Artigiana e mamma, Beatrice Donati:
«Mia figlia in laboratorio con me
ma il lavoro ne risente»

DONNE - La sua azienda Be-Ars produce oggetti e complementi d'arredo con le eccedenze dei calzaturifici. La scelta di lavorare autonomamente le regala oggi grandi soddisfazioni ma anche qualche difficoltà. Il suo messaggio alle donne: «Siamo allenate e abituate a superare diversi ostacoli contemporaneamente quindi non lasciamoci mai scoraggiare»

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Beatrice Donati al lavoro

di Alessandra Pierini

Dieci anni fa ha iniziato una attività tutta sua che le ha consentito di valorizzare al massimo il suo talento, le competenze e gli studi fatti. Beatrice Donati, fondatrice di Be-Ars a Caldarola, 38 anni, è anche mamma di una bambina di 6 anni. «Ho la “comodità” di poterla portare con me in laboratorio il pomeriggio ma di sicuro il lavoro ne risente».

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Beatrice Donati porta la sua bambina in laboratorio

Donati svolge una attività artigianale molto particolare. Progetta e realizza prodotti unici e originali, esclusivamente a mano, in materiale recuperato e riciclato per dare nuova vita agli scarti industriali. «Realizzo piccoli oggetti, complementi d’arredo e scarpine da neonato con le eccedenze dei calzaturifici. L’idea è nata quando frequentavo l’università di eco-design a Firenze e per un esame ci è stato chiesto di fare un progetto per dare nuova vita a materiali di scarto. Per la mia provenienza maceratese, non ho potuto non pensare alla pelle dei calzaturifici».
La professionista utilizza un procedimento particolare: «Non parto dalla progettazione dell’oggetto ma dallo studio del materiale, in base allo scarto che trovo dai fornitori penso agli oggetti. Di solito sono oggetti molto piccoli perché uso quei pezzi che finirebbero in discarica».
Dieci anni fa la scelta di avviare la sua attività: «Ho iniziato a lavorare in un periodo in cui era difficile trovare lavoro, le sole proposte erano stage e borse lavoro. Anziché “sprecare” le mie competenze e le mie idee per altri, ho voluto provare a utilizzare quello che sapevo fare e che mi sarebbe piaciuto fare per qualcosa di mio».
Il lavoro in autonomia rende più difficile pensare a una famiglia: «E’ vero che posso portare la mia bambina con me in laboratorio, ma è anche vero che si tratta sempre di una bambina che ha bisogno di attenzioni». Non sono mancate poi le difficoltà: il terremoto e il trasferimento dal laboratorio reso inagibile dal sisma in centro a quello attuale in zona industriale poi la pandemia: «Ogni volta è come ricominciare da capo» sottolinea Donati che invita le donne ad affrontare le difficoltà con determinazione: «Non mettete da parte voi stesse solo per il fatto di essere donne, non fermatevi alla prima difficoltà. Se si è donne si riesce a fare più e meglio rispetto a un uomo. Siamo allenate e abituate a superare diversi ostacoli contemporaneamente quindi neanche lavorare con un bambino in braccio ci può scoraggiare».

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