Una tragedia che chiede di cambiare mentalità

NATALE DI TERRORE A RECANATI - Se la società è profondamente ingiusta, la responsabilità è un po' di ognuno. La vera sfida sta nel mantenere la nostra umanità in ogni situazione

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Roberto Mancini

di Roberto Mancini *

Come commentare la tragica rapina in villa a Recanati (leggi l’articolo), dove uno dei ladri, un ragazzo di 27 anni, è stato ucciso dal proprietario? Ho pensato che la prima cosa era fare silenzio. Per creare uno spazio interiore di rispetto per le vittime, per chi è stato ucciso e per chi ha ucciso, per i loro familiari. Per purificare la mente e le parole.
Soltanto dopo si può tentare di valutare, uscendo dal comodo schema che divide i buoni e i cattivi. Un fatto come questo non lascia alcuno spazio per ammirare o esaltare il comportamento di chi arriva a difendersi da sé, né per dire, di chi è stato ucciso, “se l’è cercata”. E’ urgente cambiare mentalità e cominciare a capire lucidamente come si possano migliorare le condizioni di vita per tutti. Quella accaduta è una tragedia che ha messo di fronte due persone che mai si erano incontrate prima, ma secondo me non è affatto sbagliato pensare che in realtà si trattava di due fratelli che non sapevano di esserlo. Uno venuto da lontano, spinto dalla disperazione e dall’illusione che il furto sia un mezzo per andare avanti o per fare i soldi; l’altro mosso dalla paura di chi si trova i ladri in casa. Risultato: per il primo la morte, per l’altro la perdita dell’incalcolabile serenità di chi non ha mai ucciso nessuno. Molti potranno cadere nella tentazione di disprezzare la persona uccisa e di identificarsi con il proprietario della villa. Ma se davvero si identificassero con lui sentirebbero l’angoscia legata al gesto irrimediabile chi si trova ad aver tolto la vita a qualcuno.
La difesa della proprietà non giustifica l’uccisione del ladro che la minaccia. Semmai la paura improvvisa per la propria vita e per quella dei propri cari può spiegare, ma certo non giustificare, come si possa giungere a una reazione fatale, rispetto alla quale nessuno di quanti ora riflettono su questo episodio sa davvero come si comporterebbe in una situazione analoga. Non siamo affatto autorizzati a trasformare in esempio una tragedia simile. Non a caso l’eccesso di legittima difesa è un reato e sarà la magistratura a valutare. Intanto dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che il possesso privato di armi non porta bene a nessuno, è una difesa illusoria e rovinosa anche per chi se ne serve.
La fretta di giudicare e di dare colpe nasconde forse il disagio di dover riconoscere che una quota di responsabilità per una società insicura, che è tale perché è profondamente ingiusta, la portiamo un po’ tutti, in misura variabile a seconda del ruolo familiare e sociale che abbiamo. Come educatori, cittadini, politici, soggetti economici e così via. Non sto affatto dicendo che “è colpa della società” e cioè, alla fine, di nessuno: al contrario, semmai è responsabilità un po’ di ognuno se non riusciamo a costruire una società mite, solidale, giusta, che sradichi il crimine sin dalle sue cause prime. Infatti ciascuno in vario modo ha il dovere di preparare e di mettere in atto comportamenti rispettosi, nonviolenti, solidali, capaci di generare una forma di società più umana.

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La villa di Recanati teatro della tragedia (foto Picchio)

Chi oggi esalta la via del difendersi da soli con le armi parla con superficialità, solo perché non sa che cosa significa trovarsi ad aver ucciso un uomo. Un male la cui entità va al di là delle nostre categorie di merito e colpa, di torto e di diritto. La vera sfida sta nel mantenere la nostra umanità in ogni situazione. La ferocia nei giudizi e nei comportamenti è in ogni caso deleteria. Bisogna invece esercitare tutta la nostra capacità di autentica compassione ricordando che il male visto negli altri è lo specchio del nostro.
Voglio anche precisare che qualsiasi ostilità verso le persone straniere è, come sempre, ingiustificabile. Lo stereotipo secondo cui gli stranieri sono quasi tutti delinquenti è palesemente falso e chi lo ribadisce, con volgari atteggiamenti razzisti, non fa che mostrare il grado di scarsa cultura etica, civile e umana a cui si è fermato. Non ha senso né fondamento nei fatti affermare che questi sono i risultati di una politica di accoglienza troppo liberale verso gli stranieri. Basta leggersi il libro di Laura Boldrini, “Tutti indietro” (Rizzoli), per conoscere i termini effettivi del problema e scoprire che l’Italia non ha affatto un numero troppo elevato di migranti in rapporto a quanto accade negli altri Paesi dell’Unione Europea.
In una crisi come quella che oggi colpisce quasi tutti – il 99 % dell’umanità per l’avidità di un 1 % di speculatori -, la vera colpa sta nell’ostinazione che porta a perpetuare un sistema economico-sociale che genera miseria, esclusione, marginalità e così alimenta la criminalità. Parlo di un sistema dove il denaro vale molto di più delle persone. Ha ragione chi lamenta una dissennata politica della sicurezza, attuata dal governo precedente, che ha determinato la riduzione delle risorse a disposizione delle forze dell’ordine e ha cercato di limitare i poteri d’indagine della magistratura. Ma anzitutto è necessario capire che, alla radice, non c’è sicurezza che possa essere mantenuta solo con il controllo del territorio, con la repressione e anche con la certezza della pena, se comunque non c’è giustizia nella vita della società, nel rapporto tra le classi sociali e tra i popoli. Se un modello di economia semina disperazione ovunque, come si può sperare di combattere la criminalità ?
Ormai, dopo tutte le tragedie, le sofferenze e i lutti che in vario modo colpiscono tante persone e popoli interi, è chiaro che la giustizia della piena democrazia, che non esiste senza la democrazia economica, è la base di qualsiasi sicurezza, fisica, psicologica, sociale. La giustizia che permette condizioni di vita degne per tutti è la vera prevenzione del crimine. Perché solo la giustizia – questa giustizia che ha a cuore la dignità di chiunque – crea futuro.

*  Docente di Filosofia Teoretica, Dipartimento di Filosofia e Scienze Umane dell’Università degli Studi di Macerata



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