C’è una canzone emozionante e commovente, nell’ultimo disco di Fabio Concato: è dedicata al nostro indimenticabile Carlo Gargioni e si intitola “Carlo che sorride”. Si tratta di una fotografia in musica. Del resto, Concato conosceva molto bene Carlo, con cui ha condiviso buona parte della sua carriera. Per onorare il nostro amico scomparso troppo presto (sono già passati cinque anni…), Quid Culturae si affida al ricordo di Leo Angeletti, batterista che con Gargioni ha suonato fin dagli esordi di questo straordinario artista, assurto in pochissimo tempo ai massimi livelli della musica internazionale:
Mi telefona Jimmy Fontana (Enrico) e mi dice che domani, per la serata ad Aversa, avremmo avuto bisogno di un bassista ed io avrei dovuto trovarlo con una certa sollecitudine. Franco non sapevo dove fosse, in quel periodo; Amedeo aveva un impegno; avrei potuto suonare io, il basso, (conoscevo le canzoni di Enrico come le mie tasche), ma poi sarebbe mancato il batterista ed il problema si sarebbe solo spostato. Carlo Gargioni suonava il piano (le tastiere) con i “Quasar” un gruppo di ragazzi di Macerata e con lui c’era mio cugino Riccardo Torresi: fu a lui che mi rivolsi ed interpellammo il ragazzino che suonava il basso, ma non aveva ancora 18 anni e non sarebbe potuto venire a lavorare con noi; il problema, improvvisamente, si presentò più arduo di quanto avessi supposto. Mi venne in soccorso Carlo stesso: aveva l’età giusta, “ma tu suoni il piano!” – “non c’è problema” – “Ok!”.
Carlo studiava pianoforte ed era a due passi dal diploma; venne con noi ad Aversa, al piano c’era Massimo Mazzoni e la serata filò liscia come meglio non avrebbe potuto. Avevo conosciuto Carlo Gargioni. Abitava a Macerata in via Mameli, una villa con un parco notevole, per essere in centro; la bella residenza di un professionista di buona reputazione (oculista), ma purtroppo prematuramente scomparso, il professor Gargioni, padre di Carlo; quando io e Carlo pensammo di fare “qualcosa insieme” in campo musicale, mi trovai a frequentare la sua casa con una certa assiduità. La musica di riferimento era il jazz; io, in quel periodo (intorno all’ 82-83) suonavo con Giovanni Spalletti e mi resi conto che quel ragazzino avrebbe fatto tanta strada nel jazz; Giovanni anteponeva, nel suonare, la musicalità, la fantasia alla tecnica pura, mentre Carlo faceva della tecnica pianistica il punto di arrivo: trascorreva molto tempo ad ascoltare e studiare Oscar Peterson, grappoli di note impressionanti, e cresceva di settimana in settimana. Ci trovavamo bene quando suonavamo insieme; per me contava assistere all’evoluzione di un ragazzo che da un “complesso” di provincia sarebbe arrivato ai vertici più alti della musica internazionale.
Suonavamo, a volte, un po’ in giro per la provincia, e quando Paolo Piangiarelli, “altissimo nome del jazz internazionale”, entrò nel nostro gruppo per suonare (o meglio: per tentare di suonare…) il sax, ci trovammo a lavorare in situazioni scombinate e divertenti, perché Paolo tanto era grande e competente in materia di jazz quanto era inefficace come sassofonista! A volte il pubblico si divertiva acriticamente (con Carlo e me c’era Amedeo Caggiano, un nome di prestigio in provincia); altre volte, il pubblico subodorava la celia del sax non precisamente “performante” e ce lo faceva capire senza tanti giri di parole. Però Paolo ci introdusse nel grande mondo del jazz e fu così che il 26 aprile del 1983 ci combinò il concerto della vita. Al Rossini di Civitanova – Carlo Gargioni al piano, Augusto “Mimmo” Mancinelli alla chitarra, Marco Cempini al contrabbasso, Leo Angeletti alla batteria e Lee Konitz al sax…… (una pazzia, a pensarci adesso, tanto eravamo inesperti di quella musica, Carlo ed io, ma per crescere bisogna rischiare: fu emozionante ed alcolico, il concerto; Mimmo Mancinelli, grande chitarrista, sostenne l’ armonia e tolse, quella sera, tante castagne dal fuoco). Non l’avrei avuto mai più vicino, Augusto, sopra un palco: una malattia l’avrebbe attaccato portandolo lentamente alla morte; era un grande musicista, mi dispiace moltissimo non aver potuto giovarmi della sua amicizia per tanto tempo ancora.
Con Paolo come produttore cominciammo, Carlo ed io, a suonare con i grandi nomi del jazz mondiale nei locali più esclusivi. Poi Carlo, Carletto per me, Carletto ancor oggi, ebbe contatti e contratti con nomi altisonanti e partì in lunghe tournée: ricordo (mi raccontava) Nini Rosso, e poi Fabio Concato, ed ancora Rossana Casale…. E partì anche per gli States, e nel suo Palmares c’erano Gloria Gaynor, Tom Jones…… e poi suonò un paio di anni a Sanremo come pianista dell’orchestra del Festival, e volava e suonava di qua e di là dall’oceano, e volava sulla sua musica. Suonammo ancora insieme, ricomponemmo il trio con Amedeo qualche volta ancora, ed ogni volta io ritrovavo Carletto, il “mio” Carletto sempre più bravo e sempre più divertito e felice. Suonammo qualche volta ancora al TLR. Carletto Amedeo ed io, anche quando ricordavamo Giovanni Spalletti (scomparso nel novembre ’88 quattro mesi dopo Chet Baker – si erano conosciuti a Macerata, Giovanni e Chet, e chissà che Chet non abbia avuto, allora, bisogno di un pianista nel Paradiso dei jazzisti…); suonammo, dicevo, al Lauro Rossi, ed era l’aprile del 2008. Ho dei ricordi bellissimi, struggenti di quella serata, della nostra performance, qualche ora insieme, con Amedeo e Carletto, e sembrava non esser passato un minuto dall’ ultimo nostro concerto… tanti anni prima. Carlo mi disse che in quel momento preferiva scrivere piuttosto che suonare, aveva sempre amato dirigere e si stava muovendo in quella direzione, mi raccontava di un lavoro sulla vita di Nureyev e degli arrangiamenti per la Vanoni. Ci lasciammo abbracciandoci: io ero commosso, abbracciavo Carletto, quel ragazzino che venne a suonare il basso con me e con Jimmy Fontana; quel grande musicista che stava raggiungendo traguardi stratosferici nel mondo della grande musica. Mi disse, ci disse (ad Amedeo e me) di chiamarlo quando avremmo avuto voglia di suonare insieme: “Se mi chiamate vengo subito, tanto ho casa a Civitanova, e mi diverto troppo a suonare con voi… vecchiacci!” Ci telefonammo, lo chiamai: “ciao Carletto come stai… Appena trovo un locale ti chiamo… Hey man, be strong! Grande, Carletto”!
Era il 5 dicembre del 2008 (non penso di sbagliare questa data) quando mi telefonò Riccardo Torresi, mio cugino, e mi disse che Carlo Gargioni era morto. Fu Riccardo che me lo aveva fatto conoscere aprendo, per me, una stagione felicissima ed irripetibile ed era, adesso, Riccardo che mi dava la notizia della fine.
Passo sempre per Via Mameli: c’è una graziosa palazzina dove sorgeva la villa di Carletto, solo nella mia memoria ed in quella dei musicisti (Leroy Williams, Walter Bishop Jr, Mike Melillo, Cameron Brown…) che vi hanno trascorso pomeriggi speciali. Quella casa risuona ancora delle note di un gruppo jazz. Al piano… Carlo Gargioni.
Notizia essenziale
Classe 1963, il pianista maceratese Carlo Gargioni ha collaborato, tra gli altri, con Phil Woods, Tom Jones, Julio Iglesias jr., Jerry Lewis, Mel Brooks, Harry Belafonte, Leo Sayer, Luis Miguel, Beppe Gemelli, Julio Hernandez, America, Lee Konitz, Laura Branningham, Kid Creole & the Coconuts, Miriam Makeba, Al Cohn, Mark Kirk, Earl Warren, John Richmond, Dannie Gottlieb (Pat Metheny Band), Jaco Pastorius, Anita O’ Moore, Denny Morouse, Tony Beard, Lawrence Cottle, Peter John Vettese, Massimo Urbani, Giampiero Prina, Tullio De Piscopo, Paolo Damiani and Massimo Moriconi.
Lo ricordiamo poi come sessionman in studi di registrazione con Phil Ramone, Dee Dee Bridgewater, Amy Stewart, Luis Miguel, Sergio Dalma Gloria Gaynor, Angelo Branduardi, Cecilia Gasdia, Toquinho, Luciano Pavarotti, Gianni Bella, Luca Barbarossa, Fabio Concato, Ornella Vanoni, Leda Biolcati, Danilo Amerio, Toto Cotugno, Fausto Leali, Rossana Casale, Amedeo Minghi.
E’ morto a causa di una leucemia fulminante nel dicembre 2008. Aveva 45 anni.
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A questo indirizzo la canzone di Fabio Concato dedicata a Carlo Gargioni:
http://youtu.be/7w8ZqDIp-_A
Un bel ricordo-ritratto quello di Carlo. Mi comunicò la notizia un amico comune, medico del Fatebenefratelli, che si trovava in corsia. Avvertii un giornalista del Carlino ( non ci voleva credere e si mise a piangere, essendo stato suo compagno di scuola, anzi, verificò la mia confiidenza). Ero stato per .un brevissimo tempo .nella sua classe, allo Scientifico. Ricordo come fosse ora che durante i compiti di Latino Carlo, fingendo di andare in bagno, passava per la mia sezione e, d’impronta, gli traducevo rapidamente e furtivamente qualche pezzo. Era simpatico, diretto, sorridente Nacque, così, quella che si può definire una amicizia spontanea e naturale, durata per anni, per molti anni. Qualche volta lo vedevo in TV, con Fausto Leali e tanti altri. Un anno prima che morisse andai i Milano per presentare un libro ( un romanzo alla Libreria Hoepli). Carlo era venuto e venne a cena. Mi mise in imbarazzo perchè mi fece questa domanda precisa: ” ti ricordi, professore, cosa dicesti a scuola a proposito dell’amore, sconfessando Alberoni?” Si gli risposi :” l’amore è un compromesso tra due sistemi nervosi”. Ridemmo a lungo ( a cena c’era Galliani ed un giocato ci dre del Milan. Uscimmo e in “picciola guisa” .Ci dileguammo nella notte. Si era in Via Solferino, vicino all’entrata del Corriere della Sera. Carlo era contento e felice.
Ciao Filippo, grazie per questo bellissimo ricordo di Carlo, mio vicino di casa nei tempi dell’infanzia..
grazie, Leo! Carlo che suonava anche in classe… sul banco! Carlo, che sapeva ‘sorridere’ di tutto! che viveva di entusiasmo! Lo ricordo così, negli anni del Liceo Scientifico: mi è rimasto impresso più come amico che come alunno. Ciao, Carlo, che continui a vivere di ritmo ed armonia, dovunque tu sei…
L’avevo sempre detto che Leo era bravissimo in tutto, fuorchè suonare la batteria (ma sono decenni e decenni che lui, ostinatamente, insiste a fingere di essere un batterista!! :-)).
Quanta amicizia, quanta passione, quanta musica, e tanta vera vita nelle tue parole, Leo!