Il gioco d’azzardo compulsivo

Una dipendenza senza droga, una vera e propria patologia sempre più diffusa anche nella nostra provincia, incrementata dallo Stato biscazziere e dalla criminalità organizzata

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bommaritodi Giuseppe Bommarito *

Le recenti severe parole del Vescovo Claudio Giuliodori contro il gioco d’azzardo, destinato ad essere ancora più incrementato dall’ormai imminente apertura di mille sale per il gioco del poker dal vivo, sono arrivate a distanza di qualche settimana dal grido d’allarme relativo alle ludopatie, in piena espansione anche nella nostra provincia, del dott. Gianni Giuli, Direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Macerata e Camerino.

In effetti, anche da noi il problema è sempre più grave. In un convegno svoltosi in Ancona qualche mese fa è emerso che sono circa 170 i soggetti seguiti nei vari Dipartimenti Dipendenze Patologiche delle Marche per problemi relativi al gioco d’azzardo (va precisato che, in base alle medie nazionali, circa un terzo dei giocatori patologici è donna). Ebbene, se si pensa che, come per le altre dipendenze, l’arrivo ai servizi territoriali non riguarda affatto tutti i soggetti interessati e comunque generalmente si verifica a distanza di qualche anno dall’insorgere della patologia, quando si prende finalmente coscienza della stessa e non si intravedono più altre possibili soluzioni, si può allora cogliere già da questo semplice dato numerico la rilevanza e l’incidenza, anche nell’ambito familiare e sociale, dei comportamenti problematici legati al gioco, ormai considerati a livello scientifico tali da integrare una vera e propria dipendenza, sia pure senza droga.

D’altra parte, già dagli anni ottanta il gioco d’azzardo patologico, inteso appunto come una dipendenza, è considerato una malattia mentale, e di conseguenza è stato inserito nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, precisamente nella categoria dei “disturbi del controllo degli impulsi”. Studi abbastanza recenti hanno infatti dimostrato in maniera ormai pressochè definitiva che il gioco compulsivo ha gli stessi effetti di diverse sostanze stupefacenti sul sistema nervoso centrale ed opera con identici meccanismi.

Delle dipendenze, questa incapacità cronica e progressiva di resistere all’impulso di giocare ha comunque tutte le caratteristiche sintomatiche: l’agitazione e l’irritabilità quando non è possibile giocare e scommettere, che richiamano la sindrome da astinenza; e poi il bisogno di aumentare strada facendo la posta in gioco e la frequenza delle giocate, corrispondenti all’assuefazione da sostanze stupefacenti e alla conseguente esigenza di elevare il dosaggio e la frequenza delle assunzioni; i reiterati inutili tentativi di smettere; le menzogne raccontate di continuo in famiglia; spesso e volentieri, le perdite degli affetti, del lavoro, anche della salute.

Il “mal di gioco” è quindi ormai, a livello nazionale e locale, un vero e proprio gravissimo problema sociale e sanitario (si ipotizza la cifra complessiva in Italia di circa 800.000 giocatori d’azzardo patologici, gran parte dei quali reclutati tra i giovani, spesso ancora adolescenti, le casalinghe e gli anziani), ed in un buona misura anche criminale, nella cui diffusione – come nella vicenda della crescita galoppante, e ormai fuori controllo, dei “Compro oro” – lo Stato italiano e coloro che ci hanno governato hanno purtroppo una gravissima responsabilità. Ed anche nel caso del mercato dell’azzardo si parte dalla chiusura più totale per arrivare poi, nel giro solo di qualche anno, una volta aperta la diga, alla liberalizzazione più selvaggia.

Chi non ricorda il diniego assoluto, mantenuto fermo per decenni sino all’anno 2000 circa, in merito all’apertura in varie regioni d’Italia di nuovi casinò autorizzati (se ne parlò anche nelle Marche, credo su proposta dell’allora senatore Luciano Magnalbò, se la memoria non mi tradisce), gli unici luoghi dove il gioco fino ad allora era consentito, nella convinzione che il proliferare di tali strutture avrebbe consentito gigantesche operazioni di riciclaggio di denaro sporco? Beh, le cose iniziarono a cambiare proprio in quel periodo, tra il 1997/98 e il 2001, e poi da allora l’azzardo, ormai divenuto un business formidabile e potentissimo, ha abbattuto in breve tempo ogni barriera, con la complicità dei governi sia di centrodestra che di centrosinistra, per finire con il recente governo Monti.

Le scuse e le motivazioni, per introdurre giochi sempre diversi e nuove opportunità ed occasioni di gioco per quelli già autorizzati, sono sempre le stesse: reperire fondi per il rilancio dell’economia o per fronteggiare qualche improvvisa emergenza (che in Italia, come è noto, non manca mai).

Arrivano così a valanga, caduto il Monopolio di Stato sui giochi e consentito l’ingresso dei privati nel settore, le sale bingo e quasi in contemporanea quelle per le scommesse. Poi l’azzardo legalizzato, con lo Stato italiano ormai trasformato in biscazziere, si trasferisce sul web, dove ormai è consentito giocare su qualsiasi sport, quasi sempre con la posta aperta sino all’ultimo minuto (modalità di scommessa che si presta particolarmente alle peggiori truffe sportive) . Nel frattempo – come un fiume in piena che travolge ogni cosa – quasi tutti i bar (incentivati dalla percentuale a loro spettante) iniziano ad ospitare slot machine e videopoker ormai da tempo in crescita esponenziale, le ricevitorie delle scommesse dilagano, i siti online organizzano e pubblicizzano il gioco d’azzardo in qualsiasi ora del giorno e della notte, coinvolgendo anche minorenni e promettendo vincite sbalorditive e la felicità dietro l’angolo, senza fatica e a basso costo.

L’ultima perla, in questa assurda corsa verso il nulla (che ci colloca già adesso al terzo posto tra i paesi del mondo intero per la diffusione dei giochi d’azzardo), è quella delle mille sale da poker dal vivo, sinora non legalizzate (fatta esclusione dei casinò e dei circoli privati), in verità già previste da qualche anno ma sinora tenute a bagnomaria, ed oggi infine sdoganate dal governo Monti con l’ultima legge di stabilità, a seguito di una serie di emendamenti e sub-emendamenti in Commissione Bilancio. Certo, dovrà uscire un regolamento attuativo, ma teoricamente già dai primi mesi del 2013 il bando per l’apertura delle nuove sale da poker potrà essere emesso, con la conseguenza che, ancora una volta con la sconcertante benedizione dello Stato, si incrementeranno ulteriormente comportamenti che, dietro false ed illusorie promesse, producono in realtà dipendenza, povertà, emarginazione, rotture familiari insanabili.

Il risultato di questo sbalorditivo aumento dell’offerta dei giochi è una crescita a dismisura delle giocate, passate, grazie ad una follia collettiva lievitata di pari passo con la crisi economica del Paese, dai 15 miliardi di euro del 2004 agli oltre 70 miliardi di euro nel 2011. Una cifra smisurata, ottenuta soprattutto con le puntate nei giochi che danno un risultato immediato o comunque poco spostato nel tempo, come i gratta e vinci, il videopoker, le slot machine (ormai in testa alla graduatoria delle giocate), le scommesse. E mentre i cittadini portano speranzosi i loro soldi nei bar, nelle ricevitorie, nelle sale scommesse reali oppure online, per le casse pubbliche si realizza con le conseguenti entrate fiscali (Cavour parlò a suo tempo di “tassa sugli stupidi”) un incasso notevolissimo che non provoca lamentazioni politiche di sorta, che solo nel biennio 2010/2011 ha sfiorato i 20 miliardi di euro e che ha letteralmente spazzato via qualsiasi sussulto, se non di natura etica, quanto meno di opportunità.

Incurante dei drammi individuali e familiari che allargano vieppiù l’area del disagio sociale, della sempre maggiore diffusione del mal di gioco inteso come vera e propria dipendenza patologica, di migliaia di persone indebitatesi sino al collo e spesso cadute nella rete dell’usura nell’illusorio tentativo di rifarsi delle perdite e di pagare così i debiti contratti per il gioco, dei costi sanitari sempre maggiori per cercare di curare i giocatori compulsivi, delle proteste gridate al vento della Chiesa cattolica, l’azzardo legalizzato e benedetto dallo Stato prosegue quindi la sua marcia trionfale, tra spot ossessivi e testimoni di successo di grande notorietà.

Sì, perché  anche in questo campo, che garantisce alti e facili guadagni per gli organizzatori ed elevatissime possibilità di riciclaggio di denaro sporco e di immediato trasferimento all’estero di somme ingentissime, accanto allo Stato miope e biscazziere, come vera e propria socia di fatto che tiene il piede fisso sull’acceleratore si è ormai stabilmente inserita la criminalità organizzata – già in effetti presente nel settore da tempo immemorabile con le scommesse clandestine – la quale oggi riesce con tutta evidenza a condizionare, a pilotare e ad orientare a proprio uso e consumo, tramite lobby politiche sempre trasversali, le scelte politiche nazionali sull’azzardo legalizzato e generalizzato (basti pensare che per gli imprenditori dell’azzardo ad oggi non è neanche prevista la certificazione antimafia; che non c’è alcun obbligo, quanto meno a partire da una determinata cifra, di identificare chi gioca e chi vince; che sino ad oggi non è stato possibile bloccare la pubblicità ingannevole di chi promette facili vincite con spot persuasivi e suadenti, che contraddicono qualsiasi indagine statistica).

Interessi enormi in campo, quindi, sempre più incistati e sempre più difficili da contrastare, nonostante gli appelli della Chiesa, che in questo settore, ad onor del vero, è l’unica voce che sta cercando di mettersi di traverso. A quando, anche in questo campo, una rivolta della società civile?

* Avv. Giuseppe Bommarito, presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”

P.S.: dedico questo articolo ad un mio carissimo amico, uscito, spero per sempre, dalla ludopatia che per anni lo ha tormentato.



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