Addio a Sergio Macellari,
il “falco” della grande Rata
«Adesso vola alto»

MACERATA - Aveva 86 anni, è morto ieri sera mentre era sul divano con la moglie Leopolda: un malore non gli ha lasciato scampo. Attaccante dell'indimenticata Maceratese degli anni '50/60, di cui è stato una bandiera. Poi la carriera da allenatore nelle giovanili. Lascia anche la figlia Michela: «Te ne sei andato ridendo con tua moglie, ti è rimasto il sorriso in bocca. Grande uomo, padre, marito. Capace di un amore immenso per tutti. Ho un buco immenso nel cuore». Il funerale domani alle 11,30 nella chiesa di Santa Croce

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Sergio Macellari

Il “falco” prestato dall’atletica al calcio che ha fatto grande la Maceratese. E’ morto ieri sera Sergio Macellari, gloriosa bandiera biancorossa della mitica Rata degli anni 50/60. Aveva 86 anni. E’ morto all’improvviso, mentre era sul divano con la moglie, un malore non gli ha lasciato scampo. 

Macellari, attaccante esterno, ha giocato per 10 anni, dal 1955 al 1965. Ha vissuto il periodo della rifondazione e dell’arrivo del presidente Elio Ballesi. Lui, l’altro gladiatore Alberto Prenna e il grande Pino Brizi, che poi andò a giocare in serie A alla Fiorentina, dove divenne capitano e vinse anche uno Scudetto, formavano l’ossatura di quella squadra che ritrovò prima la serie D e poi la serie C. Una squadra diventata leggenda per i tifosi biancorossi.

«Alla partita con la Ternana (0-0) che inaugurò l’Helvia Recina nel ’64 io giocavo con la maglia numero 7 – raccontava Sergio Macellari in un intervista a Cm di 10 anni fa  – E pensare che al pallone non ci pensavo proprio. Ero un atleta della Sef: lungo, alto, giavellotto, disco. Poi il compianto don Serafino Stramucci mi volle iscrivere ad un torneo notturno di calcio, a 16 anni. Bastò poco per capire che ero uno dal gol facile. Ero uno scattista: decisivi, ne ho segnati 15/16, e molti altri ne ho fatti fare con profondi assist».

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In piedi, Pino Brizi ed Alberto Prenna. Accosciati, Gaetano Bruno e Sergio Macellari

Macellari lasciò il calcio giocato a gennaio 1966, a 27 anni, quando venne assunto dall’Inps. Quella stessa stagione 66/67 la Rata sfiorò la storica promozione in serie B, chiudendo il campionato a un solo punto di distacco dalla capolista Perugia. Il “falco” iniziò poi la sua carriera da allenatore dei settori giovanili, durata 15 anni e chiusa come ds dell’Urbisaglia. «Al Santa Croce scoprii Siroti (alla Juve) e Lattanzi (al Milan) – ricordava sempre Macellari nell’intervista a Cm – Alessandro Porro (a Foggia, alla corte di Zeman), Moreno Morbiducci, Giammario Cappelletti, vincendo Trofeo Marche, trofeo Cleti ed anche una ‘panchina d’argento’ della Lega marchigiana nell’81».

Fuori dal campo da gioco, amava la sua famiglia, la poesia, e Giacomo Leopardi in primis come da lui confessato, la musica di  Joan Baez e la lirica, Rossini e il Barbiere di Siviglia i suoi preferiti. Lascia la moglie Leopolda, il fratello Silvio e la figlia Michela (un’altra figlia l’aveva persa oltre 10 anni fa), che l’ha salutato con un toccante post: «E così, te ne sei andato. Ridendo con tua moglie. Ti è rimasto il sorriso in bocca. Grande uomo, padre, marito. Capace di un amore immenso per tutti. Grande giocatore e allenatore. Ho un buco immenso nel cuore. Ti amo papà. Adesso vola alto falco, vola alto». 

Il funerale domani alle 11,30 nella chiesa di Santa Croce.

(Redazione Cm)

Pino, Alberto e Sergio, tre maceratesi dai piedi e dal cuore buono



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