Eliana Leoni, moglie dell’architetto Francesco Marcelleti, recentemente scomparso (leggi l’articolo), scrive a Cronache Maceratesi:
«A distanza di un mese dalla morte di mio marito Francesco, ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno manifestato la loro vicinanza, la loro solidarietà ed il loro affetto. Sono la testimonianza di quanto Francesco sia ( stato) una persona di grandi doti umane. Io e i miei figli abbiamo perso non solo un pezzo di cuore ma un esempio di onestà intellettuale, di rettitudine, di lealtà, di assoluta affidabilità e di grande professionalità, nascosti dietro un’esistenza apparentemente normale e comune ma eccezionale per il suo modo di vivere. Merce rara, oggigiorno, in un mondo di ciarlatani, di venditori di fumo, di approfittatori, di uomini meschini e piccoli piccoli. Quante volte ho letto negli occhi di mio marito la delusione profonda e a volte la solitudine morale che divora quei disgraziati professionisti che oggi hanno ancora il coraggio ( vi assicuro che ce ne vuole tanto) di continuare a fare “onestamente” il proprio lavoro.
E’ una guerra,una lotta contro un mondo di interessi economici, da un lato, che ti impedisce di fare architettura e vede nel profitto l’unico obiettivo, dall’altro contro un mondo che ti strangola con le pastoie burocratiche e infine, come la ciliegina sulla torta, contro una massa di gente priva di cultura, di conoscenze e di competenze ( stile De Filippi) che dall’alto della sua profonda e incommensurabile ignoranza e supponenza spara giudizi estetici e funzionali su tutto ciò che gli capita a tiro per caso e dovrebbe soltanto andare in giro per quella fatiscente città che è diventata Macerata per vedere come l’architettura in certi luoghi sia veramente morta! Ma forse in quei luoghi a loro non risulta comodo guardare, per il loro tornaconto. E in questi frangenti c’è,in qualche caso, l’odioso comportamento di qualche giornalista ( sarebbe meglio dire imbrattacarta) che presta il fianco e scrive delle assoluta porcherie ( e voglio stendere un velo pietoso…..).
Ricordo anni or sono tutti i problemi che furono sollevati sul Direzionale ( tanto per citarne uno a caso, ma la lista sarebbe più lunga) e che fecero così male a mio marito. A questi imbecilli ( che io non ho dimenticato e, anche se non sono maceratese, ricordo perfettamente i nomi) a questi piccoli esseri che hanno cercato di cavalcare l’onda della notorietà denigrando l’operato di mio marito, dico che le loro chiacchiere provinciali e le loro esistenze insignificanti sono rimaste a zero, mentre anche a loro vantaggio (l’edificio valorizza la zona e quindi anche le loro proprietà) il Direzionale è lì e in ogni mattone il pensiero e il lavoro di mio marito viene fuori, forte, discreto, elegante e sornione, con il suo inconfondibile stile. Signori, svegliamoci, guardiamoci intorno ed impariamo a riconoscere la cacca dalla cioccolata! In questa nostra comunità maceratese c’è ancora la possibilità di un risveglio,di un’impennata verso l’alto ( per usare il linguaggio dei futuristi Maceratesi come Tano, Peschi, Pannaggi…) e ancora scorre quella stessa linfa vitale che fu dei grandi intellettuali,pensatori ed artisti maceratesi del novecento che tanto lustro hanno dato alla città e all’Italia. Quando passo vicino al direzionale mi impongo di avere fiducia che l’architettura non stia davvero morendo, che ci sia ancora speranza. E questa è la speranza, l’orgoglio e la fiducia con cui mio figlio Marco, nonostante la pena nel cuore, si è iscritto a settembre al quinto anno di architettura con un sogno : continuare uno studio che era del nonno e di un padre con il quale non avrà mai la fortuna nè il piacere di poter lavorare. E’ un sogno in cui crede fermamente, forte dell’eredità di due grandi uomini ,che a dispetto di tutto hanno lasciato un segno forte e tangibile che supera e si fa beffe di tutte le cattiverie e i pretestuosi attacchi subiti che hanno avuto unicamente l’effetto di qualificare e quantificare la povertà umana e culturale dei loro artefici e di chi ne è stato il tramite».
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uno sfogo molto forte, pungente…pur nella comprensibile amarezza, l’articolo trasuda rancore ai massimi livelli…lascia il lettore sconcertato e avvilito.
Bravissima sig.ra Leoni a mettere il dito nella piaga. Fino a vent’anni fà, prima di rilasciare una licenza edilizia si doveva passare il vaglio rigoroso di una commissione che valutava anche l’aspetto architettonico ed estetico dell’edificio, oltre che la sua rispondenza alle prescrizioni di P.R.G.. Si chiamava infatti Commissione edilizia e del “pubblico ornato”. Poi sono arrivati i Lanzichenecchi a snaturare criminalmete la finalità del Piano regolatore, trasformandolo da strumento di pianificazione urbanistica ordinata a leva finanziaria per far cassa, consumando, a mio parere un vero e proprio reato, quello dell’abuso di potere. Oggi, tutto il territorio è finito in malora irreparabilmente, gli ingressi alla città sono fatalmente e definitivamente compromessi, l’estetica e l’ornato pubblico non si sa più cosa significhino, secoli di crescita ordinata e armoniosa sono finiti nell’inghiottitoio della più volgare speculazione edilizia fomentata dall’incultura delle amministrazioni di centrosinistra, ecologiste e giustizialiste e, addirittura, con un architetto all’assessorato dell’urbanistica che ha tradito la sua formazione professionale. Hanno ghigliottinato una bellissima storia di aristocrazia edilizia. Saranno pure i cicli storici, ma quanto è brutto vivere nel ciclo storico dell’infognamento ad opera di infami predicatori di tutte le virtù!!! Un ricordo affettuoso per suo marito, ed uno, me lo permetta, anche per il padre, il grande Marò Marcelletti progettista del Palazzo di Giustizia della Città.
Macerata e’ tutta un interesse personale per questo e’ macerata su se stessa..
carissimo xy, monomio reduce da una colica di fegato con verasmento biliare, ti risponderò per le rime solo quando avrai il coraggio di palesarti e di firmarti con nome e cognome.Mi piace affrontare il contraddittorio a viso aperto e guardare in faccia il mio interlocutore.
Cordialmente
Eliana Leoni Marcelletti
Sino ad oggi nessuno a Macerata ha saputo o voluto parlare di architettura, di condizione professionale dell’architetto, di cultura della città e di coraggio nel fare “onestamente” la professione, con un tratto di verità così forte come ha fatto la vedova dell’architetto Marcelletti.
Evidentemente soltanto un non architetto, sia pure in un momento di dramma personale e famigliare, ha avuto la capacità di indirizzare un raggio di luce la dove la politica e la cultura dominante ha voluto sempre tenere in ombra.
Un sincero omaggio alla Signora Leoni, tuttavia, affinchè la sua accorata e illuminata denucia non resti un semplice e isolato sfogo personale, ma diventi uno stimolo e un contributo reale per la città, dovrebbe chiarire quanto di non del tutto comprensibile appare nella sua testimonianza.
Naturalmente non pretendo che Lei risponda ad un anonimo (non tutti hanno “coraggio”), ma non lasci infruttuoso il suo spirito critico, evitando che l’operato di suo Marito cada inutilmente nell’anonimato e resti vivo solo l’operato del padre Marone.
L’augurio e che il figlio Marco, quanto prima, possa continuare il percorso del padre.