In 40mila a piedi per gli Aperitivi
Ma durante l’anno serve la macchina?

DAVOLI VOSTRI - Riflessioni dopo il successo della festa dell'Europa a Macerata: il centro non è un teatro, ma un quartiere come gli altri

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Filippo Davoli

di Filippo Davoli

Abbiamo ancora gli occhi pieni della fantasmagoria di luci e colori regalataci dalla nuova fantastica edizione della Festa dell’Europa: un tripudio di profumi e di cucine, una sorridente e gradevole invasione di turisti e cittadini della periferia come pure dei paesi circostanti (pare siano stati addirittura quarantamila, praticamente un’altra Macerata o poco meno!), venuti in piazza Libertà e nelle altre location del centro storico rigorosamente a piedi o servendosi delle navette che facevano la spola dai parcheggi più distanti. Perdonerete il poeta se in automatico gli scatta la molla e gli sovviene quella celebre poesia che ci insegnavano a memoria quando andavamo a scuola, “La spigolatrice di Sapri”: riadattandola un po’, suonerebbe così: “Eran quarantamila, nemmeno tutti giovani e forti, eppure venendo a piedi non sono morti”. E non sono saliti in piazza soltanto una volta poco prima dell’ora di cena per prendersi un aperitivino o due, bensì per tre giorni di fila; scivolando e consumando di locale in locale, chi più chi meno, da prima di cena fino a notte inoltrata!

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Una delle serate della festa dell’Europa

 

Già… ma allora mi viene da chiedermi: oibò, se per gli Aperitivi europei riescono a venire in centro a piedi in così tanti, come mai nel resto dell’anno, se non ci vengono in macchina, scoppia l’Apocalisse e un eventuale divieto di transito viene considerato un attentato mortale alle attività commerciali? Forse andrebbe organizzato stabilmente il servizio dei bus navetta, piuttosto.

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E anziché spingere a tutta sui marciapiedi di via dei Velini (che ancora non s’è capito chi ci passeggerà in su e in giù tra un tornante e l’altro) o sul pavè di via Armaroli (già rioccupato dagli ospiti del Silos, altro che attrattività seduttiva per i visitatori!), bisognerebbe semmai accelerare sull’antica ipotesi del parcheggio a raso sotto Rampa Zara con opportuni attracchi meccanizzati, o comunque sul potenziamento degli altri spazi di sosta extra moenia. La gente – come si è appurato – se c’è qualcosa che l’attrae, in centro a piedi ci viene eccome!

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Noi residenti saremmo lieti non solo se ci viene nelle grandi occasioni, ma anche se ci volesse rimanere tornandoci ad abitare. Il centro, infatti, non è il palcoscenico di un grande e antico teatro ma un quartiere come tutti gli altri, dove politiche favorevoli alla residenzialità riaccenderebbero spontaneamente il piccolo e medio commercio, mantenendo gli uffici (che invece, uno dopo l’altro, fanno a gara per andarsene) e salvaguardando il “benessere” delle vie e dei vicoli, ovvero la cura dell’igiene, nonché il rispetto reciproco della convivenza e del buon vicinato. Un fatto, per così dire, che significa anche un’identità; un’identità aperta e inclusiva purché nel nome di regole comuni. Finché invece un’ottima manifestazione come la Festa dell’Europa si svolge egregiamente fino all’una di notte (fin quando cioè è attivo un servizio d’ordine istituzionale) ma viene abbandonata a sé stessa nel prosieguo (quando cioè i più “festanti” scambiano ululando il giorno per la notte o passano direttamente e con soddisfazione alla minzione su portoni e vetrine, tra una litigata a due e una rissa a venti), ecco che tutto il buono e il bello e il colorato svapora in un minuto, lasciando – noi che restiamo – con l’amaro in bocca. E in fondo al cuore anche – perché no? – una puntina di rabbia!

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