’avvocato Mauro Buontempi: “Secondo una prima analisi le motivazioni economiche per il licenziamento non ci sono, stiamo studiando le carte e facciamo molta attenzione alle date, ci sono strane concomitanze. Tra l’altro nel giugno scorso sono stati sbloccati i fondi per l’emittenza locale che ammontano a 11, 9 milioni di euro”. A proposito di date, Benfatto ricorda che il prossimo 12 settembre si riaprirà il bando per l’assegnazione delle frequenze e le graduatorie tengono conto del numero dei dipendenti: “Vigileremo e abbiamo allertato anche alcuni deputati perché di questa situazioni si tenga conto al Ministero competente”.
Sul futuro a breve dei dipendenti i sindacalisti rassicurano. Ci sono i trattamenti di disoccupazione Inpgi per i giornalisti e la nuova prestazione Aspi che ha sostituito dal primo gennaio la vecchia indennità, per gli altri. Ma ne usufruiranno tutti? L’interrogativo potrà avere risposta ufficiale solo dal primo settembre con il nuovo palinsesto televisivo che sarà occupato da fornitori di contenuti esterni. Magari gli stessi o alcuni dei licenziati. Uno dei programmi di punta “La domenica nel pallone ” è stato già annunciato nei promo.
La situazione paradossale la spiega proprio l’amministratore Betti che viene chiamato in causa: “Il peso dei contributi nel nostro bilancio è molto alto e quelli straordinari ricevuti per il passaggio al digitale non si ripeteranno. Il futuro non sarà roseo e quindi abbiamo deciso di smettere con la produzione diretta e svolgiamo il servizio di operatore di rete, cedendo spazi a chiunque li chiede come prevede la legge”. “Un licenziamento preventivo dunque – ribatte l’avvocato Buontempi-, una fattispecie nuova che dovrò studiare”. Si scalda la mattinata tra accuse di “mancanza di deontologia” e “astrazione dalla realtà” che si scambiano le due parti. Lo scontro si può anche leggere come tra due mondi. Da una parte quello più tradizionale della carta stampata, con il suo Ordine (1963) nel ricordo di quando il giornalista era un privilegiato e che spera di salvare almeno un pò di diritti. Dall’altra quello televisivo, nato nell’anarchia degli anni ’70 e ’80 quasi sempre senza tutela e senza garanzie.
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abbè, adesso ci pensano i sindacalisti, si si, ci pensano!!!
hanno tradito Don Dino,faranno una sola fine,la chiusura,sta scritto nelle cose e nella incapacita’ di chi ha distrutto la migliore emittente delle Marche. Cause ad oltranza contro i traditori dei valori e dei principi di Don Dino il fondatore.
Se intervengono i sindacati… se coce mò sto riso…!!! Solo quando c’è qualcosa da arraffà…!!! Ma… per piacere…!!!