“Il logo della Regione Marche ha compiuto trentadue anni e li dimostra tutti. Infatti il “picchio” venne approvato con L.R. 13 del 15 marzo 1980. Ora al di là del ver sacrum e di altre definizioni popolari delle Marche, sarebbe interessante conoscere il parere di tutti i lettori sull’opportunità (o meno) di revisionare o di realizzare uno stemma più moderno”.
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più che lo stemma, servirebbero nuove facce.
….mi piacerebbe qualcosa di + “araldico”.
spenderanno altri nostri soldi…………..
Sarebbe il caso di pensare alle cose più serie non al logo della regione Marche!
Accademia delle Belle Arti di Macerata. Buon Lavoro
@gabormutandis
Più moderno, anzi, tanto moderno che dovrebbe revisionarsi da solo attraverso un sistema di sensori che consenta di percepire e monitorare gli eventi più importanti della nostra Regione e suggerire (mutatis mutandis) a chi governa le dovute metamorfosi.
@ Sisetto Piceno da Potenza Picena
Al di là dei luoghi comuni desueti e desunti dal vituperato “Viaggio in Italia” di Guido Piovene, al di là di quell’Infinito spot con Dustin Offman, al di là dei cinque sensi delle Marche Charme, niente più di un logo (non retorico) potrebbe meglio sintetizzare l’immaginario collettivo della nostra Regione: seducente, accogliente e identitaria.
Una validissima motivazione per i nostri amministratori politici per promuovere una commissione di esperti, tecnici, naturalmente ben pagati allo sopo di trovare una valida soluzione ad un terrificante problema che incombe sopra le teste dei marchigiani..”IL LOGO” che paura…..speriamo che ci riescano…..certo per risolvere tale problema non devono badare a spese…
Io chiamerei il sig.prof. Monti…magari non trova la soluzione, ma certamente una tassa per lo scopo la elabora…..saluti
Fecce nuove e logo nuovo!!!!!!! Speriamo solo che non sia una “nuova storia” come la recente politica maceratese…
Abbiamo il nostro stemma da 3000 anni e adesso diventa un problema?Ma penzéte a le cóse serie…
Alla Regione occorrono servizi più funzionali e personale più professionale (quello che per esempio prima di inviare richieste di pagamento per bolli auto deve fare gli accertamenti dovuti, anzichè far perder tempo e soldi ai contribuenti)
Quale miglior stemma di un bel sacco di cemento a simboleggiare la speculazione edilizia? il mattone ha soppiantato i picchi…
L’antico stemma di Macerata (da Comune di Macerata – Turismo)
Nello stemma che rappresenta la città di Macerata, fin dai tempi della sua fondazione (1138), fu raffigurato il simbolo della mola o macina su scudo rosso sormontato da una corona regia radiata, la quale si giustificava con il fatto che nella stessa città risiedeva la Curia generale con il Rettore della Marca anconitana sin dal 1249.
P. Compagnoni, storico maceratese del sec. XVII, afferma che il simbolo della mola era stato mutuato dall’antica città di Ricina, dato che era riportato su alcune medaglie dell’epoca. Comunque, al di là delle origini romane o meno, lo stemma fu riprodotto nei documenti, nelle insegne, nei dipinti, nelle monete e nei monumenti, come ad esempio nella Fonte Maggiore.
La macina vuol rappresentare il carattere operoso dei maceratesi ed anche una peculiarità del territorio. Lo stesso, infatti, è ricco di acque (sia per la presenza dei fiumi Chienti e Potenza, sia per i più modesti torrenti, nonché per le numerose sorgenti), che erano utilizzate per l’alimentazione di molti mulini: nel catasto del 1286 se ne censirono ben 35, dislocati nel territorio comunale. Se poi a quanto sopra si unisce la proverbiale fertilità delle campagne maceratesi, si intuisce il perché gli amministratori abbiano scelto la mola come simbolo nello stemma della città.
Fin dall’antichità i mulini hanno rappresentato una risorsa strategica per le comunità locali, tanto che, frequentemente, i Comuni ricorrevano alle requisizioni o alle espropriazioni di essi, poiché ritenuti un’importante fonte di reddito e un servizio primario per la collettività. Proprio per questi motivi, durante i numerosi conflitti comunali, i mulini erano un obiettivo da distruggere. Conseguentemente i Comuni provvedevano a munirli di torri difensive dato che erano costruiti fuori delle città.
Il Comune di Macerata eresse più volte una torre difensiva nell’attuale Villa Potenza (l’ultima volta nel 1417), per evitare la distruzione dei suoi più importanti mulini alimentanti da un canale artificiale, che era fonte di energia anche per la gualcheria (locale in cui una macchina azionata ad acqua, toglieva alla lana le impurità e le conferiva la consistenza del feltro) e le segherie ad acqua.
Nel 1570 lo stemma comunale fu arricchito (forse perché troppo povero e “laico”), con l’aggiunta di una croce greca rossa in campo bianco, per concessione di papa Pio V, il quale era grato a Macerata per la partecipazione dei suoi uomini (circa 250) alla lotta contro i Turchi e per ricordare il concorso dei maceratesi alle crociate a partire dal 1188.
In epoca barocca compare nella Reggia Picena, opera di P. Compagnoni, uno stemma modificato in cui furono duplicate sia la macina sia la croce greca, alle quali si aggiunsero una cornucopia profondente monete e un’altra che rovescia della frutta (entrambi simboli di ricchezza ed abbondanza) e una ruota di carro (evidente allusione al Tribunale della Rota); poi sotto, un ramo di alloro e un mazzo di spighe, una palma, una spada reggente un serto, quindi un elmo e libri (simboli riferiti all’Università e all’Accademia dei Catenati).
Ma tale raddoppio e l’arricchimento simbolico non piacquero, infatti fu utilizzato prevalentemente l’antico stemma della città con la tradizionale macina per tutto il Settecento e parte del secolo successivo. Dopo l’unità d’Italia, probabilmente per meglio rappresentare il cambiamento politico in atto, fu adottato lo stemma seicentesco, che non aveva avuto fortuna, e si raggiunse così la forma dello stemma attuale che ancora oggi rappresenta ufficialmente la comunità maceratese.
Con lo sviluppo delle tecniche di stampa e della grafica, lo stemma della città subì inevitabilmente le influenze degli stili grafici correnti, specchio delle culture che si affermavano. Ciò dimostra che i simboli apparentemente freddi, sono realtà vive e dinamiche.