di Matteo Zallocco
Sul bordo di una foiba Graziano Udovisi in meno di un secondo dovette decidere se stare fermo e morire attendendo la mitragliata o saltare e morire subito cadendo nel baratro. Quel giovane combattente italiano al confine orientale si salvò miracolosamente e oggi è l’unico sopravvissuto di quella che, lasciando da parte ogni tipo di strumentalizzazione politica, deve essere ricordata come una delle pagine più tristi del nostro Paese. Oggi Graziano Udovisi, 84 anni, ha portato a Macerata la sua testimonianza struggente.
E proprio oggi Repubblica riporta un articolo del giornale belgradese “Politika” che attacca l’Italia per aver coperto criminali di guerra. Insomma, se le vittime delle Foibe vengono considerate criminali significa che questa pagina di storia non è ancora ben definita.
Per questo le parole sanguinanti di Graziano Udovisi sono fondamentali. L’incontro di oggi è stato organizzato, in occasione della Giornata del Ricordo (10 febbraio), da Ideario, giornale di Alleanza Nazionale, e sono intervenuti il direttore Giovanni Giacchi, il direttore editoriale e consigliere regionale Fabio Pistarelli e Pietro Luigi Crasti, presidente dell’Ades (Associazione Amici e Discendenti degli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati), che dopo anni di ricerche ha trovato Graziano Udovisi, l’unico superstite, in quel di Reggio Emilia e così sono iniziate le testimonianze in giro per l’Italia anche se… “La verità è stata sepolta per 60 anni e ancora oggi in alcune città, come è successo recentemente a Pistoia e Padova, ci viene negata la parola”, ha detto Crasti. E ancora: “Mio nonno venne ucciso perchè a loro veniva ordinato da Tito che tutti gli italiani dovevano morire in quanto tutti fascisti”.
Dal volto e dalla voce di Graziano Udovisi, un signore mite, gentile e sorridente il ricordo fa riemergere la rabbia che lo colse allora. La sua testimonianza parte dall’8 settembre 1943: “Era una bella giornata, piena di sole, si sentivano i cori ‘Evviva evviva la guerra è finita’. Per l’Italia fu una benedizione, per noi istriani una maledizione. Passano i giorni, le persone prese dagli slavi spariscono, non si sapeva dove fossero finite. Avevo 18 anni, io e altri ragazzi della mia età ci unimmo a Libero Sauro, il figlio di Nazario, alla ricerca di questa gente. Trovammo la prima foiba, uno di noi si calò con una fune e trovò il primo cadavere. In quel periodo ne tirammo fuori 98, ho tuttora la documentazione fotografica”.
Nel 1945 Graziano fu catturato. Poche frasi e siamo subito nel dramma: le torture di notte, i colpi che gli hanno spaccato i timpani, le frustate col fil di ferro. Alla fine, ha ricordato, lui e gli altri prigionieri erano rossi come se li avvessero dipinti, rossi di sangue. In sei in una cella 4×3: “Chiedemmo dell’acqua, ci diedero un fiasco di urina”. E quella non era ancora la fine. I titini li costringono a marciare scalzi fin sul bordo di una foiba.
Cosa sono le foibe? “Caverne verticali – le definisce Udovisi – che vanno dai 30 ai 300 metri di profondità”. Sono un vuoto pauroso, un buco nero sulla terra, come mostrano le immagini. Graziano Udovisi dovette tuffarsi in una foiba per evitare i colpi di mitragliatrice: “Sprofondai nell’acqua, probabilmente un colpo di mitragliatrice allentò il fil di ferro che mi tenava legato a tutti gli altri e riuscii a ermegere, salvando anche un amico. Dio mi ha dato questa possibilità e oggi sono contento perchè almeno una persona sono riuscito a salvarla”.
Ma li chiamavano criminali. Così successivamente Graziano Udovisi si fece due anni di galera. “E ancora oggi si cerca di nascondere questa verità – dice – I giudici italiani hanno chiamato le Foibe omicidio plurimo anzichè genocidio di 20.000 persone. Questo grazie a Palmiro Togliatti”.
Siamo nel 2009, quattro anni fa è stato istituito il Giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e del genocidio anti-italiano commesso dagli jugoslavi, ma Graziano Udovisi si sente ancora chiamato criminale da un giornale di Belgrado. Criminale perchè italiano.
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Ogni contributo, anche piccolo, è molto importante per far sì che questa pagina tragica della storia italiana venga ricordata.
In molti ancora non accettano che, a fianco di una guerra crudele e sanguinaria, vi siano stati episodi nostrani (e ahimé fratricidi) che hanno iniziato una vera e propria guerra civile dove tutti (fascisti e non fascisti ma anche semplicemente “non allineati”) erano nemici di tutti.
Non accettare ciò… ma anzi giustificarlo come normale epilogo di una violenza… significa CONNIVENZA.
Bisogna NON DIMENTICARE per far sì che ciò non si ripeta. Mai più.
Un grazie a Cronache Maceratesi per aver contribuito a ciò.
Pierfrancesco Tasso
Un pezzo davvero interessante e forte complimenti Matteo. Emozionante.
E’ ormai evidente come la “storia” che viene insegnata a scuola o diffusa tra la gente è una continua opera di rielaborazione e adattamento dei fatti realmente accaduti. Questa testimonianza, reale, profonda e commovente lascia in bocca un sapore amaro e nel cuore il dolore per la malvagità di cui gli uomini sono capaci.
Un GRAZIE enorme a tutti quanti.
Macerata si è dimostrata da SEMPRE sensibile a questa nefanda pagina di storia italiana. Come tutti sanno c’è anche una via in onore delle vittime delle foibe a Macerata ottenuta in seguito ad una petizione popolare promossa da Azione Giovani Macerata 4 anni fa.
fabio massimo conti