Si è inaugurata ieri, martedì 23 ottobre, la Stagione Concertistica Maceratese con il Concerto dell’Orchestra D’Archi Italiana con i solisti Mario Brunello violoncello e Gilles Apap violino. Prima dell’esibizione il vicesindaco Irene Manzi e il Presidente dell’Associazione Appassionata hanno voluto fare partecipe il pubblico, accorso numeroso (in platea nessuna poltrona vuota così come nei palchi dei tre ordini), del lungo e complesso lavoro necessario per l’allestimento di una Stagione Concertistica così significativa per programmi ed interpreti ed hanno ringraziato gli intervenuti .
In particolare il Presidente di Appassionata Luciano Pingi ha espresso riconoscenza al Comune e alla Società Civile dello Sferisterio per la loro collaborazione, al Ministero per i Beni e le Attività culturali, alla Regione Marche e alla Provincia di Macerata per il loro patrocinio, nonché agli enti ed alle aziende che hanno dato contributi, ai partner tecnici e alle aziende e ai privati che sostengono le attività dell’associazione. Anche il maestro Brunello ha rivolto al pubblico alcune parole sia per ringraziarlo della presenza sia per dare spiegazione di una variazione nell’ordine di esecuzione dei brani in programma. Come ha detto, quando si propone un programma molti mesi prima del concerto, non si sa ancora cosa la musica può suggerire: così è stato collocato il brano di Dvorak alla fine del primo tempo.
Le danze rumene di Bartok, composte per pianoforte solo nel 1915, sono una suite ottenuta dalla rielaborazione di sette melodie popolari originarie della Transilvania, raccolte sul campo. Rispettando fedelmente le melodie originali, Bartók aggiunse o mutò l’accompagnamento, dai punti di vista ritmico, armonico e dell’orchestrazione, reinterpretando una musica travolgente e vitale, ma non priva di momenti di intenso lirismo e patetismo. La prima danza fu ascoltata dal compositore da due violinisti tzigani; la seconda e la terza gli furono fatte conoscere da un suonatore di ‘furulya’, una sorta di flauto dolce; le rimanenti quattro danze sono di origine violinistica. Nel 1917 il compositore ne fece una versione per piccola orchestra. Il Divertimento per archi BB.118 presenta uno stile meno aspro e dissonante rispetto alla produzione precedente; la velocità di composizione, la cantabilità delle parti melodiche, in particolare del primo violino, la presenza di elementi stilistici neo-classichi e neo-barocchi, collocano quest’opera in un filone apparentemente più lieve e disimpegnato, ma l’originalità timbrica e la ritmica raffinata ne fanno un brano di grande ricercatezza ed efficacia.
Il Divertimento si articola in tre movimenti: un effervescente Allegro non troppo in cui convivono elementi popolari ed elementi colti di matrice barocca; un Molto adagio che sfrutta un modulo ritmico magiaro e trascolora da una parte ripegata e meditativa ad una declamazione drammatica; un Allegro assai spumeggiante, basato su una variante del tema popolare del primo movimento. Anche Dvorak mostrò nella maturità, grazie all’affluenza di Brahms, uno spiccato interesse per i ritmi e le melodie della tradizione popolare della sua terra. Compose nel 1878 due serie di fortunate Danze slave, op. 46 e op. 72, orchestrate a partire da una prima versione per pianoforte a quattro mani. Nelle serata di ieri ne sono state proposte due, una versione per violoncello e orchestra dell’op. 42, n. 8, e una versione per violino e orchestra dell’op. 72, n. 2.
La seconda parte del concerto si è aperta con un Duo per violino e violoncello op. 7 di Kodály, del 1914, un’opera originalissima che fissa sul pentagramma il dialogo libero e improvvisativo tipico della musica tzigana, della quale mantiene intatta la verve trascinante, ma anche i tratti malinconici. E si può dire che l’esecuzione dei due solisti, per la prima volta insieme, ne aveva proprio tutti i caratteri. Sembravano quasi improvvisare e suggerire l’un l’altro i motivi musicali, così come, immagino, avvenga ad una festa tzigana. Di Brahams in programma erano state previste quattro delle Danze Ungheresi (le celeberrime n. 2 e n. 4, e la n. 12 e la n. 17, forse meno note, ma altrettanto coinvolgenti) arrangiate per violino, violoncello e orchestra d’archi da Stefano Nanni. Ma in uno slancio di generosità l’organico ne ha eseguite ancora altre con una passione e una vivacità chne hanno trascinato il pubblico in un crescendo di applausi tra un’esecuzione e l’altra.
Ma non è terminato qui il concerto perché il Complesso strumentale ha voluto omaggiare il pubblico con un altro brano di uno dei musicisti in programma e un brano di musica armena che sembrava voler evocare la struggente nostalgia di questo popolo per la patria perduta con le sue usanze, i suoi valori e costumi e il doloroso ricordo delle violenze subìte e per troppo dimenticate da tutti. Che dire? Non poteva essere più vivace e coinvolgente il primo concerto della Stagione tanto da far ben sperare che il pubblico continui ad accorrere così numeroso. Senza pubblico cosa sarebbe una Stagione Concertistica tale da meritare perfino il riconoscimento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali?
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