di Gabor Bonifazi
L’economista John Keynes sosteneva una teoria alquanto bizzarra sull’occupazione: per far lavorare due persone, uno deve scavare la buca e l’altro deve riempirla. La stessa cosa sembra valere anche per la sfera culturale, con personaggi in perenne competizione per appropriarsi del rinvenimento.
Una considerazioni sui piccoli Indiana Jones di casa nostra dimenticati. Nel 1973 il maestro Fernando Mattioni, antropologo per passione, organizzò insieme ad Enrico De Angelis una mostra d’artigianato che ebbe un tale successo, da dare inizio ad una grande avventura sfociata nella realizzazione del “Museo della nostra terra” di Pieve Torina, una delle più belle raccolte tipologiche delle Marche. Infatti nell’estate del 1975 il maestro Mattioni e Giampaolo Aringoli esposero oggetti e attrezzi del mondo rurale nei locali dell’ex convento di S. Giacomo, un museo tipologico ambientato perfettamente nelle varie sale che circondano il chiostro: il granaio, la cantina, la bottega del bottaio, la cucina, la camera da letto e l’aula scolastica. Qui il maestro Mattioni racconta infiniti aneddoti e lascia stupite intere scolaresche, quando fa muovere miracolosamente il carro armato costruito, come si usava una volta, con il rocchetto di legno del filo di seta ed un elastico. Poi ci sono tanti altri ambienti del mondo artigiano che sembrano essere usciti da un presepe napoletano: la bottega del calzolaio, del norcino, del carbonaio, del falegname, del facocchio, del sellaio e del maniscalco. Alla grande sala della pastorizia seguono l’osteria, la sala della tessitura e la sala delle proiezioni. Ci sono una grande quantità di foto sbiadite, corredi da sposa e talami nuziali alquanto rumorosi. Ecco come il maestro ci ha voluto tramandare le testimonianze di un mondo scomparso che lui, essendo figlio del mugnaio di Casavecchia, ha osservato con curiosità fin da piccolo per poi trasmetterlo ai suoi piccoli allievi, ai quali mostrava il funzionamento del lume ad olio. Naturalmente il Mattioni, dopo aver sperimentato con quella prima esposizione del telaio, è andato avanti incoraggiato dal compianto Provveditore Vincenzo Tortoreto, cercando casa per casa gli oggetti e mettendoli religiosamente insieme con tanto di cartellino recante il nome dell’oggetto d’uso quotidiano e tanto di nome e cognome del donatore.
Nonostante il maestro abbia compiuto da poco settantacinque anni è sempre disponibile, previo prenotazione telefonica (0737/ 51308), ad accompagnare piccole comitive di turisti insieme alla moglie Luciana in un fantastico viaggio tra le stanze della sua creatura: “Il museo della nostra terra”.
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IL MUSEO DELLA NOSTRA TERRA, TESORO DI PIEVE TORINA:
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