di Giancarlo Liuti
Quando per la prima volta ci entra nel cuore e lo fa suo, la bellezza di un luogo ha un che di misterioso che non si può descrivere con parole ordinarie. E questo è capitato proprio a me quando una sera mi si è presentata all’improvviso una bellezza per anni da me stesso ignorata pur essendole passato davanti ogni giorno. Sto parlando di Piazza della Vittoria a Macerata e del Monumento ai Caduti. Quella sera era quasi notte e grazie a una recente e buona idea della giunta comunale la scalinata che conduce al monumento era illuminata fino alla sua ultima parte che raggiunge le statue di cinque atletici vincitori di chissà quali battaglie e arriva a sfiorare il verde degli alberi che sulla sinistra fanno da confine allo Stadio dei Pini. E sono stato colto dalla sensazione di aver compiuto un salto nello “straordinario”, qualcosa che per il suo fascino non rientra nella “normalità” della consuetudine quotidiana. Sto esagerando? Probabilmente sì.
Ma lo “straordinario” è sempre un po’ “esagerato”. Questa zona di Macerata fu “urbanizzata” in cinque anni, dal 1927 al 1932, su progetto di Cesare Bazzani, che nel primo Novecento era il “numero uno” dell’architettura pubblica nazionale e già questo – Macerata non era Roma – aveva qualcosa di straordinario. E poi la dedica ai “Caduti di tutte le Guerre”, prescindendo cioè dalla nazionalità degli eserciti in campo che spesso erano stati nostri nemici (la prima guerra mondiale, iniziata nel 1914, s’era conclusa , per noi, nel 1919 e ci era costata seicentomila morti, mentre nella seconda i morti del Maceratese furono quasi mezzo milione). Molti, troppi. Ancora qualcosa di “straordinario”, dunque. E per volontà del destino. Ma proveniente dall’Inferno.
Resta comunque il fatto che l’attuale monumento di Piazza della Vittoria si astiene da ogni distinzione di pelle o di razza, e, ripeto, esprime un messaggio di solidarietà umana per chiunque abbia perso la vita in qualunque conflitto armato. Lo stesso luogo “caduto in disgrazia” quel giorno dello scorso febbraio quando un uomo salì con la bandiera dell’Italia sulle spalle dopo aver seminato il panico sparando in giro per la città e ferendo sei persone africane: parliamo ovviamente di Luca Traini, recentemente condannato a 12 anni per strage.
Scendendo di qualche metro, poi, c’è un secondo e più piccolo monumento con la data del 1944 e dedicato alla Resistenza ed ai “partigiani” caduti e lì definiti “Martiri della Libertà”. Ed ora mi soffermo ancora un attimo sulla bellezza di Piazza della Vittoria, specie se la si percorre sotto un cielo buio e pieno di stelle. Non è comune, per qualsiasi città, avere un luogo così spalancato verso il cielo e, all’apparenza, così riservato. Ma basta salire pochi gradini, fino al Monumento , e se guardiamo verso il centro storico di Macerata ci si presenta un panorama urbano – tutto Corso Cavour e, in fondo, i grandi cancelli neri – che ha un’armonia da sembrare quasi un gioiello e se non ci metterà le mani qualche sprovveduto della giunta comunale o addirittura un sindaco cui piacciano le stravaganze spero che abbia un lungo futuro. Sto esagerando? Probabilmente sì, ma la ragione è che me ne sono innamorato e l’amore non tollera imbarazzi, esitazioni e, figuriamoci, tradimenti.
E nuova luce fu per il Monumento ai caduti «Poi toccherà allo Sferisterio»
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E’ scoppiato l’amore del dott. Liuti per Piazza della Vittoria, definita luogo di straordinaria bellezza. Per fortuna aggiunge il termine esagerazione, riferito ad amore o a bellezza ? Ma pur sempre esagerazione.
Veramente è un monumento sempre teso a esaltare la romanità, la gloria della vittoria, la sensualità d’una virilità marziale e combattente, un monumento insomma fascista fino al midollo, fascista al 100%, Bazzani era l’architetto più amato da Mussolini… forse vedere in questo monumento un messaggio di solidarietà umana, interrazziale è un po’ esagerato, oftalmopatico…
Trasferita a Roma, la scelta del dr. Liuti consisterebbe nel dare la palma a Piazza Venezia dopo aver visto i Fori oppure a Via Nazionale aver visto l’Appia Antica. E’ proprio vero, ‘de gustibus non est disputandum’.
Ma il bello è bello a prescindere da chi lo ha realizzato e dall’epoca in cui è stato fatto.
Appunto…..