di Giuseppe Bommarito*
Grande scalpore ha fatto la notizia dell’accusa di evasione fiscale per tredici milioni di euro rivolta dalla Procura di Macerata e dalla Guardia di Finanza al poliedrico imprenditore civitanovese Giuseppe Cerolini e ad altri otto indagati, con sequestri di pari importo disposti su beni mobili, immobili, autovetture, quote societarie e conti correnti. Il clamore è nato non tanto dalla notizia in sé, visto che Cerolini non è nuovo ad accuse del genere, che lo inseguono praticamente da una vita (basti dire che attualmente è sotto processo con altri venti imputati al tribunale di Fermo per un’altra evasione fiscale che raggiunge la sbalorditiva cifra di cento milioni di euro), quanto dal fatto che il principale indagato di questo ulteriore procedimento penale è oggi presidente anche della Civitanovese, dopo i fasti ed i nefasti della recente fallimentare gestione Patitucci, acclamato quale nuovo “patron” nella scorsa estate a furor di popolo con il plauso della giunta Corvatta-Silenzi e con tanto di affaccio benedicente dal balcone del palazzo comunale.
Saranno comunque i giudici a stabilire, all’esito dei vari gradi di giudizio, se in quest’ultima vicenda Cerolini è pienamente innocente, come sostiene il suo difensore, oppure se l’evasione fiscale oggetto di contestazione (quella classica, quasi da manuale, effettuata con le frodi carosello e le società cartiere) risulterà infine conclamata. Nel frattempo, però, la Procura ha nominato un amministratore straordinario, nella persona del commercialista maceratese Alessandro Benigni, per meglio individuare e riscontrare le varie irregolarità fiscali, ma anche per gestire “medio tempore” le tante ditte e società del Cerolini e consentire così la prosecuzione delle relative attività imprenditoriali e la salvaguardia dei posti di lavoro.
Certo, l’impresa non sarà facile, anzi appare sin d’ora di improbabile realizzazione, tanto che il difensore del patron della Civitanovese, nel preannunziare il ricorso al Tribunale del Riesame avverso i sequestri, poi tempestivamente depositato, ha però già messo le mani avanti sulla sorte di queste attività una volta affidate a mani per così dire “estranee”, costrette quindi a barcamenarsi nell’ordinaria amministrazione e non abilitate, ad esempio, ad investire in un settore deficitario gli utili provenienti da altri settori del vasto mondo imprenditoriale di Giuseppe Cerolini. Detta in altri termini, secondo le parole e la musica del difensore del Cerolini: se i sequestri disposti dalla Procura non saranno revocati a stretto giro di posta, è facile pronosticare un esito fallimentare delle varie società del gruppo, un disastro che arriverà ben presto, entro una quindicina di giorni al massimo, e coinvolgerà una miriade di aziende e tanti lavoratori buttati sul lastrico.
Sì, perché l’impero economico del Cerolini, che vanta complessivamente oltre duecento dipendenti, spazia dalle gazzose e dalle stazioni di servizio alle attività nell’ambito della plastica e dell’abbigliamento (si è parlato pure di un negozio di scarpe in piazza Pitti a Firenze), con una fortissima concentrazione però, quanto meno negli ultimi anni, nel settore della ristorazione, dei pubblici esercizi e dei locali di intrattenimento. Ecco, sotto tale ultimo aspetto, qualche nome di locali piuttosto noti nella zona, equamente divisi tra il maceratese ed il fermano, ormai facenti parte del gruppo imprenditoriale del quarantottenne civitanovese, sempre più in fase di ambiziosa espansione: il Lido Cluana, il Caffè del Teatro, il bar Annibal Caro ed un paio di ristoranti a Civitanova Marche, il Deep Blu a Porto Recanati, lo chalet Nero di Sole e il Bar Aragno a Porto Sant’Elpidio, la pizzeria Happy Days e il bar Florian a Porto San Giorgio. Per poi arrivare, nella punta più avanzata di un continuo allargamento, alla recentissima acquisizione, sia pure con qualche flebile polemica di campanile, della gestione dello storico bar Venanzetti di Macerata, dopo che il Cerolini aveva tentato di acquisire nell’anno appena trascorso anche il prestigioso bar Novecento di Porto San Giorgio e persino – tenetevi forte – l’ancora più altisonante Cafè de Paris in via Veneto a Roma, locale simbolo della “dolce vita” capitolina, finito negli anni passati nelle mani luride di sangue di un clan della ‘ndrangheta calabrese.
Insomma, un’espansione che sino all’intoppo degli ultimi sequestri sembrava destinata a proseguire, ma che tuttavia non aveva mancato anche in epoca precedente di sollevare diverse inquietudini. Molti, infatti, si erano chiesti che senso poteva avere, a livello imprenditoriale, investire tanti soldi per acquisire a getto continuo locali pubblici con scarse possibilità di rilancio, magari provenienti da anni di bilanci in passivo. Certo, la consistente evasione fiscale (ovviamente oggi tutta ancora da provare) intravista dalla Procura ben potrebbe spiegare la notevole liquidità utilizzata per la raffica di acquisti effettuati dal Cerolini, e bisogna anche dire che la professionalità conta e un’attività per così dire di rete nello stesso settore o in settori sinergici può sicuramente portare ad economie di scala e in qualche raro caso pure al salvataggio di aziende decotte. Però i miracoli, per di più in tempi brevi, al giorno d’oggi e con la crisi che ancora è molto pesante, non li fa più nessuno, tant’è vero che lo stesso difensore del Cerolini, nel descrivere in questi giorni bollenti, ovviamente al fine di rendere più pressante l’esigenza di revocare i sequestri ordinati dalla magistratura (la cui decisione in sede di riesame dei sequestri è attesa entro una decina di giorni), lo stato attuale di talune attività dello stesso, ha precisato che, per investimenti effettuati, il Deep Blu di Porto Recanati, entrato a far parte del gruppo da poco più di un anno, ha un disavanzo di 200 mila euro, mentre il Venanzetti di Macerata, rilevato da appena due mesi, di 150 mila euro (sicchè, proprio per evitare dei tracolli altrimenti imminenti, sarebbe indispensabile il ritorno veloce del Cerolini al timone di comando dell’intero gruppo).
Domande preoccupanti quelle di un’opinione pubblica sempre più allarmata, rese ancora più serie non solo dai frequentissimi roghi dolosi di autovetture in diversi centri della costa (palesi intimidazioni di stampo mafioso nell’ambito di pressanti attività estorsive), ma anche e soprattutto da quel dato ormai di comune esperienza, accertato da decine di indagini della magistratura pure nell’Italia centrale, secondo il quale gli esercizi pubblici (bar, chalet, ristoranti, discoteche) sono uno degli strumenti privilegiati dalla criminalità organizzata per riciclare il denaro sporco, quello che principalmente viene dalla droga e dalle sofferenze, talvolta sino al sacrificio della vita, di chi finisce intrappolato in questo infame mercato. Il meccanismo è semplice. Basta scontrinare in questi locali molto più degli incassi reali, magari infimi, per ripulire, nell’arco di un solo anno, centinaia di migliaia di euro, incassi fittizi sui quali – è vero – poi si dovranno pagare le tasse, ma di solito queste per un anno o due si pagano oppure, meglio ancora, si fa finta di pagarle, ricorrendo ad ogni sistema lecito ed illecito per eluderle, abbatterle (magari simulando investimenti in realtà inesistenti) o evaderle, per poi velocemente chiudere bottega con un bel fallimento pilotato dopo uno o più veloci passaggi di mano e l’ingresso in scena di qualche amministratore prestanome che non ha nulla da perdere.
Sarà quindi indispensabile vedere gli sviluppi non solo fiscali di questa indagine riguardante Giuseppe Cerolini e tutto il suo vasto gruppo imprenditoriale, che, se fosse vero che sinora si è retto solo su un’enorme evasione fiscale, risulterebbe essere solo un castello di carta messo in piedi per altri fini (quanto all’imponenza della cifra, basti pensare che i tredici milioni di euro contestati in questa vicenda come evasione dalla Guardia di Finanza sono esattamente pari a quelli emersi, sempre in termini di evasione fiscale, nell’ultimissimo scandalo del calcio professionistico di serie A, con nomi di primissimo piano a livello nazionale ed internazionale). Ad acuire ulteriormente le apprensioni c’è anche e soprattutto il fatto che il radicamento (non semplici infiltrazioni) a Civitanova e in tutta la provincia di Macerata della criminalità organizzata sembra ormai incontestabile, come le vicende di un paio di grandi centri commerciali sulla costa e nell’interno hanno dimostrato anche ai più scettici e agli ultimi sostenitori di quell’isola felice maceratese che da un bel pezzo è sprofondata nell’oceano dei grandi intrecci dell’economia criminale, legale ed illegale, nell’indifferenza di tanti amministratori che fanno finta di non vedere e accolgono addirittura come benefattori e mecenati personaggi di probabile caratura criminale. E, per tornare a Civitanova e a tutta la costa, a quel fenomeno oscuro che ben potrebbe definirsi “mafia litorale”, la preoccupazione maggiore, oggi come oggi, sembra venire dalla sempre più ricorrente ed incombente presenza di persone di origine calabrese che potrebbero essere legate al clan ‘ndranghetista Mellino, da molto tempo radicato sulla costa romagnola e qui protagonista al contempo di atti efferati (anche di sangue, con ergastoli già comminati) e di importanti investimenti effettuati con denaro sporco nell’economia legale, e strettamente legato alla casa madre crotonese Vrenna-Bonaventura.
* Avvocato Giuseppe Bommarito, presidente della onlus “Con Nicola oltre il deserto di indifferenza”
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ottima analisi Avvocato Bommarito.
Davvero inquietante se così fosse.
Ma le forze dell’ordine e gli investigatori della nostra regione sono preparati per difenderci da questi pericoli????
L’avvocato Bommarito , è famoso a macerata , per infangare gratuitamente , le brave persone , figuriamoci se ha il dente avvelenato contro un suo ex cliente. Questa è diffamazione a mezzo stampa, un professionista serio non fa di queste cose, ma credo che il Sig. Bommarito , non sia ne un professionista ne una persona corretta e seria. Prima di infangare il buon nome di un’imprenditore , con insinuazioni pesanti che non hanno fondamento , che lavora 15 ore al giorno , e da lavoro a tanta gente , dovrebbe lavarsi la bocca e pensare alla sua di vita che parla da sè, infatti non ha clienti non sta lavorando, ma è comprensibile che la gente non lo voglia come avvocato è un fallito.Non si è espresa una opinione, ha detto che siamo collusi con la criminalità organizzata calabrese, che ricicliamo soldi sporchi, in tribunale vediamo se avrà il coraggio di affermare quello scritto sul giornale, Ed ora a Cronache Maceratesi che si è prestato a questo schifo , vergognatevi arriveràà anche per voi quello che vi meritate
Sig.ra Marinozzi,quando trona,da qualche parte piove!!
Marinozzi, quella di Bommarito mi è sembrata una lucida analisi di chi, come di consueto, legge giornali e carte processuali. Quella sua, invece, sì che è diffamazione. E anche altro.
Gentile (???) sig.ra Giusy Marinozzi,
non credo di essere famoso a Macerata, tanto meno per infangare gratuitamente le brave persone. Nella mia attività di collaboratore (peraltro a titolo gratuito) di Cronache Maceratesi sono stato querelato per diffamazione solo due volte, dal sig. Alfio Caccamo e dalla sig.ra Nelia Calvigioni, Sindaco di Corridonia, per la vicenda del centro commerciale Corridomnia. Ebbene, entrambe le volte le querele sono state archiviate e sia la Procura che il Giudice delle Indagini Preliminari hanno riscontrato l’esattezza delle vicende narrate e l’inesistenza di qualsiasi diffamazione, rincarando, se possibile, la dose.
Nel caso specifico io non ho insultato nessuno e non ho insinuato nulla, ho solo raccontato dei fatti e dato corpo a delle inquietudini molto diffuse a Civitanova e in tutta la provincia, e in qualche modo condivise, a quanto pare, anche dalla stessa magistratura inquirente.
Quanto ai suoi insulti (questi sì diffamatori) relativi alla mia attività di avvocato e al fatto che non avrei lavoro e sarei un fallito, credo che lei sia abbastanza fuori strada. Comunque, con tutta sincerità, il suo giudizio su tali aspetti proprio non mi interessa.
Un’ultima cosa: prima di lasciarsi andare alle Sue graziose esternazioni, forse sarebbe stato più corretto da parte Sua precisare che lei è molto vicina al sig. Cerolini, con il quale, sul banco degli imputati, condivide il processo in corso a Fermo.
Signora Marinozzi, Le consiglio di leggere meglio l’articolo.
L’avvocato Bommarito semplicemente esamina le notizie e fa una panoramica di quello che potrebbe essere successo senza accusare nessuno. Non conosco l’avvocato Bommarito e non sta a me difenderlo ma le sue affermazioni sono gravissime e diffamanti.
Cerolini è innocente fino a prova contraria ma se sei sotto processo per 100 milioni a Fermo e ti contestano 13 milioni a Macerata qualche fondamento c’è o in Procura sono impazziti?
Sia seria per cortesia
Sono molto dispiacita di tutto questo. Mi auguro x tutti i lavoratori che tutto si risolva x il meglio. Anche x Cerolini, gli auguro che ne esca bene in modo che possa tirare avanti tutte le sue attività, viene da una famiglia seria e lavoratrice.L’evasione fiscale, argomento dolente,come se ne parla, se ne parla male….se dobbiamo essere sinceri fino in fondo dobbiamo essere tutti processati dal + piccolo al + grande…xchè le leggi aiutano gli evasori, la politica non le cambia e sopratutto è la prima ad approfittarne……x questo l’Italia è in brache di tela.
L’ analisi di Bommarito può apparire impietosa ma mi pare piuttosto lucida. Del resto i mezzi di informazione hanno il compito di essere una voce critica e non di rendere la realtà più gradevole. Al di là della vicenda specifica, dove auspico che l’ imprenditore possa dimostrare di aver agito correttamente, e’ innegabile che nel nostro territorio si sono accumulati in tempi recenti segnali numerosi e preoccupanti di una presenza sempre più minacciosa di realtà economiche che ruotano in ambiti di illegalità e/o criminalita’ , organizzata e non. Quindi il fatto che i mezzi di informazione siano attenti a sensibilizzare l’ opinione pubblica su un tema come questo , così come le forze dell’ordine e la magistratura operino con determinazione per contrastare questi fenomeni , e’ senz’ altro da salutare positivamente, nell’ interesse del rispetto delle regole, della qualità della convivenza delle nostre comunità e della tutela dell’ imprenditoria sana che rappresenta ancora gran parte della nostra economia.
L’economista Wilfredo Pareto fu grandemente prudente quando formulando la famosa legge empirica 20 / 80 asserì che il 20% delle persone detiene l’80% del reddito e, viceversa, l’80% delle persone detiene il 20% del reddito.
Come ho già scritto, quadro allarmante sicuramente.
Però rileggendolo con attenzione, mi sembra che questo articolo sia anche un minestrone di diversi argomenti, alcuni dei quali non inerenti il Cerolini.
Che ricordiamolo, per ora è indagato dalla G dF per frode fiscale e non per altro.
Andiamoci cauti con certi accostamenti e divagazioni, sopratutto quando si parla nello specifico di una persona.
Ciò non toglie che infiltrazioni malavitose nel nostro territorio ci sono e la mia maggiore preoccupazione è che la nostra classe politica,dirigente ed economica sembra mostrarsi pericolosamente permeabile e poco attenta a certe dinamiche.
Oramai siamo tutti, chi + chi meno convitnti che la malavita organizzata non si riesce a debellare, xchè ha una storia vecchia come le cose buone, è nel dna di una fascia molto ampia della popolazione. Non la penso così, x un semplice motivo; i delinquenti comuni,anche quelli + organizzati, come le bande, sono facili da debellare, le varie mafie nooooo xchè sono coperte massicciamente dallo stato, nelle persone che ne fanno parte attiva politicamente, i pochi che contrastano questo cancro,sempre di politici, quando va bene, il partito li allontana, li isola, se persistono li fà ammazzare.Parliamo di evasione, di traffici illeciti….finchè la politica non si allontana da certi brutti ceffi di POLITICI saremo sempre allo sbando, e il delinquentello comune paga x tutti,non solo anche il cittadino che x vari motivi si può trovare impigliato in situazioni non belle paga come un delinquente incallito……….
Analisi lucida quanto spietata. Paradossalmente, spero che tutte le accuse vengano adeguatamente smentite, perché altrimenti il quadro, già molto preoccupante, diventerebbe ulteriormente preoccupante.
Sbaglio, o l’intervento della Marinozzi è vagamente intimidatorio? Cosa deve aspettarsi Cronache Maceratesi?
Gli allarmi sugli intrecci di criminalita’ ed economia e sul tramonto dell’isola felice (ma lo fu davvero?) non sono mai abbastanza. Quanto al resto, Giuseppe, ti esprimo solidarieta’ per le offese personali ricevute. L’articolo, invece, un duro colpo mediatico e di immagine contro Cerolini e il suo gruppo, non propone, mi pare, fatti e ragionamenti che affianchino e motivino i diversi dubbi suggestivi e possano dunque aiutare chi legge a farsi una opinione al di la’ delle simpatie personali e delle intuizioni di ciascuno e al di la’ della fiducia nell’autore del pezzo. Prudenza e garantismo (da non confondersi con il vizio diffuso di fare i pesci in barile), verso i Cerolini di turno come verso i povericristi, sono i migliori alleati del giornalismo di inchiesta e di analisi.
che la criminalità organizzata merdionale e straniera – ed il conseguente riciclaggio di i soldi sporchi – abbia solidamente attecchito nelle marche non è una boutade di Bommarito, ma un’ormai consolidata esperienza di fdo e procure varie, tra cui per ultimo il proc. gen. Macrì. Tutti ci auguriamo, che il sig. Cerolini, a cui va la totale fiducia fino all’ultimo grado processuale, nulla abbia a che fare con tale riciclaggio.
http://corriereadriatico.it/marche/marche_un_isola_felice_deriva_discorso_sferzata_pg_macr-1517914.html
Caro Gianni,
grazie innanzi tutto per la solidarietà.
Quanto alle Tue osservazioni, devo precisare che nel mio articolo, come si desuime anche dal titolo oltre che dal contenuto, non sono espresse certezze, ma dubbi e perplessità che, in quanto tali, hanno trovato pieno alimento anche dall’ipotesi accusatoria (pure questa ad oggi tutta da provare) avanzata dalla Procura. Dubbi e perplessità scaturenti dalle molteplici recenti acquisizioni del gruppo Cerolini nel settore dei pubblici esercizi, dei bar, dei ristorani, dei locali di intrattenimento, anche di aziende in grave dificioltà economica, a volte senza reali possibilità di risanamento. Dubbi e perplessità sollevati soprattutto da certe presenze ‘ndranghetiste a Civitanova Marche, che non tranquillizzano affatto, e non dovrebbero tranquillizzare “in primis” chi le tiene più vicine a sè, che magari pensa di controllare il gioco, mentre invece è lui ad essere strettamente controllato..
sig. Menghi, chiunque, davanti alle rapide, massicce, plateali (tutta la ristorazione di civitanova alta!) e recenti acquisizioni del sig. Cerolini, può farsi, se necessario, un’opinione. e l’avv. Bommarito ha pubblicato alcuni dati che nessuno conosceva, come le acquisizioni di altri bar a roma (in odor di ‘ndrangheta) e firenze.
quindi il suo giudizio mi pare molto frettoloso e superficiale.
Ci auguriamo tutti, credo, che Cerolini esca pulito da tutto costringendoci a pentirci anche solo di aver pensato un po’ male, però ciò non toglie che di fronte a certe iniziative della giustizia sia lecito farsi certe domande.
Questo è un paese che si trova al 73° posto nel mondo per la libertà di stampa insieme a Nicaragua e Moldavia
(ultima classifica mondiale di Reporter senza frontiere) ma non per colpa della qualità dei giornalisti, bensì per le condizioni di lavoro, per il numero di intimidazioni ecc ecc.
In Italia per fare giornalismo libero ci vorrebbe un avvocato per ogni giornalista ed è quindi normale che un avvocato-giornalista sia tra i pochi che possono permettersi di parlare di certe cose e quand’è così è facile che qualcuno ti dia del -diffamatore- come è successo più di una volta, anche per vie legali, ma sempre senza conseguenze e l’effetto voluto è quello di invitare sia chi scrive, sia altri, chi scriverebbe volentieri cioè, a parlare d’altro.
Quindi, solidarietà a Bommarito e a CM.