Il Consiglio in cui venne bocciata l’adozione definitiva si tenne in streaming
di Laura Boccanera
Variante Amadori, la Asil impugna la sentenza del Tar e va al al Consiglio di Stato. Ancora in ballo al tribunale civile la richiesta di 2,2 milioni di euro di risarcimento danni che ha richiesto al Comune di Civitanova per la mancata approvazione definitiva della variante “Amadori”.
La vicenda si trascina da anni. Tutto inizia nel 2015 quando la Asil diventa proprietaria delle aree della Progetti Abruzzesi vicino al Cuore Adriatico, che un anno prima aveva siglato una convenzione con l’amministrazione comunale per realizzare un grande albergo da 12mila metri quadri. Quando subentra la Asil presenta una variante per chiedere di dimezzare la superficie dell’hotel a 6500 metri quadrati e trasformare l’altra metà, 6mila metri quadrati, in terziario e commerciale. La variante viene approvata una prima volta in Consiglio a settembre del 2019. Ma a ottobre 2020, una maggioranza scricchiolante e sfaldata all’interno non ha adottato la variante definitiva che è stata bocciata. Da qui il contezioso sfociato nel ricorso al Tar prima (che però ha dato ragione al Comune) e ora nell’impugnazione della sentenza con il passaggio al Consiglio di stato. Parallelamente dopo il fallimento delle trattative l’azienda ha avviato anche un procedimento al tribunale ordinario di Forlì chiedendo un maxi risarcimento da 2,2milioni di euro.
Tutta la storia era tornata di forte attualità e interesse pubblico alla vigilia delle elezioni quando la candidata sindaca Silvia Squadroni diffuse il “fuori onda” del post consiglio, proprio quello in cui era stata bocciata l’adozione definitiva della variante Amadori. Dopo la seduta, il sindaco Fabrizio Ciarapica, il segretario comunale Sergio Morosi e il presidente del consiglio Claudio Morresi erano rimasti a parlare pensando, sostiene la Squadroni, che la diretta streaming fosse terminata. E avevano parlato tra le altre cose propri della bocciatura della variante Amadori, dicendo che la delibera doveva essere infiocchetta meglio per i consiglieri. «Comunque – aveva chiosato il segretario – se non ce li abbiamo i casini ce li andiamo a cercare da noi».
Il Tar si è espresso dando ragione al Comune. I giudici amministrativi ha spiegato che «la decisione di non approvare la variante è caratterizzata da un altissimo tasso di discrezionalità, per cui non può essere censurata anche una motivazione basata sul semplice rinvio della definitiva disciplina secondo i principi individuati dal consiglio comunale, come riportato nel provvedimento di diniego». La società ha però impugnato la sentenza e intende arrivare fino all’ultimo grado di giudizio per far valere le proprie ragioni. Il Comune, intanto, con una determina ha stanziato ulteriori 12.992 euro per la difesa affidata all’avvocato Giuseppe Carassai che aveva seguito il comune anche nel primo grado della giustizia amministrativa per una parcella di 27mila euro.
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