Lu pesce d’aprile

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

di Mario Monachesi

Il primo di aprile “adè lu jornu de li scherzi”. Oggi molto meno ma, una volta, questa giornata veniva vissuta con tutto “l’impegno” possibile. Ì più intraprendenti accendevano la propria fantasia per produrre lo scherzo più originale. Le vittime erano un po’ tutti, in special modo i creduloni o come ancora vengono chiamati a Macerata “li credenzù”. Un tempo i ragazzi ritagliavano pezzi di stoffa a forma di pesce, li cospargevano di farina o gesso poi ne lasciavano le impronte sulle spalle di chi capitava. Altre volte li coloravano e, di nascosto, li appiccicavano sulle spalle sempre di poveri malcapitati. Gli adulti invece andavano oltre: mandavano il ragazzo più ingenuo in qualche bottega a comperare il “guarda per tutto”. Il negoziante, intuita la burla, si rendeva complice invitando il malcapitato a guardare prima di qua, poi di là, su e giù e in ogni dove, fino a che il poveretto non si rendeva conto di stare al centro di una “canzonatura”. Altro famoso “pesce d’aprile” era quello di spedire un ragazzo in farmacia a comperare trenta lire di “musu pistu”, con la raccomandazione: “se non ce l’ha pistu, fattulu pistà”. Anche in questo caso il farmacista capito lo scherzo, con la scusa di non aver avuto il tempo di prepararlo, obbligava il ragazzo a ripassare più volte, fino a che la povera vittima non si accorgeva di essere preso in giro.

 

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Mario Monachesi  con Alessandra Pierini alla presentazione del suo libro pesce d’aprile nel 2012

In anni più vicini a noi, oltre alle “cojonate” più semplici tipo: “te vole lu curatu”, “te cerca lu pustì”, “ci-hai le scarpe sciorde”, “derèto si tuttu sporcu” ecc ecc, i muratori, ad esempio, mandavano i garzoni a cercare la “squadra tonna”. Altri “fiji de bonadonna” spedivano il ragazzo di turno nella farmacia con personale a prevalenza femminile a comperare, per il nonno “co’ la tosce”, una confezione di sciroppo “Hatù”. Il risultato finale regalava momenti irripetibili. Si ha notizia che anche nel vecchio seminario di Macerata era in uso fare scherzi, qualche seminarista “paracarru” si prendeva gioco di qualche prete più anziano. Per quanto riguarda l’oggi, non trapelano notizie. Sempre in città, nel 2016, il titolare della boutique “Romano” ha trovato di buon mattino il cartello “Questa attività rimarrà chiusa per cambio gestione. Grazie”. Nello stesso anno il sindaco di Petriolo Domenico Luciani in un post su fb avvisa i suoi cittadini l’introduzione della tassa sui telefonini (meno il suo). Impossibile raccontare tutti gli scherzi che Macerata “ha visto e vissuto” negli anni. Credo che storico, per molti e molti versi, rimanga quello messo in atto dal sottoscritto e Cm, nel primo aprile 2012, con la presentazione, nei locali della libreria Mondadori (oggi chiusa) di corso della Repubblica, del libro burla “Vizi privati e pubbliche virtù degli amministratori maceratesi”.

Anche altri paesi europei avevano, o hanno ancora, il loro scherzo principe. In Portogallo mandavano, o ancora mandano, i ragazzi a cercare la corda per legare il vento, in Francia il lievito per le salsicce, in Germania la neve disseccata, in Belgio il rasoio per tosare le uova, ad Andorra la pietra per affilare i capelli.  L’origine di questa usanza, diffusa come abbiamo già visto in quasi tutti i paesi europei, addirittura in America, è molto incerta. Le versioni che circolano sono le più disparate. Eccone alcune. Taluni la collegano alla pesca che in certi paesi comincia il primo aprile, siccome infruttuosa all’inizio, con il tempo ha dato luogo all’usanza di offrire ai semplicioni un’esca a loro sfuggente, proprio come il pesce che in aprile sfugge ai pescatori. Altri l’attribuiscono alla popolazione di Firenze che il primo di aprile spediva i più umili ad acquistare in una speciale piazza il pesce che invece vi era solo raffigurato.

Altri ancora pretendono di riportarla a un decreto pontificio che proibiva di consumare il pesce in quel giorno, per ricordo del miracolo della spina avvenuto in Aquileia al tempo del patriarca Bertrando. C’è anche chi ipotizza che avendo Carlo IV, re di Francia, riportato dal 1° aprile al 1° gennaio l’inizio dell’anno e fatti in questa data i doni tradizionali, al 1°aprile si donavano solo quelli finti; e poiché allora in aprile il sole usciva dal segno zodiacale dei pesci, si diede a questi falsi doni il nome pesce d’aprile. O chi ancora la riporta ad un antichissimo uso degli ebrei, quello di mandare per disprezzo una persona di qua e di là, come fecero con Gesù Cristo, da Erode a Pilato, da Caifas ad Anna, nei primi di aprile. Quindi secondo essi, la voce poisson sarebbe una corruzione di passion. Altri, altri ancora riesumano addirittura un presunto “primo scherzo” di Marco Antonio a Cleopatra. La tesi più avvalorata data il “pesce d’aprile” alla fine del XVI secolo. I primi burloni, così sembrerebbe, sono stati francesi e tedeschi, mentre il giorno “de li scherzi” emigrò in Inghilterra solo alla fine del 1700 e poi da lì nel resto d’Europa. In Italia sembra arrivato fra il 1860 e il 1880 e la prima città dello scherzo, stando a questa tesi, pare essere stata Genova.



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