Il senatore Remigio Ceroni, coordinatore regionale di Forza Italia interviene sul dibattito sulla sanità marchigiana invitando il presidente della giunta Luca Ceriscioli ad ascoltare i territori e assegnare la delega: “Il presidente Ceriscioli nomini subito un assessore regionale con il compito di occuparsi del servizio sanitario regionale, eviterà di rimediare ancora brutte figure. Un presidente di Regione notoriamente fa molta rappresentanza e non ha il tempo sufficiente per occuparsi di un settore così importante e delicato. Ci rendiamo conto che chi vuole gestire il potere non può farsi sfuggire di mano il controllo della sanità che da sola vale 80% del bilancio. Tuttavia essendo la salute un bene prezioso la gestione deve essere affidata a persone disponibili a tempo pieno e competenti nella materia. Non è materia di gabinetto”.
Ceroni critica le scelte fatte ricordando le proteste di cittadini, sindaci, operatori e organizzazioni sindacali: “I sindacati hanno duramente contestato la scelta effettuata senza condividerne i profili con le parti sociali di togliere ai direttori di Area vasta la contrattazione decentrata con una norma imprecisa e contraddittoria inserita a sorpresa nella legge di stabilità e la decisione è stata momentaneamente sospesa perché eventualmente avrà decorrenza dal 2017. Con 4 determine adottate alla vigilia di Natale, sperando passassero inosservate, causa le festività natalizie, senza consultare nessuno si è proceduto alla riorganizzazione dei punti nascita e dei punti di primo intervento con l’obiettivo dichiarato di risparmiare risorse. Ad un mese esatto dal l’adozione del piano, il piano è al punto zero. Per quanto riguarda i punti nascita tutto è sub judice essendo aperti contenziosi che non sono stati ancora decisi nel merito dal Tar Marche ed il cui esito non è scontato posto che la riforma non tiene conto delle specificità, compresi i profili di disagio dell’utenza determinati da aspetti prettamente legati alle caratteristiche del territorio. Aberrante l’idea che il pacchetto assistenziale da garantire alle mamme in attesa dell’entroterra debba includere la verifica delle condizioni meteorologiche e della viabilità stradale”.
Il senatore forzista ricorda poi il caso della denuncia del sindaco di Cagli e le proteste di molti amministratori del territorio: “Il profilo riformatore invocato da Ceriscioli a sottendere un cambiamento così denso di opportunità secondo le dichiarazioni recentemente rese, pare avere preso la piega del dietro front perché per quanto riguarda i punti di primo intervento sembrerebbe che dopo le proteste dei sindaci del territorio e la denuncia alla procura della Repubblica, del primo cittadino di Cagli, vi sia stato un ripensamento e l’Area vasta 1 (Pesaro Urbino) sia stata autorizzata ad assumere personale medico a tempo pieno per oltre 10 unità, attingendo da tutte le graduatorie dell’Asur, così smentendo anche il fatto che oggi non sia possibile fare nuove assunzioni in difetto del riassetto organizzativo tanto caldeggiato. Intanto il direttore di Area vasta 1 è stato costretto a smentire se stesso e a sguarnire di nuovo l’ospedale di Urbino del personale medico assegnato dopo l’applicazione delle disposizioni previste dalla riforma. La rivolta dei sindaci del pesarese ha fatto cambiare idea al presidente Ceriscioli. Le proteste dei sindaci delle altre aree vaste gli faranno cambiare il resto. Al presidente Ceriscioli avevamo rivolto l’invito a ritirare tutte le determine, a consultare i territori e a ponderare meglio le scelte perché è evidente che il suo piano è sbagliato, inopportuno, non migliorerà la qualità del servizio e aumenterà i costi”.
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Per una sanità decente, non serve un assessore. Servono i soldi che andrebbero recuperati dalla chiusura definitiva di tutte le regioni e province. Serve un ministro della sanità allergico agli appalti alle strutture private, che sia competente nel settore sanitario senza l’aiuto di consulenti. Detto ministro, dovrebbe dimostrare di saper gestire la sanità in modo uguale su tutto il territorio nazionale, impartendo gli ordini ai direttori di ogni centro sanitario. E ai sindaci,dovrebbe spettare il diritto dovere di controllo per il buon funzionamento della sanità sul territorio di loro competenza, essendo anche informatori e referenti in materia delle loro comunità.
E smettetela di invitare, chiamare, voler parlare, discutere con Ceriscioli, per scambiarsi opinioni inopinabili e con l’aggravante di aver invitato pure la Boldrini che non tenendo conto che per la carica di cui è stata investita dovrebbe tacere e non a torto o ragione schierarsi per le unioni civili. C’è già tutto il suo partito a decidere per il bene di tutti dando la precedenza ai problemi più impellenti, tenendo per settimane lo stesso argomento così a coprire problemucci come la sopravvivenza di molti, la salute di moltissimi e l’incapacità di pochi ma che risulta più dannosa dell’Ebola. ( L’inettitudine non va oliata, ma stroncata ). Leonida Rubistein
Per Tranzocchi. Per abolire le Regioni e le Province occorre modificare l’art. 114 della Costituzione.
per Iacobini. E’ vero che bisogna modificare l’art. 114 della Costituzione. Ma riguarda tutto il titolo V, necessario per il riordino di tutti i comuni. Non è che possiamo togliere regioni e province senza che rimanga un ente locale idoneo capace per potersi interessare di tutto e per tutto di ciò che è di competenza del territorio comunale. inoltre, il carrozzone parassitario non riguarda solo determinati enti locali, il marcio vero parte da Montecitorio, che per ridurlo di molto, occorre modificare anche gli articoli 56 e 57 che c’impongono di mantenere 950 parlamentari con tutto ciò che gli gira in torno. Gli americani hanno un parlamentare ogni 500.000 abitanti, noi ne abbiamo uno ogni 63.000, che se facessimo come loro, ne basterebbero 120 per tutto. Purtroppo, noi Italiani siamo capaci di mugugnare, ma sono pochi quelli che fanno proposte alternative valide per tutti.
Per Tranzocchi. Se solo si trasformassero in regioni a statuto ordinario le cinque regioni a statuto speciale qualche risparmio si conseguirebbe. Ma occorre modificare anche in questo caso la Costituzione, esattamente l’art. 116.
Iacobini: infatti, l’art. 116 fa parte sempre del titolo V che riguarda gli enti locali. Almeno come la vedo io, la Costituzione dev’essere riformata, ma soltanto nelle parti che permettono di ridurre almeno del 70% il costo della politica e della pubblica amministrazione.Credo inoltre che sia fatta maggior chiarezza sugli articoli 53 e 74, perché si prestano molto ad interpretazioni diverse. Guai a toccare tutto il resto che rappresenta il pilastro fondamentale della nostra democrazia.