di Mauro Torresi*
Di rapporto tra comunicazione e mass media si è parlato nell’incontro tenutosi ieri pomeriggio nel cortile del Palazzo Comunale di Macerata. Il convegno, inserito all’interno degli eventi Unifestival, ha avuto come protagonista il giornalista Alessandro Banfi. Professionista dal 1983, è attualmente condirettore della testata di Mediaset “Videonews”. Ha lavorato per lungo tempo, come giornalista, per la carta stampata e per la tv. Attualmente è anche autore di diversi programmi di successo trasmessi su Canale 5, come Matrix, Mattino 5 e Pomeriggio 5. L’esperto di comunicazione ha spiegato come vengono strutturati i messaggi mediali in una trasmissione di approfondimento giornalistico e come sta evolvendo, globalmente, il linguaggio dei media. Abbiamo colto l’occasione per intervistarlo.
Banfi, lei è giornalista professionista dagli anni ’80. Come è passato da questa professione a quella di autore di programmi tv?
Tutto è cominciato lavorando per la carta stampata. Poi sono approdato alla televisione. In questo settore c’è uno stretto rapporto tra il mondo delle news e quello degli autori. Alla fine sono arrivato a ricoprire tutti e due i ruoli.
Quali dovrebbero essere i punti di forza di una trasmissione di approfondimento giornalistico come “Matrix”?
La caratteristica più importante è la capacità narrativa. La gente, oggi, è molto interessata alle storie vere, a quelle che coinvolgono emotivamente. Bisogna saper “accompagnare” il telespettatore in un viaggio di approfondimento.
Parliamo di libertà di informazione. Quanto, in Italia, oggi la televisione è libera?
Secondo me non c’è un problema vero di libertà di stampa. Si è straparlato di questo argomento e sono state dette delle sciocchezze. C’è un estremo grado di libertà. Sicuramente, però, sono presenti confusione ed esasperazione degli animi, nel settore. Il giornalismo che funziona, nel mondo, è un giornalismo fazioso e molto estremizzato; come se la gente avesse bisogno di provare emozioni forti. Oggi abbiamo un problema di informazione “macchina del fango”, da tutte le parti. Purtroppo, chi cerca di fare il giornalista in modo equilibrato passa per “tiepido”, per “grigio”. E’ necessario fare un passo indietro. Questa “guerra” è legittima finché è dichiarata, lo è di meno quando è sotterranea.
Come state rispondendo, come testata, all’avvento dei nuovi network sociali?
Secondo me siamo indietro. Abbiamo fatto degli esperimenti di interazione con Facebook, con le mail e con altri nuovi mezzi. La cosa è riuscita in parte. Quando si lancia una domanda in tv, non si potrà mai dare spazio proporzionale alle risposte ricevute via Internet. Un modo intelligente di interagire con questi mondi è quello di stare attenti ai contenuti proposti dal Web e di dedicare attenzione agli argomenti trattati in Rete.
* Studente di Scienze della comunicazione – Unimc
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“non c’è un problema vero di libertà di stampa”.
Peccato che nelle classifiche stilate sulla libertà di informazione siamo costantemente nella colonna di destra.
Libertà di informazione non significa avere un giornale che parla male di berlusconi e un altro che parla male dei comunisti. Libertà di informazione significa fare due domande di seguito ad un politico, fare giornalismo di inchiesta, dare accesso al mezzo di informazione anche a chi non fa parte della casta.
Se non ci fossero questi media, posseduti per il 100% dalla classe dirigente attuale, non ci sarebbe neanche questa mediocre politica basata solo su interessi di pochi.
I toni vengono esasperati appositamente perché hanno lo scopo di dividere le persone, perché unite fanno paura.
Un esempio di libera informazione? CM, non certo mattino 5.