Sisma, mafia e multinazionali:
a chi fa gola lo spopolamento

2019, IL PUNTO SULL'ENTROTERRA FERITO - Gli obiettivi delle grandi compagnie possono essere i contributi dell’Unione europea per prati e pascoli, ma anche le preziose sorgenti d’acqua, l’energia con le pale eoliche, le centraline elettriche. Un'ipotesi terribile è che associazioni malavitose possano mirare a creare discariche abusive. Intanto prosegue il calvario dei terremotati che alla vigilia di Natale hanno vissuto esperienze durissime

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Vista da Vallinfante, Castelsantangelo, 30 dicembre 2018 (foto Nardi)

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Ugo Bellesi

 

di Ugo Bellesi

Le festività di Natale e di fine anno ci invitano tutti ad essere più buoni, a perdonare chi ci ha fatto del male, a dimenticare qualche offesa. Ma non possiamo assolutamente dimenticare e tanto meno perdonare quanto hanno dovuto subire, proprio la settimana antecedente il Natale, i nostri fratelli terremotati che vivono nelle Sae e con loro tante altre famiglie che abitano nell’area maggiormente colpita dal sisma. Si dirà: “Ma è stata colpa della neve se è mancata l’energia elettrica”. La neve ha fatto il suo dovere: è andata ad innevare i campi da sci (come faceva negli anni precedenti il sisma) e soprattutto ha consentito di rimpinguare le sorgenti di montagna. Poi, ovviamente, ha fatto cadere qualche ramo di alberi rinsecchiti. Ha schiantato anche un traliccio dell’energia elettrica. E in questi casi non è colpa della neve ma di chi non ha fatto la manutenzione come si faceva negli anni passati quando i centri decisionali erano molto più vicini ai territori in cui intervenire.

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Il traliccio spezzato a Pian di Pieca

Così se nessuno, durante l’estate e comunque durante la bella stagione, taglia i rami secchi è evidente che se sotto a quei rami passa un cavo dell’energia elettrica questo viene tranciato. Poi da parte dell’azienda fornitrice di energia elettrica non ci si lamenti che i tecnici debbono intervenire in condizioni proibitive. La manutenzione e la prevenzione si fanno prima che arrivi l’emergenza. E d’altra parte è anche compito dei tecnici controllare in continuazione le linee elettriche e se ce n’è qualcuna a rischio debbono far tagliare il ramo o l’albero che sta per cadergli addosso.

E tra l’altro non è stata una nevicata eccezionale per le nostre montagne. Potrebbe capitare di peggio durante l’inverno. Complessivamente quei guasti alle linee elettriche hanno lasciato al buio e senza riscaldamento 1.671 famiglie. Peggio di tutti ovviamente i nostri fratelli terremotati che vivono nelle casette. E proprio le Sae stanno provocando i maggiori disagi. Una delle quali è quella abitata da una persona disabile in frazione Gualdo a Castelsantangelo, dove era stata anche sindaco. Si tratta di Domenico Marzoli Capecci di 53 anni che a causa della neve, con la sua auto non ha potuto raggiungere la propria casetta perché costruita in cima ad una salita troppo ripida. L’hanno fatto apposta? Speriamo di no. A Valfornace è stata segnalata, per alcuni giorni, l’interruzione della linea telefonica fissa. Alcune frazioni di Caldarola sono rimaste senza elettricità per ben tre giorni. A San Severino una trentina di aziende agricole hanno subito il blackout per 30 ore perché a causa della neve si erano bloccati dieci chilometri di linee elettriche. Per gli allevatori non hanno funzionato le celle frigorifere con il rischio di perdere la produzione di latte e formaggi. E questo proprio la vigilia di Natale quando è più forte la richiesta del mercato. A Visso invece alcuni abitanti delle Sae hanno segnalato che dal tubo di fuoriuscita dei fumi della caldaia entra l’acqua. Ancora più grave la situazione in cui si è venuta a trovare Silvia Bonomi dell’azienda “La sopravissana dei Sibillini” alla quale è stato assegnato un container di lamiera, che i tecnici chiamano Mapre (cioè Modulo abitativo provvisorio rurale di emergenza) totalmente alimentato ad elettricità. Anche lei è rimasta senza corrente e la sua casetta ha raggiunto temperature polari. E il suo commento è stato categorico e soprattutto dovrebbe far riflettere quanti hanno in mano la cosa pubblica: «Cominciamo seriamente a chiederci – ha detto Silvia Bonomi – cosa abbiamo fatto di male per meritarci tutto questo. Una umiliazione dietro l’altra, una difficoltà dopo l’altra. Come non bastasse abbiamo raggiunto le nostre pecore sopravissane con difficoltà, viste le condizioni pietose in cui versavano le strade per la neve. Per quanto riguarda i Mapre abbiamo capito sulla nostra pelle che si tratta di scatole in lamiera scarsamente coibentate (la temperatura interna alle 7 era di 7 gradi) in cui la condensa e le muffe la fanno da padrone. Troppo facile arrivare in elicottero e dire “è tutto a posto!”. A volte mi chiedo se l’emergenza finirà mai».

Altri problemi si sono avuti nell’area Sae di Villa Sant’Antonio di Visso. Infatti è stato limitato l’uso dell’acqua potabile per una carenza ancora senza spiegazioni. Nell’area di Pian di Pieca, per liberare le strade comunali dalla neve sono intervenute le ditte appaltatrici con gli spazzaneve ma la situazione era tanto preoccupante che il Comune ha chiesto l’intervento della Protezione civile regionale per ricorrere ad alcune ditte locali dotate di appositi mezzi spazzaneve anche per la rimozione di situazioni di pericolo dovute alle piante cadute o a rischio caduta. In alcune Sae oltre al riscaldamento e alla illuminazione sono saltati anche modem e computer.

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Alcune coperture realizzate per le sae

Ad Ussita, su sollecito del Comune, l’Erap ha chiesto al Consorzio Arcale “di modificare l’impianto idrico interno alle casette, non realizzato a regola d’arte, affinchè il disagio subito ai primi freddi, che si risolve naturalmente nel corso delle prime ore della giornata, non diventi un vero problema in caso di abbassamento delle temperature, con il rischio di rottura delle tubazioni”. Il costo si aggirerebbe sulle 200 euro per ogni casetta. Proprio nell’area Sae di Ussita, alcune famiglie ivi residenti hanno fatto costruire, a proprie spese, in vista dell’inverno, delle coperture esterne. La spesa va dai mille euro in su. Proprio il giorno prima di Natale a Caldarola si è scoperta che una famiglia, assegnataria di una casetta, vedeva la luce esterna attraverso una fessura creatasi tra il tetto e una parete. In alcune casette invece ci si lamenta che non funzionano i pannelli solari, mentre in altre i tubi delle caldaie erano invertiti. L’unica soddisfazione è che spesso le riparazioni sono celeri. Tuttavia è una situazione insostenibile. Soprattutto se si tiene conto che è iniziato il terzo anno dal sisma che ha sconvolto l’alto maceratese.

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I bidoni rovesciati dal vento a Caldarola

Ma il calvario dei terremotati non accenna a finire. Infatti con il vento che ha soffiato fortissimo nei giorni scorsi è successo che nelle aree più esposte alle raffiche vengono in continuazione rovesciati i cassonetti dei rifiuti e questi poi vengono sparsi ovunque. E la signora Anna Rosa Mancini di Caldarola, che ha segnalato questa situazione alla nostra Federica Nardi, ha commentato: «E’ uno schifo nel vero senso della parola. Caldarola sta morendo e questa è una situazione che ti fa sentire straniero nel tuo paese». La terribile situazione in cui si trova tutto il territorio terremotato è stata descritta molto bene e assai sinteticamente dalla presidente di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni, che tra l’altro ha dichiarato: «Lo spopolamento ha provocato il crollo del mercato e messo a rischio la sopravvivenza delle aziende e questo è un inverno vissuto in condizioni di estrema precarietà. Il rischio dello spopolamento e dell’abbandono sta aumentando in maniera vertiginosa e questo rappresenta un danno incalcolabile non solo per la nostra regione ma per tutto il paese».

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Panche abbandonate a Vallinfante

E’ evidente che se l’entroterra si spopola, muoiono le aziende, spariscono gli allevamenti, se ne vanno i montanari e la montagna resta senza “sentinelle”, senza più turismo, senza più i suoi “custodi”.

A questo punto ci si chiedere: a chi interessa che nell’Alto maceratese ci sia un massiccio spopolamento? Innanzitutto alla mafia. Come è noto in Sicilia si chiama “la mafia dei prati-pascoli”. Si acquistano i terreni di montagna e, sostenendo di doverli destinare al pascolo, si chiedono i contributi dell’Unione Europea che poi arrivano regolarmente. I controlli sembra non siano molto rigidi.

Ma c’è la mafia nelle Marche? Lasciamo la parola al procuratore generale delle Marche Sergio Sottani che così ha riposto in una intervista concessa al nostro Gianluca Ginella: «Tutte le volte che c’è flusso di denari illegali è normale che la criminalità punti la sua attenzione. Visto che a Macerata e nelle Marche c’è un flusso di sostanze stupefacenti, significa che c’è un flusso di denaro illegale. Il secondo profilo: quando arrivano molti soldi per le opere pubbliche come per la ricostruzione è storicamente dimostrato che è uno degli obiettivi della criminalità organizzata. Segnali di pericolo della presenza di infiltrazioni ce ne sono diversi». Altra conferma della presenza della mafia nelle Marche ci viene da un dato statistico. La provincia di Pesaro è nelle Marche quella in cui negli ultimi tempi sono avvenuti i maggiori sequestri di proprietà immobiliari e non appartenenti a soggetti mafiosi. Comunque altri sequestri ci sono stati anche nelle nostre province più a sud di Pesaro.

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Una fontana a Visso

Ma lo spopolamento del nostro entroterra – a quanto ci è stato riferito da fonte autorevole – è visto con molto interesse anche da alcune multinazionali. Le quali fanno il loro mestiere: dove c’è da sfruttare una situazione dalla quale si può trarre guadagno ci si tuffano. Il che è ovviamente del tutto lecito, ci mancherebbe! Ma cosa c’è da “prendere e da sfruttare” sulle nostre montagne? C’è innanzitutto un bene prezioso che in futuro diverrà ancora più prezioso e per il cui accaparramento c’è una lotta accanita. Si tratta dell’acqua. Le nostre sorgenti hanno un valore incalcolabile. Si dirà: ma ci sono le nostre industrie che hanno il diritto di sfruttamento. E’ vero, ma l’esperienza ci dice che si possono fare delle fusioni, delle compartecipazioni, degli accordi societari, degli scambi di azioni come è successo per altre industrie della nostra provincia. Tutto ciò – si potrebbe obiettare – può avvenire anche senza lo spopolamento. E’ vero anche questo, ma se all’azienda del territorio viene a mancare l’humus (fatto da un ambiente attivo, ricco di fermenti commerciali, di interessi convergenti, di servizi efficienti, di turismo ecc.) sul quale è nata, anche le sue “difese” di fronte ad offerte lusinghiere si fanno molto più deboli.

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Una frazione deserta di Castelsantangelo

Un altro settore che interessa le multinazionali – ci è stato segnalato da alcuni sindaci – è anche quello dell’energia prodotta dalle pale eoliche. Già in passato ci sono stati dei tentativi sempre sventati grazie al Parco dei Sibillini, all’Unione dei sindaci ecc. ecc. Tuttavia è evidente che le multinazionali più agguerrite (non solo straniere ma anche italiane) hanno degli “agganci politici” forti attraverso i quali possono ottenere (speriamo di no!) qualche leggina o qualche emendamento infilato in una legge di tutt’altro tenore, perché tutto diventi più facile. Un esperto del settore – in un convegno – ha sostenuto che in alcuni corsi d’acqua si potrebbero creare delle centraline elettriche. E anche questa sarebbe quindi una opportunità per le multinazionali. Infine l’ultima ipotesi, ma questa ci rifiutiamo di considerarla possibile, è quella di creare, grazie proprio allo spopolamento, delle discariche abusive per i rifiuti industriali. Una operazione questa che casomai potrebbe far gola alla mafia non certo alle multinazionali. Ci mancherebbe soltanto questo: un territorio bellissimo, considerato il cuore dell’Italia, ridotto a “terra dei fuochi”. E’ un’ipotesi terribile ma è per questo che dobbiamo lottare perché gli abitanti di questi Comuni tornino nella terra d’origine, perché quelli che vivono nelle casette non siano costretti a subire un calvario continuo, perché abbiano tutti i servizi, perché si creino centri di aggregazione, perchè ci siano spazi per i bambini, perché anche i giovani abbiano la possibilità di raggiungere Camerino o altri centri dell’entroterra con maggiore facilità. Ed è questo il migliore augurio per il 2019 che possiamo fare ai nostri fratelli e amici terremotati.

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