Marche crocevia dei signori dell’eroina
«Mafia nigeriana? Non è rituale
Ai vertici ci sono laureati»

L'INTERVISTA - Salvatore Giancane, medico del Sert a Bologna, autore del libro "Il mercato globale dell’eroina. Dall’Afghanistan all’Adriatico", ricostruisce i traffici illeciti che coinvolgono il Maceratese e spiega come funziona l'organizzazione nata dai campus universitari in Nigeria e cresciuta grazie alla crisi del petrolio

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Il medico Salvatore Giancane

 

di Gianluca Ginella 

Le rotte dei signori dello spaccio di eroina che convergono nelle Marche (albanesi, pakistani, nigeriani), la mafia nigeriana dal tocco (inteso come copricapo dei laureati) all’ascia (dal nome di una delle organizzazioni, Black Axe) ed una organizzazione verticale che va dal traffico allo spaccio minuto. A spiegarlo è l’autore del libro «Il mercato globale dell’eroina. Dall’Afghanistan all’Adriatico», Salvatore Giancane, medico del Sert di Bologna che da 28 anni si occupa di eroina e che per 17 anni è stato nell’Unità mobile di Bologna. «C’è un problema evidente di narcotraffico grosso e di eroina sulla costa Adriatica. C’è probabilmente un convergere di vari gruppi che importano eroina e che si distribuiscono tra Abruzzo, Marche e Umbria» spiega Giancane.

Quali sono questi gruppi?

Ci sono almeno tre gruppi criminali: albanesi, pakistani e nigeriani. Ne ho preso atto circa 12 anni fa, quando è cominciato un viavai di persone dedite allo spaccio a Bologna che si andavano ad approvvigionare ad Ancona.

E gli italiani?

Gestiscono la cocaina, che è un affare più grosso, mentre non sembrano interessati al mercato dell’eroina.

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Un mare di droga sulla spiaggia di Porto Recanati

Come arriva l’eroina in Italia?

C’è la rotta dei Balcani, con la droga che arriva sulle coste adriatiche. Poi c’è quella che arriva dal Pakistan: la portano via aereo con borsette, falsi barattoli alimentari confezionati ad hoc, artigianato etnico. Usano molto la posta aerea. Terza rotta dall’Africa. In quel caso ci sono gli uomini pacco, in Italia chiamati ovulatori. Usano anche i bianchi per portarla. Parliamo di viaggi da 1 chilo, un chilo e mezzo.

Da chi è gestita?

Dai nigeriani, che sono molto più aggressivi sul piano commerciale. Hanno una organizzazione verticale e gestiscono anche il dettaglio. I nigeriani vendono solo la loro roba, non la chiedono ad altri. La rete è quella della mafia nigeriana che è molto strutturata e molto verticale. Se c’è un nigeriano che vende la pallina di droga, nel giro di 20-30 chilometri c’è chi ha i chili.

Che cos’è la mafia nigeriana?

Ai vertici ci sono persone che hanno frequentato l’università, il più delle volte sono laureati. Leviamoci dalla testa cose come i riti voodoo. Nasce negli anni Ottanta nei campus universitari. All’inizio erano delle congreghe come quelle delle università americana. Le congreghe furono dichiarate illegali perché erano molto violente.

E poi?

In seguito queste persone sono state alimentate dai proprietari dei pozzi petroliferi durante una crisi negli anni Ottanta. Per evitare furti li assoldavano come vigilantes e a questo punto si sono strutturati ancora meglio. Hanno avuto soldi e tolleranza delle istituzioni. E da lì si è sviluppata. Hanno un radicamento storico nell’ambiente universitario. Pescano nella parte marcia della parte più acculturata del paese.

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Gestiscono tre settori. Oltre a quello dell’eroina, ci sono le truffe informatiche che avvengono via mail, ad esempio viene chiesto aiuto da qualcuno che deve avere una eredità in cambio di una percentuale di questa. E poi c’è la prostituzione con il sequestro di documenti alle ragazze che devono pagare decine di migliaia di euro per riaverli indietro e sono costrette a prostituirsi. C’è anche stata, nel 2011, una informativa ufficiale dell’ambasciatore nigeriano in Italia al nostro governo che scrive che sanno che ex membri di queste sette, così le chiama, sono in Italia, principalmente con scopi criminali.

Nell’Italia del centro dove si troverebbero i componenti di questa organizzazione?

I sospetti sono che la base principale sia a Perugia. C’è stata anche una importante operazione nel 2014, chiamata Turnover, che si è conclusa con 37 ordinanze di custodia cautelare ed era partita con l’arresto di alcuni ovulatori che arrivavano a Fiumicino.

Esiste solo in Italia?

No, si trova in diversi Paesi: Germania, Spagna, Portogallo, Croaza, Russia, Brasile, Ucraina, Romania per citarne alcuni.

Chi ne fa parte?

Sono degli insospettabili. Usano una ricca rete di dialetti locali, si proteggono attraverso questo utilizzo di dialetti che divengono sempre più strani e particolari salendo verso i vertici.

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Pamela entra in farmacia con il trolley

Sarebbero capaci di uccidere?

Sì. Sono violenti, persone spietate. Sono la meno rituale di tutte le mafie. Sono l’unica mafia che non ha un rito di affiliazione. E hanno molto la struttura legata al villaggio, al gruppo famigliare. Questo è quello che si sa, ma sono impenetrabili.

Possibili legami con quanto avvenuto a Macerata?

La vicenda di Macerata è tutta da leggere, gli elementi sono pochi. Se, per ipotesi, c’entrasse la mafia nigeriana, quelli su cui hanno messo le mani non sarebbero elementi di spicco, ma dei manovali.

Chi spaccia marijuana o hashish potrebbe essere connesso alla mafia nigeriana?

No, non dovrebbe essere legato alla mafia, di solito è uno che la droga se la procura in loco.

 

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